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n. 7/8-2002 - © copyright.

TAR SARDEGNA – Sentenza 18 luglio 2002 n. 892Pres. Sassu, Est. Atzeni - Federsoa (Avv.ti Modica, Strano e Cossu) – Regione Autonoma della Sardegna (Avv.ti Campus e Trincas).

Contratti della P.A. – Gara – Sistema di qualificazione delle imprese – Previsto nella Regione Sardegna dal regolamento approvato con D.Pres. n. 1/L del 9 marzo 2001 – In contrasto con la normativa nazionale (L. n. 109/1994 e s.m.i.) – Illegittimità – Ragioni.

Contratti della P.A. – Gara – Sistema di qualificazione delle imprese – Riguarda la materia della concorrenza –  Competenze relative – Ex art. 117, 2° comma, lett. e) della Costituzione (testo novellato dalla L. cost. n. 3/2001) - Spettano allo Stato.

1. E’ illegittimo il decreto del Presidente della Regione Sardegna 9 marzo 2001, n. 1/L, in parte aggiornato con il decreto dell’Assessore Regionale ai Lavori Pubblici 17 ottobre 2001, n. 30, con il quale è stato approvato il regolamento per la qualificazione delle imprese per la partecipazione agli appalti pubblici ammessi a finanziamento della Regione Sardegna e che comunque si eseguono nel territorio della Regione, nella parte in cui, in contrasto con il sistema unico di qualificazione delle imprese previsto in sede nazionale, individua un proprio sistema di qualificazione delle imprese, che rende solo facoltativo il ricorso alle società organismi d’attestazione, previste dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni ed integrazioni.

2. La regolamentazione dei sistemi di partecipazione alle gare ed aggiudicazione dei pubblici contratti attiene alla materia della tutela della concorrenza, che l’art. 117, secondo comma lett. e), della Costituzione, nel nuovo testo a seguito delle modifiche introdotte con L. cost. n. 3/2001, attribuisce allo Stato. In questo quadro, il sistema di qualificazione delle imprese tramite S.O.A. non può essere ritenuto norma di dettaglio e non può essere disciplinato in maniera difforme da parte delle Regioni (2).

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(1) Ha osservato in particolare il T.A.R. Sardegna che, dopo la legge reg. Sardegna 27 aprile 1984, n. 13, istitutiva dell’albo regionale delle imprese, sono entrate in vigore in sede nazionale la legge 11 febbraio 1994, n. 109 e la legge 18 novembre 1998, n. 4145, che hanno istituito un sistema unico di qualificazione delle imprese, espressamente destinato a sostituire quelli vigenti presso le diverse amministrazioni aggiudicatici (art. 8, ottavo comma).

Tale disciplina, secondo il T.A.R. Sardegna, prevale su quella regionale, anche nel sistema dei rapporti delineato dall’art. 3, lett. e), dello statuto sardo, atteso peraltro che il legislatore nazionale espressamente ha qualificato "unico" il sistema di qualificazione in parola ed abolisce sistemi di qualificazione diversi.

La volontà del legislatore nazionale è, quindi, quella di assicurare che la concorrenza delle imprese, in vista dell’aggiudicazione dei contratti d’appalto per la realizzazione d’opere pubbliche, si svolga secondo modalità uniche su tutto il territorio nazionale. Il sistema di qualificazione in parola, pertanto, acquista valenza di principio, in quanto costituisce attuazione di uno dei punti cardine della nuova normativa, diretta attuazione di uno dei momenti qualificanti, che ne costituiscono il fondamento.

(2) Ha aggiunto il T.A.R. Sardegna che un sistema, come quello di qualificazione delle imprese tramite S.O.A., così complesso, e di costo così rilevante, vuoi per le imprese che intendono essere qualificate vuoi per le stesse S.O.A., necessariamente deve costituire uno dei cardini della normativa. Diversamente opinando, il sistema di qualificazione introdotto dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e soprattutto dalla modifica approvata con legge 18 novembre 1998, n. 415, si appaleserebbe manifestamente illogico, in quanto nonostante la sua complessità sarebbe applicabile in un numero limitato d’ipotesi.

V. la pagina di approfondimento dedicata alla riforma costituzionale operata con la L. n. 3/2001.

V. anche, per dei primi commenti, la seguente pagina del forum on line LexItalia.it.

 

 

Per l’annullamento

- del decreto del Presidente della Regione n. 1/L in data 9/3/2001, unitamente agli atti presupposti (atto introduttivo del giudizio);

- del decreto dell’Assessore Regionale ai Lavori Pubblici n. 30 in data 17/10/2001, e della nota del Direttore del Servizio Contratti di quell’Assessorato n. 19725 in data 19/10/2001 (motivi aggiunti).

Visti il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Autonoma della Sardegna in persona del Presidente;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore per la pubblica udienza del 24 aprile 2002 il consigliere Manfredo Atzeni e uditi gli avvocati Riccardo Modica e Luigi Strano per la parte ricorrente, e l’Avv. Sandra Trincas per l’Amministrazione intimata.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso a questo Tribunale, notificato il 24/11/2001 e depositato il successivo 5/12, l’Associazione del Presidente del Consiglio Direttivo impugna il decreto del Presidente della Regione n. 1/L in data 9/3/2001, unitamente agli atti presupposti.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:

1) La Regione Sarda ha adottato un proprio sistema di qualificazione delle imprese che eseguono lavori pubblici d’interesse regionale, distinto da quello disciplinato dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, in tal modo violando l’art. 138 della medesima legge, l’art. 1 del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, nonché gli artt. 97 e 117 della costituzione.

2) Il provvedimento impugnato viola gli artt. 3, 41 e 120 della Costituzione.

3) Qualora si ritenesse che il provvedimento impugnato trova il proprio sostegno normativo nella legge regionale 27 aprile 1984, n. 13, modificata dall’articolo 7 della legge regionale 8 luglio 1993, n. 29, la stessa risulterebbe incostituzionale per contrasto con gli artt. 3, 41, 97, 117 e 120 della Costituzione.

La ricorrente chiede quindi l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento impugnato, vinte le spese.

Alla camera di consiglio del 29 gennaio 2007 è stata decisa la riunione al merito dell’istanza cautelare.

Con atto notificato il 13/12/2001 e depositato il successivo 19/12 la ricorrente estende l’impugnazione al decreto dell’Assessore Regionale ai Lavori Pubblici n. 30 in data 17/10/2001, ed alla nota del Direttore del Servizio Contratti di quell’Assessorato n. 19725 in data 19/10/2001, ribadendo le censure dedotte con l’atto introduttivo del giudizio.

Si è costituita in giudizio la Regione Autonoma della Sardegna in persona del Presidente della Giunta chiedendo, con memorie depositate il 29/1 ed il 12/04/2002, che il ricorso venga respinto perché infondato.

In data 12/4/2002 la ricorrente ha depositato memoria.

Alla pubblica udienza i procuratoti delle parti hanno insistito nelle rispettive conclusioni.

DIRITTO

La ricorrente impugna il regolamento per la qualificazione delle imprese per la partecipazione agli appalti pubblici ammessi a finanziamento della Regione Sarda e che comunque si eseguono nel territorio della Regione, approvato, ed in parte aggiornato, con i decreti in epigrafe.

Sostiene la parte ricorrente che la Regione Sardegna non è legittimata a dotarsi di un proprio sistema di qualificazione delle imprese aspiranti alla stipula di contratti d’appalto, in deroga alle previsioni della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni ed integrazioni.

Afferma, quindi, l’illegittimità dei predetti decreti; solleva, in subordine, questione di legittimità costituzionale della legge regionale 27 aprila 1984, n. 13, e dell’art. 7 della legge regionale 8 luglio 1993, n. 29, richiamati nelle premesse dei provvedimenti impugnati come fonte del potere, esercitato nella specie.

Il Collegio condivide la principale argomentazione, sollevata in ricorso.

Invero, non vi ha dubbio sul fatto che il regolamento impugnato individui un proprio sistema di qualificazione delle imprese, che rende solo facoltativo il ricorso alle società organismi d’attestazione, previste dalla legge n. 109/1994.

E’, quindi, palese il contrasto dei regolamenti con la disciplina statale vigente.

La difesa dell’Amministrazione non contesta tale assunto ma, pur riconoscendo il valore di grande riforma della legge quadro sui lavori pubblici (in accordo con quanto statuito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 482 in data 7 novembre 1995), afferma che tale carattere non si estende a tutte le disposizioni che questa contiene.

In particolare, una volta che la normativa, di rango legislativo e regolamentare, della Regione, si è adeguata ai principi della normativa, statale e comunitaria, vigente, costituirebbe norma di dettaglio quella con la quale si individua l’organismo preposto alla qualificazione delle imprese, che la legge n. 109 individua nelle S.O.A., e la legger regionale, nonché i regolamenti di cui ora si discute, individuano in un comitato nominato dalla stessa Regione, e tenuto all’applicazione della normativa vigente, nonché dei principi d’imparzialità e buon andamento.

Il Collegio condivide la tesi della ricorrente.

La legge regionale 27 aprile 1984, n. 13, istitutiva dell’albo regionale degli appaltatori, è stata, a suo tempo, approvata in corretta applicazione dell’art. 3, lett. e, dello statuto sardo, che demanda alla competenza primaria della Regione la disciplina dei lavori pubblici d’interesse regionale.

Il regolamento impugnato costituisce attuazione di quella legge regionale.

Peraltro, successivamente all’entrata in vigore della predetta legge regionale sono entrate in vigore la legge 11 febbraio 1994, n. 109, e la legge 18 novembre 1998, n. 4145, che hanno istituito un sistema unico di qualificazione delle imprese, espressamente destinato a sostituire quelli vigenti presso le diverse amministrazioni aggiudicatici (art. 8, ottavo comma).

Ritiene il Collegio che tale disciplina prevalga su quella regionale, anche nel sistema dei rapporti delineato dall’art. 3, lett. e), dello statuto sardo.

Ed invero, il legislatore nazionale espressamente qualifica "unico" il sistema di qualificazione in parola, ed abolisce sistemi di qualificazione diversi.

La volontà del legislatore nazionale è, quindi, quella di assicurare che la concorrenza delle imprese, in vista dell’aggiudicazione dei contratti d’appalto per la realizzazione d’opere pubbliche, si svolga secondo modalità uniche su tutto il territorio nazionale.

Il sistema di qualificazione in parola, pertanto, acquista valenza di principio, in quanto costituisce attuazione di uno dei punti cardine della nuova normativa, diretta attuazione di uno dei momenti qualificanti, che ne costituiscono il fondamento.

Osserva, poi, il Collegio come ogni dubbio sia venuto meno a seguito dell’entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha modificato il titolo quinto della Costituzione.

Infatti, l’art. 117 della Costituzione, nel testo modificato con la legge costituzionale, appena citata, demanda alla competenza esclusiva dello Stato, fra l’altro (lett. e), le questioni relative alla tutela della concorrenza.

Non vi è dubbio che la problematica relativa alla qualificazione delle imprese rientri nella materia della regolamentazione della concorrenza.

Invero, le direttive comunitarie che, con precisione inusuale per tale fonte normativa, hanno regolato, nel dettaglio, i meccanismi d’aggiudicazione degli appalti pubblici, trovano la propria giustificazione nella necessità di evitare comportamenti discriminatori in uno dei settori d’attività economica di maggiore impatto, quale quello dei contratti delle pubbliche amministrazioni.

Allo stesso modo, la legge 11 febbraio 1994, n. 109, esplicitamente afferma la necessità di ricondurre ad unità il sistema di qualificazione delle imprese che aspirano ai pubblici appalti, qualunque sia l’amministrazione aggiudicatrice, in tal modo evidenziando la necessità di ricondurre ad un’unica regolamentazione la competizione fra le imprese, in vista dell’aggiudicazione degli appalti pubblici.

In realtà, la tutela della concorrenza equivale, sotto diverso angolo d’osservazione, alla tutela della par condicio fra i concorrenti alle gare d’appalto.

Lo Stato, quindi, assumendosi il compito esclusivo d’assicurare la libera concorrenza fra le imprese, ha, nella sostanza, avocato a sé il compito di predisporre i necessari strumenti giuridici.

Corollario di tale affermazione è poi quella secondo la quale tale compito si esplica, in primo luogo, nella regolazione del settore d’attività economica nel quale la pubblica amministrazione ha un ruolo di soggetto attivo, in quanto da lei dipende la ripartizione dell’ingente massa finanziaria attribuita alle imprese per l’esecuzione dei contratti pubblici.

Afferma, in conclusione, il Collegio che la regolamentazione dei sistemi di partecipazione alle gare ed aggiudicazione dei pubblici contratti attiene alla materia della tutela della concorrenza, che l’art. 117, secondo comma lett. e), della Costituzione, nel nuovo testo, attribuisce allo Stato.

In questo quadro, a maggior ragione il sistema di qualificazione delle imprese tramite S.O.A. non può essere ritenuto norma di dettaglio.

Invero, un sistema così complesso, e di costo così rilevante vuoi per le imprese che intendono essere qualificate vuoi per le stesse S.O.A., necessariamente deve costituire uno dei cardini della normativa.

Diversamente opinando, il sistema di qualificazione introdotto dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e soprattutto dalla modifica approvata con legge 18 novembre 1998, n. 415, si appaleserebbe manifestamente illogico, in quanto nonostante la sua complessità sarebbe applicabile in un numero limitato d’ipotesi.

Né vale addurre che il sistema in questione sarebbe applicabile per le gare dello Stato, in quanto queste non sono sempre, nel presente momento storico, quelle di maggiore importo.

Conclude, quindi, il Collegio affermando che l’art. 117, secondo comma lett. e), della Costituzione impedisce alle regioni di dettare proprie norme di qualificazione delle imprese aspiranti agli appalti che ricadono nel loro ambito di competenza.

Potrebbe, in contrario senso, essere obiettato che l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, stabilisce l’immediata applicabilità nell’ordinamento delle regioni a statuto speciale delle sole norme che prevedono norme di’autonomia più ampie di quelle già attribuite.

Di conseguenza, la modifica dell’art. 117 non inciderebbe sulla competenza attribuita alla Regione Sarda dall’art. 3, lett. e), del suo statuto.

La tesi non può essere condivisa.

Ad avviso del Collegio, il nuovo testo dell’art. 117 non individua delle materie particolarmente importanti, che per tale fatto devono essere gestite dagli organi dello Stato.

L’impostazione del nuovo testo non si fonda su alcuna graduatoria d’importanza, ma individua materie suscettibili di disciplina differenziata nelle diverse parti del territorio nazionale e materie che devono, necessariamente, essere regolamentate in maniera unica in tutto lo Stato, perché ritenute qualificanti della sua unità.

Se questo è vero, non è concepibile che la salvaguardia del principio costituzionale dell’unicità ed indivisibilità della Repubblica abbia attuazione differita, condizionata all’approvazione delle modifiche degli statuti delle regioni ad autonomia differenziata.

Pertanto, l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 amplia immediatamente la sfera d’autonomia delle regioni ad autonomia differenziata nella misura in cui riconosce alle regioni a statuto ordinario una sfera d’autonomia superiore a quella di cui dispongono le regioni a statuto speciale in base a questi ultimi.

Peraltro, anche a queste ultime si applicano le disposizioni dettate dal legislatore costituzionale al secondo comma dell’art. 117, a salvaguardia dell’unicità della Repubblica.

Le disposizioni che ampliano l’autonomia regionale sono, infatti, applicabili, in tutta la loro ampiezza, nella misura in cui lo Stato dispone dei propri poteri, a salvaguardia della unicità della Repubblica.

Di conseguenza, il sistema d’intervento del Governo sulle leggi regionali disciplinato dall’art. 127 della Costituzione, nel nuovo testo, si applica anche nei confronti della legge delle regioni a statuto speciale con le garanzie contenutistiche dettate dall’art. 117, secondo comma.

Afferma, in conclusione, il Collegio che il sistema di qualificazione delle imprese dettato dalla legge regionale 27 aprile 1984, n. 13, e dall’art. 7 della legge regionale 8 luglio 1993, n. 29, non è ulteriormente applicabile dopo l’entrata in vigore della legge 18 novembre 1998, n. 415, che ha modificato la legge 11 febbraio 1994, n. 109, istituendo un sistema unico di qualificazione delle imprese, che aspirano alla stipula di contratti d’appalto per la realizzazione d’opere pubbliche.

Di conseguenza, i provvedimenti impugnati sono stati emanati dopo che il loro presupposto legislativo aveva perso efficacia.

In accoglimento del ricorso, gli stessi devono pertanto essere annullati.

In considerazione della complessità e novità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare integralmente spese ed onorati del giudizio.

P.Q.M.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA

Accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Compensa integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Cagliari, nella camera di consiglio, il giorno 24 aprile 2002 dal Tribunale Amministrativo per la Sardegna con l’intervento dei signori:

Alberto Manlio Sassu Presidente

Manfredo Atzeni Consigliere, estensore

Alessandro Maggio Consigliere

Depositata il 18 luglio 2002.

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