TAR SICILIA-CATANIA, SEZ. III – Sentenza 29 gennaio 2002 n. 140 – Pres. Vitellio, Est. Burzichelli – Alcatel Italia s.p.a. (Avv.ti Cassola e Signorelli) c. Comune di Pedara (Avv. Caruso).
Ambiente - Elettrosmog - Disciplina prevista dalla L. n. 36/01 - Poteri dei Comuni in materia - Individuazione - Regolamento comunale che stabilisce la zone omogenee nelle quali possono essere installati impianti per telefonia cellulare e le distanze degli stessi da aree sensibili - Non sussiste.
Ai sensi dell’art. 8 della L. n. 36/01 deve ritenersi che i Comuni possono esercitare in materia di impianti che comportano emissioni elettromagnetiche una potestà regolamentare del tutto sussidiaria, la quale concerne esclusivamente i profili urbanistici e territoriali (con esclusione di quello attinente all’individuazione dei siti) e l’eventuale indicazione di ulteriori, particolari accorgimenti edilizi che possano utilmente concorrere alla minimizzazione dell’esposizione (i cui limiti sono però determinati dallo Stato, cui spetta, tra l’altro, anche il compito di effettuare, con il concorso delle Regioni, le relative misurazioni, svolgere le opportune ricerche al fine di accertare la nocività dell’"inquinamento elettromagnetico" e promuovere l’adozione di tecnologie e di tecniche di costruzione degli impianti che consentano di minimizzare le emissioni nell’ambiente e di tutelare il paesaggio).
E’ pertanto illegittimo un regolamento con il quale un Comune, in violazione della suddetta norma di legge, ha stabilito in quali zone del territorio gli impianti in questione possono essere realizzati e quale sia la distanza minima degli stessi dalle abitazioni o dalle aree sensibili (1).
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Nota di
Leonardo Penna (Avvocato)
Con la sentenza in rassegna è stato accolto un ricorso proposto da una società incaricata di realizzare la rete del gestore Wind, avverso il regolamento comunale in materia di installazione di impianti di telefonia cellulare adottato dal Comune di Pedara (CT) e il conseguente diniego di concessione edilizia.
Con il regolamento impugnato il Comune di Pedara – peraltro in modo analogo ad altri recenti interventi comunali in materia – aveva stabilito di vietare l’installazione degli impianti di telefonia cellulare in tutte le aree destinate all’edificazione (zone omogenee A, B e C) nonchè nelle aree cosiddetta sensibili (zone destinate a scuole, ospedali, case di cura e riposto, zone di interesse panoramico, ecc.) consentendola esclusivamente nelle zone destinate a verde agricolo e pubblico, e nelle zone turistico-recettive, con l’obbligo di rispettare una distanza di rispetto di metri 50 da abitazioni e di metri 300 dalle aree sensibili.
Il Collegio catanese ha ritenuto illegittimo, per incompetenza, il suddetto intervento normativo comunale, in quanto ai sensi dell’art. 8 della L. n. 36/01, "non è il Comune che può stabilire in quali zone del territorio gli impianti in questione possono essere realizzati, né stabilire quale sia la distanza minima degli stessi dalle abitazioni o dalle aree sensibili". La suddetta competenza spetta infatti alle Regioni che debbono esercitarla in conformità ai criteri e ai limiti previsti dallo Stato.
La sentenza rappresenta un precedente indubbiamente interessante, in una materia quanto mai controversa, qual è quella concernente l’installazione di impianti di telecomunicazione, che, peraltro, sul punto conferma l’orientamento già assunto sia dal T.A.R. Lazio che dal T.A.R. Veneto
V. sul punto la pagina di approfondimento sull’inquinamento derivante da onde elettromagnetiche*
per l’annullamento
del provvedimento n. 19193 del 5 novembre 2001, con cui il Comune ha rigettato la domanda di autorizzazione edilizia avanzata dalla ricorrente, del Regolamento comunale approvato con deliberazione consiliare n. 58 del 28 settembre 2001, e della nota n. 17367 del 4 ottobre 2001;
Visti gli atti di causa e uditi i difensori delle parti, come da verbale, nella Camera di Consiglio del 11 gennaio 2002, anche in ordine all’integrità del contraddittorio e alla completezza dell’istruttoria; Visti gli artt. 21 e 26 legge n. 1034/1971;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
La ricorrente ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, lamentando sostanzialmente – pur attraverso una più articolata prospettazione formale – l’incompetenza del Comune intimato, l’eccesso di potere sotto svariati profili e la violazione degli artt. 3 e 7 legge n. 241/1990.
La società ha anche avanzato domanda di risarcimento del danno.
Il Comune si è costituito in giudizio, eccependo l’inammissibilità del ricorso e sollecitando, in subordine, il suo rigetto nel merito perché infondato.
Nella Camera di Consiglio del 11 gennaio 2002, sentiti i difensori delle parti, come da verbale, anche in ordine all’integrità del contraddittorio e alla completezza dell’istruttoria, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Deve essere precisato, in estrema sintesi che, con istanza in data 30 gennaio 2001, la società ricorrente ha chiesto al Comune il rilascio di un autorizzazione edilizia per la costruzione di una stazione radio-base e che, con provvedimento n. 19193 del 5 novembre 2001, il Comune di Pedara ha rigettato l’istanza, sul rilievo che l’intervento necessiterebbe di concessione e non sarebbe, comunque, conforme a quanto previsto dagli artt. 3 e 4 del Regolamento approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 58 del 28 settembre 2001.
L’art. 4 del citato Regolamento stabilisce, in particolare, che l’installazione degli impianti di cui si tratta è esclusa nell’intero territorio urbanizzato del Comune (cioè in tutte le aree destinate all’edificazione secondo il vigente piano regolatore generale), nonché nelle aree cosiddette sensibili (zone destinate a scuole, ospedali, case di cura e riposo, zone di interesse panoramico, etc.), ed è consentita, in buona sostanza, nelle zone destinate a verde, agricolo e pubblico, e nelle zone turistico-ricettive, con l’obbligo, tuttavia, di una distanza minima di almeno 50 metri dalla più vicina abitazione e di almeno 300 metri dalle aree sensibili e previo nulla-osta vincolante della Commissione edilizia comunale per le aree interessate dai cosiddetti "coni visivi".
Prima di entrare nel merito delle doglianze avanzate dalla ricorrente nei confronti dei provvedimenti impugnati (il diniego di autorizzazione e il menzionato Regolamento in parte qua), occorre prendere in esame le eccezioni di inammissibilità del gravame sollevate dal Comune resistente.
L’Amministrazione ha, in primo luogo, eccepito il difetto di legittimazione della società ricorrente, in quanto la stessa, nella richiesta di autorizzazione edilizia, avrebbe espressamente dichiarato di agire, per effetto di un rapporto di mandato, in nome e per conto della Wind Telecomunicazioni s.p.a. Con il presente ricorso, pertanto la Alcatel Italia s.p.a., in difetto di uno specifico potere di rappresentanza in giudizio, intenderebbe, in effetti, tutelare uno specifico interesse della mandante.
Ad avviso del Collegio, l’eccezione è infondata.
La ricorrente, infatti, non solo è formalmente destinataria del provvedimento impugnato, ma risulta interessata dalla determinazione amministrativa anche sotto il profilo sostanziale, in quanto il conseguimento dell’autorizzazione le consente di adempiere diligentemente la propria obbligazione di mandatario, ciò che ha rilievo sul buon esito del rapporto contrattuale intercorrente allo stato con la Wind Telecomunicazioni s.p.a. e anche su future opportunità contrattuali per la ricorrente.
Il Comune ha anche eccepito l’inammissibilità del gravame per non avere la ricorrente impugnato la precedente nota n, 2130 del 5 marzo 2001, con cui l’Amministrazione aveva già rappresentato alla ricorrente la necessità di conseguire la concessione edilizia al fine di realizzare l’intervento in questione e rispetto alla quale il provvedimento n. 19193 del 5 novembre 2001 sarebbe meramente confermativo.
Ad avviso del Collegio, l’eccezione non è fondata.
In data 30 gennaio 2001, infatti, la ricorrente ha formalizzato istanza, versata in atti, per il rilascio della concessione edilizia, mentre il provvedimento impugnato in questa sede risulta aggredito sotto il nuovo e diverso profilo concernente l’esercizio, presuntivamente illegittimo, da parte del Comune dei suoi poteri in materia di localizzazione degli impianti di cui si discute.
Venendo al merito del gravame, la Alcatel Italia s.p.a., con il primo motivo di ricorso, ha lamentato l’incompetenza del Comune alla luce della legge n. 36/2001.
Ad avviso del Collegio, la censura è fondata e risulta assorbente rispetto alle ulteriori censure, con cui la ricorrente ha denunciato l’eccesso di potere, sotto diversi profili, e la violazione degli artt. 3 e 7 legge n. 241/1990.
Deve, innanzitutto, ricordarsi che l’art. 1, sesto comma, n. 15), legge n. 249/1997 (la quale ha istituito l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dettato norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo) ha attribuito all’Autorità il compito di vigilare sui tetti di radiofrequenze compatibili con la salute umana e di verificare che tali tetti, anche per effetto congiunto di più emissioni elettromagnetiche, non fossero superati, all’uopo avvalendosi, se necessario, degli organi periferici del Ministero delle Comunicazioni.
La norma ha stabilito che il rispetto di tali indici è condizione obbligatoria per le licenze o le concessioni all’installazione di apparati con emissioni elettromagnetiche e ha disposto che il Ministero dell’Ambiente, d’intesa con il Ministero della Sanità e con il Ministero delle Comunicazioni, sentiti l’Istituto Superiore di Sanità e l’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, fissasse entro sessanta giorni i tetti in questione, tenendo conto anche delle norme comunitarie.
Con decreto ministeriale n. 381 del 10 settembre 1998 è stato, quindi, approvato il Regolamento per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana.
In data 5 marzo 2001 è stata, poi, pubblicata la legge-quadro n. 36/2001 sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici.
L’art. 4, primo comma, della legge stabilisce, tra l’altro, che lo Stato: a) esercita le funzioni relative alla determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, in considerazione del preminente interesse nazionale alla definizione di criteri unitari e di normative omogenee; b) promuove un programma pluriennale di ricerca epidemiologica e di cancerogenesi sperimentale, al fine di approfondire i rischi connessi all’esposizione a campi elettromagnetici a basse ed alta frequenza; c) istituisce il catasto nazionale delle sorgenti fisse e mobili dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici e delle zone territoriali interessate, al fine di rilevare i livelli di campo presenti nell’ambiente; d) determina i criteri di elaborazione dei piani di risanamento; e) individua le tecniche di misurazione e di rilevamento dell’inquinamento elettromagnetico; f) realizza accordi di programma con i gestori di elettrodotti ovvero con i proprietari degli stessi o delle reti di trasmissione o con coloro che abbiano comunque la disponibilità nonché con gli esercenti di impianti per remittenza radiotelevisiva e telefonia mobile, al fine di promuovere tecnologie e tecniche di costruzione degli impianti che consentano di minimizzare le emissioni nell’ambiente e di tutelare il paesaggio.
Ai sensi del secondo e terzo comma del citato art. 4, i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, le tecniche di misurazione e rilevamento dell’inquinamento elettromagnetico sono stabiliti, secondo particolari modalità ed entro un massimo di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il quinto comma della norma in questione stabilisce che le regioni adeguano la propria legislazione ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione e agli obiettivi di qualità stabiliti con decreti statali.
L’art. 8 della legge disciplina, invece, compiutamente le competenze regolamentari e amministrative riservate in materia alle Regioni, alle Province e ai Comuni.
Per quanto in questa sede interessa, sono di competenza delle Regioni, ai sensi del primo comma della disposizione, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità nonché dei criteri e delle modalità fissati dallo Stato (e fatte salve le ulteriori competenze dello Stato e delle autorità indipendenti): a) l’esercizio delle funzioni relative all’individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per telefonia mobile, degli impianti radioelettrici e degli impianti per radiodiffusione (nel rispetto dell’indicato decreto di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a); b) le modalità per il rilascio delle autorizzazioni alla installazione degli impianti di cui al presente articolo, in conformità a criteri di semplificazione amministrativa, tenendo conto dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici preesistenti; c) la realizzazione e la gestione, in coordinamento con il catasto nazionale di cui all’articolo 4, comma 1, lettera c), di un catasto delle sorgenti fisse dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, al fine di rilevare i livelli dei campi stessi nel territorio regionale, con riferimento alle condizioni di esposizione della popolazione; d) l’individuazione degli strumenti e delle azioni per il raggiungimento degli obiettivi di qualità; e) il concorso all’approfondimento delle conoscenze scientifiche relative agli effetti per la salute, in particolare quelli a lungo termine, derivanti dall’esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici.
Il terzo comma dell’art. 8 dispone che, in caso di inadempienza delle Regioni, trova applicazione l’articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che disciplina l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte dello Stato.
Ai sensi del successivo quarto comma, sono le Regioni, nelle materie di cui al comma 1, a definire le competenze che spettano alla Province ed ai Comuni, nel rispetto di quanto previsto dalla legge 31 luglio 1997, n. 249.
Secondo quanto previsto dal sesto comma dell’art. 8, i Comuni possono soltanto adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.
L’art. 16 legge n. 36/2001 ("regime transitorio") prevede che, fino all’entrata in vigore decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a), si applicano, in quanto compatibili con la presente legge, le disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 aprile 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 104 del 6 maggio 1992, e successive modificazioni, le disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 settembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 232 del 4 ottobre 1995, nonché le disposizioni del decreto 10 settembre 1998, n. 381 del Ministro dell’Ambiente.
Come si desume agevolmente dalla ricostruzione della disciplina normativa, i Comuni possono esercitare in materia una potestà regolamentare del tutto sussidiaria, la quale concerne esclusivamente i profili urbanistici e territoriali (con esclusione di quello attinente all’individuazione dei siti) e l’eventuale indicazione di ulteriori, particolari accorgimenti edilizi che possano utilmente concorrere alla minimizzazione dell’esposizione (i cui limiti sono però determinati dallo Stato, cui spetta, tra l’altro, anche il compito di effettuare, con il concorso delle Regioni, le relative misurazioni, svolgere le opportune ricerche al fine di accertare la nocività dell’"inquinamento elettromagnetico" e promuovere l’adozione di tecnologie e di tecniche di costruzione degli impianti che consentano di minimizzare le emissioni nell’ambiente e di tutelare il paesaggio).
Ne consegue che i provvedimenti impugnati risultano illegittimi e vanno, quindi, annullati (il Regolamento, ovviamente, in parte qua), in quanto non è il Comune che può stabilire in quali zone del territorio gli impianti in questione possono essere realizzati, né stabilire quale sia la distanza minima degli stessi dalle abitazioni o dalle aree sensibili.
La domanda di risarcimento deve, invece, essere rigettata, tenuto conto che il tempestivo accoglimento del presente ricorso consente all’interessata di conservare intatte le proprie aspettative relative ai benefici economici connessi alla presente iniziativa imprenditoriale.
Sussistono giusti motivi per compensare interamente fra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo per la Sicilia, Sezione Staccata di Catania:
1) annulla i provvedimenti impugnati nei termini di cui in motivazione;
2) rigetta la domanda di risarcimento avanzata dalla ricorrente;
3) compensa fra le parti le spese di giudizio;
4) ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa;
Così deciso in Catania, nella Camera di Consiglio del 11 gennaio 2002.
Il Presidente - Vitellio
L’Estensore - Burzichelli
Depositata il 29 gennaio 2002.