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n. 1-2003 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. I - Parere 11 dicembre 2002 n. 4269 - Oggetto: Ministero dell'Interno. Dipartimento per gli affari interni territoriali. Quesito concernente gli artt. 38 e 141 del d.lgs. n. 267/200. Modalità di presentazione delle dimissioni dei consiglieri comunali.

1. Comune e Provincia - Consiglio comunale - Scioglimento - Per dimissioni di oltre la metà dei consiglieri comunali - Ex art. 141 del T.U. ee.ll. - Dimissioni - Vanno di regola presentate personalmente dagli interessati - Dimissioni presentate mediante una terza persona - Ammissibilità - Condizioni.

2. Comune e Provincia - Consiglio comunale - Scioglimento - Per dimissioni di oltre la metà dei consiglieri comunali - Ex art. 141 del T.U. ee.ll. - Dimissioni - Modalità di presentazione - Individuazione - Presentazione personale (anche mediante una istanza firmata da altri consiglieri) o presentazione per interposta persona - Necessità in quest'ultima ipotesi che le dimissioni siano autenticate ed in esse siano precisate le generalità del soggetto incaricato di presentarle - Sussiste.

1. Ai fini dello scioglimento del consiglio per dimissioni di oltre la metà dei consiglieri, ai sensi dell'art. 141 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, anche se va affermata la necessità, in linea di massima, che le dimissioni dalla carica di consigliere comunale o provinciale vengano presentate mediante la materiale e personale consegna al protocollo - da parte dell'interessato - del documento contenente l'atto delle dimissioni stesse, non può tuttavia ragionevolmente negarsi che il consigliere impedito possa comunque esercitare la facoltà di dimettere la carica (e così concorrere, in presenza degli ulteriori presupposti di legge, a determinare anche l'eventuale scioglimento del Consiglio) avvalendosi di un soggetto incaricato della presentazione, purchè, in tale ipotesi, la volontà di dimettersi si manifesti comunque con un'adeguata e sufficiente garanzia della certezza e veridicità delle dimissioni, pur in mancanza della loro materiale presentazione.

2. Ai fini dello scioglimento del consiglio comunale per dimissioni di oltre la metà dei consiglieri, ai sensi dell'art. 141 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, deve ritenersi che il consigliere dimissionario possa, alternativamente, o presentare personalmente al protocollo le proprie dimissioni, se del caso congiuntamente ai cofirmatari o contemporaneamente ad altri presentatori di analoghi atti distinti, ovvero presentarle - eventualmente con le medesime modalità prescritte ai fini di legge - anche per interposta persona, poiché in tal caso le dimissioni siano state previamente autenticate ed in data certa e con l'indicazione (contestuale o, a sua volta, separatamente autenticata) delle generalità del soggetto incaricato di presentarle (1).

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(1) Con il parere in rassegna il Consiglio di Stato precisa meglio le modalità di presentazione delle dimissioni dei consiglieri comunali e provinciali, ai fini dell'applicazione dell'art. 141 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, il quale prevede che nel caso di presentazione contestuale delle dimissioni da parte di oltre la metà dei consiglieri, si determina lo scioglimento dell'organo collegiale.

Con un primo parere (10 ottobre 2002, n. 3049, in questa Rivista n. 11-2002) la Sez. I del Consiglio di Stato aveva avuto modo di affermare tra l'altro che "in base ad una rigorosa interpretazione delle formule usate dal legislatore (v. l'articolo 141, comma 1, n. 3 del decreto legislativo n. 267/00, là dove la norma riferisce direttamente l'atto della presentazione delle dimissioni ai "membri" dell'organo assembleare - con una espressione la cui portata può essere estesa alla disciplina generale delle dimissioni di cui al comma 8 dell'articolo 38), deve ritenersi che la materiale e personale consegna al protocollo del documento contenente le dimissioni da parte dell'interessato, con la connessa identificazione da parte del personale addetto, sia l'unica modalità ammissibile per dare giuridica rilevanza alla volontà di dismettere il mandato, dovendosi viceversa ritenere improcedibili e comunque prive di efficacia le dimissioni eventualmente presentate per interposta persona o inoltrate per posta o con altri mezzi".

Secondo questo primo orientamento, quindi, "la materiale e personale consegna al protocollo del documento contenente le dimissioni da parte dell'interessato" costituirebbe "l'unica modalità ammissibile per dare giuridica rilevanza alla volontà di dismettere il mandato, dovendosi viceversa ritenere improcedibili e comunque prive di efficacia le dimissioni eventualmente presentate per interposta persona o inoltrate per posta o con altri mezzi".

Senonchè questo orientamento è apparso oltremodo rigoroso, non consentendo al consigliere che fosse personalmente impedito (per motivi di salute o per altre ragioni di carattere personale) e comunque non in grado di presentarsi personalmente al protocollo, di poter presentare le dimissioni tramite un soggetto incaricato.

Reinvestita della questione la Sez. I ha dovuto ammettere che "non può ... ragionevolmente ritenersi che il consigliere impedito non possa comunque esercitare la facoltà di dimettere la carica (e così concorrere, in presenza degli ulteriori presupposti di legge, a determinare anche l'eventuale scioglimento del Consiglio)".

Ha osservato la Sez. I del Consiglio di Stato che "la facoltà di dimettersi dalla carica è a sua volta, infatti, il riflesso di un diritto politico costituzionalmente garantito (come si evince dall'art. 51 della Costituzione), sicchè l'interpretazione della vigente normativa di settore non può certamente prescindere dalla considerazione della effettiva volontà degli interessati al riguardo, ove questa - anche in ragione della sua definitività e delle sue conseguenze - si manifesti comunque con un'adeguata e sufficiente garanzia della certezza e veridicità delle dimissioni pur in mancanza della materiale presentazione delle medesime da parte dei predetti".

E' stato quindi ritenuto che sia ammissibile anche la presentazione delle dimissioni non di persona ma tramite un soggetto incaricato, "purchè la volontà di dimettersi si manifesti comunque con un'adeguata e sufficiente garanzia della certezza e veridicità delle dimissioni pur in mancanza della materiale presentazione delle dimissioni".

A tal fine è richiesto tuttavia - secondo la soluzione accolta dalla Sez. I con il parere in rassegna - che le dimissioni debbano essere "previamente autenticate ed in data certa e con l'indicazione (contestuale o a sua volta separatamente autenticata) delle generalità" del soggetto incaricate di presentarle.

In senso analogo si è orientato recentemente anche il T.A.R. Campania-Napoli, Sez. I, con sentenza 17 gennaio 2003 n. 268, pubblicata in questo numero della Rivista, con una nota di commento dell'Avv. A VITALE, alla quale si fa rinvio per ulteriori approfondimenti.

 

 

Vista la relazione prot. n. 15900/T.U./00/141.38 Div. U.R.A.E.J. del 19.XI.2002 (trasmessa con nota di uguale protocolla in data 19.XI.2002 da parte della Dir. centrale per le autonomie - Ufficio rapporti con gli amministratori degli enti locali) con la quale il Ministero dell'Interno - Dipartimento per gli affari interni e territoriali - chiede il parere del Consiglio di Stato in ordine al quesito indicato in oggetto;

ESAMINATI gli atti e udito il relatore-estensore consigliere Giuseppe Fabbri;

PREMESSO:

Riferisce l'amministrazione che con parere n. 3049/02 del 10 ottobre 2002, il Consiglio di Stato si è espresso in ordine alla possibilità di considerare la materiale e personale consegna - da parte dell'interessato - del documento contenente l'atto delle dimissioni dalla carica di Consigliere comunale o provinciale come l'unica modalità ammissibile per dare giuridica rilevanza alla volontà di dimettere il mandato, e, quindi, di provocare, in presenza dei presupposti normativamente richiesti (contestualità o contemporaneità della presentazione delle dimissioni da parte della metà più uno dei membri del collegio), lo scioglimento del consiglio.

L'intervento di chiarificazione si è reso necessario in relazione a registrati episodi in cui i sottoscrittori delle dimissioni ne hanno denunciato la parziale falsificazione, ovvero ne hanno disconosciuto la paternità o la corrispondenza ad effettiva volontà (deducendo, tra l'altro, la circostanza della risalenza della sottoscrizione al momento della candidatura e, quindi, ad un tempo in cui, non sussistendo ancora la titolarità della carica, la stessa non era disponibile).

La richiesta di parere è stata, in particolare, focalizzata sulla possibilità di fondare la linea applicativa ipotizzata (basata sulla materiale e personale consegna del documento da parte del dimissionario) attraverso una mera interpretazione delle relative disposizioni del decreto legislativo n. 267 del 2000, ovvero attraverso un apposito intervento legislativo in tal senso orientato.

Il parere espresso dal Consiglio di Stato recepisce la prima delle prospettazioni formulate dal Ministero stesso. Tuttavia, in considerazione della estrema delicatezza della questione, dei suoi risvolti di particolare rilievo istituzionali e delle possibili implicazioni che, in sede applicativa, possono determinarsi nella varietà di situazioni già registrate nella pur breve vigenza della norma, la richiedente amministrazione ritiene necessario farsi carico preventivamente di tutti i diversi profili problematici della soluzione prescelta.

Al riguardo occorre, innanzitutto, considerare le implicazioni che sul piano pratico conseguono alla introduzione del vincolo al contestuale afflusso nell'ufficio del protocollo di una pluralità di consiglieri (fino ad un massimo di 31 nei maggiori comuni), per ciascuno dei quali potrebbero determinarsi impedimenti per impegni personali anche imprevedibili (si pensi a quelli connessi alle condizioni di salute o ad esigenze di lavoro o ad impegni di famiglia). Ne potrebbe derivare di fatto un effetto di minore agibilità dello strumento che il legislatore, viceversa, ha preordinato per offrire la rapida soluzione alle crisi politiche negli enti locali.

Su un piano di mera opportunità, non può non rilevarsi come la contestuale affluenza presso l'ufficio di protocollo di consiglieri appartenenti a schieramenti politici diversi, o, comunque, protagonisti diretti della crisi politica, potrebbe indurre a contrapposti rifiuti. E, d'altra parte, il fatto che la norma (art. 141 D.lgs. 267/2000) prevede, accanto alla ipotesi della con testualità delle dimissioni, quella della separatezza dei relativi atti, pur nel vincolo della contemporanea presentazione, appare rivelatore della sensibilità del legislatore verso le sottese esigenze.

Sotto altro aspetto, non può non formare oggetto di una ulteriore riflessione la legittimità del diniego di dar corso alla procedura di scioglimento, pur in presenza di atti formali di dimissioni inoltrati per interposta persona, considerato che la norma non dispone esplicitamente la particolare garanzia della presentazione personale, ma la stessa viene ricavata sulla base di un procedimento deduttivo che forse non appare preclusivo di diverse soluzioni integrative.

In proposito potrebbe essere dedotta, in senso contrario, la valenza, nel silenzio della norma, del principio della libertà delle forme, derogabile appunto soltanto attraverso espressa previsione di legge (cfr.: T.A.R. Na, Sez. I, n. 1603/1999). Ed è appena il caso di sottolineare come le procedure di scioglimento del consiglio generi interessi tutelabili in sede giurisdizionale sotto profili opposti: quello della tutela dello jus in officio, ma anche quello del conseguimento dell'obiettivo politico del rinnovo elettorale anticipato.

In ogni caso, resterebbe irrisolto il problema del trattamento da riservare alla fattispecie dell'impedimento fisico (o comunque meritevole di apprezzamento) del dimissionario, non potendosi ritenere che il consigliere impedito non possa comunque esercitare la facoltà di dimettere la carica elettiva e così concorrere a determinare lo scioglimento del consiglio. Il che porrebbe l'amministrazione nella incertezza di computare o meno le dimissioni presentate per interposta persona in caso di impedimento e, in pari tempo, nella necessità di verificare la sussistenza dell'impedimento dedotto ad esimente dell'obbligo della presentazione personale.

Sulle questioni come sopra evidenziate appare quindi, opportuno richiedere al Consiglio di Stato uno specifico approfondimento prima di procedere ad ogni nuova prospettazione ai prefetti e, per il loro tramite, agli enti locali, correlata al parere già reso dallo stesso Consiglio di Stato il 10 ottobre 2002.

In particolare si prospetterebbe come congrua la soluzione secondo la quale il consigliere dimissionario possa, alternativamente, o presentare personalmente al protocollo le dimissioni, congiuntamente ai cofirmatari o contemporaneamente ad altri presentatori di analoghi atti distinti, ovvero presentarle . con le medesime modalità - anche per interposta persona purchè previamente autenticate. La previa autenticazione della firma, infatti, conferendo certezza della paternità dell'atto ed alla data della sua adozione, darebbe piena risposta alle esigenze dianzi rappresentate e, certamente consentirebbe la determinazione dello scioglimento anche nel caso di impedimento di uno o più dimissionari alla presentazione personale dell'atto al protocollo.

Ciò detto, poiché la soluzione prospettata non può essere supportata dal richiamo di una specifica norma (il d.P.R. n. 445/2000 non è applicabile alla fattispecie come ha ritenuto la giurisprudenza e, comunque, la disciplina della autenticazione della sottoscrizione dallo stesso recata (art. 21/2) fa testuale riferimento a presupposti diversi), occorre chiarire se essa possa essere fondata direttamente sul richiamo al principio di "garanzia della certezza e veridicità" delle dimissioni, ovvero presupponga un apposito intervento di copertura legislativa.

Viene quindi richiesto in materia il parere del Consiglio di Stato perché, muovendo dalle conclusioni del precedente parere n. 3049/02 del 10 ottobre 2002, esprima il proprio ulteriore avviso in ordine anche alle questioni sopra evidenziate.

Tenuto poi conto della esigenza che, nelle more del completamento della consultazione avviata, l'amministrazione possa proseguire nell'indirizzo applicativo sinora eseguito evitando l0'anticipazione di una diversa linea (che, per quanto detto, manifesterebbe profili problematici con possibile insorgere di contenzioso in sede giurisdizionale) si ritiene necessario che la pubblicazione del suddetto parere del 10 ottobre 2002, ai sensi dell'art. 15 della l. 21 luglio 2000, n. 205, venga disposta contestualmente alla pubblicazione di quello che verrà reso in base alla presente richiesta, in ragione della sostanziale unicità della questione trattata.

CONSIDERATO:

In ordine alle questioni prospettate dal Ministero dell'Interno relativamente all'oggetto, si osserva quanto segue.

Occorre, nel merito del quesito, prendere le mosse (come del resto ritenuto dalla stessa richiedente amministrazione) proprio dalle conclusioni del richiamato parere di questa Sezione (Sez. I, n. 3049/02 del 1 ottobre 2002).

In esso viene affermato che "le recenti disposizioni sulla documentazione amministrativa (di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000/445). non risultano applicabili . alla fattispecie in esame" (ossia alla presentazione delle dimissioni) per il fatto che esse non possono venire riferite ad atti di natura politica per i quali è richiesta la "consapevole e inequivocabile volontà da parte del singolo consigliere di assegnare il mandato politico conferitogli dagli elettori".

Alla stregua di quanto precede, ed in base a tale conclusione (che, ovviamente, costituisce il principio desumibile dalla vigente normativa di settore) va quindi riaffermata - anche in questa sede - la necessità che, in linea di massima, le dimissioni dalla carica di consigliere comunale o provinciale vengano presentate mediante la materiale e personale consegna al protocollo - da parte dell'interessato - del documento contenente l'atto delle dimissioni stesse, con la conseguenza di dover ritenere le dimissioni stesse, ove eventualmente presentate per interposta persona o inoltrate per posta o con altri mezzi, improcedibili e comunque prive di efficacia. Ciò anche (ed a maggior ragione) ai fini dello scioglimento del Consiglio in presenza dei presupposti a tal proposito normativamente richiesti (con testualità e contemporaneità della presentazione delle dimissioni da parte della metà più uno dei membri del collegio).

Tanto premesso, occorre tuttavia farsi carico dei riflessi problematici che una siffatta modalità applicativa del principio di cui sopra potrebbe comportare, ove questa fosse adottata in maniera rigida e tassativa.

Pur escludendosi, al riguardo, per le ragioni già evidenziate, una soluzione basata sul principio della libertà delle forme (non idonea, evidentemente, a garantire la esigenza legale della "certezza" e della "veridicità" dell'atto di dimissioni) non può tuttavia ragionevolmente ritenersi che - ad esempio - il consigliere impedito non possa comunque esercitare la facoltà di dimettere la carica (e così concorrere, in presenza degli ulteriori presupposti di legge, a determinare anche l'eventuale scioglimento del Consiglio).

Tale facoltà è a sua volta, infatti, il riflesso di un diritto politico costituzionalmente garantito (come si evince dall'art. 51 della Costituzione), sicchè l'interpretazione della vigente normativa di settore non può certamente prescindere dalla considerazione della effettiva volontà degli interessati al riguardo, ove questa - anche in ragione della sua definitività e delle sue conseguenze - si manifesti comunque con un'adeguata e sufficiente garanzia della certezza e veridicità delle dimissioni pur in mancanza della materiale presentazione delle medesime da parte dei predetti.

Ne consegue che - al fine di mantenere l'interpretazione della sopra richiamata vigente normativa di settore entro i limiti imposti dall'ineludibile e ribadito principi legislativo derivante dalla "garanzia della certezza e veridicità dell'atto di dimissioni" - deve peraltro ritenersi congrua ed ammissibile anche la soluzione secondo la quale il consigliere dimissionario può, alternativamente, o presentare personalmente al protocollo le proprie dimissioni, se del caso congiuntamente ai cofirmatari o contemporaneamente ad altri presentatori di analoghi atti distinti, ovvero presentarle - eventualmente con le medesime modalità prescritte ai fini di legge - anche per interposta persona, poiché in tal caso previamente autenticate ed in data certa e con l'indicazione (contestuale o - a sua volta separatamente autenticata) delle generalità di quest'ultima.

Solo in presenza di un tale adempimento può, infatti, ritenersi oggettivamente equipollente alla presentazione personale delle dimissioni stesse (richieste, lo si ribadisce, in linea di principio dalla legge) la modalità alternativa di cui sopra, risultando essa evidentemente l'unica coerente col dettato normativo ed in grado di garantire la più volte menzionata (nonché necessaria ed in ogni caso ineludibile) "certezza e veridicità" dell'atto di dimissioni in questione.

In ragione - infine . della sostanziale unicità della questione trattata nel precedente parere di questa Sezione n. 3049/2002 del 10 ottobre 2002, si deve intendere la pubblicazione del presente parere (come del resto richiesto dal Ministero dell'Interno) come contestuale a quello precedente (costituendone il presente un conseguente supplemento integrativo).

P.Q.M.

Nelle suesposte considerazioni è il parere.

Per estratto dal verbale

Ils segretario dell'Adunanza

Elvio Piccini

Il Presidente della Sezione F.F.

Giuseppe Faberi

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