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n. 3-2002 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 18 marzo 2002 n. 1565 - Pres. Quaranta, Est. Mastrandrea - Molinaroli (Avv.ti Cacciavillani e Manzi) e Bonifacio e c.ti (Avv.ti Sala e Di Mattia) c. Modesti (Avv. Cevolotto) Commissione elettorale circondariale di Verona (Avv.ra Stato) Comune di Lavagno (Avv.ti Sardos Albertini e Di Mattia) - (riforma T.A.R. Veneto, Sez. I, sentenze 29 ottobre 2001, n. 3292 e 16 gennaio 2002, n. 75).

1. Elezioni - Ricorso elettorale - Proposto mediante patrocinio di avvocato - Osservanza delle regole previste sul conferimento della rappresentanza al difensore - Necessità - Costituzione in appello mediante avvocato non patrocinante in Cassazione - Inammissibilità della costituzione.

2. Elezioni - Presentazione delle liste - Impugnativa - Va proposta entro il termine di decadenza decorrente dalla data di pubblicazione delle liste ammesse o, al più tardi, dalla data delle votazioni - Applicabilità del principio sia nel caso di ammissione che in quello di esclusione della lista, vuoi che il ricorso sia proposto dal candidato che dal cittadino elettore.

1. Nei giudizi elettorali, ai sensi dell'art. 3 legge 23 dicembre 1966 n. 1147, la parte può stare in giudizio di persona; tuttavia, ove la parte stessa si avvalga della difesa tecnica, trovano applicazione le comuni regole sul conferimento della rappresentanza al difensore (alla stregua del principio la Sez. V ha ritenuto inammissibile la costituzione in giudizio degli appellati, dato che questi ultimi stavano in giudizio non già personalmente, ma attraverso un avvocato, il quale tuttavia non era abilitato all'esercizio professionale dinanzi alle magistrature superiori) (1).

2. L'ammissione, così come l'esclusione, di una lista di candidati nelle elezioni amministrative è un atto immediatamente lesivo, in quanto tale da impugnarsi entro il termine decadenziale decorrente dall'avvenuta conoscenza dell'assentita partecipazione, o dell'esclusione, della lista stessa; conoscenza da ritenersi acquisita, stante il regime di pubblicità proprio del procedimento elettorale, a partire dalla data di pubblicazione delle liste ammesse o, al più tardi, dalla data delle votazioni. Il principio vale sia nel caso di ammissione che in quello di esclusione della lista, vuoi che il ricorso sia proposto dal candidato che dal cittadino elettore (2).

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(1) V. sul punto Cass., SS.UU., 10 febbraio 1992, n. 1466, in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 2, che, analogamente, ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso per cassazione che sia stato sottoscritto da un avvocato non iscritto nell'albo speciale dei patrocinanti davanti alla Corte suprema.

Con quest'ultima sentenza le Sez. Unite hanno in particolare ritenuto che «in tema di contenzioso elettorale amministrativo, l'art. 3 della L. 23 dicembre 1966, n. 1147, il quale consente alla parte di stare in giudizio di persona, non esclude che, ove la parte medesima si avvalga della difesa "tecnica", trovano applicazione le comuni regole sul conferimento della rappresentanza al difensore. Pertanto, anche nella suddetta materia, deve essere dichiarata l'inammissibilità del ricorso per cassazione, che sia stato sottoscritto da un avvocato non iscritto nell'albo speciale dei patrocinanti davanti alla suprema corte».

(2) Cfr. Cons. Stato, V, 3 novembre 2001, n. 5695, in questa Rivista, pag. http://www.giustamm.it/private/cds/cds5_2001-11-03.htm; v. anche Sez. V, 15 marzo 2001, n. 1521, ivi pag. http://www.giustamm.it/private/cds/cds5_2001-1521.htm e Sez. V, 21 ottobre 1998, n. 1528, in Foro amm. 1998,fasc. 10.

Ha ritenuto in particolare la Sez. V che non poteva essere condivisa la distinzione fatta in proposito dai giudici di primo grado tra provvedimenti di esclusione e di accettazione delle liste, nel senso che solo per il primo potrebbe al limite accettarsi la configurazione di un pregiudizio attuale e percepibile per i sottoscrittori ed i candidati, da una parte, e per i cittadini elettori, dall'altra, e quindi l'onere di impugnare con immediatezza l'atto effettivamente lesivo.

Infatti, l'interesse al corretto svolgimento della consultazione elettorale va tutelato, nella sua strumentalità, attraverso la tempestiva ed immediata impugnazione degli atti ritenuti lesivi. In particolare, l'immediata lesività dell'ammissione o dell'esclusione di una o più liste di candidati, e quindi la necessità di gravarsi entro il termine decadenziale decorrente dalla conoscenza dell'ammissione o meno delle liste stesse, da intendersi acquisita alla data di pubblicazione delle liste ammesse o, al più tardi, alla data delle votazioni, va tra l'altro ricondotta alla circostanza che la presenza o l'assenza di una lista può comunque influenzare la volontà degli elettori e pertanto alterare il risultato del voto.

Inoltre, mentre non è possibile distinguere tra i profili dell'ammissione e dell'esclusione della lista, analoga considerazione va fatta per ciò che concerne la distinzione tra cittadino candidato e cittadino meramente elettore, entrambi immediatamente lesi dalla decisione pregiudizievole adottata dall'Amministrazione, alla stregua della necessità di porre di fronte all'elettorato, con la massima sollecitudine e non dilatando i tempi di intervento dell'eventuale vaglio giurisdizionale di legittimità, il quadro complessivo delle opzioni nei confronti delle quali poter esercitare il diritto fondamentale di elettorato attivo.

 

FATTO

1. A seguito della consultazione elettorale comunale tenutasi il 13 maggio 2001 il sig. Molinaroli, in data 14 maggio 2001, veniva proclamato eletto alla carica di Sindaco di Lavagno (comune con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti).

Gli appellati, sigg.ri Modesti e Zerbato (il primo in qualità di cittadino elettore del Comune di Lavagno, il secondo in qualità di candidato a sindaco ed unico eletto per la terza lista concorrente "Progetto Lavagno", che ha ottenuto 785 voti a fronte dei 1616 voti della lista vincitrice, di cui si discorre, e dei 1598 voti della lista "Lavagno e noi", seconda classificata) impugnavano dinanzi al TAR Veneto, oltre all'atto di proclamazione degli eletti e comunque agli atti relativi all'intera procedura di consultazione amministrativa, la decisione della Commissione elettorale circondariale di Verona - III sottocommissione, n. 6/bis/01, adottata in data 14 aprile 2001, alle ore 20, e relativa all'ammissione della lista, con relativo contrassegno, "Tutti per Lavagno".

La lagnanza era incentrata sulla pretesa confondibilità del contrassegno utilizzato con quello che nelle elezioni nazionali, contestualmente svoltesi, contraddistingueva il raggruppamento politico della "Casa delle Libertà".

La lista denominata "Tutti per Lavagno" in verità aveva inizialmente presentato un contrassegno costituito - secondo il verbale della commissione - da "un cerchio blu su fondo bianco con la scritta TUTTI PER LAVAGNO con all'interno due ulteriori contrassegni indicanti: il primo la scritta CASA PER LA LIBERTA' - LAVAGNO con tricolore, il secondo la scritta LEGA NORD - LEGA VENETA PADANIA con leone alato, guerriero con spada e scudo raffigurante il SOLE DELLE ALPI".

La Commissione, con determinazione n. 6/2001 del 14 aprile 2001, ricusava il contrassegno della lista, dopo aver osservato che il simbolo interno "Casa per la Libertà - Lavagno con tricolore" era tale da poter essere facilmente confuso con quello del raggruppamento politico nazionale della "Casa delle Libertà", già "Polo delle Libertà".

Il giorno stesso, qualche ora dopo, la lista "Tutti per Lavagno" presentava però un nuovo contrassegno, la cui grafica era nel complesso immutata ma che conteneva il motto "Libero e forte Lavagno" in luogo di "Casa della Libertà Lavagno", e che veniva questa volta approvato - in pari data ma alle ore 20 - dalla Commissione elettorale con la richiamata decisione n. 6-bis/01.

In esito alle consultazioni del 13 maggio 2001, la lista in questione risultava vincitrice e il giorno successivo, come accennato, il sig. Molinaroli veniva proclamato eletto alla carica di Sindaco.

2. Il TAR Veneto, con la pronunzia interlocutoria n. 3292/01 del 29 ottobre 2001, impugnata dal Molinaroli con il primo dei gravami indicati in epigrafe, rilevato che il neo-eletto Sindaco non era stato evocato in giudizio di persona, bensì esclusivamente quale legale rappresentante del Comune, disponeva l'integrazione del contraddittorio nei suoi confronti come anche degli altri consiglieri eletti in tutte le liste a cui parimenti non era stato notificato il ricorso introduttivo.

3. In data 13 dicembre 2001 il TAR pronunziava dispositivo elettorale di definitivo accoglimento del gravame, impugnato anch'esso - con il secondo degli appelli in epigrafe - dal Molinaroli, il quale, conosciute le motivazioni della pronunzia di accoglimento (n. 75/02), ha proposto nella forma della memoria di motivi aggiunti i relativi mezzi di censura.

4. Gli appellati Modesti e Zerbato si sono costituiti in giudizio per resistere agli appelli.

5. Gli altri eletti della lista vincitrice hanno presentato appello incidentale autonomo, chiedendo anch'essi la riforma della gravata pronunzia nel senso della inammissibilità e comunque del rigetto del ricorso di prima istanza.

La Commissione elettorale si è costituita in giudizio con memoria di stile.

Il Comune di Lavagno si è costituito in giudizio per il ricorso n. 11980/01, aderendo alle tesi degli appellanti.

Alla pubblica udienza del 26 febbraio 2002 i ricorsi in appello sono stati introitati per la decisione.

DIRITTO

1. Gli appelli in epigrafe possono essere riuniti, essendo stati proposti - rispettivamente - contro la sentenza non definitiva del TAR Veneto n. 3292/01, con cui è stata disposta l'integrazione del contraddittorio, e la sentenza n. 75/02, emessa in via definitiva dal menzionato Giudice periferico in ordine alla medesima vertenza.

2. Occorre anzitutto dare conto, attesa la formale sollecitazione della difesa dell'appellante in sede di pubblica udienza, della non valida costituzione in giudizio degli appellati Modesti e Zerbato, atteso che il patrocinio è stato assunto, per dato non contestato, da parte di legale non abilitato all'esercizio professionale dinanzi alle magistrature superiori.

Né, come ha insegnato la Suprema Corte, giova al riguardo richiamare la norma (art. 3 legge 23 dicembre 1966 n. 1147) che, in tema di contenzioso elettorale amministrativo, consente alla parte di stare in giudizio di persona.

Ove, infatti, la parte medesima si avvalga della difesa tecnica, trovano applicazione le comuni regole sul conferimento della rappresentanza al difensore, e quindi nel caso di specie la necessità di avvalersi di patrono abilitato al patrocinio presso le magistrature superiori (cfr. Cass., SS.UU., 10 febbraio 1992, n. 1466, la quale pertanto ha coerentemente concluso nel senso che anche nella materia elettorale deve essere inevitabilmente dichiarata l'inammissibilità del ricorso per cassazione che sia stato sottoscritto da un avvocato non iscritto nell'albo speciale dei patrocinanti davanti alla Corte suprema).

3. Escluso, altresì, che possa attribuirsi valenza decisiva, ai fini dell'ammissibilità dei gravami in argomento, all'erronea notificazione degli appelli (avvenuta presso un presunto domicilio eletto che non era effettivamente tale) nei confronti di soggetti (i sigg. ri Padovani, Benini, Molinaroli L., Campara, consiglieri comunali appartenenti alla seconda lista concorrente, "Lavagno & Noi") non costituitisi in giudizio in primo grado e di dubbia posizione processuale, occorre rilevare che il primo degli appelli oggetto di riunione deve essere oggetto di declaratoria di improcedibilità.

In disparte, infatti, i profili, peraltro all'immediata evidenza non manifestamente infondati, di inammissibilità, connessi alla non impugnabilità in appello delle sentenze di primo grado interlocutorie aventi un'efficacia meramente istruttoria ovvero intese a disporre un'attività diretta ad integrare il contraddittorio nei riguardi di coloro che possono avere interesse ad opporsi al ricorso, non essendo esse, al contrario di quanto sostenuto da parte ricorrente (che fa leva su una del tutto discutibile sorta di definitività processuale della contestata sentenza interlocutoria in quanto, nella sostanza, statuirebbe per implicito sull'ammissibilità e sulla ricevibilità del gravame di prime cure), di per sé idonee a ledere alcun interesse (cfr. già Cons. Stato, VI, 18 novembre 1985, n. 607; v. anche V, 13 agosto 1996, n. 922), va rilevato che l'appellante ha comunque avuto modo, con il secondo atto di appello, di svolgere nel dettaglio i medesimi profili di doglianza avverso, questa volta, la pronunzia definitiva.

Di qui l'improcedibilità del primo dei gravami in epigrafe indicati.

4. Il secondo appello proposto dal sig. Molinaroli merita invece accoglimento, ed analoga sorte favorevole spetta peraltro all'appello incidentale autonomo proposto dagli altri consiglieri di maggioranza eletti, sotto l'assorbente profilo della tardività del gravame di prime cure proposto dagli attuali appellati.

I primi Giudici, in verità non senza dovizia di argomentazioni, hanno disatteso l'eccezione di tardività del gravame di loro pertinenza - fondata sull'incontestata circostanza che esso è stato depositato il trentunesimo giorno (13 giugno 2001) rispetto alla data di svolgimento delle elezioni, e dunque ancor più tardivamente se si prendeva a riferimento la contestata determinazione di ammissione della lista "Tutti per Lavagno" - da una parte dando formale ossequio alla littera legis (in effetti l'art. 83/11 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, dispone che contro le operazioni elettorali amministrative comunali possa essere proposta impugnativa dinanzi al TAR competente, "con ricorso che deve essere depositato nella segreteria entro il termine di giorni trenta dalla proclamazione degli eletti"), dall'altra confermando la sostanziale centralità, nell'ambito del giudizio elettorale, della proclamazione degli eletti, dal cui perfezionamento dovrebbe in ogni caso decorrere il termine decadenziale di presentazione del ricorso, anche con riferimento a vizi che riguardino le precedenti fasi delle operazioni elettorali.

Ciò non comporterebbe, ad avviso dei Giudici di prima istanza, l'inammissibilità della separata impugnazione degli atti prodromici dotati di una loro autonoma lesività, anche considerando che con la tempestiva impugnativa di tali atti, e per il tramite di un'appropriata azione cautelare, sarebbe possibile evitare l'onerosa ripetizione delle consultazioni, come nel caso tipico dell'illegittima esclusione di una lista dalla competizione elettorale.

Ovviamente, coerentemente al principio, testé ricordato, della centralità dell'atto di proclamazione degli eletti, dovrebbe però attribuirsi il connotato della facoltatività all'impugnativa degli atti precedenti lesivi e dovrebbe altresì ammettersi che l'interessato possa comunque proporre le proprie censure avverso questi impugnando direttamente l'atto terminale del procedimento.

5. Ma il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi dall'approccio ermeneutico recentemente adottato dalla Sezione, ed in base al quale l'ammissione, come l'esclusione, di una lista di candidati nelle elezioni amministrative è un atto immediatamente lesivo, in quanto tale da impugnarsi entro il termine decadenziale decorrente dall'avvenuta conoscenza dell'assentita partecipazione, o dell'esclusione, della lista stessa; conoscenza da ritenersi acquisita, stante il regime di pubblicità proprio del procedimento elettorale, a partire dalla data di pubblicazione delle liste ammesse o, al più tardi, dalla data delle votazioni (cfr. Cons. Stato, V, 3 novembre 2001, n. 5695; v. anche V, 15 marzo 2001, n. 1521 e 21 ottobre 1998, n. 1528).

Il TAR, con la pronunzia appellata, si è mosso nell'ottica della distinzione tra provvedimenti di esclusione e di accettazione delle liste, nel senso che solo per il primo potrebbe al limite accettarsi la configurazione di un pregiudizio attuale e percepibile per i sottoscrittori ed i candidati, da una parte, e per i cittadini elettori, dall'altra, e quindi l'onere di impugnare con immediatezza l'atto effettivamente lesivo.

Non meriterebbe invece analoghe considerazioni, ad avviso dei primi Giudici, la determinazione di accettare una lista, la cui concreta incidenza sullo svolgimento delle elezioni non potrebbe essere valutata ex ante, ma soltanto all'esito della consultazione, e dunque, ancora una volta, in seguito all'intervento dell'atto conclusivo di proclamazione: solo allora, in relazione ai voti ottenuti, i candidati e gli elettori saranno in grado di valutare se l'ammissione di una determinata lista abbia concretamente influito sui risultati, in misura tale da giustificare un'impugnazione.

Ciò apparirebbe di immediata evidenza per i candidati alla consultazione, come nel caso del sig. Zerbato, ma dovrebbe poter trovare applicazione anche nel caso della tutela del cittadino elettore.

Le pur del tutto rispettabili argomentazioni di prime cure non convincono il Collegio e debbono essere disattese alla stregua dell'orientamento della Sezione richiamato dai ricorsi in appello (sia principale che incidentale autonomo) ed a cui si fa rinvio, salvo le brevi notazioni di cui appresso.

L'interesse al corretto svolgimento della consultazione elettorale, relativamente al quale non vale soffermarsi sulla diversa posizione del cittadino semplice elettore e del cittadino candidato, va tutelato, nella sua strumentalità, attraverso la tempestiva ed immediata impugnazione degli atti ritenuti lesivi.

In particolare, l'immediata lesività dell'ammissione o dell'esclusione - asseritamente illegittime - di una o più liste di candidati, e quindi la necessità di gravarsi entro il termine decadenziale decorrente dalla conoscenza dell'ammissione o meno delle liste stesse, da intendersi acquisita alla data di pubblicazione delle liste ammesse o, al più tardi, alla data delle votazioni, va tra l'altro ricondotta alla circostanza che la presenza o l'assenza di una lista può comunque influenzare la volontà degli elettori e pertanto alterare il risultato del voto.

Al riguardo come non è seriamente possibile distinguere tra i profili dell'ammissione e dell'esclusione della lista, analoga considerazione va riservata alla distinzione tra cittadino candidato e cittadino meramente elettore, entrambi immediatamente lesi dalla decisione pregiudizievole adottata dall'Amministrazione, alla stregua della superiore necessità di porre di fronte all'elettorato, con la massima sollecitudine e non dilatando i tempi di intervento dell'eventuale vaglio giurisdizionale di legittimità, il quadro complessivo delle opzioni nei confronti delle quali poter esercitare il diritto fondamentale di elettorato attivo.

Così, non risponde certamente alle generali finalità di un corretto, economico e sollecito dispiegarsi delle procedure elettorali consentire il rinvio di eventuali fasi contenziose, soprattutto ove esse involgano esclusivamente l'aspetto dell'ammissione delle liste, ad un momento successivo all'espletamento delle procedure stesse, con il serio rischio dunque di dover procedere alla completa rinnovazione della consultazione, per motivi inerenti alla sola ammissione delle liste, quando la procedura si sia già da tempo conclusa.

6. Alla stregua delle sopra riportate considerazioni, l'appello principale n. 11980/01 e l'appello autonomo incidentale ad esso relativo vanno entrambi accolti sotto il sopra descritto assorbente profilo, con la conseguenza che, in riforma della sentenza definitiva impugnata, il ricorso proposto in primo grado dai sigg.ri Modesti e Zerbato non può sfuggire alla declaratoria di inammissibilità per tardività.

Le spese di lite, relativamente ad entrambi i gradi di giudizio, possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti in epigrafe, dichiara improcedibile il ricorso n. 10978/01 ed accoglie il ricorso n. 11980/01, nonché l'appello incidentale autonomo ad esso relativo. Per l'effetto, in riforma della sentenza definitiva impugnata, dichiara inammissibile per tardività il ricorso proposto in prime cure dagli appellati Modesti e Zerbato.

Spese di lite compensate tra le parti, relativamente ad entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2002, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), in camera di consiglio, con l'intervento dei seguenti Magistrati:

Alfonso Quaranta Presidente

Corrado Allegretta Consigliere

Paolo Buonvino Consigliere

Aldo Fera Consigliere

Gerardo Mastrandrea Consigliere est.

L'ESTENSORE                        IL PRESIDENTE

f.to Gerardo Mastrandrea   f.to Alfonso Quaranta

Depositata il 18 marzo 2002.

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