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n. 11-2002 - © copyright.

TAR BASILICATA - POTENZA - Sentenza 14 novembre 2002 n. 797 - Pres. Pennetti, Est. Ferrari - Mazzilli s.r.l (Avv. Noschese) c. INPS (Avv.Sabina) e Marculli ed altri (n.c.) - (accoglie).

1. Atto amministrativo - Diritto di accesso - Norme regolamentari interne - In contrasto con quanto previsto dalla L. n. 241/90 - Disapplicazione - Possibilità.

2. Atto amministrativo - Diritto di accesso - Del datore di lavoro nei confronti delle dichiarazioni rese dai propri dipendenti in sede di accertamento dell’INPS - Tendente a conoscere il contenuto delle dichiarazioni da cui è scaturito il verbale - Sussiste.

3. Atto amministrativo - Diritto di accesso - Del datore di lavoro nei confronti delle dichiarazioni rese dai propri dipendenti in sede di accertamento dell’INPS - Differimento dell’accesso - Possibilità - Diniego - Impossibilità.

1. Nel caso in cui la disciplina regolamentare interna di un Ente (nella specie l’INPS) in materia di accesso agli atti si ponga in contrasto con la L. 241/90, essa deve essere disapplicata, atteso che, secondo i principi generali sulla gerarchia delle fonti, nel conflitto tra due norme prevale quella legislativa di rango superiore rispetto a quella regolamentare (1).

2. E’ illegittima, e pertanto, va disapplicata, la disposizione regolamentare interna di un Ente (nella specie si trattava dell’art. 17 del Regolamento I.N.P.S. per la disciplina del diritto di accesso, approvato con determinazione n. 1951 del 16 febbraio 1994) la quale non consente l’accesso alle dichiarazioni rese dai dipendenti in sede di ispezione e riguardanti la sfera giuridica del datore di lavoro, trattandosi di atti la cui conoscenza è indispensabile per curare e difendere gli interessi giuridici del datore di lavoro.

3. L’esigenza di evitare pressioni o discriminazioni nei confronti dei lavoratori, tali da ostacolare gli accertamenti, può giustificare il differimento dell’accesso alle dichiarazioni rese dai dipendenti in sede di ispezione dell’INPS, ma non la sua negazione (3).

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(1) Cfr. T.A.R. Lazio, Sez. III, sent. 4 luglio 2002 n. 6127, in questa Rivista n. 7/8-2002.

(2) Ha osservato in particolare il T.A.R. Basilicata che la conoscenza delle dichiarazioni rese dai lavoratori agli ispettori, e poste alla base delle omissioni contributive contestate, non era idonea di per sé a ledere direttamente gli interessi professionali dei lavoratori o la loro "privacy", come normalmente accade con l’ostensione di quei dati che attengono effettivamente alla sfera di riservatezza; piuttosto, la cognizione delle dichiarazioni dei lavoratori, in relazione alla loro condizione di parte debole del rapporto di lavoro, poteva agevolare comportamenti illeciti degli imprenditori, come ad esempio intimidazioni o licenziamenti, oltre ad ostacolare l’attività accertatrice dell’Istituto.

(3) Cfr. T.A.R. Lecce, Sez. I, 20 gennaio 2000 n. 169.

 

 

per l'annullamento, previa sospensiva,

del silenzio rigetto opposto dall’I.N.P.S., sede di Matera, formatosi ex art. 25 L. n. 241 del 1990, a seguito dell’inutile decorso di trenta giorni dalla formale richiesta di accesso del 6 giugno 2002, avanzata dalla società ricorrente in data 10 giugno 2002, ai sensi dell’art. 22 della stessa legge, al fine di ottenere l’estrazione di copia delle dichiarazioni rilasciate dai dipendenti occupati, nonché della dichiarazione di lavoro e delle fatture e delle bolle di acquisto richiamate dagli ispettori dell’I.N.P.S. nel verbale di accertamento del 22 marzo 2002 e, quindi, del rifiuto tacito, comunque opposto, nonché

per la declaratoria

del diritto di accesso della Società ricorrente a tutti i documenti menzionati ed indicati nella richiesta formale del 6 giugno 2002.

(omissis)

FATTO

1. Con atto depositato in data 12 luglio 2002 la s.r.l. Mazzilli è insorta innanzi a questo Tribunale avverso il silenzio dell’Istituto di previdenza sulla sua istanza di accesso a documenti.

Espone, in fatto, che in data 25 marzo 2002 era stato notificato al suo Amministratore unico un verbale di ispezione redatto da ispettori dell’INPS, nel quale venivano contestate varie inadempienze a leggi previdenziali, assumendosi che tanto era emerso dalla documentazione fiscale esibita e dalle dichiarazioni rese dai dipendenti. Avendo deciso di impugnare giudizialmente detto verbale, in data 6 giugno 2002 ha presentato istanza di accesso, negato con il provvedimento impugnato.

2. Avverso il diniego tacito di accesso, presumibilmente opposto con riferimento all’art.17 del Regolamento I.N.P.S. per la disciplina del diritto di accesso approvato con determinazione n.1951 del 16 febbraio 1994, la ricorrente deduce le seguenti censure:

a) Violazione e falsa applicazione dell’art. 22 L.n.241 del 1990 - Eccesso di potere per violazione dei principi di trasparenza ed imparzialità dell’attività amministrativa di cui all’art. 97 Cost. e per violazione del diritto di tutela degli interessi giuridicamente rilevanti e del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost..

Avuto riguardo alla giurisprudenza formatasi in subiecta materia la ricorrente rileva di avere evidenziato la necessità dell’accesso sia per riscontrare la fondatezza o meno delle contestate violazioni, sia per espletare l'attività difensiva, dato che solo la conoscenza degli atti acquisiti dagli inquirenti e, in particolare, la conoscenza delle dichiarazioni rese dai dipendenti poteva essere di aiuto in tal senso. Di qui l’impossibilità di considerare riservate, come presumibilmente sostenuto dall’INPS, dette dichiarazioni attenendo esse soprattutto alla sfera giuridica del datore di lavoro ex artt. 24 L.n.241 del 1990 e 8 D.P.R. n.352 del 1992, rispetto alla quale le stesse possono essere produttive di lesioni.

b) Violazione e falsa applicazione dell’art. 22 L. n.241 del 1990 in relazione all’art. 24 Cost. e con riferimento all’art. 414 n.5 c.p.c. ed all’art. 24 comma 3 del D. L.vo n.46 del 1999 – Eccesso di potere per motivazione carente ed insufficiente in relazione alle ragioni addotte ed articolate nell’istanza di accesso, violazione del diritto di difesa- violazione dell’art. 111 Cost. in tema di condizione di parità della parti.

Il ricorrente deve proporre impugnazione avanti al giudice del lavoro, producendo anche mezzi di prova a sostegno delle proprie ragioni, in tempi brevi e ristretti onde evitare, nei termini di decadenza fissati dalla legge, l’iscrizione nei ruoli esattoriali degli ingiusti importi contributivi che si asseriscono evasi col verbale. Il rito da azionare avanti al predetto giudice si basa su un sistema di preclusioni e di decadenze processuali in tema di prove che presuppongono da subito la conoscenza del contenuto delle acquisizioni probatorie raccolte dagli ispettori.

Tale esigenza va vista in relazione pure alla necessità di garantire la parità nel processo, fra privato e p.a., che altrimenti verrebbe compromessa come evidenziato anche dalla giurisprudenza amministrativa.

c) Palese illegittimità del Regolamento dell’I.N.P.S. per la disciplina del diritto di accesso approvato con determinazione n.1951 del 16 febbraio 1994, per violazione dell’art. 22 e ss. L. n.241 del 1990 e dell’art. 8 D.P.R. n.352 del 1992, degli artt. 24 e 111 Cost., e del D. L.vo n.46 del 1999 – Richiesta di disapplicazione di detto Regolamento.

Relativamente alla norma regolamentare, presumibilmente applicata con il diniego tacito opposto dall’I.N.P.S., va anzitutto rilevato che le categorie di documenti ritenute riservate (fra cui le dette dichiarazioni) possono soggiacere alla deroga al vincolo di riservatezza di cui all’art. 17 punto 3) in relazione all’esigenza preminente di garantire quanto meno la visione degli atti, la cui conoscenza è indispensabile per curare e difendere gli interessi giuridici del richiedente. In ogni caso però il predetto art. 17, se diversamente interpretato, deve essere disapplicato in quanto illegittimo con riferimento alle norme costituzionali e legislative richiamate in epigrafe. Anche la giustificazione addotta nel predetto Regolamento al fine di sottrarre le dichiarazioni dei lavoratori all’accesso, e cioè le prospettate ragioni di prevenire eventuali pressioni, discriminazioni o ritorsioni, oltre a non trovare fondamento nelle norme, delineano astratti timori e ipotesi nella sostanza irrealizzabili attese le garanzie legislative di stabilità di cui gode il rapporto di lavoro subordinato e i mezzi di tutela reale esistenti.

d) Subordinatamente, illegittimità del tassativo, apodittico e generico rifiuto opposto per palese violazione dell’art. 24, secondo comma, punto d) L. n.241 del 1990 e dell’art. 8, quinto comma, punto d) D.P.R. n.352 del 1992, nonché dell’art.17, terzo comma, del Regolamento dell’I.N.P.S. – Diritto alla visione degli atti.

L’I.N.P.S. avrebbe dovuto quanto meno autorizzare la visione degli atti e documenti indicati nell’istanza di accesso.

3. L’I.N.P.S. si è costituito in giudizio, chiarendo che il diniego tacito all’istanza di accesso è stato opposto in applicazione dell’art.17 del proprio Regolamento per la disciplina del diritto di accesso approvato con determinazione n.1951 del 16 febbraio 1994,

4. I controinteressati non si sono costituiti in giudizio.

5. Nella Camera di consiglio del 26 settembre 2002 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

Come ha chiarito l’I.N.P.S. nella propria memoria difensiva, il diniego di accesso ai documenti è stato opposto in applicazione dell’art. 17 del Regolamento, dello stesso Istituto, di disciplina del diritto di accesso, che considera riservate, e quindi sottratte all’accesso a tutela della riservatezza, le dichiarazioni dei lavoratori che abbiano costituito la base per la redazione del verbale ispettivo.

E’ bene a tal riguardo precisare che il predetto art. 17 considera riservati "ai sensi dell’art. 8 D.P.R. 27 giugno 1992 n.352 i tipi di documenti indicati nell’allegato A punto II…" (primo comma). In effetti, al punto 12 di detto allegato, punto II, figurano le "dichiarazioni rilasciate da lavoratori che costituiscano base per la redazione del verbale ispettivo, al fine di prevenire pressioni, discriminazioni o ritorsioni ai danni dei lavoratori stessi". Prosegue poi l’art. 17 affermando che il vincolo della riservatezza trova applicazione per le tipologie di atti e documenti indicati nell’allegato "A" nei casi in cui la divulgazione degli stessi possa cagionare danno o pregiudizio all’amministrazione o ai terzi (secondo comma). In ogni caso la deroga al predetto vincolo è consentita, ai sensi di quanto disposto dall’art. 24, secondo comma, lett.d) L.7 agosto 1990 n.241 e dall’art. 8, quinto comma, lett.d), ultima parte D.P.R. 27 giugno 1992 n.352, per la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia indispensabile per curare e difendere gli interessi giuridici del richiedente (terzo comma).

Al riguardo il Collegio ritiene di doversi conformare ad un proprio recente precedente (T.A.R. Basilicata 19 luglio 2001 n.627), favorevole alla tesi prospettata dalla ricorrente, secondo il quale nell’ipotesi in esame il diniego non riguarda i documenti e le informazioni in essi contenute bensì la qualità dei soggetti dichiaranti, e ciò in forza d’un potere di diniego non conferito dalla legge (nello stesso senso, T.A.R. Bologna, I Sez., 4 aprile 2000 n.443; T.A.R. Lecce, I Sez., 20 gennaio 2000 n.169).

In particolare poi la conoscenza delle dichiarazioni rese dai lavoratori agli ispettori, e poste alla base delle omissioni contributive contestate, non è idonea di per sé a ledere direttamente gli interessi professionali dei lavoratori o la loro "privacy", come normalmente accade con l’ostensione di quei dati che attengono effettivamente alla sfera di riservatezza; piuttosto, la cognizione delle dichiarazioni dei lavoratori, in relazione alla loro condizione di parte debole del rapporto di lavoro, può agevolare comportamenti illeciti degli imprenditori, come ad esempio intimidazioni o licenziamenti, oltre ad ostacolare l’attività accertatrice dell’Istituto.

Sotto il primo profilo però è indubbio che il lavoratore sia titolare di efficaci strumenti di tutela approntati dall’autonomia collettiva, dalle norme in materia di licenziamento, dall’ordinamento penale ecc.; oltretutto simili ritorsioni potrebbero essere poste in essere anche senza conoscere le dichiarazioni, atteso che l’identità dei lavoratori, menzionati nominativamente nei verbali ispettivi notificati, è conosciuta dalla società e comunque proprio l’insistenza di questa nel voler acquisire le dichiarazioni ha di per sé un carattere indiziante tale da costituire una indiretta forma di garanzia per i lavoratori, tale da far scattare nei confronti del datore di lavoro una presunzione di discriminazione in caso di comportamenti lesivi nei confronti di quelli.

Sotto il secondo profilo invece appare evidente che l’art. 17 del Regolamento tutela in maniera indiretta gli interessi professionali dei lavoratori poiché, consentendo di mantenere segreti i dati ricavati dalle loro dichiarazioni, sottrae l’Istituto al contraddittorio con l’impresa al fine di proteggere gli elementi probatori posti alla base dei recuperi e delle sanzioni effettuate.

Ora, se il Regolamento tutela in via diretta l’interesse pubblico all’accertamento delle omissioni contributive e all’applicazione delle relative sanzioni, allora lo stesso diritto alla riservatezza finisce per atteggiarsi a puro interesse legittimo protetto indirettamente, cioè solo nell'ambito del contestuale soddisfacimento dell'interesse pubblico.

Viceversa è da ritenere che l’Amministrazione, in materia di accesso, non possa effettuare una qualificazione ed un bilanciamento degli interessi diverso da quello configurato dal legislatore, negando l’accesso per ragioni apprezzabili ma nell’esercizio d’un potere discrezionale che, come innanzi è stato specificato, non le è stato conferito.

E’ stato rilevato al riguardo (T.A.R. Lecce, I Sez., 20 gennaio 2000 n.169) che l’esigenza di evitare pressioni o discriminazioni nei confronti dei lavoratori, tali da ostacolare gli accertamenti, potrebbe giustificare al più il differimento dell’accesso, ma non la sua negazione.

A tutto ciò deve essere aggiunto che l’impugnato diniego rinvia di fatto alla fase processuale (comunque eventuale) il soddisfacimento delle esigenze di trasparenza dell’azione amministrativa, e che comunque lo stesso diritto alla prova può risultare vulnerato dalla non corretta applicazione delle norme in materia di accesso.

Oltretutto, con riguardo al caso di specie, l’applicazione del rito del lavoro comporta rigide preclusioni in tema di produzione probatoria ed inoltre, pur esistendo la possibilità di stimolare i poteri istruttori d’ufficio, le ragioni e le prospettazioni della difesa risultano indubbiamente inficiate dall’imperfetta e non completa conoscenza degli elementi in possesso dell’amministrazione procedente.

Poiché dunque nella specie, per quanto fin qui detto, non vi è vera e propria intrusione nell’altrui sfera di riservatezza, per riconoscere la fondatezza della domanda proposta è sufficiente apprezzare l’esistenza della situazione legittimante e la funzionalità del documento richiesto alla tutela medesima.

Tanto premesso, il Collegio ritiene di dover disapplicare in parte qua il Regolamento in quanto le pur apprezzabili esigenze poste alla base della sottrazione all’accesso dei documenti richiesti non rientrano fra quelle che il Legislatore ha espressamente considerato (T.A.R. Lazio, III Sez., 4 luglio 2002 n.6127).

Di qui dunque il diritto della società ricorrente di esaminare e di estrarre copia di quanto richiesto con l’istanza di accesso del 6 giugno 2002 rivolta all’I.N.P.S e con assorbimento delle residue censure contenute nel presente gravame

2. Le spese e gli onorari del presente giudizio possono tuttavia essere interamente compensati tra le parti per le seguenti ragioni: a) la sede I.N.P.S. di Matera ha fatto applicazione di una norma regolamentare tuttora vigente; b) l’orientamento espresso la questo Collegio non è univoco.

P.Q.M.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA BASILICATA

definitivamente pronunciando sul ricorso proposto, come in epigrafe, dalla Mazzilli s.r.l., lo accoglie e per l’effetto ordina all’I.N.P.S. di provvedere, nel termine di 10 (dieci) giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente decisione, ad esibire la documentazione richiesta con l’istanza del 6 giugno 2002.

Compensa interamente tra le parti spese ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Potenza, addì 26 settembre 2002, dal Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata in Camera di Consiglio con l'intervento dei Signori:

Giancarlo Pennetti Presidente FF.

Giuseppe Buscicchio Componente

Giulia Ferrari Componente - Estensore

Il Presidente F.F.

L' Estensore

Segretario - Mariassunta Simonetti

Depositata in Segreteria il 14 novembre 2002.

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