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n. 7/8-2002 - © copyright.

TAR LAZIO, SEZ. III – Sentenza 7 agosto 2002 n. 7052 – Pres. Cossu, Est. Savo Amodio - Ferrocemento S.p.a. (Avv.ti L. dé Medici e B. G. Carbone) c. Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Avv. Stato Zotta) – (respinge).

1. Contabilità pubblica – Fermo amministrativo – Ex art. 69 L. Cont. Stato – Natura e funzione – Individuazione – Preventivo avviso di inizio del procedimento – Ex art. 7 L. n. 241/90 – Non occorre – Ragioni.

2. Contabilità pubblica – Fermo amministrativo – Ex art. 69 L. Cont. Stato – Presupposti – Individuazione.

3. Contratti della P.A. – Riunioni temporanee di imprese – Solidarietà passiva nel confronti della P.A. appaltante – Effetti – Fermo amministrativo disposto nei confronti di tutte le imprese facenti parte della r.t.i. – Legittimità – Circostanza che l’inadempimento sia solo attribuibile ad una delle imprese mandanti – Irrilevanza.

4. Contratti della P.A. – Riunioni temporanee di imprese – Solidarietà passiva nel confronti della P.A. appaltante – Circostanza che una delle imprese abbia agito con dolo – Non fa venir meno il vincolo contrattuale ma può solo condizionare l’azione di regresso delle altre imprese.

1. Il fermo amministrativo (previsto dall’art. 69, ultimo comma, del R.D. 18 novembre 1923 n. 2440, il quale consente ad "un’amministrazione dello Stato che abbia, a qualsiasi titolo, ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni" di richiedere "la sospensione del pagamento"), costituisce una semplice misura strumentale, di natura interdittiva e temporanea; tale natura e funzione del fermo amministrativo, che, per risultare efficace, deve essere tempestivo, fa sì che esso non debba essere preceduto da apposito avviso di inizio del procedimento agli interessati, dato che nel caso di fermo amministrativo sussistono le "particolari esigenze di celerità del procedimento" che consentono una deroga al principio generale sancito dall’art. 7 della legge n. 241/90.

2. Ai sensi dell’art. 69, ultimo comma, del R.D. 18 novembre 1923 n. 2440, l’unica condizione richiesta – di natura esclusivamente oggettiva – per disporre il fermo amministrativo è l’esistenza della semplice "ragione di credito" dell’Amministrazione nei confronti di un determinato soggetto.

3. In base ai principi generali disciplinanti i contratti ad evidenza pubblica e, in particolare, alla stregua del regime delle responsabilità connesse alla partecipazione alle gare sub specie di associazione temporanea di imprese, tutti i soggetti che compongono il raggruppamento assumono una responsabilità solidale nei confronti del committente (cfr., in tal senso, l’art. 23 comma 7 del D. L.vo 19 dicembre 1991 n. 406); pertanto, poichè in base ai principi civilistici che disciplinano il rapporto obbligazionario dal lato passivo, ogni coobbligato può essere chiamato a rispondere per l’intero, legittimamente l’Amministrazione dispone il fermo amministrativo nei confronti di tutte le imprese facenti parte del raggruppamento, essendo a tal fine irrilevante la diversa posizione assunta nel raggruppamento dalla mandataria rispetto alle mandanti, ovvero il fatto che una delle imprese abbia agito con dolo.

4. La circostanza che una delle imprese facenti parte di un raggruppamento abbia agito con dolo, non fa venire meno il vincolo contrattuale con l’Amministrazione, ma è idonea solo a condizionare l’azione restitutoria che ciascun coobbligato può intraprendere nei confronti degli altri, una volta adempiuto per l’intero l’obbligazione stessa nei confronti della P.A.

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Sul fermo amministrativo v. da ult. in questa Rivista:

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – Sentenza 7 dicembre 2001 n. 6179.

 

 

per l’annullamento

del provvedimento di fermo amministrativo disposto con nota n. 8260 dell’11 ottobre 2001 a firma del Direttore Generale delle Opere Marittime e di ogni altro atto comunque ad esso connesso;

(omissis)

FATTO

La Soc. Ferrocemento espone che, con contratto del 12 agosto 1994, il Ministero dei Lavori Pubblici (oggi Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) affidava ad un’a.t.i., composta dalle Socc. Sailem (mandataria capogruppo), Gambogi, Cogei ed Icla, i lavori di completamento delle strutture del porto di Bari.

Nel corso dell’appalto la Sailem veniva dichiarata fallita e la Gambogi veniva fusa per incorporazione nell’odierna ricorrente.

Il Ministero chiedeva alle restanti imprese la disponibilità a proseguire nell’esecuzione dell’appalto, richiesta prontamente – e positivamente – riscontrata.

Dalle conseguenti verifiche effettuate emergeva che, a favore della Sailem, erano stati contabilizzati e liquidati lavori mai eseguiti. Tale circostanza veniva denunciata all’Amministrazione appaltante, mettendo altresì in moto un procedimento penale, che ha portato a numerosi arresti.

Nel frattempo, con provvedimento 13 settembre 1999, il Ministero procedeva alla rescissione del contratto.

Infine, con l’atto impugnato, l’Amministrazione, assumendosi creditrice della Ferrocemento, ha disposto il fermo amministrativo di tutti i crediti vantati da quest’ultima (fino alla concorrenza di una cifra superiore ai 22 miliardi).

Avverso tale determinazione si deduce:

1) Violazione ed errata applicazione dell’art. 69 della legge di contabilità dello Stato 18 novembre 1923 n. 2440. Eccesso di potere, atteso che la Ferrocemento sarebbe del tutto estranea alla vicenda, tanto più che la stessa Amministrazione aveva manifestato l’intenzione di continuare ad avvalersi delle sue prestazioni, dopo il fallimento della Sailem, per il completamento dell’appalto.

Inoltre, Il Ministero non sarebbe legittimato a far gravare sull’attuale ricorrente le somme vantate nei confronti della Sailem, tenuto conto che, grazie alla sua denuncia, sarebbero emerse le irregolarità contabili poste in essere in precedenza.

Non sarebbe da sottovalutare, inoltre, la circostanza che proprio le inadempienze – dolose o, quantomeno, colpose – dei funzionari ministeriali avrebbero favorito l’illecito comportamento della Sailem.

Da ultimo, non vi sarebbe proporzione fra le somme, delle quali, al più, potrebbe essere chiamata a rispondere la ricorrente, quale debitore solidale della sua dante causa, e quelle oggetto del disposto fermo amministrativo.

2) Difetto assoluto di motivazione. Violazione degli artt. 3 e 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241, non avendo l’Autorità emanante dato contezza dei presupposti legittimanti una misura così onerosa per il destinatario.

Sarebbe stato, inoltre, omesso l’avviso di avvio del procedimento.

Si è costituito in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che, nella memoria difensiva, controdeduce ai motivi di doglianza.

DIRITTO

1) Nella trattazione dei motivi di ricorso occorre l’invertire l’ordine seguito nell’esposizione, partendo dall’ultima doglianza mossa, riguardante l’omesso avviso di avvio del procedimento, sub specie di violazione dell’art. 7 della citata legge n. 241/90, vizio che, sul piano logico, assorbe tutti gli altri.

In proposito, deve osservarsi che il provvedimento impugnato costituisce una misura cautelare – essendo, appunto, diretta a sospendere i pagamenti che la P.a. sarebbe obbligata ad effettuare nei confronti dei propri creditori – che si pone in rapporto, logicamente e giuridicamente, ancillare rispetto all’atto di ricognizione del controcredito vantato dall’Amministrazione stessa, con la conseguente determinazione di procedere al recupero dello stesso.

In particolare, l’art. 69 ultimo comma del R.D. 18 novembre 1923 n. 2440 consente testualmente ad "un’amministrazione dello Stato che abbia, a qualsiasi titolo, ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni" di richiedere "la sospensione del pagamento".

Nella specie, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con la nota impugnata, diretta a tutte le amministrazioni statali, oltre che, per conoscenza, a numerosi organi, tra i quali il Consiglio di Stato, la Corte dei Conti e l’Avvocatura dello Stato, ha chiesto di soprassedere nell’adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti della ricorrente, fino alla concorrenza della somma di lire 22.610.712.190.

La Ferrocemento non compare tra i destinatari della nota, in quanto mero soggetto passivo degli effetti del provvedimento stesso; per converso, risulta avere ricevuto la nota ministeriale 11 ottobre 2001 n. 8245, diretta anche alle altre Imprese coinvolte nell’appalto, nota con la quale il Ministero ha dato contezza dell’esistenza del credito vantato nei confronti delle destinatarie, manifestando nel contempo la volontà di procedere al recupero dello stesso.

In tal modo, parte resistente ha assolto al suo onere di dare notizia ai destinatari dell’azione amministrativa dell’avvio del procedimento amministrativo di recupero, rispetto al quale, come si è detto, il fermo costituisce una semplice misura strumentale, di natura interdittiva e temporanea.

Ma, seppure volesse ipotizzarsi un’autonomia dell’atto impugnato dal procedimento principale cui accede, a ritenere comunque legittimo il comportamento serbato dal Ministero soccorre, ancora una volta, la natura e la funzione del fermo amministrativo, che, per risultare efficace, deve essere tempestivo, sicché nella specie sussistono le "particolari esigenze di celerità del procedimento" che consentono una deroga al principio generale sancito dall’art. 7 della legge n. 241/90.

Palesemente infondata è la doglianza riferita al difetto di motivazione del provvedimento impgunato.

Basta, in proposito, osservare che quest’ultimo ha come destinatari le amministrazioni cui compete di sospendere i pagamenti, alle quali, evidentemente, non vanno chiarite le ragioni che consigliano l’adozione di detta misura.

Per converso, la nota innanzi citata, diretta alla parte privata che subisce l’azione amministrativa, illustra con dovizia di particolari i presupposti legittimanti il potere esercitato nella specie.

2) Con il primo motivo di ricorso, la Soc. Ferrocemento tende a dimostrare l’insussistenza delle condizioni di legge per far luogo al fermo amministrativo.

In estrema sintesi, la prospettazione attorea si basa sulle seguenti circostanze:

a) il comportamento del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti risulterebbe contraddittorio, in quanto quest’ultimo, da un lato, avrebbe concesso fiducia alla ricorrente, manifestando la volontà di proseguire nel rapporto contrattuale con quest’ultima, una volta fallita la mandataria Sailem, e, dall’altro, ha proceduto alla risoluzione del contratto;

b) la Ferrocemento sarebbe del tutto estranea alle irregolarità contabili poste in essere dalla Sailem, che sarebbero emerse proprio grazie alle verifiche da essa effettuate al subentro nel contratto di appalto;

c) non si sarebbe tenuto in alcun conto la circostanza che proprio l’Amministrazione, omettendo, dolosamente o colposamente, di effettuare i necessari controlli, avrebbe favorito gli ammanchi provocati dalla Sailem;

d) seppure volesse ammettersi una responsabilità solidale della Ferrocemento con la Sailem, tale responsabilità avrebbe comunque carattere gradato e, soprattutto, non potrebbe estendersi alle somme oggetto di frode contabile, rispetto alle quali il suddetto vincolo non assumerebbe alcun rilievo.

Il ragionamento esposto non risulta condivisibile.

I primi tre punti evidenziati partono da un presupposto errato: che, nell’adozione del provvedimento di fermo amministrativo, assuma rilievo lo stato soggettivo in cui versi la parte chiamata a rispondere del debito contratto con la P.a..

In realtà, esaminando il disposto dell’art. 69, innanzi riportato, emerge, con assoluta evidenza, che l’unica condizione richiesta – di natura esclusivamente oggettiva - è l’esistenza della semplice "ragione di credito" dell’amministrazione nei confronti di un determinato soggetto. Tale condizione, nella specie, sussiste oltre ogni ragionevole dubbio, tant’è che è la stessa ricorrente ad ammetterla, sia pure riferendola alla sua avente causa e dichiarandosi estranea alla vicenda che l’ha determinata.

L’indagine deve, conseguentemente, spostarsi sulla verifica della posizione soggettiva che, nell’appalto in questione, riveste la Soc. Ferrocemento.

Incidentalmente, deve osservarsi che alcuna contraddittorietà si riscontra nel comportamento del Ministero intimato, in quanto l’accertamento delle irregolarità contabili è successivo alla manifestazione di volontà di proseguire il rapporto negoziale, sicché quest’ultima non avrebbe potuto avere alcun effetto inibitorio sull’iniziativa restitutoria assunta dalla stessa P.a..

Tornando alla posizione assunta dalla ricorrente nell’appalto de quo, è essa stessa a riconoscere che, in base ai principi generali disciplinanti i contratti ad evidenza pubblica e, in particolare, alla stregua del regime delle responsabilità connesse alla partecipazione alle gare sub specie di associazione temporanea di imprese, tutti i soggetti che compongono il raggruppamento assumono una responsabilità solidale nei confronti del committente (cfr., in tal senso, l’art. 23 comma 7 del D. L.vo 19 dicembre 1991 n. 406).

Pertanto, in base ai principi civilistici che disciplinano il rapporto obbligazionario dal lato passivo, ogni coobbligato può essere chiamato a rispondere per l’intero, a prescindere dal soggetto cui si debba imputare la responsabilità dell’inadempimento.

A fortiori non assumono rilevanza alcuna la diversa posizione assunta nel raggruppamento dalla mandataria rispetto alle mandanti, né, tantomeno, il fatto che una delle imprese – nella specie, la Sailem - abbia agito con dolo. Quest’ultima circostanza, in particolare, non è suscettibile di far venire meno il vincolo contrattuale, essendo idonea solo a condizionare l’azione restitutoria che ciascun coobbligato può intraprendere nei confronti degli altri, ma una volta adempiuto per l’intero l’obbligazione stessa nei confronti del creditore.

La tesi esposta dalla ricorrente porterebbe allo svuotamento della funzione di garanzia insita nell’istituto della solidarietà passiva, che si caratterizza proprio per la pluralità degli obbligati, che rispondono, per l’intero, dell'adempimento, senza possibilità alcuna di graduare o di attenuare, nei confronti della controparte, la propria responsabilità.

3) In conclusione, il ricorso proposto dalla Soc. Ferrocemento è infondato e va rigettato.

Sussistono, peraltro, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. III, rigetta il ricorso in epigrafe indicato.

Compensa integralmente fra le parti le spese di giudizio, comprese quelle della fase cautelare.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 27 marzo 2002.

Luigi COSSU PRESIDENTE

Antonino SAVO AMODIO CONSIGLIERE est.

Depositata in cancelleria in data 7 agosto 2002.

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