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Giurisprudenza
n. 2-2003 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 24 febbraio 2003 n. 989 - Pres. Elefante, Est. D'Ottavi - Società Appalti Lavori Pubblici - S.A.L.P. S.r.l. (Avv. Maffey) c. Comune di Sestriere (Avv.ti Lombardi e Staderini) e Società Ambiente S.r.l. (n.c.) - (conferma T.A.R. Piemonte, 17 gennaio 2002, n. 16).

1. Contratti della P.A. - Bando - Clausola riguardante i requisiti di partecipazione - Annullamento in s.g. - Effetti - Caducazione della intera procedura concorsuale - Si produce.

2. Contratti della P.A. - Bando - Clausola riguardante la valutazione dei carichi pendenti dichiarati dalle imprese partecipanti - Annullamento in s.g. - Effetti - Caducazione dell'intera procedura - Si produce.

1. L'intervenuto annullamento in sede giurisdizionale di una clausola del bando di gara attinente ai requisiti di partecipazione potenzialmente amplia la partecipabilità alla procedura e necessariamente travolge la procedura medesima realizzatasi sulla base dell'annullata disposizione.

2. Nel caso in cui sia stata annullata in sede giurisdizionale una previsione del bando di gara che illegittimamente riservava alla valutazione discrezionale della stazione appaltante l'individuazione dei casi in cui, in relazione ai carichi pendenti dichiarati dalle imprese partecipanti, si fa luogo all'esclusione delle offerte dalle stesse presentate, l'annullamento di tale previsione del bando, intrinsecamente connessa alla stessa legittimità procedurale dell'intera gara, produce necessariamente la caducazione dell'intera procedura, non potendosi l'annullamento limitare alla sola fase partecipativa (1).

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(1) Sugli effetti che conseguono all'annullamento di un provvedimento di esclusione dalla gara v.  Cons. Stato, Sez. V. sent. 3 giugno 2002 n. 3064, in questa Rivista n. 6-2002.

V. in generale in argomento Cons. Stato, Sez. VI, sent. 20 settembre 2002 n. 4779, in questa Rivista n. 9-2002 ed ivi ulteriori riferimenti.

 

 

FATTO

L'istante rappresenta che con deliberazione n. 116 del 13 maggio 1996 la Giunta Comunale di Sestriere disponeva di indire una gara, mediante pubblico incanto, con il criterio del massimo ribasso, per l'appalto dei lavori di costruzione di una strada di collegamento tra la S.S. n.23 del Colle del Sestriere e la strada comunale Via Monterotta, con importo a base d'asta pari a £.2.331.482.241.

L'attuale appellante chiedeva di partecipare al pubblico incanto rendendo le dichiarazioni previste dal relativo avviso; la gara veniva fissata per il giorno 18 giugno 1996; successivamente l'aggiudicazione veniva disposta in via provvisoria a suo favore e, con deliberazione n.161 del 1° luglio 1996, la Giunta Comunale disponeva l'aggiudicazione definitiva.

Successivamente, "avendo accertato in capo al rappresentante legale della società la pendenza di procedimenti penali di particolare gravità", la Giunta comunale, con deliberazione n.176, dell'8 luglio 1996, annullava il precedente atto di aggiudicazione definitiva ed affidava i lavori all'Impresa Ambiente S.r.l., che seguiva in graduatoria.

Avverso tale deliberazione e avverso il bando di gara, in parte qua, proponeva ricorso dinanzi al T.A.R. del Piemonte la SALP, deducendo: 1) eccesso di potere. L'art. 8, comma 7 della L. n.109 del 1994 prevede che solo dal 1° gennaio 2000 le stazioni appaltanti provvedano direttamente all'esclusione delle concorrenti dalla gara. Pertanto la Giunta comunale non aveva il potere di estromettere la ricorrente; 2) violazione dell'art. 8 della legge n. 109/94, come modificato dalla legge n.216/95. Eccesso di potere.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte con la sentenza del 12 gennaio 2002 n.16/02, accoglieva la domanda di annullamento con conseguente caducazione degli atti impugnati, respingeva la domanda risarcitoria, e condannava il Comune di Sestriere al pagamento delle spese di lite.

La Società Appalti Lavori Pubblici S.r.l. - SALP S.r.l. -, chiede la riforma della sentenza nella parte in cui è rimasta parzialmente soccombente, e cioè solo limitatamente al punto in cui non riconosce il diritto della ricorrente all'affidamento dei lavori oggetto dell'appalto ed al punto in cui le nega il diritto al risarcimento del danno.

Secondo l'appellante la sentenza impugnata, correttamente, ritiene che, nonostante vi fosse nel bando di gara la previsione, come requisito di ammissione, dell'obbligo di rendere la dichiarazione circa i carichi penali pendenti, veniva però illegittimamente riservata alla valutazione discrezionale della stazione appaltante l'individuazione dei casi in cui, per la natura e la gravità degli addebiti, si sarebbe dovuta ritenere preclusa la partecipazione alla gara. Ne deriva che, trattandosi, quindi, di un effetto lesivo del tutto potenziale - e, come tale, differito al momento in cui fosse stata eventualmente accertata la rilevanza delle vicende penali prese in considerazione - ricorreva l'ipotesi, in cui il bando va impugnato congiuntamente all'atto applicativo e cioè all'eventuale estromissione disposta in applicazione della norma del bando.

Sulla base di tale corretto presupposto, quindi, risultano contraddittorie le conseguenze, cui la sentenza perviene al fine di negare sia la richiesta dichiarazione dell'obbligo del Comune di stipulare il contratto di appalto sia il diritto al risarcimento del danno.

Rileva infatti l'appellante che quando il bando non è di per sé stesso illegittimo e direttamente lesivo non contendendo preclusioni assolute (come di verifica nella fattispecie in oggetto), sono soltanto gli esclusi - e nel momento in cui vengono esclusi - a poter impugnare "congiuntamente" l'atto di esclusione e la clausola del bando della quale la stazione appaltante fa applicazione. Solo in quel momento, infatti, quest'ultima esplica la sua discrezionalità concretizzando ed esplicando la sua scelta circa il valore e l'ampiezza da dare alla clausola che in tal modo viene effettivamente a ledere la posizione soggettiva del soggetto interessato.

Osserva l'appellante che nel termine di presentazione della domanda di partecipazione alla gara avevano fatto richiesta un determinato numero di imprese e soltanto queste erano legittimate ad impugnare gli atti applicativi direttamente lesivi in quanto soggetti interessati e non certo ipotetici terzi che, non avendo fatto domanda erano quindi del tutto estranei alle vicende della gara. Pertanto non essendovi altri soggetti, che abbiano impugnato la procedura, ritiene l'appellante che gli stessi abbiano fatto acquiescenza e che pertanto non siano meritevoli di alcuna considerazione.

Da ultimo l'appellante rileva la sentenza impugnata non tiene conto dei principi di ragionevolezza e di logicità dell'azione amministrativa, e neanche dell'obbligo per la parte pubblica di non aggravare il procedimento in osservanza dei principi della L. 7 agosto 1990, n.241. Infatti, tenuto anche presente che l'offerta della S.A.L.P. S.r.l. era quella economicamente più vantaggiosa, e come tale rispondente all'interesse pubblico, non si comprende come il T.A.R., invece di fermarsi a disporre l'annullamento dell'atto impugnato, con tanta sicurezza affermi che la gara andava rinnovata integralmente sin dalla pubblicazione del bando, secondo un (erroneo) principio di automatica invalidità anche degli atti del procedimento non incisi dalla domanda.

L'appellante conclude per l'accoglimento del ricorso con ogni consequenziale statuizione di legge.

Si è costituita in giudizio l'Amministrazione intimata - con atto denominato appello incidentale in cui peraltro non vengono svolte, se non genericamente, specifiche ed autonome censure, né vengono rassegnate le conseguenti conclusioni -, la cui difesa con analitica esposizione deduce l'infondatezza del gravame principale, concludendo per la sua reiezione con ogni conseguente pronuncia di legge.

Alla pubblica udienza del 19 novembre 2002 il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

Come riportato nella narrativa che precede con l'appello in esame viene impugnata la sentenza n.16/2002 del 13 dicembre 2002 con cui il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte ha parzialmente accolto il ricorso proposto dall'attuale appellante per l'annullamento degli atti e della procedura relativi alla gara concernente i lavori di costruzione della strada di collegamento tra la s.s. n.23 di Colle del Sestriere e la strada comunale Via Monterotta.

Come pure considerato in precedenza la ricorrente Società censura, in parte qua, l'impugnata decisione per eccesso di potere e per violazione di legge (art.8 della L. n.109/1994 e s.m.); in particolare l'appellante lamenta che l'impugnata decisione ha disposto la caducazione dell'intera procedura di gara e che non abbia riconosciuto il suo diritto al risarcimento del danno.

Le censure sono infondate.

Invero, come correttamente argomentato dal primo Giudice, l'annullamento dell'atto impugnato, intrinsecamente connesso alla stessa legittimità procedurale dell'intera gara, produceva necessariamente la caducazione dell'intera procedura, non potendosi l'annullamento, limitare - come erroneamente postula l'appellante - alla sola fase partecipativa, in quanto, ripetesi, l'accertata illegittimità comportava il conseguente annullamento di tutta la procedura. Trattasi invero dell'intervenuto annullamento di una prescrizione attinente ai requisiti di partecipazione, annullamento che, potenzialmente amplia la partecipabilità alla procedura e necessariamente travolge la procedura medesima realizzatasi sulla base dell'annullata disposizione.

Anche le pretese risarcitorie reiterate in questa sede dall'appellante vanno disattese perché, come esattamente considerato dal Tribunale esse, per ciò che concerne il danno potenziale, sono infondate in quanto la ripetizione della gara consente all'interessata la possibilità di riparteciparvi, mentre per quanto riguarda i costi e le spese sostenute la domanda è svolta in maniera del tutto generica senza alcuna oggettiva quantificazione.

Conclusivamente quindi l'appello va respinto.

Sussistono tuttavia validi motivi per disporre l'integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, respinge l'appello.

Compensa tra le parti le spese di ambo i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

*** *** ***

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2002, dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato, riunita in Camera di consiglio con l'intervento dei Signori Magistrati:

Agostino Elefante Presidente

Goffredo Zaccardi Consigliere

Aldo Fera Consigliere

Francesco D'Ottavi Consigliere estensore

Claudio Marchitiello Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

f.to Francesco D'Ottavi f.to Agostino Elefante

Depositata in segreteria in data 24 febbraio 2003.

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