TAR SICILIA-CATANIA, SEZ. II – Sentenza 22 marzo 2002 n. 539 - Pres. Zingales, Est. Savasta - Comune di Catania (Avv.ti Arena e Pulvirenti) c. Assessorato Regionale agli Enti Locali (Avv.ra Stato) e Gaglio (n.c.) - (respinge).
1. Atto amministrativo - Atto di controllo - Controlli sugli atti degli enti locali - Da parte dei Comitati regionali di controllo (CO.RE.CO.) - A seguito della riforma costituzionale operata con la L. n. 3/2001 - Non sono da ritenere venuti meno, in attesa di una nuova disciplina legislativa - Applicabilità del principio anche ai poteri di controllo assegnati al Prefetto dall’art. 135 T.U. Enti Locali.
2. Atto amministrativo - Atto di controllo - Controlli sugli atti degli enti locali - In Sicilia - Da parte dei Comitati regionali di controllo (CO.RE.CO.) - A seguito della riforma costituzionale operata con la L. n. 3/2001 - Non sono da ritenere venuti meno - Riferimento all’art. 15, comma 3, dello Statuto regionale.
3. Regioni - Comitati regionali di controllo - Funzioni diverse da quelle di mero controllo - A seguito della riforma costituzionale operata con la L. n. 3/2001 - Non sono venute meno.
4. Atto amministrativo - Atto di controllo - Controlli sugli atti degli EE.LL. - In Sicilia - Da parte dei Comitati regionali di controllo (CO.RE.CO.) - Spirare del termine del 31 dicembre 1999 - Ex L. reg. Sicilia n. 17/99 - Non ha fatto venir meno le funzioni dei CO.RE.CO. siciliani.
1. L’art. 9, comma 2, della L. cost. 18 ottobre 2001, n. 3, pur avendo abrogato l’art. 130 Cost. (secondo cui "un organo della Regione, costituito nei modi stabiliti dalla legge della Repubblica, esercita anche in forma decentrata, il controllo di legittimità sugli atti delle Province, dei Comuni e degli altri enti locali"), non ha abrogato implicitamente gli organi preposti ai controlli di legittimità ed in particolare i CO.RE.CO., le cui funzioni, a seguito della riforma costituzionale, sono in atto disciplinate dal T.U. EE.LL. e potranno essere regolamentate o definitivamente eliminate con apposito intervento legislativo; la suddetta norma costituzionale non ha inoltre fatto venire meno il potere di controllo assegnato al Prefetto per le ipotesi richiamate dall’art. 135 T.U. Enti Locali (D.Lgs. n. 267/2000)(1).
2. L’art. 9, comma 2, della L. Cost. 18 ottobre 2001 n. 3, pur avendo abrogato l’art. 130 Cost. in particolare non ha comportato in Sicilia il venir meno dei controlli da parte del CO.RE.CO., posto che, sotto il profilo costituzionale, l’attività di controllo è ancora regolata nel territorio regionale dall’art. 15, comma 3, dello Statuto siciliano (e dalle disposizioni regionali primarie consequenziali, nonché dal T.U. EE.LL., ove compatibile) ed è quindi ancora da ritenere "supportata" da idonea normativa di rango superiore (2).
3. L’art. 9, 2° comma, della L.Cost. 3/2001 non ha inoltre abrogato le diverse disposizioni che regolano "l’esistenza in vita" del CO.RE.CO., per quanto concerne le funzioni diverse da quella del controllo di legittimità.
4. Non può ritenersi che dopo lo spirare del termine del 31 dicembre 1999, previsto dalla L. reg. Sicilia n. 17/99 siano venute meno le funzioni di controllo esercitate nel territorio regionale dai CO.RE.CO., atteso che nonostante la dizione utilizzata da quest’ultima legge, il termine di decadenza delle funzioni va riferito non già all’organo in quanto tale, ma ai suoi componenti. Il venir meno delle funzioni dell’organo tutorio rimane quindi sempre ancorato alla rimodulazione del sistema dei controlli (ed ora, a seguito delle riforma costituzionale, alla riformulazione dello Statuto regionale). Sono pertanto validi gli atti adottati dal CO.RE.CO. in attesa di una normativa più volte annunciata dal Legislatore regionale e, a seguito della L. cost. n. 3/2001, della riforma dello Statuto regionale (3).
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(1) Ha osservato in proposito la Sez. II del TAR Sicilia-Catania che, si dovesse accedere all’incondizionato principio di sussidiarietà, senza possibilità di interferenza da parte di organi ritenuti ex lege "sovraordinati", dovrebbe concludersi, ad esempio, per la illegittimità del potere di controllo assegnato al Prefetto per le ipotesi richiamate dall’art. 135 T.U. Enti Locali (D.Lgs.vo 267/2000).
Va inoltre tenuto presente che l’art. 136 Cost., nel testo novellato, stabilisce che qualora gli enti locali siano tenuti a compiere atti obbligatori per legge, e non vi provvedano, è il difensore civico regionale – ove costituito – ovvero il comitato regionale di controllo a dover nominare un commissario ad acta che provveda in sostituzione.
Dalle norme richiamate appare ictu oculi come il Legislatore, per altro in sede di regolamentazione unitaria della materia relativa agli EE.LL., abbia riservato delle zone dell’attività di detto Organo che sfuggono alla logica del mero controllo sugli atti espressa dall’abrogato art. 130 Cost.
Ne deriva, secondo la Sez. II del TAR Catania, che non appare sussistere quel nesso di stretta consequenzialità tra abrogazione della norma costituzionale e dissolvimento immediato dell’Organo di controllo.
Sarebbe da chiedersi, infatti, in dette richiamate ipotesi, quale organo debba sostenere il Prefetto nelle funzioni a questi specificatamente assegnate dalla legge e che non investono il controllo di legittimità, ovvero, nell’attività obbligatoria, chi debba sostituire, ove non sussista perché non nominato, il difensore civico.
Si verificherebbe la paralisi non già del controllo di legittimità, ma quello di legalità, nel caso prefettizio, e di impulso, nel caso del difensore civico.
(2) Ha osservato in proposito la Sez. II del TAR Sicilia-Catania che, con particolare riguardo alla Sicilia, la funzione di controllo regionale non può derivarsi, come per le regioni a statuto ordinario, dal solo art. 130 Cost., sussistendo una diversa norma, avente identica natura ed efficacia costituzionale, che stabilisce che "nel quadro dei principi generali spetta alla Regione la legislazione esclusiva e l’esecuzione diretta in materia di circoscrizione, ordinamento e controllo degli enti locali (art. 15, co. 3, dello Statuto speciale conv. In L. Cost. 26.2.1948 n. 2).
La Legge cost. 3/2001, all’art. 10, avvalorando la tesi della sopravvivenza della pregressa speciale normativa in dette particolari realtà territoriali, ha espressamente statuito che "sino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite".
L’abrogazione dell’art. 130 Cost. non consente quindi di per sé un ampliamento dell’autonomia regionale o decentrata, per cui l’abrogazione del controllo di legittimità, in quanto la stessa materia è stata affidata in Sicilia ad una legge costituzionale di approvazione dello statuto speciale regionale, troverà ingresso nella regione solo dopo il necessario (ma ancora non intervenuto) adeguamento dello Statuto.
(3) Cfr., ex multis, TAR Catania, III, 21.2.2001 n. 391; v. tuttavia in senso contrario da ult. T.A.R. Sicilia-Catania, Sez. I, 22 gennaio 2002 n. 79, http://www.giustamm.it/private/tar/tarct1_2001-79.htm, secondo cui in particolare «ai sensi dell'art. 1 della L. reg. n. 17 del 1999, deve ritenersi che, dalla data del 31 dicembre 1999, l'attività delle Sezioni del Comitato Regionale di Controllo in Sicilia sia cessata e non trovi più nessun titolo o legittimazione di prosecuzione; pertanto, gli atti adottati dalle Sezioni del Co.Re.Co. in Sicilia dopo il 31.12.1999 sono da considerare nulli perché emessi in assenza di titolo per l'esercizio della funzione di controllo».
Sulla L. cost. n. 3/2001 ed i suoi riflessi sulla disciplina dei controlli v. in questa Rivista Internet:
L. OLIVERI, L’abrogazione dei controlli sugli atti degli enti locali
A. RICCARDO, Riforma costituzionale e controllo sugli atti
per l’annullamento
del provvedimento emesso dal Comitato Regionale di Controllo, Sez. provinciale di Catania, in data 3.12.2001 prot. n. 3498, notificato al ricorrente il 7.12.2001, con cui è stato disposto di annullare la deliberazione n. 1729 del 17.10.2001 della G.M. di Catania e di ogni altro atto precedente e/o presupposto, conseguente e/o connesso.
(omissis)
FATTO E DIRITTO
I. Con il ricorso in esame, il Comune di Catania ha impugnato il provvedimento di controllo del CO.RE.CO. che ha annullato la deliberazione di Giunta volta ad affidare alla "Multiservizi S.p.A.", società mista costituita con la partecipazione maggioritaria dell’Ente ricorrente, la gestione dello stadio comunale "Cibali" e dei servizi pubblicitari e di ristorazione annessi.
In sostanza, l’Organo di controllo ha asserito che i servizi aggiuntivi, a spessore imprenditoriale, esulerebbero dai compiti affidati originariamente alla società mista (limitati alla sola gestione e cura degli immobili), per cui sarebbe necessaria una nuova deliberazione consiliare, attributiva delle nuove funzioni, e non già un provvedimento giuntale.
Asserisce il ricorrente, intanto, la carenza di potere dell’organo di controllo e, quindi, l’inesistenza dell’atto emanato, posto che i CO.RE.CO, per effetto dell’art. 9 della L. Cost. 18.10.2001 n. 3 (che ha abrogato l’art. 130 Cost.) non sarebbero più idoneamente supportati dalla normativa costituzionale vigente e, quindi, più legittimati ad esercitare alcun controllo di legittimità sugli atti degli enti locali.
Asserisce, comunque, il ricorrente, oltre l’infondatezza nel merito delle osservazioni del CO.RE.CO., che, indipendentemente dalla questione della legittima operatività di detto Organo, i componenti che lo compongono sarebbero delegittimati in quanto avrebbero agito per effetto di "proroga sine titulo".
In definitiva, quindi, il Collegio è chiamato a decidere se, in Sicilia, sussista ancora il controllo di legittimità di detto Organo e quali siano i possibili effetti di detto tipo di attività in regime di "prorogatio".
II. Tanto premesso in punto di fatto, il Collegio ritiene di non poter condividere la prima censura secondo la quale il CO.RE.CO. - Sez. di Catania – sarebbe carente di potere per effetto della sopravvenuta normativa costituzionale.
Invero, l’art. 9, comma 2, della L. Cost. 18.10.2001 n. 3 ha abrogato l’art. 130 Cost.
Detta norma così statuiva: "un organo della Regione, costituito nei modi stabiliti dalla legge della Repubblica, esercita anche in forma decentrata, il controllo di legittimità sugli atti delle Province, dei Comuni e degli altri enti locali".
Asserisce il Comune ricorrente che dalla sopravvenuta innovazione costituzionale deriva l’abolizione dei controlli da parte del CO.RE.CO.
Il nuovo assetto costituzionale avrebbe superato il rapporto di gerarchia (e, quindi, di subordinazione) sussistente tra i vari Organismi territoriali, per lasciar posto al diverso criterio di sussidiarietà.
Il Collegio ritiene che il quadro delineato dalla richiamata normativa, seppur orientato verso una irreversibile diversa regolamentazione dei rapporti in questione, non possa essere interpretato nel senso prospettato dal ricorrente.
In altri termini, la sopravvenuta riforma costituzionale non opera un effetto abrogativo implicito ed "a cascata" degli organi preposti ai controlli di legittimità.
Se si dovesse accedere all’incondizionato principio di sussidiarietà, senza possibilità di interferenza da parte di organi ritenuti ex lege "sovraordinati", dovrebbe concludersi, ad esempio, per la illegittimità del potere di controllo assegnato al Prefetto per le ipotesi richiamate dall’art. 135 T.U. Enti Locali (D.Lgs.vo 267/2000) .
Secondo quanto previsto dalla norma richiamata, il Prefetto, ove ritenga che vi siano infiltrazioni di tipo mafioso nelle attività relative ad appalti, concessioni, subappalti, et similia, per la realizzazione di lavori pubblici ovvero "quando sia necessario assicurare il normale svolgimento delle attività delle pubbliche amministrazioni", può:
richiedere ai competenti organi statali e regionali gli interventi di controllo e sostitutivi previsti dalla legge (1° comma del predetto art. 135);
richiedere, ai sensi del 2° comma di detto ultimo articolo, che siano sottoposte al controllo preventivo di legittimità le deliberazioni degli enti locali relative ad acquisti, alienazioni appalti ed in generale a tutti i contratti, con le modalità di cui all’art. 133 del medesimo T.U. (avvalendosi, cioè, del CO.RE.CO) .
Ed ancora.
L’art. 136 stabilisce che qualora gli enti locali siano tenuti a compiere atti obbligatori per legge, e non vi provvedano, è il difensore civico regionale – ove costituito – ovvero il comitato regionale di controllo a dover nominare un commissario ad acta che provveda in sostituzione.
Dalle norme richiamate appare ictu oculi come il Legislatore, per altro in sede di regolamentazione unitaria della materia relativa agli EE.LL., abbia riservato delle zone dell’attività di detto Organo che sfuggono alla logica del mero controllo sugli atti espressa dall’abrogato art. 130 Cost.
Ne deriva che non appare sussistere quel nesso di stretta consequenzialità tra abrogazione della norma costituzionale e dissolvimento immediato dell’Organo di controllo.
Sarebbe da chiedersi, infatti, in dette richiamate ipotesi, quale organo debba sostenere il Prefetto nelle funzioni a questi specificatamente assegnate dalla legge e che non investono il controllo di legittimità, ovvero, nell’attività obbligatoria, chi debba sostituire, ove non sussista perché non nominato, il difensore civico.
Si verificherebbe la paralisi non già del controllo di legittimità, ma quello di legalità, nel caso prefettizio, e di impulso, nel caso del difensore civico.
Già queste argomentazioni sembrano al Collegio sufficienti per sostenere la inattualità della incostituzionalità del CO.RE.CO., le cui funzioni, pertanto devono essere regolamentate o definitivamente eliminate secondo un apposito intervento legislativo regionale e (per il resto del territorio) nazionale.
Né, al contrario, sembra sostenibile che in Sicilia, per effetto della riserva presente nell’art. 1 del T.U., non possa applicarsi la richiamata materia.
Anche senza considerare che si tratta di norme di principio, è da dire che lo stesso articolo appena citato prevede l’applicazione del D.Lgs.vo n. 267/2000 anche nelle regioni a statuto speciale ove non incompatibile con le "attribuzioni" previste negli statuti e nelle relative norme di attuazione, di tal guisa che, in effetti, potrebbe parlarsi di limitazione sulla "estensione" del controllo sulle materie, ma non già di eliminazione della fase di controllo tout court.
Altre analoghe ragioni, però, sembrano militare in favore della cennata conclusione.
Secondo quanto stabilito dall’art. 55 del D.Pres. Reg. Sic 20.8.1960 n. 3, nella seduta immediatamente successiva alle elezioni, il consiglio comunale deve esaminare la condizione degli eletti e dichiararne l’eventuale ineleggibilità.
Il comma 2° precisa, però, che in caso di omissione, provvede la Commissione Provinciale di Controllo (oggi, CO.RE.CO.)
Anche in detto caso, al di là del mero controllo di illegittimità degli atti, esiste un’attività sostitutiva che non sembra poter venir meno per effetto della riforma costituzionale più volte richiamata.
Ancora. L’art. 129 del T.U. 267/2000 conferisce un ulteriore compito a detti organi, ove viene prevista un servizio di consulenza a favore degli enti locali, che, ancora una volta, non ha nulla a che vedere con le funzioni di controllo asseritamente abrogate dalla sopravvenuta normativa costituzionale.
Vi sono, infine, delle funzioni di "amministrazione attiva", come è possibile evincere dall’art. 11 della L.R. 7/92 (non modificata sul punto), secondo il quale "le operazioni di convalida dell'eletto (al consiglio comunale) competono alla sezione provinciale del Comitato regionale di controllo, che si pronuncia in via amministrativa anche su eventuali ipotesi di incompatibilità, nell'osservanza dei termini e delle procedure di cui all'art. 14 della legge regionale 31/1986.".
Nello stesso senso si esprime l’art. 7 della L.R. 26/1993 per l’eletto al consiglio provinciale.
E’ da rilevare, in conclusione, che non sussiste alcuna abrogazione espressa delle leggi che regolano l’istituzione degli Organi in esame e che, secondo quanto disposto dall’art. 15 delle disposizioni preliminari del codice civile, non può neanche giungersi ad una caducazione implicita delle stesse, posto che non esiste una incompatibilità assoluta (che, unica, avrebbe potuto giustificare detta conclusione) con la sopravvenuta norma costituzionale.
Per converso, anzi, l’art. 1 del T.U. Enti Locali, stante la sua natura di regolamentazione non solo di riordino (compilativa), ma anche positiva (innovativa), stabilisce che le modificazioni che lo riguardano devono essere formalizzate in maniera espressa.
Tanto sembra sufficiente al Collegio per concludere che l’art. 9, 2° co., della L.Cost. 3/2001 non ha abrogato le diverse disposizioni che regolano "l’esistenza in vita" del CO.RE.CO., per quanto concerne le funzioni diverse da quella del controllo di legittimità.
Vieppiù. Invero la disciplina esaminata va approfondita alla luce del carattere di specialità riconosciuta alla regione siciliana.
La funzione di controllo regionale, infatti, non può derivarsi, come per le regioni a statuto ordinario, dal solo art. 130 Cost., sussistendo una diversa norma, avente identica natura ed efficacia costituzionale, che stabilisce che "nel quadro dei principi generali spetta alla Regione la legislazione esclusiva e l’esecuzione diretta in materia di circoscrizione, ordinamento e controllo degli enti locali (art. 15, co. 3, dello Statuto speciale conv. In L. Cost. 26.2.1948 n. 2).
La Legge cost. 3/2001, all’art. 10, avvalorando la tesi della sopravvivenza della pregressa speciale normativa in dette particolari realtà territoriali, ha espressamente statuito che "sino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite".
Non è chi non veda come l’abrogazione dell’art. 130 Cost. non consenta di per sé un ampliamento dell’autonomia regionale o decentrata, per cui l’abrogazione del controllo di legittimità, in quanto la stessa materia è stata affidata in Sicilia ad una legge costituzionale di approvazione dello statuto speciale regionale, troverà ingresso nella regione solo dopo il necessario (ma ancora non intervenuto) adeguamento dello statuto.
Deriva che non è possibile sostenere che pur "rimanendo in vita il CO.RE.CO.", viene comunque meno la specifica funzione del controllo, posto che, sotto il profilo costituzionale, detta attività è ancora teoricamente regolata dal richiamato art. 15, co. 3, dello Statuto regionale (e dalle disposizioni regionali primarie consequenziali, nonché dal richiamato T.U. EE.LL. ove compatibile) e, quindi, ancora "supportata" da idonea normativa di rango superiore.
III. Con la seconda censura, in effetti, viene dubitato che, a prescindere da ogni rilievo costituzionale, il CO.RE.CO. siciliano sia ancora in "carica".
La Sezione non ignora il più recente orientamento giurisprudenziale sul punto (cfr. TAR Palermo, I, 1.12.2000 n. 1951; TAR Catania, I, 22.1.2002 n 79), che ritiene, però, di non poter condividere alla stregua delle considerazioni che seguono.
Il CO.RE.CO. in Sicilia è stato istituito con L.R. 44/91. Detta normativa, - ancora supportata sotto il profilo costituzionale dal ricordato art. 15, 3° comma, dello Statuto regionale – con l’art. 3, ha originariamente stabilito l’integrale rinnovo ogni cinque anni di tale organo di controllo.
Successivamente, con LL.RR. 3 e 23/97, si è stabilito un ulteriore motivo di integrale rinnovamento occasionato dalla "nuova elezione dell’Assemblea regionale". In ogni caso si è prevista la decadenza dei "componenti in carica degli organi" al 31.8.1997.
La L.R. 23/97, inoltre, all’art. 2 ha stabilito che, "i Presidenti designati ed i componenti da nominare del Comitato regionale di controllo di cui all'articolo 2 della legge regionale 3 dicembre 1991, n. 44, rimarranno in carica fino all'approvazione della legge di riforma del sistema dei controlli sugli atti degli enti locali e comunque non oltre il 30 giugno 1998".
In sostanza, quindi, la nuova composizione è stata limitata nel tempo in attesa della normativa di riordino dei controlli.
La L.R. 23/98 ha sostituito il termine del 30 giugno 1998 con il 31 dicembre 1998 e, come tutte le pregresse normative, ha fatto "salvi tutti gli atti adottati dal Comitato regionale di controllo nonché l'attività da esso svolta nel periodo ricompreso", in questo caso tra il 30 giugno 1998 e l'entrata in vigore della legge.
La successiva L.R. 17/99 ha stabilito che:
1. Nelle more della riforma del sistema dei controlli, i comitati regionali di controllo sugli atti degli enti locali, della sezione centrale e delle sezioni provinciali, in carica alla data del 31 dicembre 1998, continuano a svolgere la propria funzione sino al 31 dicembre 1999.
2. Sono fatti salvi tutti gli atti adottati dai Comitati regionali di controllo, nonché l'attività da essi svolta nel periodo ricompreso tra il 1° gennaio 1999 e l'entrata in vigore della presente legge.
E’ evidente il passaggio ontologico tra le prime norme, che si riferiscono espressamente ai componenti del comitato di controllo, e l’ultima stesura, che si riferisce al comitato in carica.
La recente sentenza di questo Tribunale ha tratto la conseguenza che proprio da detta differenza originerebbe la definitiva decadenza dell’organo in esame.
La tesi, formalmente corretta, non convince il Collegio.
Invero, la legge, così come espressamente dichiarato nel titolo, si propone di modificare il comma 1, dell'articolo 1, della legge regionale 7 dicembre 1998, n. 23, concernente il termine di durata in carica del Comitato regionale di controllo.
Ma detta norma, nonostante la dizione in ultimo utilizzata nel 1999 dal legislatore regionale, così come in precedenza, concerneva la diversa ipotesi di proroga dei membri del CO.RE.CO..
Secondo un’interpretazione logico-sistematica appare, anche in questo caso, più appropriato riferire il termine di decadenza delle funzioni, non già all’Organo in quanto tale, ma ai suoi componenti.
La circostanza che la tecnica ermeneutica consiglia di tenere in particolare rilievo, consiste nel fatto che viene mantenuta anche nell’ultima stesura la riserva relativa al riordino legislativo del sistema dei controlli.
Detta riserva, sempre ribadita, sta ad indicare che il "decesso" dell’Organo è stato e rimane sempre ancorato alla rimodulazione del sistema dei controlli (ed ora, alla riformulazione dello Statuto regionale), che, proprio perché non ancora precisato legislativamente, non consente l’effetto ritenuto "normale" dal ricorrente.
E’ da concludere, quindi che, in effetti, neanche la L.R. in questione abbia decretato la fine dei controlli (rectius: dell’Organo di controllo).
Conseguentemente, anche la censura formulata in proposito dal ricorrente Comune deve essere disattesa.
IV. Ciò precisato è da analizzare l’effetto che può derivare da un provvedimento adottato da un Organo ancora in funzione, ma i cui membri sembrerebbero decaduti e, semmai, prorogati.
Il Collegio, a monte, non può non rilevare come l’abolizione "tout court" del sistema di controllo, da effettuare, in ossequio anche al sopravanzare del principio di sussidiarietà, non necessariamente in maniera gerarchica, introduce delle notevoli storture in un sistema vieppiù orientato a garantire i principi mutuati dalla normativa comunitaria (ed, in quanto tali, a spessore quanto meno paritario con quella costituzionale), quali quelli della garanzia della concorrenza tra le imprese ed il libero ingresso delle stesse nell’ambito del mercato.
E’ da sottolineare, infatti, come resterebbero fuori da ogni controllo, anche del Tribunale, tutte le ipotesi, sempre più numerose, in cui non si fa questione della regolarità di una procedura ad evidenza pubblica (ove, quindi, sussistono dei controinteressati che possono promuovere un giudizio sulla legittimità dell’azione amministrativa), ma di mancata attivazione, ove obbligatoria, della stessa. E ancora. Ove, come nel caso in esame, in cui il potere amministrativo, mediante affidamenti non selettivi, trasmoda dai limiti imposti dalla legge o dalla stessa amministrazione procedente.
In altri termini, a meno che di non voler sostenere anche la totale "privatizzazione" del rapporto contrattuale degli enti locali e l’abbattimento dei principi, anche minimali, dell’"evidenza pubblica", occorre "leggere" l’abrogazione dell’art. 130 Cost., anche alla luce dei richiamati principi posti dalla normativa comunitaria, non già come abolizione assoluta dei controlli, ma come attuazione di un decentramento organizzativo degli stessi fondato sui principi di sussidiarietà.
Ciò chiarito, il Collegio ritiene di dover confermare quanto già altre volte espresso da questo Tribunale circa la sussistenza e la validità dell’attività di controllo svolta dal CO.RE.CO. in attesa di una normativa più volte annunciata dal Legislatore regionale ed ora, alla luce delle nuove considerazioni espresse sub I, della riforma dello Statuto regionale (cfr., ex multis, TAR Catania, III, 21.2.2001 n. 391)
Il sistema giuridico già esistente prevede, infatti, alcune disposizioni che confortano l’assunto:
a) l’art.32 della legge regionale n.44/91 - che trova applicazione in via analogica - il quale, avendo transitoriamente disciplinato l’attività di controllo per il periodo intercorrente fra la scadenza delle pregresse Commissioni Provinciali di Controllo e la istituzione dei CO.RE.CO., ha stabilito che: "1. Le disposizioni della presente legge si applicano agli atti adottati dopo l'insediamento degli organi di controllo istituiti dalla stessa.
2. Per gli atti adottati fino all'insediamento di cui al comma 1 continuano ad applicarsi le disposizioni dell'Ordinamento regionale degli enti locali approvato con la legge regionale 15 marzo 1963, n.16, e successive modifiche ed integrazioni. Il controllo è svolto dalle sezioni provinciali competenti"; essendo, infatti, di palmare evidenza l’analogia fra l’attuale situazione di mancata proroga dei membri del CO.RE.CO. scaduti, in attesa dell’intervento legislativo atto a ridisciplinare la materia dei controlli, con quella ivi prevista dal legislatore regionale per un analogo periodo transitorio, al fine di evitare la sostanziale disattivazione temporanea della funzione del controllo costituzionalmente garantita;
b) la legge regionale 28 marzo 1995, n.22, con l’art.1, 1° comma, nel testo modificato dall'art. 2 della L.R. 19/97, escludendo dal proprio ambito di sussumibilità "gli organi elettivi della Regione, delle province e dei comuni e
. . . gli organi per i quali la nomina di componenti è di competenza dell'Assemblea regionale", non trova applicazione con riferimento ai CO.RE.CO., poiché, ai sensi dell’art.2 della legge regionale siciliana 3 dicembre 1991, n.44, il presidente viene "designato dalla Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale…;" e gli altri nove membri vengano "eletti dall'Assemblea regionale siciliana…" (lettera b).
Detta esclusione, confermata - diversamente da quanto sostiene il ricorrente – dalla stessa circolare 11/99 dallo stesso invocata, appare particolarmente ricca di significato.
Invero, la normativa richiamata ha in concreto recepito la normativa nazionale (D.L. 293/94 conv. in L. 444/94) che regola la disciplina della proroga degli organi amministrativi.
In particolare, oltre che dei termini decadenziali brevi, la disciplina prevede, all’art. 3, che, durante il periodo di proroga degli organi, gli atti che possono essere compiuti sono quelli indifferibili ed urgenti e che, fuori da dette ipotesi, essi sono comunque da considerarsi nulli.
Il fatto che la regione siciliana, con le richiamate disposizioni contenute nella L.R. 22/95 (modificata dalla L.R. 19/97), abbia escluso evidentemente i CO.RE.CO. significa che l’attività resa in regime di proroga (non delimitata rigidamente nel tempo, come negli altri casi) non soggiace alla "sanzione" della nullità, altrimenti comminata nelle altre ipotesi.
In altri termini, la regione Sicilia ha sottratto gli organi in questione sia dalla decadenza "a termine", sia dalla nullità degli atti emanati, altrimenti previste dalla normativa nazionale recepita.
Se così è, non appare troncante, per sostenere la diversa tesi, che il Legislatore regionale abbia ritenuto di dover precisare, con le varie proroghe, con una sorta di ratifica legislativa, che tutti i controlli effettuati, pendente detto periodo, debbano considerarsi validi ed efficaci.
L’effetto conservativo, con norma antecedente confermata poi nel 1997, era già stato previsto grazie alla "riserva" effettuata nei confronti del CO.RE.CO (rimasti, come chiarito, esclusi dall’effetto caducatorio) rispetto alla normativa nazionale chiaramente di segno opposto.
Tanto basta per ritenere la legittimità formale del controllo.
V. Con il terzo motivo di gravame, il ricorrente censura nel merito l’attività di controllo, asserendo che l’atto impugnato avrebbe inopinatamente richiesto che l’"affidamento del servizio alla Multiservizi S.p.A., disposto con la delibera in oggetto, non può inquadrarsi nei servizi già individuati dall’organo consiliare … e deve ritenersi nuova concessione dei servizi menzionati, sicché la competenza, per la specifica materia è attribuita al Consiglio Comunale, ai sensi dell’art. 32 L. 142/90 recepita dalla L.R. 48/91".
In sostanza, il censurato rilievo del CO.RE.CO. muove dalla circostanza che il Comune avrebbe affidato servizi diversi ed ulteriori rispetto a quelli conferiti ab origine alla Multiservizi S.p.A., di tal guisa che la competenza per il nuovo affidamento sarebbe non già della Giunta, ma del Consiglio comunale (chiamato, in sostanza, a rideterminarsi sulle competenze della società).
Il rilievo dell’organo di controllo va condiviso e, conseguentemente, il motivo in esame risulta destituito di fondamento.
La questione si incentra sulla definizione contenuta nello statuto della Multiservizi, istituita al fine di "gestire gli immobili" del Comune.
Il problema è, trattandosi nel caso di specie dello stadio "Cibali", se oltre alla cura dell’immobile, la società possa, come previsto dalla delibera annullata dal CO.RE.CO., occuparsi, come naturale appendice di detta gestione, anche dell’affissione, della ristorazione, della pubblicità e dell’organizzazione degli spettacoli.
In altri termini, il problema è se dette ultime attività possano ritenersi strumentali alla gestione dell’immobile e, quindi, di fatto già autorizzate implicitamente per effetto della delibera istitutiva della società n. 14/97.
Al Collegio sembra del tutto evidente che la gestione dell’immobile (la società nasce, secondo la richiamata delibera, come entità destinata alla cura di "interessi pubblici di interesse del Comune" ), come diffusamente argomentato nella sentenza 1137/1999 di questa Sezione, già di per sé non costituisca cura di interesse "pubblico". A fortiori, non sembra potersi annoverare in detta categoria il diverso servizio manageriale della cura della pubblicità e della ristorazione.
La Sezione non ignora il percorso argomentativo del giudice di seconde cure sul punto (cfr. C.G.A. 23.7.2001 n. 410), ma ritiene di non poter condividere che il servizio pubblico possa essere inteso anche come attività che non si rivolga immediatamente alla cura degli interessi dei cittadini (e, semmai, in via mediata a quello dell’Ente), posto che proprio i "fini sociali e la promozione dello sviluppo economico e civile della comunità locale" previsti dalla norma richiamata dalla citata sentenza (art. 22 L. 142/1990, ora art. 112 del T.U. approvato con D.Lgs.vo 267/2000) non sembrano potersi "adattare" a servizi interni all’Amministrazione ovvero ad attività meramente lucrative, come quelle in esame.
In ogni caso, la gestione degli immobili, fine dichiarato della Multiservizi S.p.A. nella delibera istitutiva della società n.14/97, al di là della sua collocazione teorica nell’alveo dei servizi pubblici , così come sostenuto dal provvedimento impugnato, non pare possa estendersi alle attività complementari sopra citate.
Invero, se è pur controverso che detta gestione possa riconnettersi al servizio pubblico, posto che è indubbio che è quest’ultimo la chiave di lettura (sia secondo il richiamato normativo, che per effetto della delibera istitutiva) dei servizi eventualmente di competenza della società mista in questione, è altrettanto sicuro che un’attività lucrativa quale quella relativa alla gestione del bar, della pubblicità, all’organizzazione degli spettacoli, indipendentemente dall’asserito rapporto di complementarità (a parere del Collegio inesistente) con la gestione degli immobili, nulla ha a che vedere, neanche in via "mediata", con detto presupposto indefettibile per sostenere la costituzione ed il funzionamento dell’organismo in esame.
Per altro, è stato di recente sostenuto che l’uso pubblicitario audiovisivo, nonché l’uso dello stadio comunale, non richiedono la forma dell’appalto pubblico di servizi, in quanto non si tratta di prestazioni necessarie all’espletamento delle funzionali istituzionali dell’Ente.
Anzi, il riconoscimento del servizio pubblicitario in favore del concessionario dell’uso sportivo di uno stadio comunale afferisce al dato economico e sostanziale della derivazione del valore pubblicitario ceduto, che si riferisce non già all’immobile in sé, bensì allo spettacolo organizzato dalla società sportiva (cfr. Cons Stato, I, parere n. 73/2000 del 16.5.2001).
Deriva che appare corretta la conclusione del CO.RE.CO., in ordine all’illegittima attribuzione da parte della Giunta dei suddetti servizi non solo non previsti, ma neanche prevedibili ab initio alla società cointeressata.
Invero, nel DNA istituzionale della società mista in esame non esiste la possibilità di gestire, neanche in concessione, servizi che non siano pubblici, per cui, correttamente, la delibera di affidamento delle attività in esame avrebbe dovuto, contestualmente, così come stabilito dall’organo di controllo, ampliarne il tessuto operativo.
Detta competenza, come correttamente rilevato dal CO.RE.CO., ai sensi dell’art. 42 del T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali. (D.Lgs.vo 267/2000), reiterativo dell’art. 32, co. 2, lettera f), della L. 142/1990, stante la "novità" dell’assegnazione dei servizi, appartiene al Consiglio Comunale.
VI. In dipendenza delle osservazioni di cui al punto precedente, consegue l’irrilevanza della IV censura, secondo la quale, in sostanza, all’art. 3 dello Statuto – approvato e fatto proprio dal Comune con la delibera istitutiva 14/97 - sarebbe previsto che la società può svolgere "tutto quanto attiene la gestione degli immobili, locali e stabilimenti pubblici o destinati ad uso pubblico da svolgere con criteri di imprenditorialità ed efficienza".
Al riguardo è sufficiente osservare che il medesimo comma dell’art. 3, però, stabilisce, ancor prima, che l’oggetto sociale consiste nell’erogazione di servizi pubblici di interesse municipale, quali la pulizia, la custodia, la manutenzione ordinaria e straordinaria ed aggiunge, subito dopo, la definizione prospettata dal ricorrente.
Consegue che la gestione imprenditoriale autorizzata deve pur sempre afferire ai servizi pubblici, tra i quali, come chiarito, risulta già una forzatura annoverare la gestione ordinaria degli immobili e, a fortiori, lo diventa per i servizi lucrativi in esame sganciati - secondo quanto chiarito dal Consiglio di Stato con il citato condivisibile parere - dalla gestione dell’immobile in quanto tale.
VII. Dalle premesse consegue l’irrilevanza della ulteriore questione posta con il V motivo di gravame, in ordine al diverso motivo di annullamento rilevato dal CO.RE.CO. (violazione dell’art. 93 O.R.E.L.), posto che, pur ritenendolo fondato, la sussistenza di ulteriore diversa motivazione della delibera impugnata è sufficiente a sostenere comunque le ragioni del provvedimento di controllo.
Conclusivamente il ricorso non appare fondato e, quindi, va respinto.
Stimasi equo compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - Sezione staccata di Catania - Sezione seconda – rigetta il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Catania, nella Camera di consiglio del 24.1.2002 e 6.3.2002.
L'Estensore Il Presidente
(dott. Pancrazio Savasta) (dott. Vincenzo Zingales)
Depositata nella Segreteria del T.A.R.- Sez. di Catania oggi 22.3.2002