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TAR PUGLIA-LECCE, SEZ. I – Sentenza 19 dicembre 2001 n. 7967Pres. Ravalli, Est. Martino – F. (Avv. D’Ambrosio) c. Prefettura di Brindisi (Avv.ra Stato).

1. Circolazione stradale - Patente di guida - Revoca - Prevista dall’art. 120, comma 1°, del codice della strada - Ha funzione di prevenzione dei reati - Valutazione del Prefetto - Ambito - Individuazione.

2. Circolazione stradale - Patente di guida - Revoca - Motivazione adeguata - Necessità - Fattispecie.

3. Circolazione stradale - Patente di guida - Revoca - Motivata facendo riferimento a fatti non aggiornati - Omessa considerazione del fatto che l’interessato è stato affidato in prova ai servizi sociali - Illegittimità.

1. Ai sensi dell’art. 120, comma 1, secondo periodo, del nuovo codice della strada (secondo cui la patente di guida è revocata dal Prefetto "alle persone condannate a pena detentiva, non inferiore a tre anni, quando l’utilizzazione del documento di guida possa agevolare la commissione di reati della stessa natura"), la revoca della patente non riveste carattere affittivo ma svolge una chiara funzione di prevenzione dei reati, essendo rimessa al Prefetto una valutazione discrezionale in ordine alla pericolosità sociale del soggetto e alla possibilità che la disponibilità della patente di guida agevoli la commissione di ulteriori reati (1).

2. Il Prefetto che intenda esercitare il potere di revoca della patente di guida deve dar conto con chiarezza degli oggettivi elementi sfavorevoli emersi a carico del titolare della patente e della eventuale propensione a commettere altri reati approfittando del possesso del documento di guida (2); tali non sono, ad esempio, la condotta morale e la pessima estimazione in pubblico, ovvero la frequentazione di pregiudicati, la reiterazione nel tempo di condanne penali e l’incostanza nello svolgimento dell’attività lavorativa (3).

3. E’ illegittimo, per difetto di motivazione, il provvedimento di revoca della patente di guida disposta dal Prefetto ai sensi dell’art. 120, comma I, secondo periodo, del nuovo codice della strada, così come sostituito dall’art. 5 del D.P.R. 19.4.1994, n. 575, sulla base di condanne non recenti, ove peraltro risulti che l’interessato sia stato affidato in prova ai servizi sociali ex art. 94 del D.P.R. n. 309 del 1990. L’apprezzamento discrezionale che il Legislatore ha affidato in materia al Prefetto, impone infatti un’istruttoria completa e adeguata alla peculiarità del caso, con particolare considerazione dell’attività lavorativa autorizzata in sede di affidamento in prova ai servizi sociali e del programma terapeutico e riabilitativo concordato con il Tribunale di sorveglianza.

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(1) Nella parte motiva della sentenza in rassegna si richiama a sostegno una recente pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza n. 427 del 18 ottobre 2000, in questa rivista, n. 10/2000, pag. http://www.giustamm.it/corte/ccost_2000-427.htm), secondo cui la condanna per la commissione di un reato riguarda, di per sé, il passato e non getta necessariamente un’ombra di presunzione negativa circa la propensione a delinquere in futuro.

E’ per questo - secondo il TAR Puglia - che il Legislatore ha distinto l’ipotesi in esame da quella del periodo precedente del medesimo comma (relativa al ritiro della patente di guida a colui che sia sottoposto ad una misura di prevenzione o di sicurezza), escludendo per essa quell’automaticità della conseguenza sulla patente che ha invece previsto nella prima. In particolare, la sottoposizione ad una misura di prevenzione dipende dall’attualità del giudizio di pericolosità per la sicurezza pubblica e dunque, relativamente alla revoca del documento di guida, non vi sono margini d’apprezzamento in sede applicativa da parte del Prefetto così come viceversa accade nei confronti di colui che abbia riportato una condanna a pena detentiva.

V. sul punto da ult. anche Corte Costituzionale, sentenza 17 luglio 2001 n. 251, ivi, n. 7-8/2001, pag. http://www.giustamm.it/corte/ccost_2001-251.htm.

(2) Cfr. T.A.R. Campania-Napoli, Sez. I, 7 febbraio 2000, n. 354 e T.A.R. Calabria, Sez. Reggio Calabria 24 febbraio 1999, in questa rivista, pag. http://www.giustamm.it/private/tar/tarcalab_1999-02-24.htm.

(3) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV 17 luglio 2000, n. 3960.

 

Per l’annullamento

Del decreto prefettizio n. 4358.00 del 5 ottobre 2000, notificato al sig. F. G. il 26 ottobre 2000, con il quale si dispone la revoca della patente di guida dal Commissariato di Pubblica Sicurezza di O., per carenza di potere, per illogicità ed erroneità della motivazione, eccesso di potere, violazione dell’art. 120 C.S. e dell’art. 7 della legge del 1990, n. 241, per carenza dei requisiti richiesti, eccesso di potere, in osservanza della legge del 1990, n. 241, erroneità e difetto di motivazione, illegittimità dell’atto.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione resistente a mezzo dell’Avvocatura dello Stato;

Vista la memoria prodotta dalla parte ricorrente a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti di causa;

Data per letta alla pubblica udienza del 7.11.2001 a relazione del dr. Silvia Martino e uditi altresì l’avv. D’Ambrosio e l’avv. dello Stato Gustapane;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

1. F. G., con ordinanza del 11.1.2000 del Tribunale di sorveglianza di Lecce, è stato affidato in prova ai servizi sociali ex art. 94 del D.P.R. n. 309 del 1990. Con la suddetta ordinanza unitamente ad una serie di prescrizioni (quali l’obbligo di tenere una condotta regolare, di permanere nella propria abitazione dalle 22 alle 7, di mantenere contatti quindicinali con i Servizi sociali) egli è stato anche autorizzato a circolare, per motivi di lavoro, nelle Province di Brindisi e Taranto, in relazione alle ulteriori esigenze lavorative rappresentate, il Presidente del Tribunale ha poi modificato la suddetta ordinanza, riducendo l’obbligo di permanenza nell’abitazione e anticipando l’orario di uscita di un’ora.

In data 28.2.2000 è stata quindi rilasciata al F. anche la patente di guida, che è poi stata inopinatamente revocata dal Prefetto con il provvedimento oggi impugnato. Egli chiede dunque l’intervento di questo T.a.r., deducendo i seguenti motivi di illegittimità:

1) Illogicità, erroneità, difetto di motivazione: sottolinea il ricorrente che la concessione di una misura alternativa alla detenzione, quale l’affidamento in prova ai servizi sociali, denota la positiva valutazione, da parte degli organi penali, della pregressa condotta in carcere e, in generale, della personalità del soggetto, tali da indurre a ritenere siffatta misura idonea a contribuire alla rieducazione e al reinserimento sociale del reo. In concreto egli ha scrupolosamente osservato le prescrizioni dei servizi sociali, partecipando con successo al programma terapeutico di recupero dalla tossicodipendenza.

Del tutto inattendibili e comunque inattuali debbono pertanto ritenersi le informazioni di polizia, sulle quali il Prefetto ha basato le proprie determinazioni, le quali fanno riferimento a "traffici illeciti" dai quali il ricorrente trarrebbe i propri mezzi di sostentamento;

2) Carenza di potere per mancanza di periculum in mora, inosservanza dell’art. 120 C.S. e 133, 203 da 99 a 109 c.p., eccesso di potere, difetto di motivazione e illogicità: il ricorrente sta attivamente partecipando al programma di recupero e di reinserimento sociale e il possesso del documento di guida, lungi dal facilitare la commissione di ulteriori reati, agevola invece l’espletamento dell’attività lavorativa esterna alla quale è stato autorizzato;

3) Inosservanza dell’art. 120 C.S. per non essere stati precisati i motivi di celerità e dell’art. 7 della l. del 1990 n. 241. Eccesso di potere, difetto di motivazione, illogicità: l’ampia libertà di movimento concessagli, nonostante i numerosi precedenti penali, è sicuramente indice di non pericolosità. Inoltre, sul piano procedimentale, il Prefetto non ha evidenziato alcuna ragione qualificata d’urgenza, tale cioè da giustificare l’omissione della comunicazione dell’avvio del procedimento di revoca della patente;

4) Illogicità dell’atto, inosservanza della legge del 1990 n. 241, difetto di motivazione, eccesso di potere: l’Amministrazione ha svolto un’istruttoria superficiale e incompleta.

Si è costituito, resistendo, il Prefetto di Brindisi.

Con ordinanza n. 3036/2000, resa nella camera di consiglio del 20.12.2000, sono stati disposti incombenti istruttori. Con ordinanza n. 169/2001, resa nella camera di consiglio del 20.1.2001, è stata respinta l’istanza cautelare.

Infine, il ricorso è stato trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 7.11.2001.

DIRITTO

1. Con ricorso notificato il 2.12.2000 e depositato il 4.12.2000, F. G. impugna il decreto con il quale il Prefetto di Brindisi gli ha revocato la patente di guida ai sensi dell’art. 120, comma I, secondo periodo, del nuovo codice della strada, così come sostituito dall’art. 5 del D.P.R. 19.4.1994, n. 575.

1.a Il ricorso è fondato.

In particolare, debbono essere condivise le censure con le quali il ricorrente evidenzia l’istruttoria superficiale svolta dalla Prefettura, la generica e insufficiente motivazione del provvedimento impugnato, il contrasto esistente fra le determinazioni prefettizie e la positiva valutazione prognostica del Tribunale di sorveglianza, conferma, in corso di esecuzione della misura alternativa alla detenzione, dai servizi sociali. Questi ultimi in particolare hanno attestato, oltre a regolare svolgimento di un’attività lavorativa da parte del F., l’assiduità nei colloqui e la negatività all’uso di sostanze psicotrope (dichiarazione in data 30.10.2000 del medico e dell’assistente sociale del servizio tossicodipendenze del distretto di Ostini della Ausl Brindisi/1).

1.b Per una migliore comprensione della vicenda è opportuno precisare in quale contesto normativo di iscriva il potere di revoca della patente nella fattispecie esercitato dal Prefetto. Il provvedimento impugnato si base infatti sull’art. 120, comma 1, secondo periodo, del nuovo codice della strada a mente del quale la patente di guida è revocata dal Prefetto "alle persone condannate a pena detentiva, non inferiore a tre anni, quando l’utilizzazione del documento di guida possa agevolare la commissione di reati della stessa natura". La revoca della patente, in una simile ipotesi non riveste dunque carattere affittivo ma svolge una chiara funzione di prevenzione dei reati essendo rimessa al Prefetto una valutazione discrezionale in ordine alla pericolosità sociale del soggetto e alla possibilità che la disponibilità della patente di guida agevoli la commissione di ulteriori reati.

Siffatta interpretazione ha ricevuto un indiretto e autorevole avallo da parte della Corte Costituzionale, là dove, sia pure incidentalmente, ha osservato che la condanna per la commissione di un reato riguarda, di per sé, il passato e non getta necessariamente un’ombra di presunzione negativa circa la propensione a delinquere in futuro (sentenza n. 427 del 18 ottobre 2000). E’ per questo che il Legislatore ha distinto l’ipotesi in esame da quella del periodo precedente del medesimo comma (relativa al ritiro della patente di guida a colui che sia sottoposto ad una misura di prevenzione o di sicurezza), escludendo per essa quell’automaticità della conseguenza sulla patente che ha invece previsto nella prima. In particolare, la sottoposizione ad una misura di prevenzione dipende dall’attualità del giudizio di pericolosità per la sicurezza pubblica e dunque, relativamente alla revoca del documento di guida, non vi sono margini d’apprezzamento in sede applicativa da parte del Prefetto così come viceversa accade nei confronti di colui che abbia riportato una condanna a pena detentiva.

Quanto poi al rapporto tra le misure personali di prevenzione e le misure alternative alla detenzione, la Cassazione penale ha in più occasioni osservato che sussiste un’incompatibilità logico-giuridica fra le prime e l’affidamento in prova al servizio sociale, fondato sulla idoneità dello stesso a contribuire alla rieducazione del soggetto e ad assicurare la prevenzione del pericolo che egli commetta nuovi reati (ad es. Cass., I, 12.11.99 – Caliendo). L’affidamento in prova per tossicodipendenti (il quale, dopo l’espressa abrogazione dell’art. 47 – bis dell’ordinamento penitenziario da parte della l. n. 165/89, art. 3, trova oggi la sua esclusiva disciplina nell’art. 94 del D.P.R. n. 309/90), si differenzia invero da quello ordinario per la peculiarità del suo obiettivo che è essenzialmente quello della cura dello stato di tossicodipendenza o alcoldipendenza attraverso programmi non attuabili in stato di detenzione; ne consegue che, ai fini dell’applicazione di detta misura, non si fa esclusivo riferimento al grado di pericolosità del soggetto, ma si deve valutare principalmente l’idoneità della misura stessa a conseguire il suindicato obiettivo (cass. Pen., 19.3.99 – Condello; in precedenza simili rilievi erano stati svolti anche dalla Corte Costituzionale, nella sentenza n. 377 del 5.12.1997). Tuttavia anche in tale ipotesi la concessione del beneficio non può totalmente prescindere da un giudizio prognostico del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta ulteriori reati. L’art. 94, comma 3, del testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti, precisa infatti che il Tribunale di sorveglianza, oltre a disporre gli opportuni accertamenti in ordine al programma terapeutico concordato, deve anche compiere tutti gli altri accertamenti necessari a valutare che l’esecuzione di esso non sia un mero espediente preordinato a sottrarsi all’esecuzione della pena detentiva.

L’ordinamento non ha però attribuito alla magistratura di sorveglianza alcuna specifica competenza in ordine alla disciplina dell’uso del documento di guida, considerato evidentemente un aspetto non rilevante del complessivo contenuto prescrittivi del beneficio al quale il reo viene ammesso.

Si tratta di una previsione che impinge nel merito delle scelte legislative e che la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi su una fattispecie sostanzialmente analoga, ha già ritenuto insindacabile (ordinanze n. 293 del 7.7.98 e 253 del 13.6.95). Poiché tuttavia, nel sistema del nuovo codice della strada, la revoca della patente riveste comunque una finalità lato sensu preventiva, ritiene il Collegio che il Prefetto, nell’apprezzare l’opportunità di rilasciare anche i presupposti provvedimenti dell’autorità giurisdizionale e la fiducia da questa eventualmente accordata al reo. Il principio di coerenza dell’ordinamento e dell’intrinseca razionalità dell’agire dei pubblici poteri, il cui fondamento costituzionale è rinvenibile nell’art. 97 della Carta fondamentale, implicano infatti che le diverse autorità, amministrative e giurisdizionali, agiscano in sintonia ed in maniera logica e coordinata. Tale coerenza rappresenta anzi un limite per l’autorità amministrativa la quale è generalmente chiamata ad esercitare i propri poteri discrezionali secondo modalità ragionevoli ed adeguate allo scopo perseguito dal Legislatore.

Una costante e consolidata giurisprudenza ritiene poi necessario che il Prefetto che intenda esercitare il potere di revoca in esame, dia conto con chiarezza degli oggettivi elementi sfavorevoli emersi a carico del titolare della patente e della eventuale propensione a commettere altri reati approfittando del possesso del documento di guida (ad es. T.a.r. Napoli, n. 354 del 7.2.2000). A titolo esemplificativo sono stati ad esempio ritenuti tali non solo la condotta morale e la pessima estimazione in pubblico ma anche la frequentazione di pregiudicati, la reiterazione nel tempo di condanne penali, l’incostanza nello svolgimento dell’attività lavorativa (C.S., IV n. 3960 del 17.7.2000). Ove poi, come nella fattispecie, persistano un qualificato giudizio prognostico positivo, unitamente ad un programma socio riabilitativo in corso, l’esistenza di specifiche, concrete e prevalenti esigenze di prevenzione dei reati deve formare oggetto di accertamenti attendibili, puntuali e aggiornati. Al contrario, nel caso in esame, l’informativa di polizia del 20.9.2000 sulla quale il Prefetto ha fondato le proprie determinazioni, oltre a rivestire un tenore del tutto generico, valorizza esclusivamente fatti e circostanze anteriori all’ammissione all’affidamento in prova. Si tratta, in particolare, della misura della sorveglianza speciale di p.s. – risalente al 1993 – del foglio di via obbligatorio – risalente al 1998 – e, più in generale, del riferimento alle "vicissitudini giudiziarie" del F., le quali peraltro, si arrestano al 19.3.93, data dell’ultimo reato commesso così come risultante dal certificato del casellario.

L’informativa in questione appare in sostanza non aggiornata e non giustifica quindi il sospetto, avanzato dal Prefetto, dell’esistenza di traffici illeciti dai quali il ricorrente trarrebbe tuttora il proprio sostentamento.

Al contrario, risulta che egli sta completando il programma terapeutico e riabilitativo, così come attestato dalla Asl Bari/1, dal datore di lavoro e indirettamente dallo stesso Tribunale di sorveglianza che lo ha autorizzato espressamente a circolare per motivi di lavoro nelle Province di Lecce e Brindisi. L’apprezzamento discrezionale che il Legislatore ha affidato al Prefetto, imponeva perciò un’istruttoria completa e adeguata alla peculiarità del caso specifico, con particolare considerazione dell’attività lavorativa autorizzata in sede di affidamento e del programma terapeutico e riabilitativo concordato con il tribunale di sorveglianza.

Per tutto quanto sopra argomentato, il ricorso merita dunque accoglimento.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

PQM

Il tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sez. I di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in premessa, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna l’Amministrazione soccombente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate complessivamente in L. 3.000.000.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del 7.11.2001.

Aldo Ravalli Presidente

Silvia Martino Estensore

Depositata il 19 dicembre 2001.

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