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n. 4-2002 - © copyright.

TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. I – Sentenza 13 marzo 2002 n. 1346 - Pres. Coraggio, Est. Nappi - Marazzo e c.ti (Avv.ti Laudadio e Profili) c. Ministero dell'Interno e Prefetto di Napoli (Avv.ra Stato) e Chianese ed altri ( Avv.ti Luciana Verde e Michele Cacace) - (respinge).

Comune e Provincia – Consiglio comunale e provinciale – Scioglimento – Per dimissioni di oltre la metà dei consiglieri – Requisito della contemporaneità delle dimissioni – Interpretazione - Presentazione simultanea - Necessità - Presentazione in orari diversi - Insufficienza - Fattispecie.

L'art. 141, comma 1, lett. b) n. 3, del D. L.gs. n. 267/2000 prevede come causa di scioglimento del Consiglio comunale "la cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati, purchè contemporaneamente presentate al protocollo dell'ente, della metà più uno dei membri assegnati non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia"; l'avverbio "contemporaneamente" contenuto in tale disposizione, riferendosi alla presentazione delle dimissioni e cioè ad una operazione materiale che si verifica e si risolve in un determinato momento cronologico, va inteso come sinonimo di "simultaneamente".

E’ pertanto legittimo il provvedimento con il quale il Prefetto ha ritenuto non sussistere i presupposti dello scioglimento di un Consiglio in relazione alle dimissioni presentate da 11 consiglieri comunali sui 20 assegnati allo stesso Comune, nel caso in cui risulti che le dimissioni sono state presentate al protocollo comunale da parte di un consigliere alle ore 9,00 mentre le dimissioni degli altri dieci consiglieri sono state presentate allo stesso protocollo, con due atti distinti, alle ore 12,30 (1).

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(1) Ringraziamo l’Avv. Pietro Puca per avere segnalato la sentenza in rassegna.

La fattispecie dalla quale prende le mosse la sentenza è peculiare, ma involge questioni che assumono valenza generale.

Nel Comune di Casandrino (NA) un consigliere della "maggioranza" si dimetteva nel settembre 2001 per motivi "familiari" protocollando la sua richiesta alle ore 9.00 al protocollo del Comune.

Alle ore 12.00 della stessa giornata, venuti a conoscenza tutti i consiglieri comunali della faccenda, gli appartenenti all'opposizione, in blocco, presentavano al protocollo del comune dimissione ugualmente per motivi "di famiglia", sperando, in tal modo, di far venire meno la maggioranza dei consiglieri e provocare lo scioglimento del consiglio comunale.

Tuttavia il Prefetto di Napoli, in base alla lettera ed all'interpretazione logica dell'art. 141, comma 1 lettera b n. 3 D.Lgs 267/2000, non riteneva sussistenti i presupposti per lo scioglimento del comune di Casandrino, in quanto le istanze che avevano provocato di fatto il venir meno di oltre la metà dei consiglieri non erano "contemporanee".

Tale provvedimento è stato ritenuto legittimo dal TAR Campania.

Come risulta dalla motivazione della sentenza in rassegna, il TAR campano, pur riconoscendo lealmente che l'avverbio contemporaneamente e lo stesso sostantivo contemporaneità, impiegati dal legislatore, nel linguaggio comune hanno un significato spesso non univoco, ha tuttavia rilevato che tale significato si restringe, fino a coincidere con un preciso istante o momento cronologico se riferito, in una prospettiva di stretta attualità, a fatti istantanei e non durevoli.

Nel caso di specie l'uso dell'avverbio contemporaneamente, riferendosi alla presentazione delle dimissioni e cioè ad una operazione materiale che si verifica e si risolve in un determinato momento cronologico, va inteso come sinonimo di "simultaneamente" e più precisamente come indicativo del medesimo istante.

Non si comprende invero, secondo il TAR Campania, perchè il legislatore, se avesse voluto indulgere ad una presentazione delle dimissioni cronologicamente diluita nell'arco della intera giornata non abbia adottato l'espressione lessicale corrispondente ed abbia, invece, fatto ricorso all'avverbio contemporaneamente. Ciò senza considerare che la identificazione della contemporaneità con l'unità di tempo giornaliera avrebbe creato l'ulteriore problema del coordinamento di tale criterio con la limitatezza, nell'arco della stessa giornata, dell'orario di servizio - di durata sempre inferiore a quella della intera giornata - dell'ufficio comunale di protocollo.

Dalla sentenza traspare la giusta preoccupazione che l’istituto dello scioglimento del Consiglio comunale per dimissioni ultra dimidium non venga utilizzato strumentalmente dalla opposizione per provocare artificialmente una nuova consultazione elettorale, ma vada ricondotto entro i suoi limiti fisiologici.

In materia di scioglimento del Consiglio comunale per dimissioni di oltre la metà dei consiglieri v. in precedenza la sentenza dello stesso TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. I, 23 gennaio 2002 n. 443, in questa Rivista, n. 1/2002. pag. http://www.giustamm.it/private/tar/tarcampna1_2002-1-23.htm

 

 

per l'annullamento

-della nota prot. n. 13180/GAB IV Settore del 16/7/2001 del Prefetto di Napoli;

-del parere del Ministero dell'Interno dagli estremi sconosciuti;

(omissis)

FATTO

Con il gravame in epigrafe notificato il 5 ottobre 2001 depositato il successivo 6 ottobre i soggetti nella stessa epigrafe indicati, impugnano la nota n. 12180 del 16 luglio 2001 con la quale il Prefetto della Provincia di Napoli riteneva non sussistere i presupposti dello scioglimento del Consiglio Comunale di Casandrino in relazione alle dimissioni presentate da 11 consiglieri comunali sui 20 assegnati allo stesso Comune .

Assumendo l'esistenza, in siffatta fattispecie, delle ragioni dello scioglimento del consiglio comunale ex art. 141, comma 1, lett. b) n. 3 del D. Lgs. n. 267/2000, i ricorrenti censurano la nota gravata per i seguenti motivi:

Violazione dell'art. 141 del citato D. Lgs n. 267/2000 ed eccesso di potere sotto profili vari.

L'Amministrazione dell'Interno resiste al ricorso assumendone la infondatezza.

Alla stessa conclusione pervengono i controintressati indicati in epigrafe dopo avere eccepito in rito la inammissibilità del gravame.

Con atto ritualmente notificato gli stessi ricorrenti impugnano, mediante motivi aggiunti, le delibere nn. 46, 47, 48, 49, 50, 51, 52, 53, 54 e 55 del 18/7/2001 con le quali il Consiglio Comunale del Comune di Casandrino procedeva alla surrogazione dei consiglieri dimissionari.

I motivi posti a base di questa successiva impugnativa riproducono, in prospettazione derivata, gli stessi motivi del ricorso originario.

L'Amministrazione ed i controinteressati replicano con distinte memorie anche a tali motivi aggiunti sostenendone, la prima, la infondatezza e, i secondi, la inammissibilità e l'infondatezza.

Alla pubblica udienza del 20 febbraio 2002 il ricorso passava in decisione unitamente alla impugnativa dedotta con i motivi aggiunti.

DIRITTO

Il Collegio ritiene preliminarmente di poter prescindere dalla eccezione di inammissibilità formulata dai controinteressati in quanto il ricorso è palesemente infondato nel merito.

L'impugnativa ha per oggetto la nota in epigrafe con la quale il Prefetto di Napoli escludeva l'esistenza dei presupposti dello scioglimento del consiglio comunale di Casandrino previsto dall'art. 141, comma 1, lett. b) n. 3 del D. L.gs in relazione alle dimissioni presentate da n. 11 consiglieri comunali sui venti assegnati al Comune.

E' documentato in atti (vedasi nota del 12/7/2001 del responsabile dell'Ufficio protocollo del Comune di Casndrino) che le predette dimissioni sono state presentate al protocollo comunale tutte in data 12/7/2001.

La specificità della fattispecie è data dalla circostanza che le dimissioni del consigiere D'Angelo Raffaele (uno degli undici consiglieri dimissionari) sono state presentate al protocollo comunale alle ore 9,00 mentre le dimissioni degli altri dieci consiglieri sono state presentate allo stesso protocollo, con due atti distinti, alle ore 12,30.

La questione che si pone al Collegio è quindi se le dimissioni presentate dal primo consigliere siano computabili, agli effetti dissolutori previsti dal citato art. 141, con le dimissioni successivamente presentate dagli altri dieci consiglieri comunali.

Il Prefetto ha risolto la questione negativamente.

Il Collegio ritiene corretta la determinazione prefettizia.

L'art. 141, comma 1, lett. b) n. 3, del D. L.gs n. 267/2000 prevede come causa di scioglimento del Consiglio comunale "la cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati, purchè contemporaneamente presentate al protocollo dell'ente, della metà più uno dei membri assegnati non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia".

Ritiene il Collegio che l'elemento chiave per la risoluzione della controversia risieda nell'avverbio "contemporaneamente" riferito dalla norma alla presentazione delle dimissioni.

Il legislatore con la norma sopratrascritta ha ritenuto invero indifferrente il momento di formazione della volonta dimissoria dei singoli consiglieri comunali e si è limitato a prescrivere la forma scritta delle dimissioni ammettendo che le stesse possano essere rese contestualmente o con atti separati.

Con l'inciso normativo "purchè contemporaneamente presentate al protocollo comunale" solo apparentemente riferito, nel contesto letterale, alle dimissioni rese con atti separati (per quelle rese contestualmente e cioè uno actu la contemporaneità della presentazione è intrinseca alla unità del documento) ma da intendersi, nel contesto logico globale, riferito a tutte le dimissioni ultra dimidium, il legislatore ha inteso elevare la contemporaneità della presentazione al protocollo di tutte le dimissioni ultra dimidium a elemento di qualificazione della fattispecie dissolutoria.

Non può invero negarsi che la congiunzione "purchè" di apertura dell'inciso, ha, nella struttura logica della norma, un valore condizionante della rilevanza delle dimissioni rese, volendosi, con detta congiunzione, significarsi che le stesse dimissioni sono causative dell'effetto dissolvente soltanto se presentate contemporaneamente al protocollo comunale : e ciò sia quando le dimissioni della metà più uno dei consiglieri fossero tutte rese con atti separati e sia quando le stesse dimissioni fossero rese, parte con atti separati e parte contestualmente, com'è avvenuto nel caso di specie: anche in questo secondo caso le une e le altre dimissioni debbono essere presentate contemporaneamente al protocollo comunale. In tal senso si è già pronunciata la sezione con precedente sentenza n. 443 del 24/10/2001 nè si ravvisa materia per un riesame sul punto.

Detto ciò, il Collegio deve soffermarsi sul significato e sulla portata dell'avverbio "contemporanemente", individuare, cioè, l'unità di tempo a cui rapportare la contemporaneità, stabilire, in altri termini, se la contemporaneità debba essere intesa in senso rigido ed assoluto, in senso cioè prescrittivo della presentazione di tutte le dimissioni nello stesso istante, (come assumono la difesa erariale e i controinteressati) ovvero in senso più ampio e relativo, in senso cioè permissivo della presentazione in un arco di tempo corrispondente all'intero giorno, (come assumono i ricorrenti).

Occorre riconoscere che l'avverbio contemporaneamente e lo stesso sostantivo contemporaneità nel linguaggio comune hanno un significato non univoco.

Tale significato invero si dilata se riferito, in prospettiva storica, a fatti o situazioni che si protraggono nel tempo (in quest'ottica possono considerarsi contemporanei ad es. due fenomeni espressivi di un comune indirizzo estetico-culturale, o due artisti nati nello stesso anno e persino in anni tra loro vicini);

si restringe, invece, fino a coincidere con un preciso istante o momento cronologico se riferito, in una prospettiva di stretta attualità, a fatti istantanei e non durevoli.

Ora nel caso di specie l'uso dell'avverbio contemporaneamente, riferendosi alla presentazione delle dimissioni e cioè ad una operazione materiale che si verifica e si risolve in un determinato momento cronologico, va inteso nella seconda accezione come sinonimo di "simultaneamente" e più precisamente come indicativo del medesimo istante.

Non si comprende invero perchè il legislatore, se avesse voluto indulgere ad una presentazione delle dimissioni cronologicamente diluita nell'arco della intera giornata non abbia adottato l'espressione lessicale corrispondente ed abbia, invece, fatto ricorso all'avverbio contemporaneamente. Ciò senza considerare che la identificazione della contemporaneità con l'unità di tempo giornaliera avrebbe creato l'ulteriore problema del coordinamento di tale criterio con la limitatezza, nell'arco della stessa giornata, dell'orario di servizio -di durata sempre inferiore a quella della intera giornata- dell'ufficio comunale di protocollo.

A conferma di quanto precede va altresì considerato che, come già osservato dalla Sezione nella citata sentenza, la norma considera equivalenti le due ipotesi delle dimissioni rese contestualmente (cioè uno actu) e delle dimissioni presentate con atti separati. Ora le prime sono e, per la unicità materiale del documento che le contiene, non potrebbero non essere presentate contemporaneamente. Non sarebbe coerente con siffatta equivalenza l'assoggettamento della seconda ipotesi ad un trattamento differenziato con possibile discontinuità della presentazione delle dimissioni rese con atti separati.

Deve poi aggiungersi che l'inserimento nella norma del requisito della contemporaneità della presentazione delle dimissioni non riflette un capriccio del legislatore ma è, in subietta materia, il portato di un tormentato processo di affinamento normativo al culmine del quale è stato ravvisato proprio in quella contemporaneità il criterio di eliminazione delle incertezze interpretative suscitate dalla normativa pregressa.

Non bisogna infatti dimenticare che tale normativa aveva suscitato forti perplessità nella individuazione, in sede applicativa, della linea di discrimine tra i due istituti alternativi dello scioglimento del consiglio comunale per dimissioni ultra dimidium dei consiglieri e della surrogazione degli stessi consiglieri comunali, sì da suggerire il deferimento della questione all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che scioglieva il nodo con la decisione n. 15 del 24/7/1997.

Il nodo però-si badi bene- era sciolto dal supremo Consesso Amministrativo alla stregua della normativa (art. 39, comma 1, lett. b, n. 2 della L. n. 142/90 e art. 31 della stessa legge come integrato dall'art. 7 della legge n. 415/1993) applicabile, ratione temporis alla fattispecie esaminata dallo stesso Consesso e comunque vigente anteriormente alla entrata in vigore della normativa di riferimento del caso all'esame.

Appare quindi non pertinente il richiamo fatto dai ricorrenti alla citata decisione dell'Adunanza Plenaria ed in particolare alla misura del tempo che in detta sentenza era identificato con il giorno della presentazione delle dimissioni.

Tale criterio deve ritenersi superato dalla nuova prescrizione del più volte citato art. 141 che, recependo la formula impiegata nell'art. 5, comma 1, della legge n. 127/97, prescrive, per lo scioglimento del consiglio comunale per dimissioni ultra dimidium, il presupposto della contemporaneità della presentazione delle dimissioni.

Ed è la stessa ratio dell'art. 141 che fà propendere per la configurazione della ipotesi dissolutoria come fattispecie a formazione istantanea perchè connessa alla presentazione delle dimissioni, nello stesso istante al protocollo comunale.

Ispirata dalla superiore esigenza di assicurare, per quanto possibile, il "normale funzionamento dell'organo" (art. 39, c. 1. lett. b della L. n. 142/90) il legislatore con la norma in esame si è infatti preoccupato di sottrarre la sorte del Consiglio comunale sia a non commendevoli manovre non sempre informate alla corretta dinamica della istituzione e sia anche a casuali sommatorie aritmetiche di dimissioni con ispirazioni motivatorie non assimilabili (si pensi all'ipotesi in cui alle dimissioni presentate da uno o più consiglieri della maggioranza, cui sia del tutto estraneo ogni intento dissolvente del consiglio comunale, si aggiungano, in modo artificioso e strumentale, le dimissioni di consiglieri della minoranza in numero sufficiente a provocare lo scioglimento del Consiglio comunale) ed ha ritenuto di ancorare lo scioglimento del consiglio comunale per dimissioni ultra dimidium a un dato oggettivo e reale: appunto alla contemporaneità della presentazione delle dimissioni medesime.

Ciò nella presunzione che la predetta contemporaneità, per un verso esprima una mutua implicazione delle singole dichiarazioni di volontà dimissoria (con vicendevole consapevolezza da parte dei sigoli consiglieri dimissionari delle altrui dimissioni) e per altro verso sia rivelatrice di un unico disegno perseguito dai consiglieri dimissionari: provocare lo scioglimento del consiglio comunale. In altri termini, con il congegno della contemporaneità, le dichiarazioni dei consiglieri dimissionari, disponendosi parallelamente ed avendo contenuto identico, si sommano, pur senza fondersi, palesandosi all'esterno come un quid di unitario vicino all'atto collettivo.

Ora tutto cò non si è verificato nella fattispecie concreta in quanto, come all'inizio si è già detto, le dimissioni degli undici consiglieri non sono state presentate contemporaneamente nel senso sopraprecisato.

Deve perciò escludersi che esse fossero idonee ad integrare il presupposto dello scioglimento del consiglio comunale.

Di conseguenza il ricorso deve essere respinto.

Occorre ora esaminare i motivi aggiunti con i quali i ricorrenti impugnano le delibere con cui il Consiglio Comunale di Casandrino ha proceduto alla surrogazione dei consiglieri dimissionari.

Anche di tali motivi aggiunti è stata sollevata dai controinteressati l'eccezione di inammissibilità nel riflesso che detti motivi non sarebbero stati notificati al Comune che ha adottato le delibere.

La evidente infondatezza di detti motivi aggiunti esime il Collegio dall'esame anche della cennata eccezione.

Come anticipato in narrativa essi sono stati prospettati in via derivata dalla supposta invalidità del provvedimento impugnato con il ricorso precedentemente esaminato.

Poichè detto provvedimento è uscito indenne dalle censure prospettate con il ricorso originario, deve, per derivazione logico-giuridica, ritenersi immuni da vizi anche le delibere di surrogazione gravate con i motivi aggiunti. Anche tali motivi perciò devono essere respinti.

Si ravvisano tuttavia valide ragioni per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania-Napoli, Sezione I, pronunciando sul ricorso in epigrafe lo rigetta unitamente alla impugnativa formulata mediante motivi aggiunti, siccome entrambi infondati.

Spese compensate.

ORDINA che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del 20 febbraio 2002.

Il Presidente

Il Relatore

Il Segretario

Depositata il 13 marzo 2002.

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