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TAR FRIULI VENEZIA GIULIA - Sentenza 26 gennaio 2002 n. 4 - Pres. Sammarco, Est. Farina - COTEA-Costruzioni Stradali Edili Idrauliche s.r.l. (Avv. F. Rosati e A. d’Ippolito) c. Comune di Trieste (Avv. G. B. Verbari) e Cooperativa EDIL STRADE IMOLESE-CESI s.r.l (Avv. V. de Grisogono) - (accoglie).

1. Contratti della P.A. - Aggiudicazione - Termine per l’impugnazione - Di regola decorre dalla data in cui l’impresa partecipante alla gara ha avuto comunicazione o comunque conoscenza dell’aggiudicazione - Decorrenza dalla data di pubblicazione dell’esito della gara - Si ha solo nei casi in cui ciò sia stato espressamente previsto.

2. Contratti della P.A. - Gara - Rispetto delle norme fissate non solo nel bando ma anche dalla stessa Commissione di gara - Necessità - Sussiste, costituendo dette norme un autolimite per la P.A.

3. Contratti della P.A. - Aggiudicazione - Calcolo - Utilizzo delle ultime tre cifre decimali per il taglio delle ali estreme - Rispetto della medesima regola per il calcolo della media delle offerte - Necessità.

4. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Per lesione di interessi legittimi - Presupposti - Nesso di causalità tra illegittimità e danno - Necessità.

5. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Per lesione di interessi legittimi - A seguito di annullamento di aggiudicazione - Nel caso in cui sussistano i presupposti e non sia possibile il risarcimento in forma specifica - Risarcimento per equivalente - Necessità.

6. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Per lesione di interessi legittimi - A seguito di annullamento di aggiudicazione - Determinazione del danno - Riferimento all’art. 345 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 All. F (misura media del 10% dell’ammontare della base d’asta) - Possibilità - Necessità di graduare il danno in relazione al tempo trascorso - Necessità.

7. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Per lesione di interessi legittimi - A seguito di annullamento di aggiudicazione - Danno derivante dal mancato incremento della cifra d’affari (ai sensi dell’art. 18 del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34) - Non può essere riconosciuto - Ragioni.

8. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Per lesione di interessi legittimi - A seguito di annullamento di aggiudicazione - Determinazione del danno - Riferimento ai danni mediati e indiretti che si presentino come effetto normale del fatto che ha cagionato il danno (c.d. principio della regolarità causale) - Necessità - Danni che esulano da quest’ultima categoria - Non possono essere riconosciuti.

1. Il soggetto che ha partecipato ad una gara per l'aggiudicazione di un contratto della Pubblica amministrazione va di regola considerato come direttamente contemplato nell'atto finale della procedura che lo colloca in una certa posizione della graduatoria, ovvero lo esclude dalla stessa, anche se non sia aggiudicatario; pertanto, nei confronti di esso il termine decadenziale per impugnare l'atto di aggiudicazione decorre soltanto dal momento in cui questo gli viene notificato, ovvero dalla data anteriore in cui ne ha acquisito aliunde piena conoscenza (1). Una deroga a questo principio è ravvisabile solo nel caso in cui la norma che prescrive la pubblicazione dell’esito della gara non stabilisca che la pubblicazione abbia una valenza non di mera pubblicità notizia – come è di regola – ma di una presunzione assoluta di conoscenza ex lege dell’esito, con la conseguenza che in questa ipotesi il dies a quo per l’impugnativa decorre da quel momento (2).

2. In tutti i casi in cui si proceda ad una scelta comparativa di tipo concorsuale tra una pluralità di offerte, l'Amministrazione appaltatrice è tenuta a rispettare i canoni di imparzialità e buona amministrazione; in particolare, la commissione giudicatrice deve inderogabilmente riferirsi ai criteri fissati dall’amministrazione, o a quelli da essa stessa fissati nell’effettuare la scelta comparativa dei concorrenti: la commissione, che si è in tal modo autovincolata, non può quindi, in corso di gara, modificare od integrare detti criteri.

3. Nel caso in cui il seggio di gara abbia stabilito, per il taglio delle ali estreme, che i ribassi percentuali dovevano essere calcolati con l’utilizzo di tre decimali, lo stesso seggio non può, poi, legittimamente procedere alla determinazione della media eliminando i tre decimali delle singole offerte, essendo tenuto ad utilizzare lo stesso criterio anche per la determinazione della media delle offerte, necessaria per l’individuazione dell’aggiudicataria (3).

4. Se è vero che non esiste una correlazione automatica tra atto illegittimo e risarcimento del danno, è altresì vero che si deve accordare siffatta tutela a chi la richieda, quando un atto, affetto da vizi non solo formali ma sostanziali, determini conseguenze pregiudizievoli sulla sfera patrimoniale del soggetto che ne subisce gli effetti, dovendosi accertare in proposito se vi sia un nesso di causalità tra il fatto ed il danno (4).

5. Nel caso in cui il Giudice amministrativo, nell’annullare l’aggiudicazione di un appalto pubblico, a seguito di adeguata disamina delle valutazioni operate dall'Amministrazione in sede di gara di appalto, abbia verificato la sussistenza di elementi che depongono a favore di una possibile aggiudicazione di esso alla società ricorrente, accertata la sussistenza del nesso di causalità tra azione amministrativa e danno subito, nonché la inesistenza di motivi ostativi alla aggiudicazione della gara alla ricorrente, deve condannare la P.A. al risarcimento del danno consiste proprio nella mancata aggiudicazione.

6. Nel caso di illegittima mancata aggiudicazione di un appalto ad una impresa, ove non sia possibile la esecuzione in forma specifica, il risarcimento del danno va commisurato in via equitativa nella misura media del 10% dell’ammontare della base d’asta, al netto del ribasso, dovendosi fare a tal fine riferimento alla disposizione di cui all’art. 345 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, in tema di recesso unilaterale della pubblica amministrazione dal contratto di appalto per la esecuzione di opere pubbliche, ma comunemente recepita come espressiva del criterio generale di quantificazione del margine di profitto dell’appaltatore nei contratti con l’Amministrazione (5).

Nella determinazione della somma dovuta deve tuttavia tenersi conto, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di risarcimento del danno, anche del periodo di tempo intercorrente tra il momento nel quale la ricorrente avrebbe maturato il diritto alla controprestazione pecuniaria da parte della Amministrazione (a seguito della aggiudicazione) ed il saldo finale; deve altresì tenersi conto delle spese sostenute per la presentazione della domanda per la partecipazione alla gara.

7. Non può invece accordarsi un risarcimento (nella misura da valutarsi in via equitativa, ex art. 1226 cod. civ.) per il mancato incremento della cifra d’affari (ai sensi dell’art. 18 del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34), in conseguenza della non aggiudicazione, atteso che la "mancata fatturazione" non sembra possa essere ritenuta un "effetto normale" del fatto illecito, cioè della non aggiudicazione della gara, dato che devono concorrere altre cause o circostanze estrinseche al comportamento dell'autore dello stesso fatto (senza le quali il danno non è prefigurabile), e, segnatamente, l’impossibilità di partecipare ad una determinata gara (od a più gare) in conseguenza del fatto.

8. Invero, sono da ricomprendere nel risarcimento da fatto illecito anche quei danni mediati e indiretti che si presentino come effetto normale del fatto stesso, rientrando nella serie delle conseguenze ordinarie cui esso dà origine, in base al principio della cosiddetta regolarità causale; con la conseguenza che ne restano esclusi quelli che non siano collegati al fatto dal necessario nesso teleologico, per essere intervenute altre cause o circostanze estrinseche al comportamento dell'autore dell’ illecito e senza le quali il danno ulteriore non si sarebbe verificato (6).

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(1) Cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 7 giugno 1983,n. 217; T.A.R. Sicilia-Catania, Sez. I, 10 maggio 1991, n. 303;T.A.R. Basilicata 23 aprile 1997 n. 136 e 5 febbraio 1998, n. 33.

(2) Cfr. Cons.Stato, Sez. V, 14 aprile 1997, n. 358.

(3) Nella specie, peraltro, il TAR Friuli ha ricordato che non è precluso, in linea di principio, alla Commissione di procedere alla specificazione dei criteri di gara (cfr.,ex pluribus,T.A.R. Campania, 12 ottobre 1998, n. 3166).

Ha rilevato quindi che il seggio della gara de quo, in modo del tutto surrettizio, illogico e contraddittorio, in una fase della gara, e, precisamente, in quella del c.d. taglio delle ali, aveva tenuto conto delle percentuali di ribasso con i tre decimali, mentre in un’altra, cioè in quella della determinazione della media, non ne aveva tenuto conto: ciò malgrado sussistessero gli stessi presupposti – di fatto e di diritto – per applicare l’identico criterio.

Nella fattispecie, quindi, l’Autorità procedente aveva, in realtà, inteso adottare un preciso criterio nel calcolare le percentuali di ribasso e da questo criterio essa non poteva discostarsi.

(4) Cfr. Cass. civ. 30 agosto 1997, n. 8259.

(5) Alla stregua del principio il TAR ha ritenuto che il danno nella specie andava determinato considerando - a titolo di mancato guadagno – l’utile economico che sarebbe derivato alla società ricorrente dall’esecuzione dell’appalto, in caso di aggiudicazione, determinato nella misura media del 10% dell’ammontare della base d’asta, come ribassata dall’offerta presentata dalla ricorrente: con ciò attribuendo valore di riferimento alla disposizione di cui all’art. 345 della legge 20 marzo 1865,n. 2248 All. F in tema di recesso unilaterale della pubblica amministrazione dal contratto di appalto per la esecuzione di opere pubbliche, ma comunemente recepita come espressiva del criterio generale di quantificazione del margine di profitto dell’appaltatore nei contratti con l’Amministrazione; nella determinazione della somma dovuta dovrà tenersi conto, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di risarcimento del danno, del periodo di tempo intercorrente tra il momento nel quale la ricorrente avrebbe maturato il diritto alla controprestazione pecuniaria da parte della Amministrazione (a seguito della aggiudicazione) ed il saldo finale.

(6) Cfr. Cass. civ., Sez. III, 20 agosto 1984 n. 4661; id., Sez. II, 29 giugno 1979 n. 3684.

Sulla risarcibilità degli interessi legittimi, v. l'apposita pagina di approfondimento*.

 

per l’annullamento

del provvedimento di aggiudicazione dei "lavori di riqualificazione di Piazza dell’Unità d’Italia con contestuale rinnovo e potenziamento dei servizi elettricità, gas e acqua" alla controinteressata società Cooperativa EDIL STRADE IMOLESE-CESI s.r.l.,nonché di tutti gli atti conseguenti e successivi;

per l’accertamento

del diritto della impresa ricorrente al risarcimento e/o indennizzo per l’illegittima ed illecita condotta dell’intimato Comune nella licitazione privata per l’aggiudicazione dei predetti lavori;

per la condanna

del medesimo Comune al pagamento dell’equivalente monetario del danno e/o indennizzo sopra cennato,come specificato nelle richieste conclusionali;

Visto il ricorso, ritualmente notificato e depositato presso la Segreteria generale con i relativi allegati;

Visti gli atti tutti di causa;

Data per letta alla pubblica udienza del 25.1.2002 la relazione del consigliere Vincenzo Farina ed uditi i difensori delle parti costituite;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

f a t t o

Il ricorso mira:1) all’annullamento del provvedimento di aggiudicazione dei "lavori di riqualificazione di Piazza dell’Unità d’Italia con contestuale rinnovo e potenziamento dei servizi elettricità, gas e acqua" alla controinteressata società Cooperativa EDIL STRADE IMOLESE-CESI s.r.l.,nonché di tutti gli atti conseguenti e successivi;2)all’accertamento del diritto della impresa ricorrente al risarcimento e/o indennizzo per l’illegittima ed illecita condotta dell’intimato Comune nella licitazione privata per l’aggiudicazione dei predetti lavori;3)alla condanna del medesimo Comune al pagamento dell’equivalente monetario del danno e/o indennizzo sopra cennato,come specificato nelle richieste conclusionali .

Il Comune di Trieste ha bandito una licitazione privata per l’aggiudicazione dei "lavori di riqualificazione di Piazza dell’Unità d’Italia con contestuale rinnovo e potenziamento dei servizi elettricità, gas e acqua".

Come stabilito dall’"avviso particolare d’invito a licitazione privata",l’appalto sarebbe stato aggiudicato "ai sensi dell’art.21,primo comma,lettera c) della legge 11.2.1994 n.109(criterio del prezzo più basso determinato mediante offerta a prezzi unitari con il metodo di cui all’art.5 della legge 2.2.1973 n.14);l’Amministrazione,inoltre,avrebbe esercitato "la procedura di esclusione automatica delle offerte prevista dall’art.44-1° comma –della L.R. 9.11.1998,n.13,sostituito dall’art.20 della L.R. 15.02.2000,n.1".

La ricorrente lamenta che l’Autorità procedente ha erroneamente applicato la normativa di gara testè richiamata,con particolare riguardo alla determinazione della media delle percentuali di ribasso delle offerte, e conclude che, se fosse stata correttamente applicata la normativa in parola, l’appalto le sarebbe stato aggiudicato.

A sostegno del gravame la medesima ha dedotto il seguente mezzo,così variamente articolato:

Violazione e/o falsa e/o erronea applicazione dell’art.5 della Legge 2.02.1973 n.14.Eccesso di potere nelle figure sintomatiche della omessa motivazione,confusione,errore e contraddittorietà dell’azione amministrativa.

Violazione e/o falsa e/o erronea applicazione dei criteri di cui agli artt.1 e seguenti della Legge 2.02.1973 n.14.Errore palese nella determinazione della media delle percentuali di ribasso delle offerte rimaste in gara a seguito della esclusione delle offerte anomale.Omessa motivazione in merito al criterio di calcolo adottato dalla Commissione per la determinazione della media delle percentuali di ribasso posta a base dell’aggiudicazione.

La deducente denuncia la mancata applicazione del metodo di gara di cui all’art.5 della L.n.14 del 1973,nonché l’erronea determinazione della media delle percentuali di ribasso rispetto al prezzo base d’appalto;quantifica,poi, l’ammontare della somma dovutale a titolo di risarcimento danno.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Trieste e la controinteressata società Cooperativa EDIL STRADE IMOLESE-CESI s.r.l.,chiedendo il rigetto del gravame.

Con ordinanza n. 102/2001 il Tribunale ha disposto la acquisizione di alcuni elementi di giudizio. Il Comune di Trieste ha ottemperato.

DIRITTO

1. Il ricorso mira:

1) all’annullamento del provvedimento di aggiudicazione dei "lavori di riqualificazione di Piazza dell’Unità d’Italia con contestuale rinnovo e potenziamento dei servizi elettricità, gas e acqua" alla controinteressata società Cooperativa EDIL STRADE IMOLESE-CESI s.r.l.,nonché di tutti gli atti conseguenti e successivi;

2) all’accertamento del diritto della impresa ricorrente al risarcimento e/o indennizzo per l’illegittima ed illecita condotta dell’intimato Comune nella licitazione privata per l’aggiudicazione dei predetti lavori;

3) alla condanna del medesimo Comune al pagamento dell’equivalente monetario del danno e/o indennizzo sopra cennato,come specificato nelle richieste conclusionali .

2. In rito, va disattesa la eccezione di tardività sollevata dalle parti resistenti in base dell’assunto che il dies a quo per la impugnazione sarebbe dovuto decorrere dalla pubblicazione dell’esito della gara: pubblicazione avvenuta, rispettivamente, sulla Gazzetta Ufficiale del 22.5.2000 e sul Bollettino ufficiale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia del 24.5.2000.

Le pubblicazioni in parola – osserva il Collegio - sono state disposte ai sensi dell’art. 20 della legge 19 marzo 1990, n. 55, avente ad oggetto:"Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale ".

L’art. 20 così recita: " 1. Prima della stipula del contratto relativo ad opere o lavori riguardanti la pubblica amministrazione, l'ente appaltante procede, nei casi e con le modalità di cui all'articolo 7 della legge 2 febbraio 1973, n. 14, ed all'articolo 9 della legge 8 agosto 1977, n. 584, e successive modificazioni e integrazioni, limitatamente alle forme di pubblicità a carattere nazionale ivi previste, integrate, se del caso, con altre a carattere locale, alla pubblicazione dell'elenco delle imprese invitate e di quelle partecipanti alla gara, nonché dell'impresa vincitrice o prescelta indicando il sistema di aggiudicazione adottato".

La legge 2 febbraio 1973, n. 14 (ad oggetto:"Norme sui procedimenti di gara negli appalti di opere pubbliche mediante licitazione privata "), all’art.7, ha previsto che: "1. Quando si procede all'appalto delle opere mediante licitazione privata, la stazione appaltante dà preventivo avviso della gara. L'avviso è pubblicato nel foglio delle inserzioni della Gazzetta Ufficiale della Repubblica, se l'importo dei lavori da appaltare è almeno pari ad un milione di ECU, e nel Bollettino ufficiale della regione nella quale ha sede la stazione appaltante, se d'importo inferiore, nonché in ogni caso, per estratto, sui principali quotidiani e su almeno due dei quotidiani aventi particolare diffusione nella regione ove ha sede la stazione appaltante[……]".

La legge 8 agosto 1977, n. 584 (ad oggetto: "Norme di adeguamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici alle direttive della Comunità economica europea"), ha stabilito, all’art.9, che:" Gli appalti disciplinati dalla presente legge sono aggiudicati col sistema dei pubblici incanti, della licitazione privata o dell'appalto concorso.

Il bando di gara, quale che sia il sistema di aggiudicazione, è inviato all'ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee per la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità stesse [……]

Il bando di gara è altresì soggetto alle forme di pubblicità previste dal primo e secondo comma dell'articolo 7 della legge 2 febbraio 1973, n. 14 [……]."

Va soggiunto che la legge 11 febbraio 1994, n. 109 (ad oggetto:"Legge quadro in materia di lavori pubblici"), così ha disposto all’art. 29(come modificato dall'art. 9, comma 50, L. 18 novembre 1998, n. 415): "1. Il regolamento disciplina le forme di pubblicità degli appalti e delle concessioni sulla base delle seguenti norme regolatrici:

a) per i lavori di importo superiore a 5 milioni di ECU, IVA esclusa, prevedere l'obbligo dell'invio dei bandi e degli avvisi di gara, nonché degli avvisi di aggiudicazione, all'ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee;

b) per i lavori di importo superiore a un milione di ECU, IVA esclusa, prevedere forme unificate di pubblicità a livello nazionale;

c) per i lavori di importo inferiore a un milione di ECU, IVA esclusa, prevedere forme di pubblicità semplificata a livello regionale e provinciale;[…..]

f) prevedere che le amministrazioni aggiudicatrici e gli altri enti aggiudicatori o realizzatori, prima della stipula del contratto o della concessione, anche nei casi in cui l'aggiudicazione è avvenuta mediante trattativa privata, provvedano, con le modalità di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma, alla pubblicazione dell'elenco degli invitati e dei partecipanti alla gara, del vincitore o prescelto, del sistema di aggiudicazione adottato, dell'importo di aggiudicazione dei lavori, dei tempi di realizzazione dell'opera, del nominativo del direttore dei lavori designato, nonché, entro trenta giorni dal loro compimento ed effettuazione, dell'ultimazione dei lavori, dell'effettuazione del collaudo, dell'importo finale del lavoro[…..]".

Le disposizioni testè riportate – rileva il Collegio – sono insuscettibili, de plano, di superare il principio di cui all’art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 circa il dies a quo per la impugnazione dei provvedimenti amministrativi: alla stregua di questo principio il soggetto che ha partecipato ad una gara per l'aggiudicazione di un contratto della Pubblica amministrazione va considerato come direttamente contemplato nell'atto finale della procedura che lo colloca in una certa posizione della graduatoria, ovvero lo esclude dalla stessa, anche se non sia aggiudicatario; pertanto, nei confronti di esso il termine decadenziale per impugnare l'atto di aggiudicazione decorre soltanto dal momento in cui questo gli viene notificato, ovvero dalla data anteriore in cui ne ha acquisito aliunde piena conoscenza (Cfr., ex permultis, Cons. Stato, V Sez., 7 giugno 1983,n. 217; T.A.R. Sicilia, Catania,1, 10 maggio 1991, n.303;T.A.R. Basilicata 23 aprile 1997 n. 136, e 5 febbraio 1998, n.33).

Una deroga a questo principio è ravvisabile solo nel caso in cui la norma che prescrive la pubblicazione dell’esito della gara non stabilisca che la pubblicazione abbia una valenza non di mera pubblicità notizia – come è di regola – ma di una presunzione assoluta di conoscenza ex lege dell’esito, con la conseguenza che il dies a quo per l’impugnativa decorre da quel momento(Cfr. Cons.St.,V, 14 aprile 1997, n.358).

Non è, però, questo il caso di cui alla presente controversia, posto che né le disposizioni sopra trascritte, né, tampoco, le norme di gara, recano una espressa previsione in tal senso.

Pertanto, il ricorso in esame deve ritenersi ritualmente proposto; anche in mancanza, va soggiunto, della prova, da parte dei resistenti, che la ricorrente – e per essa i suoi Organi – abbia avuto la piena conoscenza dell’atto impugnato in un momento anteriore al ricevimento degli atti di gara. Al riguardo è d’uopo sottolineare che, come risulta dai verbali delle sedute del 14.4.2000 e 27.4.2000, il rappresentante della istante non risultava presente alle operazioni di gara.

Non giova ai resistenti neppure il richiamo all’art. 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (ad oggetto:"Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi").

Questa disposizione così recita:" 1. L'amministrazione provvede a dare notizia dell'avvio del procedimento mediante comunicazione personale.[…….]

3. Qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l'amministrazione provvede a rendere noti gli elementi di cui al comma 2 mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall'amministrazione medesima"[……]".

Ora, l’art. 8 riguarda la comunicazione dell'avvio del procedimento, e non altre fattispecie, come quella dell’esito di una gara. Pertanto, nessuna comunicazione circa l’esito della gara doveva essere fatta.

Tanto basta per confutare la tesi in esame.

Non può, inoltre, sottacersi, come esattamente rilevato dalla ricorrente, che l’Amministrazione aggiudicatrice non si è avvalsa di questa procedura neppure nella fase preliminare della gara.

3. Sgombrato il campo dalla eccezione di tardività sollevata dalle parti resistenti, ed entrando nel merito del ricorso, il Collegio osserva che, come stabilito dall’ "avviso particolare d’invito a licitazione privata", l’appalto andava aggiudicato "[….]col sistema delle offerte segrete ai sensi degli artt.73 lett. c) e 89 del Regolamento per l’Amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato approvato con R.D. n.827 del 23.5.1924 ed ai sensi dell’art.21,primo comma,lettera c) della legge 11.2.1994 n.109(criterio del prezzo più basso determinato mediante offerta a prezzi unitari con il metodo di cui all’art.5 della legge 2.2.1973 n.14)"; l’Amministrazione,inoltre, avrebbe esercitato "la procedura di esclusione automatica delle offerte prevista dall’art.44-1° comma –della L.R. 9.11.1998,n.13, sostituito dall’art.20 della L.R. 15.02.2000,n.1".

È d’uopo prendere le mosse dal quadro normativo di riferimento testè cennato.

Il R.D. 23 maggio 1924, n. 827 (recante:"Regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato"),all’art. 73,prevede che :" L'asta, secondo che le circostanze, l'importanza o la qualità del contratto lo facciano reputare più vantaggioso per l'amministrazione, e sia stato disposto dal ministro competente o dall'ufficiale delegato, si tiene in uno dei seguenti modi:[….] c) per mezzo di offerte segrete da confrontarsi poi col prezzo base indicato nell'avviso d'asta;[….]".

Il successivo art.89 stabilisce che:"Sezione II - Procedimento per le licitazioni, per l'appalto-concorso e per le trattative private.

Si procede alla licitazione privata:

a) invitando per mezzo di avvisi particolari persone o ditte ritenute idonee per l'oggetto della licitazione, a comparire in luogo, giorno ed ora determinata, per presentare le loro offerte;

b) mediante l'invio, alle persone che si presumono idonee per l'oggetto della licitazione, di uno schema di atto in cui sia descritto l'oggetto dell'appalto e le condizioni generali e speciali, con invito di restituirlo munito della propria firma e colla offerta del prezzo pel quale sarebbero disposte ad eseguire l'appalto o con la indicazione del miglioramento sul prezzo base, se questo sia stato stabilito dall'amministrazione.

Nel primo caso gli invitati presentano le loro offerte a voce se la licitazione dev'essere verbale, o per iscritto se ad offerte segrete[…..].

Nel secondo caso l'autorità che deve aggiudicare l'appalto, in un giorno ed ora da indicarsi alle persone state invitate a concorrere, procede in pubblica seduta all'apertura delle obbligazioni ricevute, e delibera la provvista od il lavoro al migliore offerente, stendendo verbale di deliberamento dal quale risultino le ditte invitate a concorrere, le offerte ricevute e l'esito della licitazione[……..]".

La legge 11 febbraio 1994, n. 109,all’art.21 (Criteri di aggiudicazione - Commissioni giudicatrici) stabilisce che: "1. L'aggiudicazione degli appalti mediante pubblico incanto o licitazione privata è effettuata con il criterio del prezzo più basso, inferiore a quello posto a base di gara, determinato:

a) per i contratti da stipulare a misura, mediante ribasso sull'elenco prezzi posto a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari, anche riferiti a sistemi o sub-sistemi di impianti tecnologici, ai sensi dell'articolo 5 della legge 2 febbraio 1973, n. 14, per quanto compatibile;

b) per i contratti da stipulare a corpo, mediante ribasso sull'importo dei lavori posto a base di gara ovvero mediante la predetta offerta a prezzi unitari;

c) per i contratti da stipulare a corpo e a misura, mediante la predetta offerta a prezzi unitari[….](comma così sostituito prima dall'art. 7, D.L. 3 aprile 1995, n. 101, e poi dall'art. 7, L. 18 novembre 1998, n. 415).

La legge 2 febbraio 1973, n. 14 (ora abrogata dall'art. 231, D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554),all’art.5 ha previsto che: "Quando la licitazione privata si tiene con il metodo di cui all'articolo 1, lettera e), l'ente appaltante invia ai concorrenti, unitamente alla lettera d'invito, l'elenco descrittivo delle voci relative alle varie categorie di lavoro, senza la indicazione dei corrispondenti prezzi unitari, e un modulo a più colonne denominato: «lista delle categorie di lavoro e forniture previste per l'esecuzione dell'appalto».

Nel suddetto modulo, autenticato in ogni suo foglio dall'ente appaltante, quest'ultimo riporta per ogni categoria di lavoro e fornitura:

a) nella prima colonna, l'indicazione delle voci relative alle varie categorie di lavoro, con specifico riferimento all'elenco descrittivo; [……]

L'autorità che presiede la gara apre i pieghi ricevuti e contrassegna ed autentica le offerte in ciascun foglio e le eventuali correzioni apportate nel modo indicato nel precedente comma. Legge ad alta voce il prezzo complessivo offerto da ciascun concorrente e forma la graduatoria delle offerte.

Successivamente, la stessa autorità procede, in sede di gara, alla verifica dei conteggi presentati dal concorrente che ha offerto il prezzo complessivo più vantaggioso per l'Amministrazione, tenendo per validi e immutabili i prezzi unitari e provvedendo ove si riscontrino errori di calcolo, a correggere i prodotti o la somma di cui al terzo comma del presente articolo.

Se non vi siano correzioni da apportare o se, nonostante queste, l'offerta verificata resti la più vantaggiosa, l'autorità che presiede la gara aggiudica i lavori al concorrente per il prezzo complessivo, eventualmente rettificato.[…….]".

La legge regionale 9 novembre 1998, n. 13 (ad oggetto:"Disposizioni in materia di ambiente, territorio, attività economiche e produttive, sanità e assistenza sociale, istruzione e cultura, pubblico impiego, patrimonio immobiliare pubblico, società finanziarie regionali, interventi a supporto dell'Iniziativa Centro Europea, trattamento dei dati personali e ricostruzione delle zone terremotate"), ha stabilito, all’art. 44 (Ulteriore recepimento dei principi della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modifiche ed integrazioni in materia di appalti di lavori pubblici), che: "1. In attesa della normativa di recepimento organico dei principi desumibili dalle disposizioni contenute nella legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni ed integrazioni, per gli appalti dei lavori pubblici di importo inferiore alla soglia comunitaria e con numero di offerte valide non inferiore a cinque, sono escluse le offerte che presentino un ribasso pari o superiore alla media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con esclusione del dieci per cento, arrotondato all'unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e di quelle di minor ribasso[…….]".

Sin qui l’essenziale quadro normativo di riferimento.

In punto di fatto, occorre, innanzitutto, ricordare che la ordinanza istruttoria, di cui si è fatto sopra cenno, mirava ad ottenere un quadro preciso ed esaustivo della questione. Più specificatamente, era stata chiesta la acquisizione di un prospetto, corredato da idonee note esplicative, dal quale risultasse in modo chiaro e preciso (testualmente):

"1. Il calcolo sulla base del quale la Commissione giudicatrice dell’appalto in questione ha determinato la media delle percentuali di ribasso(8,3%) delle quarantasei offerte rimaste in gara dopo la applicazione dell’ art. 44 della legge regionale 9 novembre 1998, n. 13;

2. la media delle percentuali di ribasso delle quarantasei offerte rimaste in gara dopo la applicazione dell’ art. 44 della legge regionale 9 novembre 1998,n. 13, calcolando i tre decimali(secondo la prospettazione attorea);

3. la offerta (tra le quarantasei offerte rimaste in gara dopo la applicazione dell’ art. 44 della legge regionale 9 novembre 1998, n. 13) che presenta una percentuale di ribasso che più si avvicina per difetto alla media così determinata(tenendo conto, cioè, dei tre decimali), nonché, in ordine decrescente, le altre offerte (espresse sempre in ragione del rispettivo ribasso percentuale);

4. la offerta (tra le quarantasei offerte rimaste in gara dopo la applicazione dell’ art. 44 della legge regionale 9 novembre 1998,n. 13), che contiene il " prezzo più basso, inferiore a quello posto a base di gara ", determinato ai sensi del combinato disposto degli artt. 1, lett. c) della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e 5 della legge 2 febbraio 1973, n.14: occorre, quindi, considerare i prezzi assoluti delle singole offerte(come indicati nelle pagg. 2,3,4 e 5 del verbale di gara del 27.4.2000), e non già le rispettive percentuali di ribasso; questi prezzi devono riferirsi alle quarantasei offerte rimaste in gara dopo la applicazione dell’ art. 44 della legge regionale 9 novembre 1998, n. 13 : all’ uopo vanno predisposti due distinti elenchi delle offerte(in ordine decrescente ed in termini di prezzi assoluti e non di percentuali di ribasso), a seconda che la media dei ribassi percentuali (di cui parla il richiamato art. 44 della legge regionale 9 novembre 1998,n. 13) sia quella fissata dalla Commissione(8,3%), ovvero quella determinata alla stregua del punto 2), tenendo conto dei tre decimali, secondo la prospettazione attorea".

Come si è detto, il Comune ha risposto in modo puntuale alla ordinanza, producendo il suindicato prospetto.

Il Collegio è, pertanto, in possesso di tutti gli elementi di giudizio necessari ai fini di decidere la causa.

In secondo luogo, occorre precisare che (come risulta dai verbali delle sedute del 14.4.2000 e 27.4.2000), la Commissione giudicatrice ha dapprima proceduto al sorteggio dei concorrenti ammessi, ex art. 10, comma 1 quater della legge 104 del 1994 (verbale del 14.4.2000); poi ha proceduto alle seguenti operazioni (verbale del 27.4.2000): 1) apertura dei plichi contenenti le offerte delle cinquantotto concorrenti; 2) esclusione automatica delle offerte anomale, mediante: a) la determinazione delle percentuali di ribasso in base al prezzo offerto, espresse con tre decimali; b) la esclusione del dieci per cento delle offerte, rispettivamente, di maggiore e minore ribasso(il c.d. taglio delle ali): la esclusione, cioè, di dodici concorrenti(6+6); 3) la determinazione della media delle quarantasei offerte rimaste in gara, nella misura dell’8,3%; 4) la aggiudicazione dell’appalto alla controinteressata società Cooperativa EDIL STRADE IMOLESE-CESI s.r.l., la cui offerta più si avvicinava per difetto alla media così determinata, con il ribasso dell’8,170% sull’" importo a base di gara" di £. 8.496.000.000, e perciò al prezzo di £. 7.801.877.500(corrispondente, appunto, all’offerta della società CESI) + £. 200.000.000 di oneri di sicurezza, per un importo complessivo di £. 8.001.877.500.

Come risulta dagli atti di causa (v., in particolare, il prospetto n. 1 prodotto in giudizio dal Comune in seguito alla ordinanza istruttoria di cui si è detto), la media delle quarantasei offerte rimaste in gara, nella misura dell’8,3%, è stata determinata eliminando i tre decimali delle singole offerte, e riducendo, pertanto, ad unità, le percentuali di ribasso espresse, per l’appunto, con tre decimali (per es.: l’offerta COTEA, che presentava una percentuale di ribasso dell’8,770, è stata azzerata all’8,0; l’offerta CESI, che presentava una percentuale di ribasso dell’8,170, è stata azzerata anch’essa all’8,0).

Ciò ha comportato la conseguenza che la media delle percentuali di ribasso delle quarantasei offerte rimaste in gara è risultata dell’8,3%, anziché dell’8,782%: media, quest’ultima, che sarebbe risultata se la Commissione giudicatrice avesse – correttamente - tenuto conto delle percentuali di ribasso così come erano state presentate dai concorrenti,con la indicazione, cioè, dei tre decimali.

L’ulteriore conseguenza è stata che, applicando la media dell’8,782%, l’aggiudicazione sarebbe andata alla ricorrente, che aveva presentato un ribasso dell’8,770(la cui offerta più si avvicinava per difetto alla media così determinata).

Può soggiungersi per mera completezza espositiva, anche se non è significativo nell’economia del discorso ai fini della decisione della controversia, che, come fondatamente rilevato dalla ricorrente, se le percentuali dei ribassi fossero state espresse in due decimali(anziché in tre decimali), il risultato finale non sarebbe cambiato: l’aggiudicazione sarebbe andata sempre alla ricorrente, posto che la media sarebbe stata dell’8,777%.

Solo se le percentuali dei ribassi fossero state espresse in un decimale, l’aggiudicazione sarebbe andata alla concorrente A.T.I. PA.CO. s.r.l.(Capogruppo)/I.CO.MEZ. s.p.a., che aveva presentato un ribasso dell’8,649, da calcolarsi, quindi, nella misura dell’8,6%(tenendo conto, appunto, di un decimale): questo perchè la media delle percentuali dei ribassi espresse in un decimale sarebbe stata dell’8,8%(v. il prospetto n. 4 prodotto in giudizio dal Comune), e l’offerta presentata dalla concorrente in parola sarebbe stata quella che più si sarebbe avvicinata per difetto alla media così determinata

Ma anche queste ipotesi, si ripete(e come si vedrà meglio più avanti), esulano dalla logica del ragionamento che si sta per fare, appalesandosi del tutto irrilevanti ai fini della risoluzione della questione.

Se quello suesposto è il quadro normativo e fattuale di riferimento, la tesi attorea – osserva il Collegio - non è fondatamente contestabile.

Sotto un primo profilo è a dirsi che, come si è visto, la legge regionale 9 novembre 1998, n. 13, ha stabilito, all’art. 44, che: " 1. In attesa della normativa di recepimento organico dei principi desumibili dalle disposizioni contenute nella legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni ed integrazioni, per gli appalti dei lavori pubblici di importo inferiore alla soglia comunitaria e con numero di offerte valide non inferiore a cinque, sono escluse le offerte che presentino un ribasso pari o superiore alla media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con esclusione del dieci per cento, arrotondato all'unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e di quelle di minor ribasso[…….]".

Il cenno, chiaro ed inequivocabile, alla "media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse" non può non significare che la "media aritmetica" vada determinata sulla base dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, così come questi ribassi sono stati determinati (a loro volta) dal Seggio di gara (o, in ipotesi, dalla Amministrazione appaltante in sede di bando di gara: il che nel caso non è avvenuto).

Pertanto, se il Seggio di gara ha stabilito, come accaduto nella specie, che i ribassi percentuali dovevano essere calcolati con l’utilizzo di tre decimali (e così è effettivamente avvenuto), non poteva, poi, procedere alla determinazione della media eliminando i tre decimali delle singole offerte, e riducendo, pertanto, ad unità le percentuali di ribasso (espresse, appunto) in tre decimali: con ciò alterando quello che sarebbe dovuto essere il corretto esito della gara. Quest’ultima, infatti, sarebbe stata aggiudicata alla deducente, la cui offerta(con il ribasso dell’8,770) più si avvicinava per difetto alla media così determinata(8,782%).

Al riguardo,va ricordato - in linea di principio - che in tutti i casi in cui si proceda ad una scelta comparativa di tipo concorsuale tra una pluralità di offerte, l'Amministrazione appaltatrice è tenuta a rispettare i canoni di imparzialità e buona amministrazione. In particolare, la Commissione giudicatrice deve inderogabilmente riferirsi ai criteri fissati dall’Amministrazione, o, come accaduto nella fattispecie, a quelli da essa stessa fissati nell’effettuare la scelta comparativa dei concorrenti: la Commissione, che si è in tal modo autovincolata, non può,in corso di gara,modificare o,tampoco,integrare detti criteri.

È superfluo sottolineare che, la Commissione, ancorchè non abbia usato formule sacramentali, e comunque, non abbia expressis verbis dichiarato di fissare il criterio in parola (cioè quello per cui i ribassi percentuali dovevano essere calcolati con l’utilizzo di tre decimali), ha sicuramente proceduto – di fatto - alla previa fissazione di questo criterio. A tal proposito occorre ricordare che l'atto amministrativo deve essere individuato e interpretato in base alle norme di ermeneutica che l'art. 1362 Cod. civ. detta per i contratti, con la conseguenza che, al di là delle espressioni letterali utilizzate, vanno verificate le finalità perseguite, la volontà effettiva dell'Amministrazione emanante e lo specifico potere che essa ha inteso esercitare, tenendosi anche conto del comportamento dalla stessa Amministrazione osservato in epoca anteriore, coeva e successiva all'adozione dell'atto (Cfr.,ex pluribus, T.A.R. Calabria,5 febbraio 1999,n.143;T.A.R. Basilicata 4 ottobre 1997, n. 337 e T.A.R. Piemonte, II Sez., 1 ottobre 1997, n. 480).

Va, ulteriormente, ricordato che non è precluso, in linea di principio, alla Commissione di procedere alla specificazione dei criteri di gara (Cfr.,ex pluribus,T.A.R. Campania,12 ottobre 1998,n.3166).

Nella fattispecie,l’Autorità procedente ha,in realtà,inteso adottare un preciso criterio nel calcolare le percentuali di ribasso.

Da questo criterio essa non poteva discostarsi.

Vero è che, come ricordato dal resistente Comune, la vigente normativa (con riferimento all’epoca del bando di gara) non prevedeva l’utilizzo di un preciso numero di decimali ai fini del calcolo in parola: ciò non toglie, però, che, una volta predeterminato (occorre sottolineare: del tutto legittimamente, in mancanza, appunto, di una espressa previsione), il criterio de quo, non poteva la Commissione, poi, disattenderlo in corso di gara.

Sotto un secondo profilo, è a dirsi che, anche al di là delle considerazioni appena svolte (peraltro di per sé trancianti), il modus procedendi del Seggio di gara si appalesa vistosamente illegittimo, in quanto la media dell’8,3%, determinata eliminando i tre decimali delle singole offerte, e riducendo, pertanto, ad unità, le percentuali di ribasso, è diversa dalla media delle percentuali di ribasso calcolate con tre decimali.

Trattasi, quindi, di media determinata in modo errato.

Ma vi è di più.

L’operato della commissione non si sottrae neppure alle censure di illogicità ed ingiustizia manifesta, dato che sono stati presi a riferimento dati non omogenei, insuscettibili di comparazione (le percentuali di ribasso, espresse con tre decimali, e le percentuali "azzerate"), finendo con l'alterare, al termine delle operazioni di calcolo, la percentuale della media,e, quindi, finendo con il modificare il campo di individuazione della ditta aggiudicataria. Non a caso, infatti, qualora la Commissione avesse rispettato il ripetuto criterio che si era data,ciò avrebbe comportato l'aggiudicazione della gara in favore della società ricorrente, che aveva presentato l'offerta più vantaggiosa, in quanto immediatamente inferiore alla media correttamente determinata.

Non basta.

Un ultimo profilo di illegittimità dell’ operato del Seggio di gara sta nel fatto che, in modo del tutto surrettizio, illogico e contraddittorio, in una fase della gara, e, precisamente, in quella del c.d. taglio delle ali, si è tenuto conto delle percentuali di ribasso con i tre decimali, mentre in un’altra, cioè in quella della determinazione della media, non se ne è tenuto conto: ciò malgrado sussistessero gli stessi presupposti – di fatto e di diritto – per applicare l’identico criterio.

Inutile dire della assoluta inconferenza ed erroneità del cenno fatto dai resistenti alla circostanza che (come già detto) se le percentuali dei ribassi fossero state espresse in un decimale, l’aggiudicazione sarebbe dovuta andare ad un terzo concorrente, e, segnatamente, all’ A.T.I. PA.CO. s.r.l.(Capogruppo)/I.CO.MEZ. s.p.a., che aveva presentato un ribasso dell’8,649, da calcolarsi, quindi, nella misura dell’8,6%: questo risultato sarebbe conseguito al fatto che la media delle percentuali dei ribassi espresse in un decimale sarebbe stata dell’8,8%(v. il prospetto n. 4 prodotto in giudizio dal Comune). Infatti - ribadisce il Collegio - la Commissione non ha errato nel fissare il criterio dei tre decimali anziché il criterio di un decimale(e in tal caso i rilievo dei resistenti avrebbe ingresso, giacchè determinerebbe l’inammissibilità del gravame per difetto di interesse in capo alla deducente): il criterio è pienamente legittimo; la illegittimità sta nell’averlo disatteso, modificando radicalmente l’esito della gara.

Sotto i profili suesposti(assorbite le altre doglianze), il ricorso va accolto e l’impugnato provvedimento va caducato.

4. Quanto alla domanda di risarcimento del danno ex art. 35 del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80 (ora novellato dall’art.7, comma 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205) per l’illegittima mancata aggiudicazione della gara alla ricorrente, richiesto in sede di ricorso nella misura di: 1) £. 16.691.100, a titolo di spese sostenute per la presentazione dell’offerta; 2) £. 775.092.000 (corrispondente al 10% della offerta presentata dalla ricorrente); 3) nella misura da valutarsi in via equitativa,ai sensi dell’art. 1226 Cod.civ., per il mancato incremento della cifra d’affari in conseguenza della mancata aggiudicazione (ciò le avrebbe impedito di partecipare ad altri appalti), il Collegio osserva, innanzitutto, che la disposizione invocata prevede che il giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva ai sensi degli artt. 33 e 34, «dispone anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto».

L'art. 35 dà in sostanza veste normativa alla clausola generale di responsabilità, espressiva di un principio fondamentale dell'ordinamento (neminem laedere), secondo cui la lesione contra ius arrecata alla posizione giuridica soggettiva altrui (qualsivoglia essa sia), se produttiva di effetti dannosi, direttamente o indirettamente patrimoniali, obbliga chi ha causato il danno al ripristino della posizione lesa, attraverso la reintegrazione delle utilità perdute o in forma specifica o mediante la corresponsione di una somma di denaro.

Occorre,al riguardo,prendere le mosse dai principi enucleati dalla Suprema Corte di Cassazione con la fondamentale sentenza delle Sezioni Unite 22 luglio 1999, n.500.

Essa parte dalla considerazione che :"La normativa sulla responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. ha la funzione di consentire il risarcimento del danno ingiusto, intendendosi come tale il danno arrecato non iure, il danno, cioè, inferto in assenza di una causa giustificativa, che si risolve nella lesione di un interesse rilevante per l'ordinamento, a prescindere dalla sua qualificazione formale, ed, in particolare, senza che assuma rilievo la qualificazione dello stesso in termini di diritto soggettivo.

Peraltro, avuto riguardo al carattere atipico del fatto illecito delineato dall'art. 2043 c.c., non è possibile individuare in via preventiva gli interessi meritevoli di tutela: spetta, pertanto, al giudice, attraverso un giudizio di comparazione tra gli interessi in conflitto, accertare se, e con quale intensità l'ordinamento appresta tutela risarcitoria all'interesse del danneggiato, ovvero comunque lo prende in considerazione sotto altri profili, manifestando, in tal modo, una esigenza di protezione. Ne consegue che anche la lesione di un interesse legittimo, al pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse giuridicamente rilevante, può essere fonte di responsabilità aquiliana, e, quindi, dar luogo a risarcimento del danno ingiusto, a condizione che risulti danneggiato, per effetto dell'attività illegittima della p.a., l'interesse al bene della vita al quale il primo si correla, e che detto interesse risulti meritevole di tutela alla stregua del diritto positivo".

Ciò posto,la sentenza ha stabilito, in particolare (per quello che riguarda il caso di specie) che, ai fini della decisione sulla domanda risarcitoria, ex art. 2043 c.c. nei confronti della p.a. per illegittimo esercizio di una funzione pubblica,il giudice dovrà " procedere, in ordine successivo, alle seguenti indagini: a) in primo luogo, dovrà accertare la sussistenza di un evento dannoso; b) dovrà, poi, stabilire se l'accertato danno sia qualificabile come ingiusto, in relazione alla sua incidenza su di un interesse rilevante per l'ordinamento (a prescindere dalla qualificazione formale di esso come diritto soggettivo); c) dovrà, inoltre, accertare, sotto il profilo causale, facendo applicazione dei criteri generali, se l'evento dannoso sia riferibile ad una condotta della p.a.; d) infine, se detto evento dannoso sia imputabile a responsabilità della p.a.: tale imputazione non potrà avvenire sulla base del mero dato obiettivo della illegittimità del provvedimento amministrativo[..........] richiedendo[......] una più penetrante indagine in ordine alla valutazione della colpa, che, unitamente al dolo, costituisce requisito essenziale della responsabilità aquiliana. La sussistenza di tale elemento sarà riferita non al funzionario agente, ma alla p.a. come apparato, e sarà configurabile qualora l'atto amministrativo sia stato adottato ed eseguito in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione alle quali deve ispirarsi l'esercizio della funzione amministrativa, e che il giudice ordinario ha il potere di valutare, in quanto limiti esterni alla discrezionalità amministrativa".

Per quel che riguarda, in particolare, la pretesa risarcitoria susseguente all’annullamento di un atto lesivo degli interessi legittimi pretensivi, la sentenza ha statuito che:"Il danno ingiusto dell'interesse legittimo pretensivo è ravvisabile dopo aver vagliato la consistenza della protezione che l'ordinamento riserva alle istanze di ampliamento della sfera giuridica del pretendente. Tale valutazione implica un giudizio prognostico, da formulare in riferimento alla normativa di settore, sulla fondatezza o meno dell'istanza. Una mera aspettativa non è tutelabile mentre è tutelabile la situazione suscettiva di determinare un oggettivo affidamento circa la sua conclusione positiva,e cioè una situazione che, secondo la disciplina applicabile,era destinata,secondo un criterio di normalità, ad un esito favorevole e risultava quindi giuridicamente protetta".

Nel caso di cui alla attuale controversia,non è fondatamente disconoscibile che dalla avvenuta aggiudicazione (e conseguente integrale effettuazione della prestazione) sia derivato alla ricorrente un pregiudizio, suscettibile di apprezzamento anche sotto il profilo economico.

Non è, parimenti, revocabile in dubbio che siano ravvisabili i requisiti fissati dalla richiamata sentenza n.500/99, e, cioè: a) la sussistenza di un evento dannoso; b) un danno ingiusto, in relazione alla sua incidenza su di un interesse rilevante per l'ordinamento; c) un evento dannoso riferibile ad una condotta della p.a.; d) un evento dannoso imputabile a responsabilità per colpa della p.a.

Ciò posto, escludendosi una reintegrazione in forma specifica,essendo state esaurite, con l’aggiudicazione della gara alla controinteressata, le prestazioni sinallagmatiche, occorre accertare in modo definitivo la spettanza alla deducente del bene della vita negato con l’ atto annullato.

Si è già detto della ricorrenza dei presupposti legittimanti la pretesa risarcitoria.

Questo aspetto merita un ulteriore approfondimento.

Se è vero che non esiste una correlazione automatica tra atto illegittimo e risarcimento del danno, è altresì vero che non si può non accordare siffatta tutela a chi la richieda, quando un atto, affetto da vizi non solo formali ma sostanziali, determini conseguenze pregiudizievoli sulla sfera patrimoniale del soggetto che ne subisce gli effetti. Come insegna la giurisprudenza civile, ciò che va prioritariamente accertato, in proposito, è se vi sia un nesso di causalità tra il « fatto » ed il danno (ex multis, Cass. civ. 30 agosto 1997, n. 8259).

Nella fattispecie, è indubbio che l'interesse sostanziale all'aggiudicazione della gara sia stato leso dalla non corretta procedura,e, segnatamente, dalla errata determinazione della media dei ribassi percentuali.

Ugualmente indubitabile è che dalla errata aggiudicazione discenda un danno per la ricorrente, che è in possesso di tutti i requisiti per ottenere la aggiudicazione della gara .

Si tratta, ora, di determinare il quantum del danno.

Il Collegio ha svolto una adeguata disamina delle valutazioni operate dall'Amministrazione in sede di gara di appalto ed ha verificato la sussistenza di elementi che depongono a favore di una possibile aggiudicazione di esso alla società ricorrente. Si può dire, allora, che, accertata la fondatezza in senso sostanziale della pretesa attorea ed accertata, altresì, la sussistenza del nesso di causalità tra azione amministrativa e danno subito, nonché la inesistenza di motivi ostativi alla aggiudicazione della gara alla ricorrente, il danno consiste proprio nella mancata aggiudicazione alla medesima.

Rispetto a tale genere di danno, non è dato di comprovarne con esattezza l'intero ammontare, atteso che, per quanto riguarda la somma di £. 16.691.100, i documenti giustificativi e gli elementi di calcolo prodotti in giudizio dalla istante non sono tali da consentire, con certezza, di determinare il quantum del risarcimento (non essendo, in particolare,questi elementi supportati da idonei ragguagli).

L'unico accertamento del quantum sarebbe, a rigore, quello consentito dall'art. 1226 Cod. civ.(valutazione equitativa).

Il danno potrebbe essere, cioè, liquidato in via equitativa, con riferimento alla considerazione che esso non è – allo stato - quantificabile con precisione.

Per quanto concerne, invece, l’importo di £. 775.092.000 (corrispondente al 10% della offerta presentata dalla ricorrente), il Collegio conviene con il criterio indicato.

In base ad esso l’utile economico che sarebbe derivato alla società ricorrente dall’esecuzione dell’appalto, in caso di aggiudicazione, va determinato nella misura media del 10% dell’ammontare della base d’asta, come ribassata dall’offerta presentata dalla ricorrente: con ciò attribuendo valore di riferimento alla disposizione di cui all’art. 345 della legge 20 marzo 1865,n. 2248 All. F in tema di recesso unilaterale della pubblica amministrazione dal contratto di appalto per la esecuzione di opere pubbliche, ma comunemente recepita come espressiva del criterio generale di quantificazione del margine di profitto dell’appaltatore nei contratti con l’Amministrazione. Tuttavia, nella determinazione della somma dovuta – ritiene il Collegio - dovrà tenersi conto, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di risarcimento del danno, anche del periodo di tempo intercorrente tra il momento nel quale la ricorrente avrebbe maturato il diritto alla controprestazione pecuniaria da parte della Amministrazione(a seguito della aggiudicazione) ed il saldo finale. Anche in questo caso trattasi di elemento non determinabile a priori.

Non sembra, infine, che la terza pretesa risarcitoria (nella misura da valutarsi in via equitativa, ex art. 1226 Cod.civ.) possa avere ingresso. Essa riguarda il mancato incremento della cifra d’affari (ai sensi dell’art. 18 del D.P.R. 25 gennaio 2000,n. 34), in conseguenza della non aggiudicazione(ciò avrebbe impedito alla ricorrente, per "mancata fatturazione", di partecipare ad altri appalti).

Va osservato, a tal proposito, che sono da ricomprendere nel risarcimento da fatto illecito anche quei danni mediati e indiretti che si presentino come effetto normale del fatto stesso, rientrando nella serie delle conseguenze ordinarie cui esso dà origine, in base al principio della cosiddetta regolarità causale; con la conseguenza che ne restano esclusi quelli che non siano collegati al fatto dal necessario nesso teleologico, per essere intervenute altre cause o circostanze estrinseche al comportamento dell'autore dell’ illecito e senza le quali il danno ulteriore non si sarebbe verificato(cfr., Cassazione civile, sez. III, 20 agosto 1984 n. 4661; Cassazione civile, sez. II, 29 giugno 1979 n. 3684).

Nel caso di specie, la "mancata fatturazione" non sembra possa essere ritenuta un "effetto normale" del fatto illecito, cioè della non aggiudicazione della gara, dato che devono concorrere altre cause o circostanze estrinseche al comportamento dell'autore dello stesso fatto (senza le quali il danno non è prefigurabile),e, segnatamente, l’impossibilità di partecipare ad una determinata gara (od a più gare) in conseguenza del fatto . La ricorrente nulla ha dimostrato al riguardo,e, di conseguenza, la pretesa risarcitoria non può trovare accoglimento.

Alla luce di quanto detto in ordine alle tre tipologie di danni esposti dalla ricorrente, occorre ricordare che l'art. 35 comma 2 del D.L. vo n. 80 del 1998,come novellato dall’art.7,comma 3 della legge n.205/2000 consente al giudice amministrativo di stabilire i criteri in base ai quali il risarcimento del danno ingiusto va liquidato, riservando ad un successivo accordo delle parti la determinazione della somma dovuta.

Sembra al Collegio che questa soluzione sia preferibile rispetto a quella prefigurata dal citato art. 1226 Cod. civ.(valutazione equitativa), nella prospettiva di una soluzione sostanzialmente transattiva della questione, ed in assenza di parametri determinativi certi su di una parte del danno di cui si chiede il risarcimento.

Dunque,il danno risarcibile deve essere posto a carico dell'Amministrazione, nei limiti suindicati, ossia con esclusione di quello per "mancata fatturazione", e liquidato, (anche con criterio equitativo e presuntivo), nella misura che le parti stabiliranno, con successivo accordo, tenendo conto dei seguenti criteri: 1) occorre considerare - a titolo di mancato guadagno – l’utile economico che sarebbe derivato alla società ricorrente dall’esecuzione dell’appalto, in caso di aggiudicazione, determinato nella misura media del 10% dell’ammontare della base d’asta, come ribassata dall’offerta presentata dalla ricorrente: con ciò attribuendo valore di riferimento alla disposizione di cui all’art. 345 della legge 20 marzo 1865,n. 2248 All. F in tema di recesso unilaterale della pubblica amministrazione dal contratto di appalto per la esecuzione di opere pubbliche, ma comunemente recepita come espressiva del criterio generale di quantificazione del margine di profitto dell’appaltatore nei contratti con l’Amministrazione; nella determinazione della somma dovuta dovrà tenersi conto, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di risarcimento del danno, del periodo di tempo intercorrente tra il momento nel quale la ricorrente avrebbe maturato il diritto alla controprestazione pecuniaria da parte della Amministrazione (a seguito della aggiudicazione) ed il saldo finale.

2) occorre considerare le spese sostenute per la presentazione della domanda per la partecipazione alla gara, sulla base di precisi elementi giustificativi (al momento inesistenti).

Tale proposta, che conseguirà ad operazioni ricognitive e valutative da farsi in contraddittorio con la ricorrente, dovrà essere formulata dalla Amministrazione entro il termine di 30 (trenta) giorni dalla notificazione o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.

5. In conclusione, alla stregua delle complessive considerazioni che precedono, il ricorso va accolto, con il conseguente annullamento dell’atto impugnato e con la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno ingiusto nei confronti della ricorrente, nei termini sopra indicati.

6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale del Friuli - Venezia Giulia, definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, lo accoglie, e, per l’effetto, annulla l’ atto impugnato, meglio indicato in epigrafe;

condanna l’Amministrazione intimata al risarcimento del danno ingiusto nei confronti della ricorrente,secondo quanto specificato in motivazione;

Condanna i resistenti Comune di Trieste e controinteressata società Cooperativa EDIL STRADE IMOLESE-CESI s.r.l al rimborso delle spese e competenze giudiziali a favore della società ricorrente, che liquida in euro 2582 (duemilacinquecentottantadue) a carico di ciascun resistente, e, quindi, in complessivi euro 5164 (cinquemilacentosessantaquattro).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste, in camera di consiglio, il 25.1.2002.

Vincenzo Sammarco – Presidente

Vincenzo Farina - Estensore

Depositata nella segreteria del Tribunale il 26 gennaio 2002.

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