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T.A.R. ABRUZZO, L’AQUILA - Decreto presidenziale n. 2/99 - Pres. ed Est. Frascione- C. c/ Comune di L’Aquila.

Giustizia amministrativa - Giudizio cautelare - Esercizio del potere decisorio del Presidente - Impossibilità.

Giustizia amministrativa - Giudizio cautelare - Richiesta di provvedimento d’urgenza ex artt. 700 c.p.c. - Inammissibilità.

Nell’ordinamento vigente il potere decisorio non compete al presidente degli organi giurisdizionali amministrativi, bensì al collegio del quale fa parte (1).

Non è esperibile davanti al giudice amministrativo l’azione cautelare prevista dagli artt. 700 e segg. c.p.c. (2).

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(1 e 2) V. la nota di D. De Carolis, riportata dopo il testo del decreto.

 

 

omissis

DECRETO

Sulla richiesta di provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. - ricorso n. … proposto da:

omissis

per ottenere

previa sospensiva, l’annullamento dell’atto del Comune di L’Aquila emesso (….) a firma del Sindaco, a rettifica della precedente sua ordinanza (….).

Visto il ricorso in epigrafe;

Vista la richiesta di provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c.;

Considerato che:

nell’ordinamento vigente il potere decisorio non compete al presidente degli organi giurisdizionali amministrativi, bensì al collegio del quale egli fa parte;

l’azione cautelare prevista dagli artt. 700 e segg. C.p.c. non è esperibile davanti al giudice amministrativo,il quale emana provvedimenti urgenti secondo la disciplina posta dall’art. 21 della L. 6.12.1971, n. 1034;

né l’applicazione dell’art. 700 c.p.c. è giustificata da quanto statuito dalla Corte Costituzionale nella sentenza del 27.6.1985, n. 190, che certamente nella fattispecie non implica deroghe alla disciplina di cui al citato art. 21 della L. 1034/71;

P.Q.M.

Dichiara inammissibile la richiesta di provvedimento d’urgenza ex. art. 700 c.p.c.

 

 

(1 e 2) DIEGO DE CAROLIS, L’art. 700 c.p.c. nel processo amministrativo tra tendenze giurisprudenziali, norme positive e progetti di riforma.

Il decreto in esame si inserisce nella scia di quell’orientamento che ritiene che l’art. 700 c.p.c non sia applicabile tout court al giudizio cautelare amministrativo, nemmeno in via interpretativa (1).

Non solo, ma ribadisce altresì che il Presidente del Collegio giudicante non ha assolutamente poteri decisori.

E sulla rigorosità di tale impostazione non pare possa dubitarsi, tanto che, com’è noto, il Consiglio di Stato ha subito frenato la tendenza di adottare provvedimenti cautelari ex art. 700 del codice di rito da parte del Presidente del Tribunale amministrativo (2).

Tendenza che, in realtà, era giustificata anche dalla circostanza che, alle volte l’urgenza della tutela richiesta, non consentiva nemmeno di attendere la data in cui viene fissata, secondo il calendario di udienze, la camera di consiglio più prossima.

Per cui si è ritenuto che in questi casi il ricorrente, adducendo validi motivi, potesse ottenere una decreto presidenziale che tutelasse la posizione del ricorrente almeno fino alla data dell’udienza fissata per la trattazione delle domande cautelari (3).

Infatti, in alcuni casi, le amministrazioni, per evitare l’alea del giudizio, pongono in esecuzione, spesso con effetti irreversibili, i propri provvedimenti sottraendo in tal guisa ogni possibilità di tutela cautelare pregiudicando in maniera evidente il diritto di difesa garantito dall’art. 24 della Costituzione.

Di recente, ad esempio, il giudice amministrativo, in sede cautelare e senza invocare l’art. 700 c.p.c., prendendo come riferimento i mezzi di tutela avverso i comportamenti della p.a. in materia di urbanistica previsti dall’art. 34 e 35 del D.Lvo n. 80 del 1998, ha rappresentato " al Comune intimato l’assoluta esigenza di differire la data di occupazione d’urgenza ad un giorno ragionevolmente successivo alla Camera di Consiglio del 16.9.98"(4) proprio per garantire il diritto di difesa.

Appare evidente che proprio il diritto alla tutela avverso atti e comportamenti dell’amministrazione non possa essere menomato da rigidi formalismi e soprattutto non è possibile ritenere in maniera altrettanto rigida che, in caso di lacune legislative, non possano essere applicati al processo amministrativo istituti propri del processo civile che assurgono comunque a regole processuali generali.

Né è parimenti possibile che le lacune siano colmate solo attraverso la sensibilità e la giurisprudenza pretoria dei giudici amministrativi, soprattutto quando non si riesca agevolmente ad ottenere omogeneità di orientamenti.

Tanto che, in considerazione dell’orientamento apertamente negativo del Consiglio di Stato, è stata sollevata questione di legittimità costituzionale allo scopo di conoscere " 1) se l’art. 21 della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, nella parte in cui esclude la tutela ante causam e la conseguente applicabilità dell’art. 700 c.p.c. e degli arttt. 669 e seguenti cpc davanti al giudice amministrativo, sia costituzionalmente legittimo alla luce degli arttt 24 e 113 della Costituzione, avuto anche riguardo agli artt. 6 e 13 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; 29 se lo stesso art. 700 c.p.c, laddove espressamente prevede che la tutela cautelare ante causam sia accordabile, nel concorso dei presupposti di legge, solo ai diritti soggettivi e non agli interessi legittimi, sia legittima alla luce degli artt. 3,24 e 113 della costituzione" (5).

Di poi, le questioni sollevate in merito all’estensione nel processo amministrativo delle norme del codice di rito si ripropongono con estrema attualità ed interesse se si prende in considerazione il fatto che esiste una norma positiva che, per assicurare la tutela degli utenti e dei consumatori, pare avere espressamente esteso l’applicazione degli art. 669 bis e ss. c.p.c. nelle controversie nelle materie di competenza del giudice amministrativo.

Invero, la legge 30 luglio 1998, n. 281, dopo aver precisato che ai consumatori ed agli utenti sono riconosciuti come fondamentali, tra gli altri i diritti alla tutela della salute, alla sicurezza e alla qualità dei servizi, ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità nonché all'erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza, ha stabilito, all’art. 3, che coloro che hanno la legittimazione ad agire possono chiedere al giudice competente, nei casi in cui ricorrano giusti motivi di urgenza, l’adozione di provvedimenti inibitori a norma degli articoli 669-bis e seguenti del codice di procedura civile.

A fronte di tale disposizione appare possibile che, nelle materie riservate alla cognizione del giudice amministrativo, possa farsi applicazione delle richiamate norme del codice di procedura civile qualora questo giudice sia quello competente a conoscere delle controversie riguardanti i menzionati diritti fondamentali.

Ci si riferisce, in particolare, alla tutela di quei "diritti" fondamentali riconducibili nelle materie previste dagli art.33 e 34 del citato D.L.vo 80 del 1998.

Peraltro, de jure condendo, il Senato, nel modificare il testo del disegno di legge sulla riforma del processo amministrativo, si è mostrato particolarmente attento e sensibile alle questioni sollevate ed appena ricordate - anche se non pare che siano state risolte compiutamente - senza peraltro fare espressa menzione della norma di chiusura del giudizio cautelare previsto dal codice di rito, ma limitandosi a richiamarne in parte le disposizioni.

Infatti, l’art. 3 del disegno di legge n. S/2934 di riforma del processo amministrativo, nel testo approvato dal Senato il 22 aprile 1999, titolato "Disposizioni generali sul processo cautelare", ha sostituto il settimo comma dell'articolo 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 ed ha precisato che " Prima della trattazione della domanda cautelare, in caso di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio, il ricorrente può, contestualmente alla domanda cautelare o con separata istanza notificata alle controparti, chiedere al presidente del tribunale amministrativo regionale, o della sezione cui il ricorso è assegnato, di disporre misure cautelari provvisorie. Il presidente provvede con decreto motivato, anche in assenza i contraddittorio. Il decreto è efficace sino alla pronuncia del collegio, cui l'istanza cautelare è sottoposta nella prima camera di consiglio utile. Le predette disposizioni si applicano anche dinanzi al Consiglio di Stato, in caso di appello contro un'ordinanza cautelare e in caso di domanda di sospensione della sentenza appellata."

Inoltre, per dirimere anche le altre questioni insorte in tema di possibilità del Giudice amministrativo di disporre ingiunzioni di pagamento, il successivo secondo comma dell’art 3. del disegno di legge ha modificato l’art 28 della L. n. 1034 del 1971 prevedendo che " 4. Nelle controversie aventi ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale, il tribunale amministrativo regionale su istanza di parte, in via provvisionale, dispone con ordinanza provvisoriamente esecutiva la condanna a somme di danaro quando il credito azionato sia certo, liquido ed esigibile. 5. Al fine di cui al comma 4 il presidente del tribunale, ovvero il presidente della sezione interna o della sezione distaccata, fissa, su istanza di parte, la discussione in camera di consiglio per la prima udienza utile e, quando ciò non sia possibile, entro un periodo non superiore ai trenta giorni successivi al deposito del ricorso. 6. Il procedimento di cui ai commi 4 e 5 si applica anche al giudizio innanzi al Consiglio di Stato in sede di appello.".

Orbene, dalla lettura di tali norme si evince chiaramente come il legislatore si dimostri particolarmente sensibile ed attento alle problematiche sollevate da tempo, soprattutto in sede di giurisdizione esclusiva, e che si stanno quotidianamente riproponendo a seguito dell’entrata a regime delle disposizioni del D.lvo n. 80 del 1998.

Probabilmente, in attesa di una disciplina organica, come ha rilevato la dottrina particolarmente avvertita (6), ben vengano disposizioni che comunque prevedano forme di tutela più rapida ed efficace che ci consentano di aver un sistema di giustizia amministrativa maggiormente in linea con la normativa comunitaria (7) e che assicuri l’effettività e la pienezza della tutela giurisdizionale.

(1) Cfr. TAR Lombardia, Milano, Ord. Pres. 19 gennaio 1998, in Foro It. 1998, II, 173. Contra, di recente, T.A.R. Veneto, Sez. I – ord. 19 marzo 1999 n. 356, in www.giust.it. che individua possibili criteri per applicazione dell'art. 700 c.p.c. al processo amministrativo nelle nuove materie di giurisdizione esclusiva ex D.L.vo n. 80/1998.

(2) Cfr. Cons. St., sez. V, ord. 28 aprile 1998, n. 781, in Foro It. 1998, II, 301, con nota di richiami.

(3) TAR Lombardia, Milano, Sez. III Decreto 14 novembre 1997, n. 758, in Foro It. 1998, II; 173, con nota di TRAVI.

(4) In tal senso il T.A.R. VALLE D’AOSTA, Ord. 15 luglio 1998, n. 27/98, inedita. Giova riportare la motivazione per meglio comprendere il ragionamento seguito da quel Giudice. Infatti, in essa si legge che:

" Omissis CONSIDERATO che il danno grave ed irreparabile sussisterebbe solo in relazione al provvedimento sindacale…. che ha fissato l’occupazione dei mappali di proprietà del ricorrente…, ma che, medio tempore, è intervenuta una deliberazione … (… 8.7.98) m. 152, con cui il Comune… ha, fra l’altro, revocato il provvedimento finale di immissione in possesso, per cui, allo stato, il provvedimento sindacale oggetto della originaria impugnazione, non è più in vigore;

"RITENUTO, d’altra parte che il contenuto tutto della citata delibera di Giunta, integrativa dei provvedimenti impugnati, nell’aver fissato al 14.9.1998 la nuova data di immissione in possesso, due giorni prima della futura Camera di Consiglio, notoriamente fissata a calendario per il 16.9.98, pregiudica in radice il diritto di difesa garantito dall’art. 24 della Costituzione, nella proposizione sia di un ricorso autonomo sia di motivi aggiunti, che la difesa ricorrente alla odierna Camera di Consiglio ha dichiarato a verbale di volere proporre nei termini di rito (nel caso 30 gg. ex art. 19 L. 67/97 perché si verte in tema di esproprio/occupazione d’urgenza);

"RILEVATO, d’altra parte che l’esproprio e l’occupazione d’urgenza dei terreni privati sono finalizzati alla realizzazione di un accesso (percorso, pavimentazione, illuminazione) ad un’area attrezzata di proprietà comunale e quindi ad un "uso del territorio", e che nelle more della scadenza dei termini per impugnare la delibera di Giunta comunale de qua questo Tribunale non può esimersi dal considerare il suo contenuto quanto meno come "comportamento delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica ed edilizia", espressamente contemplato dall’art. 34, del D. L.vo n. 80/98, come rientrante nella nuova giurisdizione esclusiva; P.Q.M. 1) dichiara improcedibile l’attuale domanda di sospensione del provvedimento sindacale di occupazione, al momento impugnato; 2) e nelle more, rappresenta sin d’ora al Comune intimato l’assoluta esigenza di differire la data di occupazione d’urgenza ad un giorno ragionevolmente successivo alla Camera di Consiglio del 16.9.98, onde evitare la valutazione sul comportamento processuale ex art. 116 c.p.c. in caso di non ottemperanza".

(5) L’ordinanza è pubblicata in Dir. proc. amm. 1998, 724. Al riguardo GALLO C.E., Alla Corte costituzionale il problema della possibilità di provvedimenti cautelari ante causam nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm. 1998, 856.

(6) VIRGA G., Considerazioni sul disegno di legge n. 2934 di riforma del processo amministrativo, in www.giust.it

(7) Come ricorda CASETTA, Le trasformazioni del processo amministrativo, in www.giust.it, la disciplina comunitaria, infatti, ci impone di investire i giudici di poteri che permettano di adottare provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione, compresi quelli volti a sospendere o far sospendere le procedure o l’esecuzione di qualsiasi decisione. Non solo, ma la tutela cautelare non può essere limitata alla sospensione dell’efficacia degli atti, bensì deve essere riconosciuta anche la possibilità di concedere misure positive.

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