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n. 4-2002 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, COMMISSIONE SPECIALE PUBBLICO IMPIEGO - Parere 22 aprile 2002 n. 502/02 - Pres. Salvatore, Est. Lodi - Oggetto: Ministero della giustizia. Due ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica proposti dal magistrato ordinario dott. Giandonato Napoletano contro il diniego di attribuzione del trattamento economico di missione continuativa, a seguito di trasferimento.

1. Giustizia amministrativa - Ricorso straordinario - Generalità - Ricorso avverso il silenzio-rifiuto - Ammissibilità.

2. Silenzio della P.A. - Silenzio-rifiuto - Impugnativa - Dovere della P.A. di provvedere dopo l'impugnativa del silenzio - Permane - Onere dell'interessato di impugnare il provvedimento sopravvenuto - Sussiste.

3. Silenzio della P.A. - Silenzio-rifiuto - Impugnativa - Successiva emissione di un provvedimento con il quale la P.A. provvede sull'istanza, anche se in maniera elusiva - Conseguenze a seguito dell'annullamento del provvedimento sopravvenuto - Potere di decidere sulla fondatezza in concreto dell'istanza - Sussiste.

4. Pubblico impiego - Stipendi, assegni ed indennità - Istanza tendente ad ottenere determinati benefici economici - Rigetto motivato col divieto di estensione del giudicato formatosi in vicende analoghe - Illegittimità nel caso in cui l'istanza trovi fondamento non già nelle sentenze passate in giudicato ma direttamente in quanto previsto dalla legge.

5. Pubblico impiego - Magistrati - Trasferimento - Indennità di missione continuativa - Diniego di riconoscimento - Motivato con riferimento al fatto che il trasferimento è avvenuto a domanda - Illegittimità - Ragioni - Trasferimenti dei magistrati - Debbono ritenersi tutti avvenuti d'ufficio.

1. E' ammissibile l'impugnativa mediante lo strumento del ricorso straordinario di un silenzio-rifiuto formatosi su di una istanza sulla quale la P.A. aveva l'obbligo di provvedere, anche nel caso in cui tale impugnativa sia stata proposta in assenza di uno specifico atto amministrativo di carattere definitivo da parte dell'Amministrazione (1).

2. Il decorso del termine stabilito per la formazione del silenzio-rifiuto non comporta la perdita della potestà di provvedere dell'Amministrazione, per cui l'atto eventualmente adottato dalla P.A. dopo la proposizione del ricorso contro il silenzio-rifiuto non può essere qualificato come nullo od inesistente, ma va impugnato dall'interessato (2).

3. E' illegittimo il provvedimento con il quale la P.A., provvedendo su di una istanza sulla quale si è formato un silenzio-rifiuto ritualmente impugnato dall'interessato, ometta di rispondere in modo esplicito sulla pretesa formalmente avanzata con l'istanza stessa, adottando un provvedimento chiaramente elusivo dell'obbligo dell'Amministrazione medesima di pronunciarsi sul merito della vicenda; in tal caso, previo annullamento dell'atto sopravvenuto che sia stato ritualmente impugnato, resta per conseguenza aperta la possibilità di procedere all'accertamento della fondatezza sostanziale della pretesa, oggetto del primo gravame, posta a fondamento dell'istanza che ha dato luogo al procedimento del silenzio rifiuto, sulla quale l'Amministrazione ha in realtà omesso di pronunciarsi (3).

4. E' illegittimo, per difetto di motivazione, un provvedimento con il quale la P.A. respinge una istanza con la quale un dipendente chiede l'attribuzione di determinati benefici economici già riconosciuti ad altri soggetti a seguito di decisioni giurisdizionali, allorchè la P.A. stessa sia limitata a richiamare le preclusioni che deriverebbero, al riguardo, dall'applicazione dell'art. 24 della legge n. 144 del 1999, che fa divieto alle Pubbliche Amministrazioni di adottare provvedimenti per l'estensione di decisioni giurisdizionali, atteso che il divieto di estensione di decisioni giurisdizionali può operare soltanto ove tali statuizioni costituiscano l'unico titolo per l'attribuzione di determinati benefici, e non quando i benefici stessi conseguano direttamente dall'applicazione della legge, non potendo rilevare, in tal caso, se la corretta applicazione della norma sia suffragata, o meno, da specifiche pronunce della giurisprudenza in materia.

5. Il mutamento di sede che comporta l'assegnazione a nuove funzioni del singolo magistrato, risponde ad un prevalente interesse dell'Amministrazione, per cui non assume rilievo che vi sia stata la preventiva dichiarazione di disponibilità, da parte del predetto magistrato, ed il trasferimento si considera, in questo caso, come disposto d'ufficio, diversamente da quanto avviene per il mutamento di sede a parità di funzioni, che risponde esclusivamente o prevalentemente all'interesse del destinatario del provvedimento (4). Va pertanto ritenuto sussistente il diritto di un magistrato trasferito di ottenere l'indennità di missione continuativa di cui all'art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, il quale, ancorchè formalmente disposto "a domanda", deve invece qualificarsi come trasferimento "d'ufficio", in quanto volto a soddisfare un preminente interesse dell'Amministrazione (5).

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(1) Cfr. Cons. Stato, Ad. Gen., parere 10 giugno 1999 n. 9; v. anche da ult. Comm. Spec. P.I., parere 1 luglio 2002 n. 511/02, in questa Rivista Internet.

(2) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 25 ottobre 1999, n. 1696.

(3) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 13 aprile 2000, n. 2211; 12 ottobre 1999, n. 1446.

Il principio affermato (nella parte in cui riconosce che in sede di legittimità sussiste il potere di verificare "in concreto" - e non già "in astratto" - la pretesa azionata mediante l'impugnativa di un silenzio-rifiuto nel caso in cui sia stato preliminarmente annullato il sopravvenuto provvedimento col quale la P.A. si è pronunciato sull'istanza), non sembra collidere con quanto affermato di recente dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (decisione 9 gennaio 2002 n. 1, in questa Rivista Internet) secondo la quale l'annullamento del silenzio-rifiuto va pronunciato "in astratto" e non già "in concreto".

Nell'ipotesi considerata, infatti, il previo annullamento del provvedimento con il quale la P.A. provvede (sia pure tardivamente) sull'istanza sulla quale si è formato il silenzio-rifiuto consente infatti un esame "in concreto" e non già "in astratto" della fondatezza della pretesa azionata.

(4) cfr. in particolare Cons. Stato, Sez. IV, 7 marzo 1997, n. 213 e Ad. Plen. 13 maggio 1994, n. 5.

Ha osservato in proposito la Commissione speciale che, alla luce del principio costituzionale che postula una organizzazione dei pubblici uffici (ivi compresi gli uffici giudiziari) idonea ad assicurare il buon andamento dell'attività demandata agli uffici stessi, l'elemento determinante da prendere in considerazione, ai fini della attribuzione del trattamento connesso ai trasferimenti "d'ufficio" dei magistrati, non può coincidere con il mero riscontro dell'esistenza, o meno, di una manifestazione di consenso o di disponibilità da parte dell'interessato, dovendosi attribuire rilievo preminente alla circostanza che il detto interessato viene destinato ad un posto che, per esigenze dell'Amministrazione della giustizia, e, quindi, per ragioni di pubblico interesse, si sarebbe dovuto coprire d'ufficio nell'ipotesi di mancanza di un adeguato numero di aspiranti.

(5) Cfr., sia pure con riferimento alle analoghe disposizioni della legge 4 maggio 1998, n. 133, relative agli incentivi per i magistrati trasferiti o destinati d'ufficio a sedi disagiate Cons. Stato, Sez. IV, 15 maggio 2000, n. 2750; id., 28 gennaio 2002, n. 458.

 

 

Consiglio di Stato

Commissione Speciale Pubblico Impiego

Adunanza della Commissione Speciale Pubblico Impiego del 22 aprile 2002

N° 975/01 - Sezione III

N° 502/02 - Comm. Spec. P.I.

Oggetto

Ministero della giustizia. Due ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica proposti dal magistrato ordinario dott. Giandonato NAPOLETANO contro il diniego di attribuzione del trattamento economico di missione continuativa, a seguito di trasferimento.

La Commissione Speciale

Viste la relazione trasmessa con nota prot. n. AG/EC/3392, in data 26 giugno 2001, nonché la relazione integrativa trasmessa con nota prot. n. AG/EC/3729, in data 26 giugno 2001, con le quali il Ministero della giustizia - Direzione generale della organizzazione giudiziaria e degli affari generali - ha chiesto il parere del Consiglio di Stato in ordine al ricorso straordinario indicato in oggetto;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 502, in data 27 febbraio 2002, con cui l'esame dell'affare è stato devoluto alla Commissione speciale per il pubblico impiego;

Esaminati gli atti ed udito il relatore ed estensore cons. Pier Luigi Lodi;

Premesso:

Riferisce l'Amministrazione che il dott. Giandonato Napoletano, consigliere presso la Suprema Corte di Cassazione, ha proposto un primo ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso il "silenzio-rifiuto" formatosi sull'istanza del ricorrente intesa ad ottenere l'indennità di missione continuativa di cui all'art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, nonché un ulteriore ricorso straordinario per l'annullamento del provvedimento della competente Direzione generale della organizzazione giudiziaria e degli affari generali prot. n. 4454/EC/1200, del 7 maggio 2001, con il quale è stata poi respinta la predetta istanza.

Secondo l'assunto del predetto ricorrente, il suo trasferimento alla Suprema Corte di Cassazione, ancorchè formalmente disposto "a domanda" dovrebbe invece qualificarsi come trasferimento "d'ufficio", in quanto volto a soddisfare un preminente interesse dell'Amministrazione.

Il Ministero riferente eccepisce, in via pregiudiziale, l'inammissibilità dei ricorsi per mancata impugnazione dell'atto presupposto; contesta, poi, nel merito, con ampie argomentazioni, la fondatezza dei gravami.

Considerato:

1. - Deve anzitutto disporsi la riunione dei due ricorsi in epigrafe, in quanto soggettivamente ed oggettivamente connessi.

2. - Osserva la Commissione Speciale che va superata, in primo luogo, l'eccezione pregiudiziale di inammissibilità dei ricorsi, sollevata dal riferente Ministero della giustizia per la mancata tempestiva impugnazione, da parte dell'attuale ricorrente, del provvedimento relativo al suo trasferimento alla Suprema Corte di Cassazione, nel quale risulta testualmente specificato che il trasferimento stesso è avvenuto "a sua domanda".

Secondo l'assunto del ricorrente, infatti, il trasferimento in questione dovrebbe essere comunque considerato come disposto "d'ufficio", da parte dell'Amministrazione: e la fondatezza o meno di tale tesi richiede necessariamente una pronuncia sul merito del gravame.

3. - In via preliminare deve, peraltro, individuarsi esattamente l'oggetto specifico delle impugnative in esame, proposte con due atti successivi dal ricorrente, il primo dei quali, pervenuto al Ministero in data 26 maggio 2001, risulta rivolto avverso il "silenzio-rifiuto" formatosi sull'istanza del ricorrente intesa ad ottenere il trattamento di missione continuativa di cui all'art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, ed il secondo dei quali, pervenuto al Ministero in data 7 giugno 2001, risulta indirizzato all'annullamento della determinazione in data 7 maggio 2001, con cui l'Amministrazione della giustizia ha respinto l'istanza del ricorrente volta a conseguire la menzionata indennità di missione continuativa, sul presupposto che l'accoglimento dell'istanza medesima si sarebbe configurata come estensione di decisioni giurisprudenziali relative a terzi soggetti, inibita dall'art. 24 della legge 15 maggio 1999, n. 144.

4. - In proposito deve ricordarsi che il ricorrente, dopo aver presentato domanda in data 22 settembre 1999, cui l'Amministrazione ha risposto con nota interlocutoria del 30 novembre 2000, con atto notificato il 21 febbraio 2001 costituiva in mora l'Amministrazione stessa, intimandole di provvedere nel termine di 30 giorni, conformemente a quanto stabilito dall'art. 25 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3. Non essendosi l'Amministrazione pronunciata nel termine assegnato, il ricorrente ha quindi impugnato il silenzio-rifiuto in tal modo formatosi, con il ricorso straordinario tempestivamente presentato il 26 maggio 2001, e quindi entro il termine perentorio fissato dall'art. 9, primo comma, del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199.

Tale impugnativa si palesa, quindi rituale ed ammissibile, tenuto anche conto dell'orientamento giurisprudenziale che ammette pacificamente, ormai, l'impugnabilità del silenzio-rifiuto mediante lo strumento del ricorso straordinario, pur in assenza di uno specifico atto amministrativo di carattere definitivo (Cfr. Cons. Stato, Ad. Gen. Parere n. 9 del 10 giugno 1999).

5. - Ai fini dell'esame dell'impugnativa in parola occorre, però, definire preventivamente le conseguenze prodotte, sul procedimento di formazione del silenzio-rifiuto, dal sopravvenuto provvedimento esplicito di diniego del trattamento continuativo di missione, in data 7 maggio 2001, anch'esso tempestivamente impugnato dall'interessato con il ricorso pervenuto al Ministero il 7 giugno 2001.

In proposito deve chiarirsi che, contrariamente a quanto affermato nel ricorso, il decorso del termine stabilito per la formazione del silenzio-rifiuto non comporta la perdita della potestà del decidere dell'Amministrazione, per cui l'atto adottato nella specie non potrebbe essere qualificato come nullo od inesistente, restando quindi ferma la necessità della sua espressa impugnazione da parte dell'interessato, come in effetti è avvenuto (cfr. Cons. Stato Sez. V, 25 ottobre 1999, n. 1696).

6. - Il detto provvedimento si palesa, tuttavia, illegittimo, per difetto di motivazione, atteso che esso, come rilevato dal ricorrente, non indica affatto le ragioni sostanziali del diniego opposto all'istanza, limitandosi a richiamare le preclusioni che deriverebbero, al riguardo, dall'applicazione del citato art. 24 della legge n. 144 del 1999, che fa divieto alle Pubbliche Amministrazioni (per il triennio 1999-2001) di adottare provvedimenti per l'estensione di decisioni giurisdizionali, salvo che l'interessato rivesta la posizione di ricorrente o resistente in grado di appello.

Osserva il Collegio che la determinazione in parola, omettendo di rispondere in modo esplicito sulla pretesa formalmente avanzata dal ricorrente, appare chiaramente elusiva dell'obbligo dell'Amministrazione di pronunciarsi sul merito della vicenda, sorto a seguito dell'attivazione del meccanismo del silenzio rifiuto; ed il carattere pretestuoso della comunicazione viene ancor più accentuato dalla palese inconsistenza delle argomentazione in concreto addotte nell'atto in parola.

E' evidente, infatti, che il divieto di estensione di decisioni giurisdizionali può operare soltanto ove tali statuizioni costituiscano l'unico titolo per l'attribuzione di determinati benefici, e non quando i benefici stessi conseguano direttamente dall'applicazione della legge, non potendo rilevare, in tal caso, se la corretta applicazione della norma sia suffragata, o meno, da specifiche pronunce della giurisprudenza in materia.

Ciò posto, il detto provvedimento sopravvenuto si palesa illegittimo, e va annullato, in accoglimento del secondo gravame, e resta per conseguenza aperta la possibilità di procedere all'accertamento della fondatezza sostanziale della pretesa, oggetto del primo gravame, posta a fondamento dell'istanza che ha dato luogo al procedimento del silenzio rifiuto, sulla quale, come si è visto, l'Amministrazione ha in realtà omesso di pronunciarsi (cfr. Cons. Stato Sez. V, 13 aprile 2000, n. 2211; 12 ottobre 1999, n. 1446).

7. - A sostegno di detta pretesa il ricorrente invoca le disposizioni del citato art 6 della legge n. 27 del 1981 (che ha sostituito l'art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97), in base alle quali spetta una indennità di missione continuativa "ai magistrati trasferiti d'ufficio o comunque destinati ad una sede di servizio per la quale non hanno proposto domanda, ancorchè abbiano manifestato il consenso o la disponibilità fuori della ipotesi di cui all'articolo 2, secondo comma, del R. D. Legislativo 31 maggio 1946, n. 511,." (ossia fuori dei casi relativi ai trasferimenti per incompatibilità).

Ritiene il Collegio che, tenuto anche conto del tenore letterale della norma citata, la pretesa del ricorrente sia fondata.

Come sottolineato dalla giurisprudenza prevalente, cui si riferisce l'interessato, e che va condivisa, il mutamento di sede che comporta l'assegnazione a nuove funzioni del singolo magistrato, risponde ad un prevalente interesse dell'Amministrazione, per cui non assume rilievo che vi sia stata la preventiva dichiarazione di disponibilità, da parte del predetto magistrato, ed il trasferimento si considera, in questo caso, come disposto d'ufficio, diversamente da quanto avviene per il mutamento di sede a parità di funzioni, che risponde esclusivamente o prevalentemente all'interesse del destinatario del provvedimento (cfr. in particolare Cons. Stato, Sez. IV, 7 marzo 1997, n. 213 e Ad. Plen. 13 maggio 1994, n. 5).

In altri termini, tenendo anche conto del principio costituzionale che postula una organizzazione dei pubblici uffici (ivi compresi gli uffici giudiziari) idonea ad assicurare il buon andamento dell'attività demandata agli uffici stessi, l'elemento determinante da prendere in considerazione, ai fini della attribuzione del trattamento connesso ai trasferimenti "d'ufficio" dei magistrati, non può coincidere con il mero riscontro dell'esistenza, o meno, di una manifestazione di consenso o di disponibilità da parte dell'interessato, dovendosi attribuire rilievo preminente alla circostanza che il detto interessato viene destinato ad un posto che, per esigenze dell'Amministrazione della giustizia, e, quindi, per ragioni di pubblico interesse, si sarebbe dovuto coprire d'ufficio nell'ipotesi di mancanza di un adeguato numero di aspiranti.

E in tale prospettiva assume importanza secondaria la circostanza che, in relazione alla particolari garanzie di cui i magistrati godono, anche a livello costituzionale, a tutela del diritto all'inamovibilità del posto di funzione, venga preventivamente richiesto "il consenso o la disponibilità", come indicato dalla succitata norma dell'art. 13 della legge n.97 del 1979.

Nel caso di specie non è in contestazione che l'attuale istante sia stato trasferito, previa dichiarazione di disponibilità, dalla precedente sede di Bari, dove prestava servizio presso il locale Tribunale, alla Suprema Corte di Cassazione, per assumere le nuove funzioni di consigliere di Cassazione, e deve perciò ritenersi che sussistano le condizioni, alla stregua dalla ripetuta norma della legge n. 27 del 1981, per l'attribuzione del trattamento di missione continuativo dal medesimo richiesto.

Né appaiono condivisibili le obiezioni, ampiamente esposte nelle relazioni ministeriali, che si incentrano sulla tesi secondo cui, in tanto potrebbe parlarsi di trasferimento di ufficio ad un posto di consigliere della Corte di Appello o di Cassazione, in quanto si sia verificata quella condizione necessaria della mancanza di domande di aspiranti legittimati, che consenta di far scattare la procedura di trasferimento d'ufficio.

Al riguardo sembra sufficiente ribadire che, con una simile impostazione, verrebbe in definitiva posta in sottordine l'esigenza, attinente in modo incontestabile ad un pubblico interesse, di assicurare nel modo più rapido e soddisfacente possibile la funzionalità delle Corti di appello e della Suprema Corte, mediante la necessaria copertura di posti vacanti, relativi alle funzioni più elevate della magistratura ordinaria.

8. - Sembra ancora opportuno aggiungere che detta linea interpretativa, intesa ad accentuare il rilievo dell'interesse pubblico sotteso alla copertura di posti scoperti, pure in presenza di una manifestazione di consenso o disponibilità del magistrato da trasferire, si è formata, altresì, con riferimento alle analoghe disposizioni della legge 4 maggio 1998, n. 133, relative agli incentivi per i magistrati trasferiti o destinati d'ufficio a sedi disagiate ( Cfr. Cons. Stato Sez. IV, 15 maggio 2000, n. 2750; 28 gennaio 2002, n. 458).

9. - Per le ragioni sopra esposte, stante la fondatezza dell'istanza avanzata dal ricorrente, anche il primo dei ricorsi in esame oltre ad essere dichiarato ammissibile deve essere accolto, ed il silenzio serbato in proposito dal Ministero si palesa ingiustificato e va dichiarato illegittimo, con conseguente obbligo del Ministero stesso di adottare i necessari provvedimenti al riguardo, sulla base dei criteri e dei principi che si sono enunciati.

P.Q.M.

Esprime il parere che i ricorsi in oggetto, previa loro riunione, debbano essere accolti.

Per estratto dal verbale

Il Segretario

(Pier Maria Costarelli)

Visto

Il Presidente

(Paolo Salvatore)

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