Giustamm.it

Giurisprudenza
n. 10-2002 - © copyright.

C.G.A., SEZ. GIURISDIZIONALE - Sentenza 9 ottobre 2002 n. 582 - Pres. Varrone, Est. Mammana - Comune di Giardini Naxos (Avv.ti Garofalo e Turiano Mantica) c. Campione e Guardala (Avv. Seminara) ed altri (n.c.) - (conferma T.A.R. Sicilia-Catania, sez. II, 8 luglio 1994, n. 2159).

1. Comune e Provincia - Sindaco - Ordinanze contingibili ed urgenti - In materia edilizia - Presupposti - Esistenza di un pericolo imminente di danno grave per l'incolumità pubblica ed equo contemperamento tra il pubblico interesse e quello privato sacrificato - Necessità.

2. Comune e Provincia - Sindaco - Ordinanze contingibili ed urgenti - In materia edilizia - Ordinanza di demolizione di un edificio lesionato - Nel caso in cui non sia stata dimostrata l'esistenza di un pericolo imminente e non siano state valutate le soluzioni alternative - Illegittimità per difetto di motivazione e violazione del principio di proporzionalità.

1. Presupposti necessari per l'adozione di provvedimenti contingibili ed urgenti di sicurezza pubblica in materia edilizia, previsti dall'art. 153 r.d. 4 febbraio 1915 n. 148, sono l'esistenza di un pericolo imminente di danno grave per l'incolumità pubblica e l'equo contemperamento tra il pubblico interesse e quello privato sacrificato (1).

2. E' illegittimo un provvedimento contingibile ed urgente con il quale è stata ordinata la demolizione di un immobile lesionato a seguito della caduta di un masso, ove sono sia stata dimostrata, con idonea motivazione, l'esistenza di un pericolo imminente, tanto grave da legittimare la estrema misura della demolizione, che costituisce certamente il sacrificio totale dell'interesse dei privati. L'aver disposto la demolizione totale senza farsi carico di motivare sulle eventuali possibilità alternative che avrebbero consentito il recupero dell'immobile, costituisce inoltre violazione del principio di proporzione tra interesse pubblico che si intende tutelare e l'interesse privato sacrificato (2).

----------------------

(1) Sui presupposti per l'adozione di ordinanze contingibili ed urgenti v. da ult. in questo numero della Rivista Cons. Stato, Sez. V, sent. 9 ottobre 2002 n. 5423; v. anche TAR Liguria-Genova, Sez. I, ord. 29 settembre 2000 n. 910, ivi, n. 9-2000.

Sul rispetto del principio di proporzionalità nel caso di adozione di ordinanze contingibili ed urgenti v. TAR Lombardia-Brescia, decreto presidenziale 18 gennaio 2002 n. 41, in questa Rivista, n. 1-2002.

Sulle competenze in materia v. R. NOBILE, Le competenze dei dirigenti degli enti locali territoriali ed il sindaco-ufficiale di governo nel D.Lgs. 18/8/2000 n. 267.  Un tentativo di riconduzione ad unità del sistema; id., La competenza dei dirigenti negli enti locali territoriali dopo il D.Lgs. 18/8/2000 n. 267 fra autoreferenzialità e contraddizioni. Un tentativo di soluzione.

(2) Ha osservato in proposito il C.G.A. che il provvedimento di demolizione totale dell'edificio implica l'accertamento di una situazione di pericolo grave, quale può essere il crollo dell'intero manufatto. Un grado diverso di pericolosità deve suggerire l'adozione di soluzioni diverse dalla demolizione totale, in modo da non violare il principio di proporzione tra sacrificio imposto e obbiettivo pubblico che si intende perseguire.

Per pervenire pertanto a tale tipo di provvedimento deve versarsi in una situazione di fatto che implichi l'assenza di soluzioni alternative e di tale impossibilità il provvedimento deve dare conto in motivazione.

Nella specie gli accertamenti ed i risultati della perizia geologica eseguiti dall'amministrazione comunale non dimostravano la esistenza del pericolo di crollo dell'intero edificio, né avevano escluso, implicitamente o esplicitamente, la possibilità di salvaguardare l'incolumità pubblica con soluzioni alternative che la tecnica moderna consente, ad esempio a mezzo di idoneo consolidamento delle fondazioni, ove ne fosse stato accertato lo stato di pericolosità.

La assenza di indicazioni tecniche o di suggerimenti nella relazione geologica e negli interventi dell'Ufficio tecnico, sulla necessità o meno della demolizione dell'intero manufatto, doveva essere affrontato e risolto dalla ordinanza con adeguata motivazione sulla scelta della misura da imporre ai privati per ovviare alla situazione di pericolo.

 

 

FATTO

Gli appellati sono proprietari di un immobile nel Comune di Giardini Naxos, diviso in tre appartamenti su tre diversi piani.

Nel dicembre del 1984 un macigno staccatesi da una parete rocciosa a causa di ingenti piogge determinava al fabbricato lesioni ai muri perimetrali.

A seguito di ciò l'Amministrazione Comunale disponeva sopralluogo che accertava il distacco del masso e i danni provocati.

A causa del perdurante maltempo che aveva ulteriormente aggravato le condizioni del fabbricato, i proprietari provvedevano allo sgombero; degli appartamenti, chiedendo al Sindaco di Giardini Naxos indicazioni sul da farsi.

Il Sindaco disponeva la emissione di ordinanza di demolizione oggetto del presente giudizio.

Avverso tale provvedimento proponevano ricorso al TAR gli interessati, eccependo eccesso di potere per il difetto dei presupposti e difetto di motivazione, sotto il profilo che il Sindaco non aveva dato dettagliato conto dell'urgente ed improrogabile necessità di disporre la demolizione stante l'attualità del pericolo per la sicurezza pubblica.

Si costituiva in giudizio il Comune di Giardini Naxos per confutare gli assunti dei ricorrenti e chiedeva il rigetto del ricorso.

Il TAR con la sentenza impugnata accoglieva il ricorso, recependo la censura relativa al vizio di motivazione del provvedimento impugnato.

Rilevano i primi giudici che la ordinata demolizione non ha minimamente valutato la possibilità di recupero dell'immobile, posto che l'ordinanza sindacale presuppone l'assenza di soluzioni alternative e che di tale impossibilità il provvedimento non ha fatto alcuna menzione.

Avverso la sentenza propone appello il Comune di Giardini Naxos.

Secondo l'appellante l'ordinanza sindacale sarebbe sufficientemente motivata in quanto nel provvedimento esisterebbe una dettagliata descrizione dei presupposti che ne avevano determinato la emissione.

La motivazione, secondo gli appellanti, consisterebbe nel richiamo della relazione geologica, nell'accertamento delle condizioni precarie di stabilità con le notevoli lesioni alle strutture portanti ed ai muri perimetrali.

Rileva l'appellante che la constatazione delle condizioni di precarietà del fabbricato costituisce accertamento dello stato di pericolosita per l'incolumità pubblica che giustifica la eliminazione del fabbricato, senza costituire lesione del principio di proporzione tra sacrifici imposti ed obbiettivo pubblico da perseguire.

Si sostiene infine che la demolizione non era surrogabile con altre misure idonee ad assicurare l'incolumità pubblica.

Si sono costituiti gli appellati Guardala Francesca ved. Imprerio e Campione Antonina che, con l'atto di costituzione e con memoria, sostengono la infondatezza dell'appello rilevando fra l'altro che a distanza di 15 anni l'immobile, di fatto abbandonato dopo l'emissione dell'ordinanza, è ancora in piedi e che il Comune è rimasto inerte in ordine al prudente suggerimento della sentenza che, con fare salvi gli ulteriori provvedimenti della amministrazione, implicitamente avrebbe invitato il Comune ad esaminare eventuali soluzioni alternative alla demolizione.

DIRITTO

L'appello è infondato e non merita accoglimento.

La sentenza impugnata correttamente ha ritenuto la sussistenza del vizio di motivazione del provvedimento sindacale.

Ed invero, per giurisprudenza consolidata, presupposto per l'adozione di provvedimenti contingibili ed urgenti di sicurezza pubblica in materia edilizia, prevista dall'art. 153 r.d. 4 febbraio 1915 n. 148, è l'esistenza di un pericolo imminente di danno grave per l'incolumità pubblica e l'equo contemperamento tra il pubblico interesse e quello privato sacrificato.

Il provvedimento sindacale impugnato non ha dimostrato l'esistenza di un pericolo imminente, tanto grave da legittimare la estrema misura della demolizione, che costituisce certamente il sacrificio totale dell'interesse dei privati.

Non v'è dubbio infatti che il provvedimento di demolizione totale dell'edificio implica l'accertamento di una situazione di pericolo grave, quale può essere il crollo dell'intero manufatto.

Un grado diverso di pericolosità deve suggerire l'adozione di soluzioni diverse dalla demolizione totale, in modo da non violare il principio di proporzione tra sacrificio imposto e obbiettivo pubblico che si intende perseguire.

Per pervenire pertanto a tale tipo di provvedimento deve versarsi in una situazione di fatto che implichi l'assenza di soluzioni alternative e di tale impossibilità il provvedimento deve dare conto in motivazione.

Sotto tale profilo non hanno pregio le osservazioni svolte con l'atto di appello secondo cui il provvedimento è motivato per via del richiamo alla relazione geologica e per accertamento delle precarie condizioni di stabilità che avrebbero reso l'immobile inagibile del tutto.

Infatti tali accertamenti ed i risultati della perizia geologica non dimostrano la esistenza del pericolo di crollo dell'intero edificio, né hanno escluso, implicitamente o esplicitamente, la possibilità di salvaguardare l'incolumità pubblica con soluzioni alternative che la tecnica moderna consente, ad esempio a mezzo di idoneo consolidamento delle fondazioni, ove ne fosse stato accertato lo stato di pericolosità.

La assenza di indicazioni tecniche o di suggerimenti nella relazione geologica e negli interventi dell'Ufficio Tecnico, sulla necessità o meno della demolizione dell'intero manufatto, doveva essere affrontato e risolto dalla ordinanza, con adeguata motivazione sulla scelta della misura da imporre ai privati per ovviare alla situazione di pericolo.

L'aver disposto la demolizione totale senza farsi carico di motivare sulle eventuali possibilità alternative che avrebbero consentito il recupero dell'immobile, costituisce certamente violazione del principio di proporzione tra interesse pubblico che si intendeva tutelare e l'interesse privato sacrificato.

Per le considerazioni che precedono l'appello deve essere rigettato.

Le spese dei giudizi, che vengono determinate in £. 5.000.000 sono poste a carico del Comune di Giardini Naxos soccombente.

P. Q. M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, rigetta l'appello in epigrafe e conferma la sentenza del TAR, sezione staccata di Catania, sez. 2A n. 2159/94, dell'8.7.1994.

Condanna il Comune di Giardini Naxos al pagamento delle spese dei giudizi, determinate in L. 5.000.000, a favore degli appellati Guardala Francesca ved. Imperio e Campione Antonina in Patanè.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Palermo dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 24 febbraio 2000, con l'intervento dei signori: Claudio Varrone, Presidente, Raffaele Carboni, Paolo Turco, Raffaele Tommasini, Vittorio Mammana, estensore, componenti.

Depositata il 9 ottobre 2002.

Copertina Clicca qui per segnalare la pagina ad un amico