TAR SICILIA-CATANIA, SEZ. I – Sentenza 10 giugno 2003 n. 942 - Pres. Delfa, Est. Chinè - Cooperativa Edilizia Ania S.r.l. in liquidazione (Avv.ti M. Messina e C. Piccione) c. Comune di Siracusa (Avv. G. Caltabiano) - (respinge l’opposizione proposta e conferma integralmente il decreto ingiuntivo opposto).
1. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva - Ex art. 34 D.L.vo n. 80/1998 - Nozione di urbanistica rilevante a tali fini - Individuazione.
2. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva - Ex art. 34 D.L.vo n. 80/1998 - In materia urbanistica - Eccezione prevista dal 3° comma di detta disposizione - Per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa - Ha natura eccezionale ed è di stretta interpretazione - Inapplicabilità nel caso di controversia riguardante il pagamento del corrispettivo convenzionalmente pattuito tra ente pubblico concedente il diritto di superficie e privato concessionario.
3. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva - Ex art. 34 D.L.vo n. 80/1998 - In materia urbanistica - Controversia concernente la pretesa di pagamento di un Comune nei confronti del concessionario del diritto di superficie - Per l’edificazione di alloggi di edilizia economica e popolare - Vi rientra - Ragioni.
4. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva - Possibilità che la controversia sia intrapresa da una P.A. nei confronti di un privato - Sussiste - Art. 103, 1° comma, Cost. - Nella parte in cui prevede che il G.A. assucura la tutela "nei confronti della pubblica amministrazione" - Si riferisce alle controversie rientranti nella giurisdizione generale di legittimità.
1. Rientrano nella giurisdizione esclusiva del G.A. prevista dall’art. 34 del D. L.vo n. 80/98, tutte le controversie "aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparate in materia urbanistica ed edilizia"; l’ampiezza della materia dell'"urbanistica" (che, ai sensi del 2° comma, dello stesso art. 34 "concerne tutti gli aspetti dell’uso del territorio") è tale da ricomprendere non soltanto gli aspetti normativi della disciplina dell’uso del territorio (e cioè relativi all’esercizio delle potestà di pianificazione territoriale), ma anche tutti gli aspetti ulteriori dell’uso del territorio, ivi compreso quello gestionale, concernente l’attuazione concreta della pianificazione mediante la realizzazione delle scelte urbanistiche (1).
3. La disposizione contenuta nell’art. 34, 3° comma, del D. L.vo n. 80/98 (secondo cui nulla è innovato in ordine alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa) e riprodotta nell’art. 53, 3° comma, del Testo Unico sulle espropriazioni approvato con D. L.vo 8 giugno 2001, n. 325, ha chiara natura derogatoria e limitativa di quella precedente sulla attribuzione della giurisdizione esclusiva, talché si pone come norma di stretta interpretazione; essa si riferisce alle sole controversie riguardanti "la determinazione e la corresponsione delle indennità conseguenti all’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa", tra le quali rientra l’opposizione alla stima davanti alla Corte di appello nel cui distretto si trova il bene espropriato, mentre risulta inapplicabile nel caso di controversia tra espropriante (sia esso un ente pubblico o un soggetto privato) ed espropriato, avente ad oggetto non già la determinazione dell’indennità di esproprio, ma il pagamento del corrispettivo convenzionalmente pattuito tra ente pubblico concedente il diritto di superficie e privato concessionario.
3. Rientra nella giurisdizione esclusiva del G.A. prevista dall’art. 34 del D. lgv. n. 80/98 una controversia concernente la pretesa di pagamento di un Comune nei confronti del concessionario del diritto di superficie per l’edificazione di alloggi di edilizia economica e popolare avente titolo nella convenzione sottoscritta dalle parti; in tale ipotesi, infatti, la scelta del Comune di concedere un diritto di superficie su aree sottoposte a procedura espropriativa per la realizzazione di alloggi di edilizia economica e popolare configura una concreta manifestazione di uso del territorio, tenuto anche conto dell’avvenuto inserimento delle aree interessate all’interno del piano di zona ex lege n. 167/62 (2).
4. L’art. 103, 1° comma, Cost. nel demandare agli organi della giustizia amministrativa la tutela di interessi legittimi e diritti soggettivi "nei confronti della pubblica amministrazione", si riferisce chiaramente alle controversie rientranti nella giurisdizione generale di legittimità e non impedisce che, nelle materie deferite alla giurisdizione esclusiva, le pubbliche amministrazioni possano anche assumere il ruolo processuale di attore – ricorrente ed i soggetti privati quello di convenuti – resistenti; è pertanto pienamente ammissibile innanzi al G.A., in particolare, un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 34 D. lgv. n. 80/98, nel quale parte opponente (convenuto in senso sostanziale) sia un privato e parte opposta (attore in senso sostanziale) un ente pubblico (3).
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(1) Cfr. Cass. Sez. Unite, sent. 14 luglio 2000, n. 494, in questa Rivista n. 7-8/2000.
(2) Secondo il T.A.R. Sicilia-Catania, più in generale, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia urbanistica, tenuto conto della ampiezza della nozione scolpita nell’art. 34 cpv. D. lgv. n. 80/98 e delle rationes sottese alla scelta legislativa di giurisdizione, comprende anche tutte le controversie di natura patrimoniale in essere tra Amministrazione concedente e privato concessionario del diritto di superficie su aree espropriande destinate alla realizzazione di alloggi di edilizia economica e popolare, a nulla rilevando in senso contrario che dette controversie si fondino su specifiche clausole della convenzione aventi natura negoziale, allorquando lo strumento convenzionale sia servente rispetto a scelte ed obiettivi pubblicistici di uso e gestione del territorio.
(3) Come si dà atto lealmente nella motivazione della sentenza in rassegna, di recente parte della giurisprudenza, richiamando l'art. 113 Cost., ha ritenuto inammissibile un ricorso proposto innanzi al G.A. da parte di una P.A. nei confronti di un privato (v. in tal senso T.A.R. Marche 7 maggio 2003, n. 315, in questa Rivista n. 5-2003, relativa ad azione possessoria proposta da un Comune nei confronti di soggetti privati per ottenere la reintegrazione nel possesso di una servitù di passaggio pedonale pubblica).
Tuttavia, come notato dal T.A.R. Catania, già dal tenore letterale dell’art. 113 Cost. si evince che il riferimento ad una tutela "nei confronti della pubblica amministrazione" riguarda, nelle intenzioni del legislatore costituente, i soli giudizi fondati sul primo, generale, criterio di riparto, relativi a situazioni in cui un’amministrazione esercita poteri autoritativi a fronte dei quali un soggetto pubblico o privato agisce per la tutela di una posizione soggettiva di interesse legittimo.
La disposizione costituzionale in parola non impedisce, viceversa, che nei giudizi in cui sussiste la giurisdizione esclusiva del G.A., sia ammissibile un’azione promossa dalla P.A. nei confronti di un privato.
(omissis)
per la revoca
del decreto ingiuntivo emesso dal Presidente del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – Sezione staccata di Catania il 5.11.2002, n. 439/02.
(omissis)
FATTO
Con il ricorso in epigrafe, la Cooperativa Edilizia Ania S.r.l. in liquidazione ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 439/02 emesso dal Presidente del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione staccata di Catania, in data 5.11.2002, con cui è stato ingiunto alla predetta società ricorrente di pagare al Comune di Siracusa l’importo di euro 509.086,94 oltre interessi e spese.
A sostegno dell’opposizione, la ricorrente ha affermato che: a) con rogito notarile del 29.09.1981 il Comune di Siracusa concedeva alla Cooperativa Ania il diritto di superficie sull’area, avente una estensione di circa m.q. 29.940, di cui mq. 14.788 per la costruzione di alloggi di edilizia economica e popolare ed al servizio degli alloggi medesimi, mq. 6.232 per la realizzazione delle opere di urbanizzazione, ricadente nel comprensorio n.1 del piano di zona ex lege n. 167/62; b) il corrispettivo della cessione del diritto di superficie veniva determinato in lire 59.101.900, di cui lire 6.142.400 pari al costo di acquisizione delle aree ai sensi e per gli effetti della legge n. 865/71 e lire 52.959.500 quale quota parte delle opere di urbanizzazione; c) con ordinanza n. 76252 del 3.10.1981 il Sindaco di Siracusa autorizzava la ricorrente ad occupare in via d’urgenza e per la durata di anni due il terreno di cui sopra per una estensione di mq. 20.940, talché la cooperativa procedeva all’occupazione e trasformazione del terreno; d) alla scadenza del biennio, poiché le procedure espropriative non erano state ancora espletate, i proprietari del terreno occupato citarono in giudizio davanti al Tribunale di Siracusa sia il Comune di Siracusa che la cooperativa ricorrente per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni da occupazione acquisitiva; e) tale giudizio ebbe termine con la sentenza n. 205/2000 della Corte di Appello di Messina, pronunciatasi in sede di rinvio disposto dalla Cassazione, con la quale il Comune di Siracusa veniva condannato al risarcimento dei danni a favore degli attori per l’importo di lire 230.340.000, oltre rivalutazione ed interessi legali nonché spese di procedimento; f) il Comune di Siracusa, avendo ottemperato alla predetta sentenza con determinazione dirigenziale n. 241 del 26.08.2002, ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo al Presidente del Tribunale Amministrativo in epigrafe, quivi richiamando l’art. 3 della convenzione del 29.09.1981, secondo cui il costo delle aree da espropriare doveva ritenersi, a tutti gli effetti, determinato a titolo indicativo, in quanto lo stesso sarebbe stato pari alla somma effettivamente necessaria per l’acquisizione delle aree; g) con decreto n. 439/02 del 5.11.2002, il Presidente del T.A.R. pronunciava la richiesta ingiunzione di pagamento, intimando alla ricorrente di pagare l’importo complessivo di euro 509.086,94, oltre interessi e spese.
Instando per la revoca, previa sospensione, del decreto ingiuntivo opposto, la ricorrente ha anzitutto eccepito la carenza di giurisdizione in capo al Giudice amministrativo adìto con la domanda di ingiunzione di pagamento; nel merito ha dedotto l’infondatezza della pretesa vantata dall’Amministrazione, tenuto conto della pronuncia della Corte di Appello di Messina, ormai passata in giudicato, con cui è stata esclusa ogni responsabilità della cooperativa Ania nell’illecita occupazione e trasformazione delle aree degli attori.
Con controricorso del 22.01.2003, il Comune di Siracusa ha replicato alle avverse censure, concludendo per il rigetto dell’opposizione.
Con ordinanza n. 146/03 del 31.01.2003, il Collegio respingeva la domanda di sospensione dell’esecuzione del decreto ingiuntivo opposto.
All’udienza del 13 maggio 2003, sentiti i difensori delle parti ed udito il relatore, il ricorso veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Assume valenza necessariamente pregiudiziale l’esame della eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla ricorrente.
Secondo detta prospettazione la controversia, come quella sottoposta al presente vaglio giudiziale, inerente la pretesa di pagamento di un Comune nei confronti del concessionario del diritto di superficie per l’edificazione di alloggi di edilizia economica e popolare avente titolo nella convenzione sottoscritta dalle parti rientrerebbe nella giurisdizione del giudice ordinario, non potendosi quivi richiamare la norma attributiva della giurisdizione esclusiva dell’art. 34 del D. lgv. n. 80/98, non vertendosi in materia di controversie concernenti l’urbanistica. Ha invero precisato la ricorrente che nella specie la pretesa del Comune opposto avrebbe titolo nella "determinazione e corresponsione della indennità di espropriazione in conseguenza della cessione del diritto di superficie", cosicché, in ossequio all’art. 34, 3° comma, lett. b), D. lgv. n. 80/98, su di essa deve pronunciarsi il giudice ordinario.
2. L’eccezione è priva di pregio, talché deve essere affermata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Osserva anzitutto il Collegio che tra le parti è intervenuta una convenzione, stipulata per atto pubblico il 29.09.1981, con la quale, ai sensi dell’art. 35 della legge 22 ottobre 1971 n. 865, il Comune di Siracusa ha concesso alla ricorrente il diritto di superficie su di un’area edificabile sottoposta a procedura espropriativa per la realizzazione di alloggi di edilizia economica e popolare. I punti salienti della convenzione, per quanto qui rileva, sono: a) la concessione del diritto di superficie a partire dal momento dell’acquisizione della proprietà dell’area in capo al Comune; b) la delega del concessionario alla esecuzione delle procedure espropriative su gran parte dell’area edificabile; c) la determinazione del corrispettivo della concessione del diritto di superficie in lire 59.101.900, di cui lire 6.142.400 pari al costo di acquisizione dell’area ai sensi e per gli effetti della legge n. 865/71 e lire 52.959.500 quale quota parte delle opere di urbanizzazione; d) la pattuizione secondo cui "Il corrispettivo, relativo al costo di acquisizione delle aree, che sarà utilizzato dalla Cooperativa per l’acquisizione, in nome e per conto del Comune, delle stesse, deve ritenersi, a tutti gli effetti, determinato, a titolo indicativo, in quanto esso sarà pari alla somma effettivamente occorsa per l’esproprio stesso".
Tale ultima previsione, contenuta nell’art. 3 della convenzione, è stata richiamata dall’Amministrazione a sostegno della domanda di emissione di decreto ingiuntivo, in quanto in essa si è intravisto il titolo negoziale per la sostanziale rivalsa nei confronti della cooperativa opponente delle somme pagate ai proprietari delle aree espropriande in virtù della sentenza della Corte di Appello di Messina n. 205/2000 del 10.04.2000, con cui è stata affermata la responsabilità del solo Comune di Siracusa per l’occupazione acquisitiva ai danni dei proprietari stessi. Ed invero, le aree oggetto di convenzione, pur occupate d’urgenza dalla cooperativa in attuazione di ordinanza sindacale n. 76252 del 3.10.1981, non furono espropriate nei termini, così configurandosi l’acquisto a titolo originario a favore dell’Amministrazione espropriante in virtù della irreversibile trasformazione delle aree stesse compiuta dalla cooperativa occupante per la realizzazione di tre palazzine di edilizia economica e popolare.
Risulta peraltro indiscusso che l’Amministrazione concedente, in ossequio alla pronuncia sopra menzionata, abbia pagato al procuratore generale dei proprietari delle aree l’importo complessivo di euro 509.086,94, per il quale ha successivamente chiesto pronunciarsi ingiunzione di pagamento nei confronti della cooperativa opponente.
3. Così tracciati i termini della odierna controversia, può passarsi all’esame delle argomentazioni che depongono per la sussistenza della giurisdizione esclusiva dei giudice amministrativo.
Secondo un primo indirizzo ermeneutico, le controversie relative al pagamento del corrispettivo della concessione del diritto di superficie su di aree di proprietà comunale inserite all’interno di piani di edilizia economica e popolare sarebbero assorbite dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 16 della legge 8 gennaio 1977, n. 10. E ciò argomentando dalla assimilabilità del predetto corrispettivo al contributo concessorio dovuto dal titolare di una concessione edilizia.
L’orientamento è stato correttamente stigmatizzato dalla giurisprudenza amministrativa, evidenziando l’ontologica diversità tra il corrispettivo pattuito per la concessione del diritto di superficie e la prestazione patrimoniale imposta, commisurata al costo delle opere di urbanizzazione, nella quale si traduce il contributo dovuto dal titolare di concessione edilizia (cfr. C.d.S., sez. IV, 11 ottobre 2001, n. 5359).
In base ad un ulteriore indirizzo, seguito anche dalle Sezioni Unite (cfr. Cass. S.U. 10 maggio 2001, n. 190), qualsiasi controversia tra comune concedente il diritto di superficie e cooperativa concessionaria concernente pretese economiche reciproche, anche di tipo risarcitorio, fondate sulla convenzione stipulata ai sensi dell’art. 35 della legge n. 865/71, rientrerebbe nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 5, 1° comma, della legge n. 1034/71, riguardando rapporti di concessione di beni pubblici (cfr. T.A.R. Veneto 31 ottobre 2000, n. 1964).
Tale orientamento non può trovare applicazione nel caso di specie, in quanto la pretesa di pagamento dell’Amministrazione, pur fondata su di una clausola della convenzione per la concessione del diritto di superficie, rientrerebbe nella previsione dell’art. 5, 2° comma, della legge n. 1034/71, a tenore del quale resta comunque salva la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi (cfr. T.A.R. Basilicata 25 settembre 2000, n. 564; T.A.R. Lombardia 16 febbraio 1998, n. 354). Si è invero già evidenziato che la rivalsa nei confronti della cooperativa ricorrente, secondo la prospettazione dell’Amministrazione, troverebbe titolo proprio nella clausola della convenzione che aggancia il corrispettivo per la concessione del diritto di superficie alle somme effettivamente erogate per l’acquisizione delle aree interessate dalla procedura espropriativa finalizzata alla realizzazione degli alloggi di edilizia economica e popolare.
4. E’ convincimento del Collegio che la controversia debba rientrare nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 34 del D. lgv. n. 80/98.
Come è noto, con l’art. 34 del D. lgv. n. 80/98, riformulato per effetto dell’art. 7 della legge n. 205/2000, il legislatore ha inteso devolvere alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie "aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparate in materia urbanistica ed edilizia", aggiungendo al secondo comma che "la materia urbanistica concerne tutti gli aspetti dell’uso del territorio".
La formulazione della norma colpisce per l’ampiezza della nozione di urbanistica recepita, nonché per l’onnicomprensività delle controversie deferite al giudice amministrativo esclusivo, concernenti sia atti negoziali (accordi o contratti), sia provvedimenti, sia comportamenti materiali.
Nel confronto con la previsione dell’art. 33 del medesimo decreto, concernente la giurisdizione esclusiva in materia di servizi pubblici, si evidenzia la scelta legislativa, da un lato, di fornire una definizione normativa di urbanistica, dall’altro di omettere una elencazione esemplificativa di controversie rientranti nella cognizione esclusiva del giudice amministrativo. Ciò con l’obiettivo di imprimere la massima latitudine alla nuova previsione sulla giurisdizione, impedendo percorsi ermeneutici diretti a ridurre l’estensione della materia in contrasto con gli intenti di concentrazione e semplificazione avuti di mira dal legislatore. Ne consegue che l’ampiezza della materia "urbanistica" è tale da ricomprendere non soltanto gli aspetti normativi della disciplina dell’uso del territorio, e cioè relativi all’esercizio delle potestà di pianificazione territoriale, bensì tutti gli aspetti ulteriori dell’uso del territorio, ivi compreso quello gestionale, concernente l’attuazione concreta della pianificazione mediante la realizzazione delle scelte urbanistiche (Cass. S.U. 14 luglio 2000, n. 494).
Facendo applicazione dei principi che precedono alla controversia sottoposta al vaglio del Collegio, ne discende che la scelta del Comune opposto di concedere un diritto di superficie su aree sottoposte a procedura espropriativa per la realizzazione di alloggi di edilizia economica e popolare configura concreta manifestazione di uso del territorio, tenuto anche conto dell’avvenuto inserimento di dette aree all’interno del piano di zona ex lege n. 167/62. In altri termini, per il tramite dello strumento convenzionale costituente autoregolamento dei diritti ed obblighi contrapposti, l’Amministrazione concedente conferma la propria scelta di destinare le aree espropriande alla realizzazione di alloggi di edilizia economica e popolare e di perseguire per tale strada l’interesse pubblicistico connesso a detta realizzazione. La convenzione non muta la natura dei poteri di chiara matrice pubblicistica esercitati dall’Amministrazione in materia di uso e gestione del territorio, ma facilita il perseguimento degli interessi sottesi alle scelte di destinazione delle aree allocando su base pattizia diritti ed obblighi dell’Ente concedente e della cooperativa concessionaria del diritto di superficie.
Le considerazioni che precedono spiegano gli arresti giurisprudenziali che hanno ricondotto alla giurisdizione esclusiva in materia urbanistica le controversie inerenti il pagamento del corrispettivo del diritto di superficie su aree inserite all’interno di un P.E.E.P., anche ove per espressa previsione pattizia tale corrispettivo fosse pari all’importo effettivamente sostenuto dal comune per l’acquisizione delle aree (v. C.d.S., sez. IV, 11 ottobre 2001, n. 5359).
Tali arresti confermano la correttezza dell’opzione ermeneutica seguita dal Collegio, giacché una volta recepita un’ampia e sostanzialmente onnicomprensiva nozione di urbanistica, non è consentito al giudice amministrativo, nella fase pregiudiziale di accertamento della giurisdizione, selezionare la natura della posizione giuridica soggettiva vantata dal ricorrente, così da distinguere diritti ed interessi, in quanto la scelta legislativa della giurisdizione esclusiva è assorbente, disinnescando il tradizionale criterio di riparto fondato sul petitum sostanziale. Ne consegue che, ricondotta positivamente la controversia all’interno di una data materia di giurisdizione esclusiva e riconosciuta la giurisdizione del giudice amministrativo, può trovare spazio la distinzione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi, ma soltanto al fine di disegnare i poteri del giudice adìto, non certo per smentire la preliminare scelta sulla giurisdizione (cfr. C.d.S. Ad. Plen. 26 marzo 2003, n. 4).
Nel caso di specie, la natura di diritto soggettivo della posizione azionata dall’Amministrazione nei confronti della cooperativa concessionaria non rinnega, pertanto, la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, giacché l’individuazione della giurisdizione prescinde dalla natura di diritto o interesse della posizione soggettiva azionata, ma dipende dall’alternativo criterio fondato sull’attribuzione al giudice degli interessi di determinati blocchi di materie.
In sintesi, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia urbanistica, tenuto conto della ampiezza della nozione scolpita nell’art. 34 cpv. D. lgv. n. 80/98 e delle rationes sottese alla scelta legislativa di giurisdizione, comprende anche tutte le controversie di natura patrimoniale in essere tra Amministrazione concedente e privato concessionario del diritto di superficie su aree espropriande destinate alla realizzazione di alloggi di edilizia economica e popolare, a nulla rilevando in senso contrario che dette controversie si fondino su specifiche clausole della convenzione aventi natura negoziale, allorquando lo strumento convenzionale, per le superiori considerazioni, è servente rispetto a scelte ed obiettivi pubblicistici di uso e gestione del territorio.
5. Né a diversa conclusione conduce il richiamo della ricorrente - opponente all’art. 34, 3° comma, D. lgv. n. 80/98, secondo cui nulla è innovato in ordine alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa.
La disposizione, riprodotta nell’art. 53, 3° comma, del Testo Unico in materia espropriativa approvato con D. lgv. 8 giugno 2001, n. 325, ma non ancora entrato in vigore, ha chiara natura derogatoria e limitativa di quella precedente sulla attribuzione della giurisdizione esclusiva, talché si pone come norma di stretta interpretazione. Essa si riferisce alle sole controversie riguardanti "la determinazione e la corresponsione delle indennità conseguenti all’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa", tra le quali rientra l’opposizione alla stima davanti alla corte di appello nel cui distretto si trova il bene espropriato.
La norma risulta inapplicabile al caso di specie, ove non viene in rilievo una controversia tra espropriante (sia esso un ente pubblico o un soggetto privato) ed espropriato, avente ad oggetto la determinazione dell’indennità di esproprio, bensì il pagamento del corrispettivo convenzionalmente pattuito tra ente pubblico concedente il diritto di superficie e privato concessionario.
6. L’esame della eccezione di difetto di giurisdizione non può essere esaurito senza un accenno all’ulteriore profilo, innescato dalla superiore scelta della giurisdizione esclusiva operata dal Collegio, concernente la compatibilità costituzionale di un modello processuale amministrativo in cui una pubblica amministrazione si ponga sostanzialmente come attrice ed un soggetto privato quale convenuto.
Il dubbio di costituzionalità sorge in quanto l’art. 103, 1° comma, della Costituzione, nel legittimare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, precisa che il Consiglio di Stato e gli altri Organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione "per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione", in particolari materie stabilite dalla legge, anche dei diritti soggettivi. La norma, nel suo tenore letterale, sembra mantenere anche per le materie di giurisdizione esclusiva, nelle quali può difettare l’esercizio di poteri autoritativi, un modello processuale che attribuisca al soggetto privato il governo dell’azione, relegando l’amministrazione al ruolo di convenuto - resistente.
Nel caso sottoposto al presente vaglio giudiziale ricorrerebbe un modello esattamente inverso a quello descritto dal Costituente, giacché – tenuto conto della inversione delle parti sostanziali tipica del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in cui l’opposto ha il ruolo di attore e l’opponente di convenuto (cfr. ex multis Cass. 29 novembre 2002, n. 16957; Id. 13 giugno 2002, n. 8502) – è l’Amministrazione ad avere azionato una pretesa negoziale nei confronti del privato concessionario, relegato al ruolo di parte resistente. La domanda di tutela, in altri termini, non è nei confronti di una pubblica amministrazione, ma proviene da una pubblica amministrazione che agisce davanti ad organi di giustizia amministrativa per il soddisfacimento di una pretesa negoziale avente contenuto patrimoniale nei confronti di un soggetto privato.
In simili fattispecie la giurisprudenza amministrativa ha talvolta rifiutato di prendere cognizione della controversia, dichiarando il difetto di giurisdizione (cfr. T.A.R. Marche 7 maggio 2003, n. 315, relativa ad azione possessoria proposta da un comune nei confronti di soggetti privati per ottenere la reintegrazione nel possesso di una servitù di passaggio pedonale pubblica).
Ritiene il Collegio che tale ultimo indirizzo non sia condivisibile, ponendosi esso in palese contrasto con principi costituzionali di rango primario, come quelli cristallizzati negli artt. 3 e 24 Cost.
Ed invero, la norma costituzionale scolpita nell’art. 103, nel tracciare i confini della giurisdizione degli organi di giustizia amministrativa, richiama, al contempo, il criterio generale di riparto fondato sulla natura della posizione giuridica soggettiva, riconoscendo al giudice amministrativo la cognizione sugli interessi legittimi, e quello diverso fondato sui c.d. blocchi di materie, la cui caratteristica è di permettere l’attribuzione della giurisdizione a prescindere dalla natura della posizione soggettiva azionata. Proprio ove il legislatore abbia optato per simile attribuzione, la cognizione del giudice amministrativo non è limitata agli interessi legittimi, ma si estende ai diritti soggettivi.
Già dal tenore letterale della disposizione si evince che il riferimento ad una tutela "nei confronti della pubblica amministrazione" riguarda nelle intenzioni del legislatore costituente i soli giudizi fondati sul primo, generale, criterio di riparto, relativi a situazioni in cui un’amministrazione esercita poteri autoritativi a fronte dei quali un soggetto pubblico o privato agisce per la tutela di una posizione soggettiva di interesse legittimo. Tale modello di giudizio si connota per la struttura impugnatoria, per la natura del petitum riguardante l’annullamento del provvedimento impugnato e per il peculiare ruolo processuale dell’amministrazione resistente, la quale collabora con gli organi giurisdizionali per l’acquisizione di ogni informazione e supporto documentale utili ai fini dell’accertamento della fondatezza dei vizi dedotti dal ricorrente.
Tale modello non è una costante nel caso in cui il legislatore ordinario abbia attribuito al giudice amministrativo la giurisdizione su di una particolare materia, così come previsto dall’art. 103, 1° comma, ult. parte, Cost.
Quivi, in ossequio ad esigenze concentrazioniste e di semplificazione nella scelta della giurisdizione, pur potendo difettare l’esercizio di poteri autoritativi a fronte dei quali si pongano posizioni di interesse legittimo, l’attribuzione della cognizione di determinate controversie al giudice amministrativo può prescindere dall’impugnazione di un provvedimento (come si è detto, non sempre ricorrente) ed il relativo giudizio, allorquando verta su diritti soggettivi, si modella su quello ordinariamente svoltosi davanti al giudice ordinario. E’sufficiente all’uopo richiamare la regola del rispetto del termine di prescrizione e non di decadenza, i principi sull’onere della prova, i maggiori poteri istruttori del giudice adìto, l’ampio spettro delle pronunce invocabili dalle parti.
La chiara linea di demarcazione sopra tracciata tra la giurisdizione amministrativa sugli interessi e quella sui diritti non permette di assimilare dette giurisdizioni in nome dell’elemento unificante coincidente con la imprescindibile qualità soggettiva del ricorrente, così da ritenere limitata l’ampiezza di ogni giurisdizione sui diritti alle ipotesi di azioni proposte da privati nei confronti di soggetti pubblici, con riespansione della derogata giurisdizione ordinaria ogni qualvolta l’iniziativa giudiziaria venga intrapresa da questi ultimi.
Il risultato cui si perviene è di attribuire la medesima controversia a due giudici diversi in virtù dell’elemento, assolutamente neutro ai fini della scelta della giurisdizione, della qualità soggettiva dell’attore. E ciò in violazione dei principi scolpiti negli artt. 3 e 24 della Carta costituzionale.
E senza ulteriormente indugiare sulla contraddittorietà del predetto risultato ermeneutico, laddove rinnega le stesse rationes di concentrazione e semplificazione all’origine della delimitazione di un’area di giurisdizione esclusiva, favorendo la moltiplicazione delle controversie ed impedendo all’amministrazione che agisca su di un piano paritetico con il privato di esercitare quelle facoltà di estensione del thema decidendum, quali la proposizione di domande riconvenzionali, affatto speculari agli obiettivi sopra indicati.
La conclusione trova conferme immediate proprio nei casi, come quello sottoposto al presente vaglio giudiziale, in cui la pretesa azionata dall’amministrazione trovi fondamento in una clausola convenzionale, ovvero in una disposizione accettata da entrambe le parti quale autoregolamento dei contrapposti interessi. La scelta dello strumento convenzionale esclude in radice qualsiasi possibilità di ragionevole distinzione della giurisdizione a seconda della qualifica soggettiva del contraente che prenda l’iniziativa giudiziale. In tal senso inequivoci indici emergono dall’art. 11, 5° comma, della legge fondamentale sul procedimento amministrativo, che attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, senza distinzioni di sorta fondate sulle qualità soggettive di attore e convenuto, tutte le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi tra pubbliche amministrazioni e privati finalizzati a determinare il contenuto di un provvedimento amministrativo ovvero sostitutivi di quest’ultimo.
Ugualmente univoca è la disposizione dell’art. 53, 1° comma, del Testo Unico in materia di espropriazione che, nell’attribuire alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli "accordi" delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti a queste equiparate (da intendersi quale species del più ampio genus degli "atti" di cui all’art. 34 D. lgv. n. 80/98), non distingue l’ipotesi del soggetto pubblico convenuto da quella del soggetto pubblico attore.
Nello stesso senso peraltro depone la previsione dell’art. 8, 1° comma, della legge n. 205/2000, ove stabilisce l’applicazione nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo degli artt. 633 e segg. c.p.c., alla sola condizione si verta in materia di diritti soggettivi di natura patrimoniale ed a prescindere dalla qualità soggettiva del creditore ricorrente.
Anche il tenore letterale dell’art. 34 D. lgv. n. 80/98 avalla la soluzione prescelta, se solo si ponga attenzione a precedenti norme attributive della giurisdizione esclusiva. Davanti all’art. 29, 1° comma, n. 1) del R.D. 26 giugno 1924 n. 1054, secondo cui sono devoluti alla giurisdizione del giudice amministrativo "i ricorsi relativi al rapporto di impiego prodotti dagli impiegati dello Stato, degli enti o istituti pubblici sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dell’amministrazione centrale dello Stato" è invero apparso arduo radicare la giurisdizione in presenza di un’iniziativa giudiziaria della pubblica amministrazione datrice di lavoro, la quale, ad esempio, intendesse ripetere somme indebitamente percepite dal pubblico dipendente. Tale difficoltà discendeva dalla chiara previsione normativa, la quale riconduceva la scelta della giurisdizione ad un atto di iniziativa del solo dipendente pubblico.
A conclusioni esattamente inverse induce l’art. 34, giacché la scelta della giurisdizione quivi si fonda su di un criterio eminentemente obiettivo, ovvero l’inerenza della controversia ad atti, provvedimenti, comportamenti della pubblica amministrazione o di soggetti ad essa equiparati in materia urbanistica ed edilizia, a prescindere dalla qualità soggettiva, pubblica o privata, di chi assuma l’iniziativa giurisdizionale. La diversa formulazione letterale della norma è fin troppo eclatante, perché la si possa ritenere priva di significato precettivo.
Conclusivamente sul punto, le considerazioni che precedono impongono una lettura della norma costituzionale che, con riferimento alle materie deferite alla giurisdizione esclusiva, non ostacoli giudizi davanti ad organi di giustizia amministrativa in cui pubbliche amministrazioni assumano il ruolo processuale di attore – ricorrente e soggetti privati quello di convenuti – resistenti. Ne consegue la piena compatibilità con i superiori principi di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 34 D. lgv. n. 80/98, nel quale parte opponente (convenuto in senso sostanziale) sia un privato e parte opposta (attore in senso sostanziale) un ente pubblico.
7. Riconosciuta la giurisdizione del giudice amministrativo, può passarsi all’esame del merito dell’opposizione.
La cooperativa ricorrente ha contestato la pretesa dell’Amministrazione, evidenziando che il corrispettivo della concessione del diritto di superficie era stato fissato nell’art. 3 della convenzione del 29.09.1981 in complessive lire 59.101.900, e che la clausola secondo cui detto corrispettivo avrebbe dovuto essere pari all’importo effettivo sborsato per l’espropriazione delle aree non potrebbe riguardare somme pagate dall’Amministrazione a titolo risarcitorio, per l’occupazione appropriativa o acquisitiva delle aree stesse.
L’opposizione è infondata.
Dalla previsione pattizia contenuta nell’art. 3 della convenzione del 29.09.1981 si evince che le parti hanno dapprima fissato il corrispettivo per la concessione del diritto di superficie nell’importo complessivo di lire 59.101.900, di cui lire 6.142.400 quale costo di acquisizione delle aree, mentre hanno sùbito dopo precisato che la quota parte di corrispettivo riferito al costo di acquisizione delle aree è stato stabilito "a titolo indicativo", in quanto "esso sarà pari alla somma effettivamente occorsa per l’esproprio stesso".
Ne discende che l’intenzione delle parti, come emerge dalla chiara disposizione convenzionale, è stata nel senso di agganciare il corrispettivo della concessione del diritto di superficie, ovvero la quota parte dipendente dal costo delle espropriazioni, al costo effettivamente affrontato dall’ente pubblico e dal concessionario delegato per l’acquisizione delle aree espropriande. E ciò in linea con chiari indici normativi emergenti dall’art. 35 della legge n. 865/71, il cui dodicesimo comma, richiamato dal precedente ottavo comma, lett. a), stabilisce che i corrispettivi della concessione del diritto di superficie devono assicurare la copertura delle spese sostenute dal comune per l’acquisizione delle aree comprese in ciascun piano approvato a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167.
Né a disinnescare la clausola convenzionale è utile osservare, come dedotto dall’opponente, che le somme pagate dall’Amministrazione opposta in virtù di giudicato del giudice ordinario troverebbero titolo nel fatto illecito dell’occupazione appropriativa e non in un legittimo provvedimento di espropriazione.
La comune intenzione delle parti nel pattuire la clausola predetta, al di là del riferimento letterale al costo delle procedure espropriative, coerentemente con le indicazioni provenienti dall’art. 35 della legge n. 865/71, è nel senso di una determinazione per relationem del corrispettivo del diritto di superficie, agganciato al costo reale affrontato dall’Amministrazione per l’acquisizione delle aree sulle quali il diritto insisteva. E ciò a prescindere dal titolo di acquisto, derivativo per espropriazione od originario per occupazione appropriativa, delle aree stesse.
Né meritevole di pregio appare l’ulteriore osservazione della opponente che richiama il giudicato della Corte di appello di Messina a sostegno dell’esclusione di ogni responsabilità patrimoniale nei confronti dell’Amministrazione. La sentenza invocata ha invero escluso la corresponsabilità della cooperativa concessionaria per l’occupazione appropriativa nei confronti dei proprietari della aree occupate ed irreversibilmente trasformate, ma non ha affrontato la distinta questione della rivalsa dell’Amministrazione nei riguardi della concessionaria, sulla quale è stato chiamato a pronunciarsi il Collegio.
In sintesi, l’opposizione si appalesa infondata, dovendosi riconoscere il diritto del Comune di Siracusa, che ha documentato di avere pagato per l’acquisizione delle aree oggetto della cessione del diritto di superficie l’importo complessivo di euro 509.086,94, di rivalersi nei confronti della cooperativa opponente. Ne consegue la conferma integrale del decreto ingiuntivo opposto.
8. La natura delle questioni affrontate costituisce giusto motivo di compensazione integrale di spese, diritti ed onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - Sezione staccata di Catania - Sez. I. – respinge l’opposizione proposta con il ricorso in epigrafe e conferma integralmente il decreto ingiuntivo opposto.
Compensa integralmente spese, diritti ed onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Catania, nella camera di consiglio del 13 maggio 2003.
L’Estensore Il Presidente
Il Segretario
Depositata nella Segreteria del T.A.R.- Sez. di Catania in data 10 GIUGNO 2003.