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TAR MARCHE – Sentenza 22 febbraio 2002 n. 184 - Pres. Amoroso, Est. Giambartolomei - Rapanelli e Codacons (Avv. R. Gaetani) c. Comune di Corridonia (n.c.), Provincia di Macerata (n.c.), Corradini Nello di Nello Corradini & C. s.n.c. (Avv. R. Felici) e Lombardelli (n.c.) - (accoglie).

1. Ambiente - Nozione - Individuazione - Riferimento al complesso di beni e valori - Necessità.

2. Ambiente - Associazioni ambientalistiche - Legittimazione ad agire - Ex artt. 13 e 18 della legge 349/86 - Presenza di un vincolo legislativo od amministrativo - Non occorre - Disposizioni normative che limitino o condizionino il potere di gestione dei beni - Sufficienza.

3. Ambiente - Associazioni ambientalistiche - Legittimazione ad agire - Ex artt. 13 e 18 della legge 349/86 - Riconoscimento ministeriale - Non occorre - Individuazione da parte del giudice di merito di accertare caso per caso la sussistenza della legittimazione della singola associazione - Possibilità.

1. L'ambiente, sotto il profilo giuridico, va considerato come un insieme che, pur comprendendo vari beni o valori, quali la flora, la fauna, il suolo, l’acqua etc., si distingue ontologicamente da questi in quanto si identifica in una realtà priva di consistenza materiale (1); ed è alla nozione di ambiente come complesso di cose che racchiude un valore collettivo costituente specifico oggetto di tutela che, in sostanza, si riferisce la legge 349/86, il cui articolo 1, secondo comma, individua le finalità attribuite all’istituito Ministero dell’ambiente nell’«assicurare, in un quadro organico, la promozione, la conservazione ed il recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi fondamentali della collettività ed alla qualità della vita, nonché la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale nazionale e la difesa delle risorse naturali dall’inquinamento».

2. Per riconoscersi la legittimazione delle associazioni ambientalistiche attribuita dagli articoli 13 e 18 della legge 349/86 istitutiva del Ministero dell’ambiente non è necessario dimostrare che i valori ambientali siano giuridicamente tutelati con regimi di vincolo legislativo od amministrativo, ma è sufficiente che vi siano disposizioni normative che, a loro salvaguardia, anche indiretta o riflessa, limitino o condizionino il potere di gestione dei beni (2).

3. La possibilità d’individuare le associazioni ambientalistiche legittimate ad agire in giudizio prevista dalla legge istitutiva del Ministro dell’Ambiente non esclude il concorrente potere del giudice di accertare caso per caso la sussistenza della legittimazione della singola associazione (3).

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(1) Cfr. Cass. civ., n. 4362/92 e Cons. Stato, Sez. V, 10 marzo 1998, n. 278.

Ha aggiunto il T.A.R. Marche che, una volta che sia stato individuato il concetto giuridico di ambiente, l'aggressione di esso, attuata mediante la lesione di uno qualsiasi degli elementi che concorrono alla sua formazione ha in qualche modo rilievo autonomo rispetto a quella concernente i suoi aggregati.

(2) Alla stregua del principio nella specie il TAR Marche ha ritenuto che il Codacons era legittimato all’impugnativa, atteso che l’accoglimento delle censure dedotte con il ricorso, anche se queste ultime non erano strettamente attinenti a violazione di norme poste a diretta tutela dell’ambiente, era suscettibile, tramite l'annullamento del procedimento impugnato, di soddisfare l'interesse sostanziale di cui l’Associazione è titolare.

V. tuttavia in senso diverso da ult. Cons. Stato, Sez. IV, 13 marzo 2001 n. 1382, in questa Rivista, pag. http://www.giustamm.it/private/cds/cds4_2001-1382.htm secondo cui «le associazioni ambientalistiche, riconosciute con decreto del Ministro dell'ambiente, sono legittimate ad agire in giudizio, in forza dell'art. 18 L. 8 luglio 1986 n. 349, per far valere interessi diffusi solo in quanto l'interesse all'ambiente assume qualificazione normativa con riferimento e nei limiti tracciati positivamente dalla citata legge n. 349 del 1986, ovvero da altre fonti legislative intese ad identificare beni ambientali in senso giuridico, con esclusione quindi degli atti che abbiano una valenza meramente urbanistica, in quanto diretti esclusivamente alla gestione del territorio, senza ricaduta alcuna su valori ambientali». V. anche Cons. Stato, Sez. VI, sent. n. 3878/01, con la quale è stato ribadito che deve escludersi la legittimazione attiva delle associazioni ambientalistiche in tutti i casi in cui i provvedimenti «rivelino una connotazione esclusivamente urbanistica, essendo diretti soltanto all’utilizzazione del territorio, senza alcuna incidenza su quanto possa ritenersi dotato di riflessi ambientali».

(3) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, nn. 1414/00 e 182/96; T.A.R. Marche, 987/01; T.A.R. Veneto, Sez. II, n. 1414/98.

Alla stregua del principio nella specie il TAR Marche ha riconosciuto che il Codacons centro Marche, nella persona del suo presidente, indipendentemente dalla sua qualifica di organismo locale e pur se privo di riconoscimento da parte del Ministero dell’ambiente, è dotato d’autonoma personalità giuridica (come da provvedimento 142/94 della regione) e, in forza delle espresse finalità del suo statuto, è legittimato a proporre ricorso avverso provvedimenti lesivi di valori ambientali.

 

 

MARIACRISTINA TABANO
(Avvocato Dip. Ambiente Codacons)

La questione trattata nella sentenza del TAR Marche n. 9184 del 2002 prende in considerazione la legittimazione processuale delle associazioni ambientaliste riconosciute ai sensi della L. 1986 n. 349 nelle azioni aventi per oggetto atti di rilevanza urbanistica.

La problematica di notevole rilievo giuridico trova uno spartiacque nell’indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato che esclude, con una recente pronuncia, tale possibilità laddove "l’azione è diretta esclusivamente a rimuovere atti di mero contenuto urbanistico", che non hanno alcun nesso con i valori ambientali (CdS, sez. VI del 11/7/2001 n. 3878, in questa Rivista, pag. http://www.giustamm.it/private/cds/cds4_2001-1382.htm).

Nel caso specifico il Comune di Corridonia aveva adottato una variante parziale al programma di fabbricazione con un adeguamento del PRG in itinere al fine di modificare la classificazione della zona verde di rispetto prevista dal programma di fabbricazione e adottare una procedura accelerata anticipando la definizione del nuovo piano particolareggiato.

Ebbene il TAR Marche ha riconosciuto la legittimazione del CODACONS ad impugnare gli atti urbanistici descritti ritenendo che la nozione giuridica di ambiente è l’insieme dei valori che presiede alla qualità della vita e della salute dei cittadini realizzandosi in concreto sia nella possibilità di conservare il paesaggio, sia nella protezione da agenti inquinanti sia infine nella gestione del territorio (Cass. Civ. 9/4/92 n. 4362).

Il Tribunale Amministrativo delle Marche  ha inteso così accogliere l’interpretazione della Cassazione e del Consiglio di Stato (CdS sez. V del 10/3/1998 n. 278) per cui anche la lesione di uno solo di questi elementi ha rilievo giuridico purché si dimostri appunto l’incidenza degli atti impugnati diretti all’utilizzazione del territorio sui valori ambientali. Un’incidenza che in tema di gestione del territorio può essere indiretta e anche riflessa ma che comunque legittima le associazioni ambientaliste ad intervenire a garantire la tutela di quei valori.

Il giudice di primo grado ha così accolto le censure di illegittimità e di conseguenza il ricorso del Codacons annullando le disposizioni urbanistiche in oggetto atte ad aggirare la procedura di approvazione del PRG e sostanzialmente a modificare la zona verde in zona edificabile.

Ma la sentenza chiarisce un ulteriore punto legato all’eccezione più volte sollevata dinanzi agli organi giurisdizionali relativa alla carenza di legittimazione processuale delle sedi regionali e locali del Codacons. In tal senso ha inteso riconoscere la capacità di stare in giudizio al Codacons Marche sia tenuto conto dello Statuto Nazionale dell’associazione sia di quello regionale specificando che comunque spetta al potere del giudice in concreto verificare l’esistenza dei presupposti per  la legittimazione.

 

 

FATTO

1.- Con ricorso notificato il 27 aprile 2001 il signor Giorgio Rapanelli ed il Codacons (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei consumatori), corrente in Roma, in persona del Presidente regionale pro-tempore, hanno impugnato gli atti indicati in epigrafe, deducendo:

a) l’illegittimità dell’utilizzo dell’articolo 34, decreto legislativo 267/00 al fine di non dare applicazione alle misure di salvaguardia di cui all’articolo10 (comma 5) della legge urbanistica;

b) l’illegittimità della variante al programma di fabbricazione, conseguente all’approvazione dell’accordo di programma, per violazione dell’articolo 14 della legge regionale 34/1992;

c) la violazione dell’articolo 41 quinquies (comma 8) della legge urbanistica, dell’articolo 39 Nta del Ppar, dell’articolo 34 (comma 3) del decreto legislativo 267/00;

d) l’illegittima manomissione del verde pubblico, in forza delle Nta recepite dall’accordo;

e) la violazione delle fasce di tutela stradale, previste dagli articoli 16, 17 e 18 del codice della strada e 26 e 28 del regolamento attuativo.

Nella camera di consiglio del 6 giugno 2001 è stata accolta la domanda incidentale di sospensione dei provvedimenti impugnati.

La società Corradini, controinteressata, si è costituita ed ha prodotto memorie e documenti, eccependo il difetto di legittimazione in capo sia al Codacons nazionale, sia al Codacons regionale; anche il signor Rapanelli difetterebbe di legittimazione attiva, in quanto abiterebbe in zona diversa da quella interessata dalla variante.

Memorie conclusionali sono state depositate il 27 ottobre 2001 dalla parte ricorrente ed il 7 novembre 2001 dalla snc Corradini.

DIRITTO

1. Sono infondate le eccezioni d’inammissibilità volte a negare la legittimazione ad agire sia in capo al Codacons nazionale (per essere il problema trattato di natura urbanistica), sia in capo al Codacons regionale (per non essere legittimato ex lege, né avendo il potere di promuovere la lite per conto ed in nome del Codacons nazionale), sia in capo al signor Rapanelli in quanto proprietario di un’immobile non destinatario delle previsioni dell’accordo e della variante.

1.1. La controinteressata fonda la propria eccezione di difetto di legittimazione del Codacons nazionale nel richiamo ad un indirizzo giurisprudenziale (cfr. Consiglio di Stato, sezione quinta, 278/98, id. sezione quarta, 1155/98) per il quale alle associazioni ambientalistiche gli articoli 13 e 18 della legge 349/86 attribuiscono una legittimazione processuale qualora l’azione sia intrapresa per la tutela di un interesse ambientale rilevante e non anche per rimuovere atti a contenuto meramente urbanistico, diretti all’esclusiva gestione del territorio, senza alcuna incidenza sui valori ambientali.

Con recente sentenza (3878/01) la sesta sezione del Consiglio di Stato ha ribadito che deve escludersi la legittimazione attiva delle associazioni ambientalistiche in tutti i casi in cui i provvedimenti «rivelino una connotazione esclusivamente urbanistica, essendo diretti soltanto all’utilizzazione del territorio, senza alcuna incidenza su quanto possa ritenersi dotato di riflessi ambientali».

È noto che il Codacons, associazione di volontariato autonoma, senza fini di lucro a base democratica e partecipativa, ha quale finalità quella di tutelare con ogni mezzo legittimo ed in particolare con il ricorso allo strumento giudiziario gli interessi dei consumatori e degli utenti nei confronti dei soggetti pubblici e privati produttori od erogatori di beni e servizi, «nonché quello di tutela dell'interesse diffuso alla salvaguardia dei valori ambientali» (Consiglio di Stato, sezione sesta, 1010/96).

In ordine a detti «valori ambientali», alla cui salvaguardia è legittimata l’associazione ricorrente, pur in mancanza di specifiche indicazioni da parte della legislazione statale e regionale, la dottrina è pervenuta ad enucleare una serie di nozioni.

Si è così distinto tra «ambiente» quale risulta dalla disciplina relativa al paesaggio (oggetto di tutela conservativa), «ambiente» preso in considerazione dalle norme poste a protezione contro fattori aggressivi (difesa del suolo, dell'aria, dell'acqua etc.), ed ancora, «ambiente» quale oggetto di disciplina urbanistica e di tutela del territorio.

L'elemento unificante di tutte queste elaborazioni è, comunque, dato dal fatto che «l'ambiente in senso giuridico» va considerato come un insieme che, pur comprendendo vari beni o valori, quali la flora, la fauna, il suolo, l’acqua etc., si distingue ontologicamente da questi in quanto si identifica in una realtà priva di consistenza materiale (Cassazione civile, 4362/92).

Ed è alla nozione di ambiente come complesso di cose che racchiude un valore collettivo costituente specifico oggetto di tutela che, in sostanza, si riferisce la legge 349/86, il cui articolo 1, secondo comma, individua le finalità attribuite all’istituito Ministero dell’ambiente nell’«assicurare, in un quadro organico, la promozione, la conservazione ed il recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi fondamentali della collettività ed alla qualità della vita, nonché la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale nazionale e la difesa delle risorse naturali dall’inquinamento».

Delineato il concetto giuridico di ambiente, l'aggressione di esso, attuata mediante la lesione di uno qualsiasi degli elementi che concorrono alla sua formazione (secondo la prospettazione di cui all’indirizzo giurisprudenziale sopra richiamato della sesta sezione del Consiglio di Stato), ha in qualche modo rilievo autonomo rispetto a quella concernente i suoi aggregati.

La legittimazione attribuita dagli articoli 13 e 18 della legge 349/86 alle associazioni ambientalistiche non può, dunque, giustificare l'impugnazione di atti aventi valenza meramente urbanistica, senza che ne sia dimostrata, in concreto, la contestuale incidenza negativa su valori ambientali.

Per radicare la legittimazione il collegio ritiene, tuttavia, non necessario dimostrare che tali valori siano giuridicamente tutelati con regimi di vincolo legislativo od amministrativo, ma è sufficiente che vi siano disposizioni normative che, a loro salvaguardia, anche indiretta o riflessa, limitino o condizionino il potere di gestione dei beni.

La lettura delle censure dedotte con il ricorso in esame mostra che, pur se non strettamente attinenti a violazione di norme poste a diretta tutela dell’ambiente, l’eventuale loro accoglimento è suscettibile, tramite l'annullamento del procedimento impugnato, di soddisfare l'interesse sostanziale di cui l’Associazione è titolare.

Sono, infatti, eccepiti: la violazione dell’articolo 39 delle Nta del Ppar perché l’area interessata dall’intervento (volto alla realizzazione di un centro commerciale) è a ridosso della città murata (centro storico) e sarebbe sottoposta a tutela paesaggistica; il mancato rispetto degli standards inderogabili di spazi pubblici, necessario per assicurare la tutela del paesaggio, nonché il diritto alla salute; l’illegittima compromissione di un’area destinata a «verde di rispetto».

Non può, dunque, dubitarsi che gli atti a carattere programmatorio e pianificatorio impugnati, presupposti di ben definite iniziative edilizie destinate ad essere realizzate in loco, siano in astratto suscettibili di compromettere i vincoli posti dal Ppar e di ledere l'ambiente, sì da radicare, ai sensi dell'articolo 18 della menzionata legge 349/86, la legittimazione a ricorrere del Codacons, associazione riconosciuta con decreto ministeriale 17 ottobre 1995.

Dopo essersi dato cura d’individuare gli aspetti ed i momenti del ricorso che ineriscono ad interessi ambientali, incidentalmente il Collegio rileva che per il dpr 616/77 la protezione dell’ambiente non è del tutto avulsa dalla definizione d’urbanistica alla quale è assegnato il ruolo di «disciplina dell’uso del territorio, comprensiva di tutti gli aspetti nonché il ruolo di protezione dell’ambiente».

Anche l’articolo 34 del decreto legislativo 80/1998 conferisce all’urbanistica il compito di disciplinare tutti gli aspetti del territorio, nei quali sono compresi quelli paesaggistici ed ambientali. Da ciò dovrebbe dedursi, in contrario avviso ad un’analitica loro suddivisione, l’inscindibile connessione e correlazione tra aspetti ed elementi di una medesima, se pur complessa realtà.

1.2. Va disattesa anche l’ulteriore eccezione di carenza di legittimazione processuale in capo ai presidenti locali del Codacons, poiché ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 6 dello statuto nazionale del Codacons, come modificato il 9 maggio 1998 («Alle sedi regionali dell’associazione è proposto un responsabile ... Questi rappresenta l’associazione, congiuntamente e disgiuntamente al presidente … dinanzi alle autorità locali ed agli organi giurisdizionali»), le azioni giudiziarie di tale sodalizio possono essere promosse, oltre che dal presidente, anche dai rappresentanti delle sedi regionali (cfr. Consiglio di Stato, sezione sesta, 1414/00; Tar Marche, 987/01).

A prescindere da quanto sopra, si osserva che, secondo un costante indirizzo giurisprudenziale (Tar Veneto, sezione seconda, 1414/98; Consiglio di Stato, sezione sesta, 182/96) al quale ha aderito questo Tribunale (sentenza n. 987 del 2001, cit.), l’attribuita ministeriale possibilità d’individuare le associazioni ambientalistiche non esclude il concorrente potere del giudice ad accertare caso per caso la sussistenza della legittimazione della singola associazione.

Il Codacons centro Marche, nella persona del suo presidente, indipendentemente dalla sua qualifica di organismo locale e pur se privo di riconoscimento da parte del Ministero dell’ambiente, è dotato d’autonoma personalità giuridica (come da provvedimento 142/94 della regione) e, in forza delle espresse finalità del suo statuto, è legittimato a proporre ricorso avverso provvedimenti lesivi, come nella specie, di valori ambientali.

1.3. L’indirizzo giurisprudenziale, per il quale l’impugnazione dei piani urbanistici o provvedimenti generali trae supporto nell'effettivo pregiudizio che i soggetti risentono dalle particolari disposizioni limitative del godimento dei loro beni, è stato non richiamato a proposito dalla controinteressata società a sostegno dell’assunto della mancanza in capo al signor Rapanelli di un interesse sostanziale che lo legittimi a ricorrere.

L’impugnativa in esame ha a suo oggetto l’adozione di una variante parziale al programma di fabbricazione ed un parziale adeguamento del piano regolatore in itinere al dichiarato fine di consentire il recupero di una definita e circoscritta area (dell’ex Consorzio agrario di Corridonia) avvalendosi del procedimento di cui all’articolo 34 del decreto legge 267/00 (accordo di programma). Tali modifiche di atti programmatori generali sono palesemente e direttamente strumentali al rilascio di una concessione edilizia in capo ad un soggetto determinato (la società controinteressata Corradini Nello di Nello Corradini & C.) e non hanno a loro destinatari una pluralità indistinta di soggetti.

Invero, ai sensi dell’articolo 34, comma 4, del decreto legge 267/00, l'accordo, qualora adottato con decreto del presidente della regione (nella regione Marche: del presidente della provincia), produce gli effetti dell’intesa di cui all'articolo 81 del dpr 616/77, determinando le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e, con l’assenso del comune interessato, sostituendo le concessioni edilizie.

Dal momento che ricorre una fattispecie riferibile al citato articolo 34, comma 4, del decreto legge 267/00, al fine della verifica sull’esistenza in or-dine all’interesse legittimante è sufficiente che il signor Rapanelli abbia dimostrato la presenza di uno stabile collegamento con una delle aree contigue a quella in cui andrà realizzato l’intervento.

L’area dell’ex Consorzio è nelle vicinanze dell’edificio in cui abita il signor Rapanelli il quale, sussista o meno una diretta diminuzione di visuale, di luce o d’aria, ha un interesse qualificato acchè nella zona permanga la prevista dal programma di fabbricazione destinazione a verde di rispetto ed acché dalla nuova costruzione (la cui messa in opera consegue al rilascio di un atto di concessione definito, quanto al suo contenuto, dagli atti impugnati) non derivi alterazione dei valori strutturali, funzionali o ambientali della zona.

2.- Nel merito il ricorso è fondato.

2.1.- Il Comune di Corridonia è dotato di un programma di fabbricazione, approvato nel 1966 e più volte soggetto a varianti.

Entrato in vigore il Piano paesaggistico regionale, al quale dovevano essere adeguati entro tre anni (articolo59) i piani urbanistici locali, ed intervenuta la legge regionale 34/1992, che ha abolito i programmi di fabbricazione, solamente nel 1997 (con delibera 86/1997) il consiglio comunale ha adottato il nuovo piano regolatore, attualmente in corso d’approvazione da parte dell’amministrazione provinciale.

In tale situazione, allo scopo di recuperare l’area dell’ex consorzio agrario, da destinare ad attività commerciali, con le delibere consiliari 71/2000 e 3/2001, l’amministrazione comunale di Corridonia ha proceduto a variare il vigente piano di fabbricazione e, mediante la redazione di un piano attuativo planovolumetrico, ad anticipare il piano regolatore adottato (in adeguamento al Ppar del 1990).

Più esattamente, il comune ha fatto ricorso ad un accordo di programma in variante allo strumento urbanistico, previsto dall’articolo 34 del decreto legislativo 267/00, seguendo il seguente schema procedurale:

- promozione dell’adozione dell’accordo, ai sensi dell’articolo 27 della legge 142/90;

- conferenza dei servizi, svoltasi in data 21 giugno 2000;

- adozione con atto consiliare della proposta d’accordo (delibera 71/2000);

- dopo la fase di pubblicità, di deposito e di decisione sulle osservazioni, sottoscrizione dell’accordo e sua approvazione ad opera del presidente della provincia (decreto 3/2001);

- ratifica dell’adesione del sindaco all’accordo da parte del Consiglio comunale (delibera 3/2001).

Il ricorso ad un «accordo di programma», così come articolato per realizzare una struttura commerciale nell’area dell’ex Consorzio agrario, è stato fatto oggetto di più censure, più d’una delle quali fondate.

2.2.- A monte, è assorbente la fornita di fondamento censura di deviante utilizzo dell’accordo di programma, non in quanto illegittimamente non rispettate le disposizioni di cui all’articolo 34 del decreto legislativo 267/00, che ne regolano le diverse fasi, ma perché attraverso tale strumento di semplificazione (ma non d’eliminazione di ogni logica successione temporale e connessione di procedimenti ed atti) l’Amministrazione ha inteso adottare ed approvare un piano attuativo plano-volumetrico, obbligatoriamente previsto dalle Nta del piano regolatore in itinere per le aree delle «Zone D» (produttive con prevalenza di attività terziarie) entro una delle quali insiste un immobile di proprietà della società controinteressata.

È stata anticipata la definizione di un piano particolareggiato, esecutivo di una porzione di un piano regolatore non ancora approvato e del quale strumento (da ricondurre nella nozione di atto complesso, alla cui formazione concorrono congiuntamente sia l'atto d’adozione da parte del Comune che il successivo deliberato d’approvazione della Regione) avrebbe dovuto essere effetto e mezzo di realizzazione (ove giuridicamente compiuto).

Ciò ha costretto l’amministrazione:

- ad apportare una modifica al vigente programma di fabbricazione, recependo soltanto in parte le specifiche previsioni del piano regolatore in itinere;

- ad apportare una variazione alle Nta del piano regolatore in itinere;

- ad artificiosamente anticipare (di fatto), mediante l’emanazione del decreto 3/2001, la complessa ed articolata fase approvativa del piano regolatore in itinere (strumento programmatorio, una parte del quale risulta approvata in corso d’adempimento delle normativamente procedimentalizzate e complesse operazioni istruttorie e di garanzia partecipativa).

I provvedimenti posti in essere ed impugnati contravvengono, dunque, al principio di legalità in quanto, pur attraverso l’utilizzo di schemi tipici che convergono nell’accordo di programma, è stato alterato il loro contenuto funzionale e finalistico. È quanto rileva la parte ricorrente nell’osservare che, nella specie, l’accordo di programma viene a configurarsi «come espediente per aggirare la procedura d’approvazione di un piano regolatore in itinere».

2.3.- Per essere legate da un evidente nesso di consequenzialità a quella esaminata, sono parimenti fondate le censure: di mancata applicazione delle misure di salvaguardia di cui all’articolo 10, comma 5, della Lu; di violazione dell’articolo 14 della legge regionale 34/92, che obbliga i Comuni delle Marche ad utilizzare, quale strumento urbanistico, il solo piano regolatore, mentre con varianti sostanziali ai superati piani di fabbricazione non appare possano essere introdotte nuove previsioni, tra l’altro, parzialmente difformi dalla disciplina urbanistica adottata con il subentrato strumento pianificatorio (il piano regolatore in itinere); di violazione dell’articolo 41 quinquies (comma 8) Lu e d’illegittima manomissione del verde pubblico.

Quanto a queste ultime due censure è depositata in atti una planimetria, già allegata al programma di fabbricazione, approvato nel 1966, la cui legenda evidenzia la destinazione ad «uso pubblico» dell’area di cui è causa.

Tale indicazione è antecedente all’entrata in vigore del decreto ministeriale 1444/68 che ha introdotto standards minimi per cui (come dedotto) non poteva essere compromessa un’area destinata ad uso pubblico (ulteriormente incidendo su standards obbligatori di spazi pubblici non adeguati).

2.4.- È, infine, consequenziale anche il positivo riscontro della dedotta censura di violazione dell’articolo39 delle Nta del Ppar.

L’area su cui insiste l’ex Consorzio agrario e sulla quale è stato espresso l’intendimento di sua utilizzazione edificatoria è classificata zona verde di rispetto dal programma di fabbricazione, mentre nel piano regolatore in itinere è sottoposta a piano particolareggiato. Per essere l’area in diretta adiacenza con il centro storico e secondo le previsioni vigenti del piano di fabbricazione, inedificabile, fino al momento in cui il piano regolatore non sia approvato (mantenendo l’originario contenuto) difettano i presupposti per dar corso all’esenzione ex articolo60 delle Nta del Ppar, prevista per le sole aree urbanizzate che l’articolo27 collega alle «aree di completamento».

3.- Da quanto sopra considerato, assorbita ogni altra questione, il ricorso deve essere accolto.

Si ritiene equo compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il T.A.R. delle Marche accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Cosi deciso in Ancona, nella camera di consiglio del 21 novembre 2001, con l'intervento dei Magistrati:

Dott. Bruno Amoroso - Presidente

Dott. Giancarlo Giambartolomei - Consigliere, est.

Dott. Luigi Ranalli - Consigliere

Depositata il 22 febbraio 2002.

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