TAR ABRUZZO, SEZ. PESCARA - Sentenza 6 marzo 2003 n. 302 - Pres. ed Est. Catoni - Consorzio per lo smaltimento dei rifiuti di Manoppello, Comune di Nocciano, Comune di Cugnoli, Comune di S. Eufemia a Maiella, Comune di Roccamorice (Avv.ti della Rocca e Marchese) c. Regione Abruzzo (Avv. Stato Marrone) e nei confr. di Ercole (Avv. Vasile).
1. Comune e Provincia – Delibere - Controlli preventivi di legittimità – A seguito della riforma del Titolo V della Costituzione – Debbono ritenersi venuti meno.
2. Regioni – Controllo sostitutivo dello Stato – A seguito della riforma del titolo V della Costituzione – Non è venuto meno.
3. Comuni e Provincia – Generalità – Potere di controllo della Regione sulla attività degli organi degli enti locali – Permane.
1. A seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, operata con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, i controlli di legittimità debbono ritenersi espunti dal nostro ordinamento. Infatti, anche se la legge 3 del 2001 non prevede un'espressa soppressione dei controlli, non può ritenersi che essi siano rimasti in vita ovvero che ne sia possibile una riproposizione, perché ciò sarebbe in contrasto con la volontà del legislatore e con i nuovi principi di autonomia e sussidiarietà che hanno trovato compiuta copertura costituzionale nel nuovo testo dell’art. 118 della Costituzione (1).
2. La riforma del Titolo V della Costituzione ha tuttavia lasciato inalterato il potere di controllo sostitutivo dello Stato nei confronti della Regione dato che, come è noto, alla abrogazione dei controlli sugli atti non è seguita di pari passo l'abrogazione dell'articolo 120 della Costituzione, il quale intende, nella sua nuova formulazione, garantire gli interessi fondamentali della Repubblica italiana.
3. A seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, deve ritenersi che sia tuttora esistente il potere di controllo della Regione sulla attività degli organi degli enti locali e, di conseguenza, la facoltà di usare del potere sostitutivo nell'ambito delle leggi regionali che ne dispongano le modalità (2).
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(1) V. nello stesso senso in prec. T.A.R. Abruzzo-Pescara, sent. 22 marzo 2002 n. 336, in questa Rivista n. 4-2002 ed ivi ult. riferimenti.
V. inoltre, sempre in questa Rivista:
L. DE MARINIS, Ancora sull'abrogazione dei controlli sugli atti degli ee.ll.
G. LOMBARDI, Ancora sui controlli sugli atti degli enti locali dopo l'entrata in vigore della L. Cost. 18 ottobre 2001 n. 3.
L. OLIVERI, L’abrogazione dei controlli sugli atti degli enti locali.
A. RICCARDO, Riforma costituzionale e controllo sugli atti...
(2) Ha aggiunto in particolare il T.A.R. Abruzzo che tale affermazione, più che da una interpretazione lessicale della nuova formulazione dell'articolo 120 Cost., è supportata dalla considerazione dei contenuti della riforma che induce a ritenere come non può essere stata sottratta all'autonomia regionale quella stessa forma di controllo nei confronti degli enti locali nelle materie di sua competenza, che lo Stato ha conservato nei confronti delle Regioni.
Una diversa interpretazione si porrebbe in stridente contrasto con la volontà di conferire alle Regioni una più spiccata autonomia, atteso che queste ultime non avrebbero alcuna possibilità di controllare la corretta applicazione delle proprie norme nelle materie di competenza da parte degli enti deputati a disporne l'applicazione.
E’ stata conseguentemente, dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme regionali che prevedono la possibilità per la regione di conservare il controllo sugli organi.
Nel caso di specie, sono stati dichiarati in parte inammissibili ed in parte respinti i ricorsi volti all’annullamento degli atti della Regione con i quali era stato commissariato un Consorzio intercomunale per lo smaltimento dei rifiuti e successivamente disposta la proroga del commissariamento.
Sulla riforma del Titolo V della Costituzione, v. l'apposita pagina di approfondimento.
omissis
per l'annullamento
nel primo ricorso della deliberazione della Giunta regionale n. 463 ad oggetto modifica alla legge regionale n. 26 del 2 giugno 1993 nomina commissario ad acta,
della nota di comunicazione della Giunta regionale del 9 luglio 2002 n.5435;
del decreto adottato dal Presidente della Giunta n.158 del 10 luglio 2002;
della nota di comunicazione della Giunta regionale del 31 luglio 2002 n. 5981;
nel secondo ricorso della deliberazione della Giunta regionale n.1044 del 12 dicembre 2002;
della nota di comunicazione del 17.12.2002 prot. n. 9623;
del provvedimento del Commissario straordinario del 18. dicembre 2002 di revoca della convocazione dell’assemblea;
omissis
FATTO
Il consorzio ricorrente è composto da 29 comuni, tutti ricadenti nell'ambito territoriale della provincia di Pescara.
Esso è stato costituito per la realizzazione di un impianto di discarica di prima categoria, individuato in un primo momento nel territorio del comune di Manoppello.
Successivamente, a seguito dell'opposizione di questo comune, venne individuata una nuova localizzazione della discarica nel comune di Abbateggio.
L'attuazione delle localizzazioni previste, a parere del consorzio ricorrente, si è rivelata piena di difficoltà anche per la proposizione di alcuni ricorsi da parte del comune di Scafa che riteneva questa posizione della discarica lesiva dei propri interessi.
La Giunta regionale, secondo il Consorzio, utilizzando argomenti pretestuosi, ha adottato una prima deliberazione del 18 aprile 2001 n. 315 con la quale ha demandato al presidente della regione l'adozione di tutto che gli atti necessari per la nomina di un commissario ad acta per poter provvedere alla esecuzione di tutti gli adempimenti indicati nell'atto deliberativo e cioè:
individuazione del sito idoneo per la realizzazione dell'impianto di un smaltimento,
reperimento delle somme disponibili,
affidamento dell'incarico di progettazione a mezzo di una gara pubblica, acquisizione di tutte le autorizzazioni necessarie,
avviare le procedure per realizzazione dell'impianto.
Con la deliberazione regionale è stato individuato quale commissario il dottor Giampiero Ercole, nella sua qualità di ex presidente del consorzio oggetto del provvedimento.
la durata dell’incarico e stato fissata in dodici mesi.
Pur essendosi limitato il commissario nominato a trasmettere quattro relazioni, svolgendo, quindi, soltanto una attività sostanzialmente ispettiva, con la deliberazione adottata dalla giunta regionale nella seduta del 26 giugno 2002 si è disposto un'ulteriore incarico commissariale allo stesso dottor Ercole, con riserva di applicazione degli articoli 1 e 3 della legge regionale abruzzese 19 dicembre 2001 n. 65.
Inoltre, con un'ulteriore decreto del 10 luglio 2002 n. 168 il presidente ha provveduto a rinnovare in favore del commissario per la durata di dodici mesi l'incarico già determinato nel decreto n. 87 del 9 5 7001.
Questi atti, secondo il consorzio sono gravemente lesivi della propria autonomia istituzionale e, pertanto, ne chiede l'annullamento previa la sospensione dei loro effetti, deducendo quanto segue:
violazione e falsa applicazione della legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3
e, in via gradata:
violazione e falsa applicazione dell'articolo 136 del decreto legislativo 18 agosto 2000 numero 267, dell'articolo 28 della legge regionale abruzzese 8 giugno 1993 n. 24 nel testo sostituito dall'articolo 13 della successiva legge regionale 25 novembre 1994 n. 89, degli articoli 20 e 36 della legge regionale abruzzese 29 giugno 1993 n. 26, nei testi sostituiti rispettivamente dagli articoli 1. 3 della successiva legge regionale 19 dicembre 2001 n. 65, dell'articolo 32 della legge regionale abruzzese 28 aprile 2000 n. 83, nonché di ogni altra norma di principio in materia di controlli sostitutivi sugli atti e sugli organi degli enti locali;
incompetenza;
illegittimità costituzionale delle predette leggi statali e regionali;
eccesso di poterli per illogicità e sviamento.
Afferma il consorzio ricorrente che con la legge costituzionale n. 3 del 2001 si è disposta l'abrogazione dell'articolo 130 della costituzione che prevedeva il controlli sugli atti dei comuni e degli enti locali. La configurazione che il legislatore costituzionale ha voluto dare alla Repubblica ora prevede che vi sia una più spiccata autonomia ed una potestà di autodeterminazione degli enti locali che non sono più subordinati alla regione bensì equiordinati alla stessa.
Debbono ritenersi, quindi, travolte tutte le disposizioni che contemplavano i controlli sostitutivi sugli atti e sugli organi e ciò vale anche per le leggi come quella n. 65 del 2001 emanata dopo l'entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 dello stesso anno.
In ogni caso, anche se si volesse individuare una diversa portata della novella costituzionale, comunque, gli atti impugnati sarebbero egualmente contrastanti con le disposizioni legislative che riguardano la materia trattata.
In particolare, con riferimento alla deliberazione di giunta del 26 giugno 2002 n. 463 va, in primo luogo, osservato che essa risulta gravemente invasiva delle prerogative delle attribuzioni del consorzio, in quanto autorizza il commissario nominato a svolgere una vera e propria attività ispettiva.
Nella specie non vi è chi non veda che, in realtà, la potestà esercitata dalla regione sia quella del controllo sostitutivo; ebbene, si può osservare al riguardo che sia le norme statali (articolo 136 del decreto legislativo n. 267 2000 ) sia le norme regionali (articolo 36 della legge regionale n. 26 del 1993 con un rinvio all'articolo 28 della legge regionale n. 89 del 1994) contemplano l'obbligo di diffidare previa mente l'ente locale a provvedere entro un nuovo termine decorso inutilmente il quale può nominarsi un commissario ad alta.
Non solo ma sussiste senz'altro l'incompetenza della giunta regionale visto che la nomina del commissario è demandata in via esclusiva al difensore civico regionale, ai sensi del richiamato articolo 136 del decreto legislativo n. 267.
La regione per invocare il disposto dell'articolo 36 della legge regionale n. 26 del 1993 ha nominato il commissario per la sussistenza di gravi irregolarità nella gestione, mentre tale attività non potrebbe che svolgersi, semmai, nella fase della fornitura di servizi, allorquando i servizi stessi siano stati effettivamente intrapresi.
Diversamente si potrebbe accreditare l'ipotesi di un controllo ispettivo generalizzato, del tutto incompatibile con l'ordinamento costituzionale, senza alcuna garanzia per l'ente locale sottoposto ad ispezione.
Anche il decreto presidenziale risulta affetto dagli stessi vizi dedotti nei confronti della deliberazione n. 463 della giunta, ma esso è altresì affetto da specifici ed ulteriori vizi propri.
Il presidente della giunta ritiene di poter far discendere la potestà esercitata dal disposto dell'articolo 32 della legge regionale abruzzese 28 aprile 2000 n. 83 che contempla la possibilità di emanare non meglio definiti provvedimenti regionali straordinari per sopperire a situazioni di necessità ed urgenza, in applicazione delle disposizioni e delle procedure di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22.
Ma in tal caso ad escludere questa possibilità è sufficiente il rilievo che la fattispecie trattata è del tutto al di fuori delle procedure previste dalla norma statale che richiede il verificarsi di situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell'ambiente.
Al contrario, nella specie, il potere previsto dalla legge regionale e stato utilizzato per conferire un vero e proprio incarico professionale di vasta portata e di oggetto assolutamente esorbitante rispetto al paradigma normativo. Né si può opporre che la precedente deliberazione n. 315 del 18 aprile 2001 nella parte motiva contemplava la eventuale rinnovabilità dell'incarico perché non vi è dubbio che comunque doveva essere la giunta a verificare la sussistenza delle condizioni di legittimità per procedere al rinnovo.
Contesta quindi il consorzio ricorrente, nel merito, i rilievi esposti negli gli atti regionali impugnati.
Deduce quindi la violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell'articolo 136 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, dell'articolo 28 della legge regionale abruzzese 8 giugno 1993 n. 24, nel testo sostituito dall'articolo 13 della successiva legge regionale 25 novembre 1994. 89, degli articoli 20.36 della legge regionale abruzzese 29 giugno 1993 n. 26, nei testi sostituiti rispettivamente dagli articoli 1 e 3 della successiva legge regionale 19 dicembre 2001 n. 65, dell'articolo 32 della legge regionale abruzzese 28 aprile 2000 n. 83, del decreto ministeriale 4 aprile 2000 n. 119 e di ogni altra norma di principio in materia di requisiti per la nomina del commissario ad alta e di quantificazione delle relative spese e indennità.
Gravi violazioni si sviluppano in altri due profili di censura: la prima afferisce requisiti per la nomina del commissario che risultano individuati solo nella circostanza che il dottor Ercole nominato aveva già svolto un precedente incarico commissariale e ciò è indubbiamente improprio non potendosi consentire la moltiplicazione degli incarichi commissariali in virtù di quelli precedentemente svolti nei quali tra l'altro non è stato raggiunto alcuno degli obiettivi fissati.
L'unica norma di riferimento, poi, nel sistema, non può che individuarsi nell'articolo 28 della legge regionale 24 del 1993 in virtù della quale, nella regione Abruzzo, il commissario può essere scelto solo tra i dipendenti regionali, anche in quiescenza, di qualifica non inferiore alla settima tra i segretari e dipendenti di Enti e dello Stato, tra iscritti agli albi dei revisori dei conti, dei commercialisti, di avvocati, che rispondono altresì al principio dell'adeguata professionalità in relazione all'atto da adottare.
Di tutto ciò non v’è alcuna traccia nella motivazione né tanto meno il commissario nominato sembra potersi annoverare nelle categorie di cui sopra e rispondere quindi ai requisiti di adeguata professionalità.
Il secondo profilo afferisce la determinazione e la quantificazione delle spese e indennità in favore del commissario le quali tra l'altro, sono state poste a totale carico del consorzio. Invero, secondo la regione le funzioni del commissario sarebbero equiparabili a quelle del presidente del consorzio, con la conseguenza che egli dovrebbe beneficiare addirittura della relativa indennità di carica e degli altri emolumenti previsti dal decreto ministeriale 4 aprile 2000 n. 119.
Ma è agevole osservare che non può farsi applicazione analogica di una disciplina che riguarda gli amministratori locali soprattutto se,nel sistema vigente, si può rinvenire una disciplina specifica riguardante l'attività commissariale.
Per tali motivi il consorzio ricorrente chiede l'annullamento di tutti gli atti impugnati, previa sospensione della loro efficacia. Si sono costituiti sia la regione con il patrocinio dell'avvocatura dello Stato che il nominato commissario dottor Ercole.
L'avvocatura dello Stato quanto alle censure dirette contro la deliberazione n. 463 rileva che alla modifica della carta costituzionale non può attribuirsi un significato ulteriore rispetto a quello del desumibile dalla lettura delle norme modificate; l'eliminazione del controllo di legittimità sugli atti degli enti locali non dimostra certo che sia stata espunta dall'ordinamento la figura generale del controllo, che può quindi residuare nelle forme ispettive e sostitutive. Tale deliberazione, poi, si fonda su di una norma puntuale, l'articolo 3 della legge regionale abruzzese n. 65 del 2001 che introduce un controllo ispettivo, da esercitarsi legittimamente rispetto all'omessa realizzazione dell'impianto.
Il decreto presidenziale si riallaccia ai precedenti provvedimenti di nomina del commissario, mai impugnati, che riguardano la rinnovazione o meglio il prolungamento dell'incarico permanendo le finalità che ne avevano determinato la nomina.
Va, quindi, esclusa la necessità di una nuova deliberazione autorizzativa di giunta.
Per tali ragioni conclude perciò l'avvocatura per la reiezione del ricorso.
Il controinteressato, preliminarmente, eccepisce la inammissibilità del ricorso per la parte in cui è diretta nei confronti del decreto del presidente della giunta regionale con il quale, a suo dire, si dispone la semplice proroga di un precedente incarico, nella misura in cui i motivi non attengono alla ragione della proroga ma si risolvono in censure del precedente provvedimento di nomina del commissario.
Osserva, quindi, che i provvedimenti in impugnati anche se adottati successivamente all'entrata in vigore della legge costituzionale non si pongono in contrasto con essa per l'abrogazione dell'articolo 130 della costituzione, perché, in ogni caso, essendo conformi alla normativa ordinaria vigente, emanata dopo l'entrata in vigore della legge costituzionale, non sono ipso facto illegittimi ma potranno diventarlo solo ove le disposizioni di legge sulle quali si fondano vengano abrogate o intervenga in relazione ad esse dichiarazione di legittimità costituzionale.
Ora gli articoli 125 e 130 che risultano abrogati dalla legge costituzionale n. 3, disciplinavano unicamente il controllo di legittimità sugli atti amministrativi, non anche il controllo su gli organi e il relativo potere sostitutivo, di modo che è errato sostenere che da tale abrogazione discende la legittimità costituzionale sopravvenuta di tutte le disposizioni di legge statali e regionali che disciplinano il controllo perché bisogna distinguere tra controlli sugli atti e controlli su di organi.
Conclude, quindi, affermando che il legislatore costituzionale, dettando disposizioni sui controlli relativi alla legittimità degli atti amministrativi, non interferisce in alcun modo sui controlli relativi agli organi, che si estrinsecano con l'esercizio del potere sostitutivo e che sono comunque consentiti, in assenza di una disposizione costituzionale contraria.
Contesta quindi le ulteriori asserzioni di controparte in ordine al tipo di potere che sarebbe stato esercitato e sulla eccezione di competenza della giunta.
Rileva ancora che la ragione del ritardo nella realizzazione e messa in funzione della discarica e, quindi, dell'unico servizio demandato al consorzio giustifica in ogni caso l'applicazione della norma di cui alla legge n. 65 del 2001 della regione Abruzzo. Per quanto riguarda poi le contestazioni relative alle asserzioni contenute nella delibera di giunta rinvia al contesto degli stessi atti impugnati nei quali la motivazione è quanto mai completa e puntuale e si riferisce anche alla relazione del 9 settembre 2002, depositata presso la regione, resa dal commissario in sede di verifica istruttoria.
Conclude, quindi, per la reiezione del ricorso e della istanza di sospensione.
Nella camera di consiglio del 7 novembre 2002 su concorde istanza delle parti che ritengono necessario un approfondimento della questione nel merito, la discussione della istanza di sospensiva viene rinviata all'udienza di merito, fissata per il 6 febbraio 2003.
Nelle more della discussione del ricorso la regione con deliberazione adottata dalla giunta il 12 dicembre 2002 provvede allo scioglimento del consiglio di amministrazione del consorzio e alla contestuale nomina di un commissario straordinario, individuato, sempre, nella persona del dottor Ercole.
Contro questo provvedimento e della relativa nota di comunicazione, i quattro comuni indicati in epigrafe, propongono una nuova impugnativa sostenendo, previa una breve disamina sul loro interesse ad agire, violazione e falsa applicazione degli articoli 7, 8 e 10 della legge 7 agosto 1990 n. 241 e di ogni altra norma e principio in materia di partecipazione al procedimento amministrativo del destinatario del provvedimento finale e del giusto procedimento. Eccesso di potere per sviamento, errore sui presupposti e illogicità.
Sostengono le amministrazioni ricorrenti che, in verità, con nota raccomandata del 28 novembre 2002, il dirigente del servizio della regione Abruzzo ha dato comunicazione al presidente e ai componenti del consiglio di amministrazione del consorzio dell’avvio del procedimento, ma tale atto può essere quasi considerato come un mero simulacro di garanzia dato che, nonostante in data 4 dicembre 2002 il presidente si fosse recato presso gli uffici regionali per prendere visione degli atti del fascicolo, non sufficiente data la voluminosità e la complessità degli atti, per tale ragione aveva richiesto un accesso formale alla documentazione stessa e un congruo termine per presentare memorie e documenti.
Con un'azione gravemente scorretto, secondo i ricorrenti, la regione ha bensì consegnato tutta la documentazione ma, in pari data, ha emanato l'atto impugnato.
Deducono, quindi, i quattro comuni interessati violazione e falsa applicazione della legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, replicando gli stessi identici motivi che erano stati introdotti dal consorzio del ricorso n. 551 del 2002.
Contestano, poi, nel merito i rilievi contenute nella deliberazione di giunta impugnata e propongono, ancora, un ulteriore motivo deducendo una violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell'articolo 136 delle decreto legislativo 18 agosto 2267, dell'articolo 28 della legge regionale abruzzese 8 giugno 1993 n. 24, nel testo sostituito dall'articolo 13 della successiva legge regionale 25 novembre 1994, n. 89, degli articoli 20 e 36 della legge regionale abruzzese 29 giugno 1993 n. 26, nei testi sostituiti rispettivamente dagli articoli 1 e 3 della successiva legge regionale 19 dicembre 2001 n. 65 dell'articolo 32 della legge regionale abruzzese 28 aprile 2000 n. 83, del decreto ministeriale 4 aprile 2000 n. 119 e di ogni altra norma e principio in materia di requisiti per la nomina del commissario straordinario e di quantificazione delle relative spese ed indennità.
In tale motivo i comuni censurano la scelta operata dalla regione la quale ha individuato il commissario senza fornire idonee motivazioni sui criteri della scelta.
Ne contestano il possesso dei requisiti per la nomina, ribadendo quanto già affermato dal consorzio nel motivo identico contenuto nel proprio ricorso, ponendo in discussione anche le modalità di quantificazione delle spese e delle indennità in favore del commissario e concludono per l'accoglimento del ricorso, previa sospensione di tutti gli atti impugnati.
In sede di discussione della istanza cautelare, essendo stata già fissata l'udienza nel merito per la discussione della precedente ricorso introdotto dal consorzio, anche per questo le parti ritengono necessario una immediata definizione del merito rinviando alla stessa data del 6 febbraio 2003 la discussione della istanza di sospensione e del merito, anche di questo ricorso.
Sono del pari costituiti in questo giudizio l'avvocatura dello Stato per la regione e il contro interessato che depositano memorie a sostegno delle rispettive posizioni, replicando con memorie identiche in sostanza a quelle già prodotte nel primo ricorso.
Tutte le parti depositano, quindi, memorie conclusive.
In udienza, infine, il 6 febbraio 2003, il collegio, dopo aver ascoltato i difensori di tutte le parti costituite che insistono ognuno nelle rispettive tesi, ritiene i ricorsi per la decisione.
DIRITTO
Per la stretta connessione oggettiva dei due ricorsi ne va disposta preliminarmente la riunione.
Invero anche se i due ricorsi sono proposti da soggetti diversi e afferiscono a diversi provvedimenti, in realtà tendono a censurare un unico procedimento con motivi identici nei loro contenuti.
Nel primo dei due ricorsi, n. 551 del 2002, vengono impugnati due distinti atti, la delibera della giunta regionale n. 463, con la quale viene disposto un incarico per la redazione di una relazione sullo stato del consorzio, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 3 della legge regionale 165 del 2001, e il decreto del presidente della giunta regionale che ha disposto il rinnovo dell'incarico del commissario ad acta per la prosecuzione dell'incarico già determinato in un precedente decreto, n. 87 del 9 maggio 2001.
In relazione a questo secondo provvedimento la difesa del contro interessato eccepisce la inammissibilità del ricorso e, comunque, di motivi specifici dello stesso, nella misura in cui tali motivi non attengono alle ragioni della proroga ma si traducono in censure rivolte contro il primo provvedimento di nomina del commissario ad acta di cui al decreto n. 87 del 9 maggio 2001, a suo tempo non impugnato.
Nella memoria di replica la difesa del consorzio osserva che, nella specie, trattasi di rinnovo dell'incarico e non di mera proroga, come del resto espressamente lo qualifica lo stesso decreto impugnato.
Rileva, quindi, il consorzio ricorrente che ne è consapevole anche la difesa del contro interessato che invece di affrontare la questione preferisce assumere una configurazione dell'atto in termini di proroga, a dispetto di quanto afferma la stessa amministrazione. Che si tratti di rinnovo è, poi, confermato dal fatto che l'atto impugnato è intervenuto dopo la scadenza di efficacia del precedente: è noto che la proroga disposta a scadenza avvenuta deve considerarsi come un nuovo provvedimento.
In realtà, osserva il collegio, come non abbia alcuna importanza la qualificazione che viene data all'atto; occorre invece stabilire dal contenuto di esso la reale figura del provvedimento.
Nel caso sottoposto al collegio, indubbiamente, si tratta di una prosecuzione del precedente incarico, imposta dalla necessità di portare a termine le operazioni affidate al commissario, non compiute perché, come si esprime il provvedimento, è stato innescato un procedimento di particolare complessità che necessita di ulteriori approfondimenti, verifiche ed acquisizione di dati.
D'altro canto, la perfetta identità dei due provvedimenti nel loro dispositivo conferma che di una proroga si tratta, la cui necessità è stata imposta dalla impossibilità di terminare il mandato affidato al commissario il cui incarico, del resto, era già stato ritenuto rinnovabile, in presenza delle necessarie condizioni, sin nel primo provvedimento.
Poiché i motivi proposti nei confronti del decreto di nomina del commissario non riguardano le ragioni che hanno spinto la amministrazione al rinnovo ma la stessa possibilità di conferire l'incarico, è evidente che, sotto siffatto profilo, la eccezione del contro interessato deve ritenersi fondata, il che rende inammissibile per tale parte il ricorso.
D'altro canto, poiché il primo motivo del ricorso riguarda entrambi gli atti, dal necessario esame che ne deve formulare il collegio per quanto riguarda la delibera della giunta regionale n. 463, è agevole osservare come tale motivo si manifesti infondato, non solo per quanto riguarda la delibera della giunta regionale, ma anche per quello che concerne il decreto del presidente.
Il ricorrente consorzio osserva che gli atti impugnati sono stati adottati successivamente alla entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001.
Con l'articolo 9 è stata disposta l'abrogazione dell'articolo 130 della costituzione che prevedeva il controllo della regione sull'attività delle province, dei comuni e degli altri enti locali.
Nel nuovo quadro costituzionale, quindi, secondo il consorzio, le funzioni degli enti locali non possono più essere compresse da un ente, la regione, che non è più sopra ordinato, bensì equiordinato, dal che consegue che tutte le disposizioni legislative statali e regionali che disciplinavano i controlli sono state abrogate, come del resto ha già stabilito, come ricorda il consorzio, questa sezione con una recente sentenza.
Ma la tesi del consorzio non convince.
Innanzitutto va osservato che già sono sorti dei dubbi se l'abrogazione delle norme costituzionali che prevedevano i controlli, li abbia del tutto soppressi o abbia invece sottratto loro solo la copertura costituzionale.
In effetti, la legge 3 del 2001 abroga gli articoli che riguardano i controlli ma non ne prevede una espressa soppressione.
Con ciò non si vuole affermare che essi sono rimasti in vita o che, comunque, ne sia possibile una riproposizione, perché ciò sarebbe senz'altro in contrasto con la volontà del legislatore e con i nuovi principi di autonomia e sussidiarietà che hanno accompagnato tutte le più recenti riforme legislative nella materia.
Il collegio, pertanto, ritiene di dover ancora seguire l'indirizzo che assume che i controlli di legittimità sono stati espunti dal nostro ordinamento, confermando la precedente decisione.
Peraltro, in applicazione di questi principi si deve oggi ritenere che nelle materie di legislazione concorrente, la regione abbia, tranne che per la determinazione dei principi fondamentali, una competenza esclusiva a disciplinarne legislativamente i contenuti, mentre agli enti locali è riservata la potestà esecutiva.
Ora la riforma costituzionale ha lasciato inalterato, tuttavia, il potere di controllo sostitutivo dello Stato nei confronti della regione dato che, come è noto, alla abrogazione dei controlli sugli atti non è seguita di pari passo l'abrogazione dell'articolo 120 della costituzione, il quale intende, nella sua nuova formulazione, garantire gli interessi fondamentali della Repubblica italiana.
Da ciò, peraltro, non si può trarre una ulteriore conseguenza e cioè che il potere di controllo sugli organi, attraverso l'intervento sostitutivo, sia oggi solo una attribuzione dello Stato, perché ciò si porrebbe in netto contrasto con i principi di autonomia regionale, ai quali, in fondo, si è ispirata la riforma; in questo caso, infatti, la regione non avrebbe alcuno strumento per un controllo delle attività nelle materie nelle quali le è riservata la facoltà legislativa.
Ritiene, infatti, il collegio che più che da una interpretazione lessicale della nuova formulazione dell'articolo 120, nelle modalità in cui la effettua la difesa del contro interessato, è la considerazione dei contenuti della riforma che induce a ritenere come non può essere stata sottratta all'autonomia regionale quella stessa forma di controllo nei confronti degli enti locali nelle materie di sua competenza, che lo Stato ha conservato nei confronti delle regioni.
Una diversa interpretazione, ad avviso del collegio, infatti, si porrebbe in stridente contrasto con la volontà di conferire alle regioni una più spiccata autonomia.
Infatti, queste ultime non avrebbero alcuna possibilità di controllare una corretta applicazione delle proprie norme nelle materie di competenza da parte degli enti deputati a disporne l'applicazione.
In conclusione, quindi, si deve ritenere oggi che sia tuttora esistente il controllo della regione sulla attività degli organi degli enti locali e, di conseguenza, la facoltà di usare del potere sostitutivo nell'ambito delle leggi regionali che ne dispongano le modalità.
Del resto lo stesso consorzio ricorrente ne ha colto la possibilità e ha censurato gli atti impugnati che risulterebbero, comunque, in contrasto con le disposizioni legislative che riguardano la materia.
Per quanto riguarda la deliberazione n. 463 ne denuncia la portata gravemente invasiva nei confronti delle prerogative del consorzio sottoponendolo ad una vera e propria attività ispettiva, rileva l'incompetenza della giunta regionale a provvedere in quanto la nomina del commissario sarebbe riservata in via esclusiva al difensore civico regionale e censura una cattiva applicazione delle norme a scapito di qualsiasi garanzia procedimentale, che opererebbe una commistione inaccettabile delle espressioni contenute nell'articolo 1 e nell'articolo 3 della legge regionale n. 65 del 2001.
Invero, osserva il collegio che è il consorzio ricorrente ad effettuare una inammissibile commistione di richiami a varie norme che nella deliberazione impugnata non sono citate visto che all'oggetto di essa l'unico richiamo specifico è quello effettuato all'articolo 3 della legge regionale 19 dicembre 2001 n. 65.
Questa disposizione che sostituisce l'articolo 36 della legge n. 26 del '93 e espressamente recita negli ultimi due commi: "Qualora i consorzi omettano di compiere atti obbligatori per legge si applicano le disposizioni previste dalla vigente normativa regionale in materia di controllo sostitutivo.
In tutti i casi nei quali il servizio fornito dai consorzi subisca interruzioni o ritardi tali da causare gravi disagi all'utenza la Giunta Regionale nomina un Commissario "ad acta" con il compito di produrre una relazione sull'operato del Consiglio di Amministrazione e sullo stato del servizio. Qualora dalla relazione del Commissario "ad acta" si evincano gravi irregolarità nella gestione che impediscono la corretta fornitura del servizio previsto dallo statuto, la Giunta Regionale dispone lo scioglimento del Consiglio di Amministrazione e nomina, in sua vece, un Commissario Straordinario.
Quindi, in primo luogo non è prevista alcuna preventiva diffida, in secondo luogo, poi, non sussiste la competenza del difensore civico regionale ma la norma investe specificatamente la giunta regionale per la nomina del commissario.
Ora, sostenere che l'uso di espressioni contenute nell'articolo 1 e nell'articolo 3 della legge regionale citata vengano a concretare perplessità e contraddittorietà tra gli assunti regionali che sarebbero riferiti a fattispecie diverse non è sostenibile data la chiarezza del testo legislativo.
Questo infatti prevede che la giunta regionale qualora rilevi nella attività del consorzio interruzioni o ritardi tali da causare gravi disagi può nominare un commissario con il compito specifico di produrre una relazione sull'operato del consiglio di amministrazione; successivamente se in base a tale relazione si indicano irregolarità nella gestione si può disporre lo scioglimento del consiglio di amministrazione e la nomina di un commissario straordinario.
Nella motivazione del decreto della giunta n. 463 si evince in modo indiscutibile che nel consorzio si sono evidenziati gravissimi ritardi (il consorzio risulta costituito da oltre un decennio) nella realizzazione della discarica talché alcuni dei comuni facenti parte del consorzio avevano anche manifestato opposizione al versamento di ulteriori somme di denaro a fronte di un servizio assolutamente inesistente.
Non si può, come propone il consorzio ricorrente, limitarsi a riferimenti lessicali, considerandoli "maccheronici" solo perché ci si riferisce a irregolarità nella gestione o a grandi disagi allo utenza per la carenza di servizi; quelle che risulta dalla deliberazione impugnata è un ingiustificabile ritardo nella realizzazione della discarica il che, in se stesso, è certamente foriero di provocare disagi all'utenza da individuare nella impossibilità di servirsi di una efficiente discarica.
Ciò giustifica la nomina del commissario per la individuazione delle ragioni del ritardo e di eventuali irregolarità sì che il provvedimento impugnato appare, sotto siffatto profilo, certamente del tutto legittimo.
D'altro canto, l'attività ispettiva e la necessità che un commissario provveda alla redazione di relazioni sulle attività dell'organo controllato, rientra certamente nel novero dei provvedimenti connessi al potere sostitutivo in materia di controlli sugli organi.
Non hanno, quindi, alcun rilievo tutte le osservazioni relative al merito delle irregolarità rilevate dal commissario dato che gli stessi enormi ritardi nella realizzazione della discarica senza che ciò abbia trovato valide giustificazioni, sono sufficienti, invece, a giustificare la sua nomina dato che, in fondo, doveva limitarsi a produrre una relazione sull'operato del consorzio.
Quando alla circostanza che le disposizioni legislative più sopra rammentate, ove non si ritengano abrogate dalla nuova configurazione costituzionale, a seguito dell'entrata in vigore della legge 18 ottobre 2001 n. 3, possano manifestare dubbi di legittimità costituzionale, il collegio, richiamandosi a quanto esposto innanzi nella ritenuta vigenza della possibilità per la regione di conservare il controllo sugli organi e, quindi, l'esercizio del potere sostitutivo, ritiene che essa deve ritenersi manifestamente infondata.
La rilevata inammissibilità delle censure proposte contro il decreto del presidente che ha prorogato la nomina del commissario esime il collegio dal loro esame.
Il ricorso n. 551 del 2002 deve ritenersi, pertanto, in parte inammissibile in parte infondato.
Con il ricorso 5 del 2003, invece, viene impugnato il decreto del presidente della regione con il quale è stato sciolto il consiglio del consorzio e nominato il commissario straordinario.
Si pongono i comuni ricorrenti il problema della loro legittimazione ad agire, affermando che la giurisprudenza amministrativa ha da sempre riconosciuto la sussistenza dell'interesse al ricorso da parte degli enti locali di provvedimenti regionali con i quali sono state commissariate aziende, istituzioni o enti strumentali che ad essi fanno capo.
Sotto lo stesso profilo, al contrario, il contro interessato solleva proprio preliminarmente il problema della legittimazione ad agire dei comuni facenti parte di un consorzio. A tale riguardo, citando un precedente (TAR Lombardia, sezione seconda di Milano, 13 novembre 1993, n. 644), osserva come le aziende consorziate sono munite di propria soggettività giuridica che non consente alcuna intromissione degli enti associati nella vita e nella gestione della distinta e autonoma entità soggettiva del consorzio, con la conseguenza che, in difetto di specifiche norme, non è configurabile la legittimazione dei soggetti associati a promuovere azioni che spettano solo al consorzio.
Il collegio, tuttavia, non condivide tale impostazione, ritenendo, altresì, che la decisione richiamata non possa essere invocata dato che il precedente è certamente riferibile ad una diversa fattispecie, riguardante la sostituzione a un consorzio certamente ancora esistente, laddove la situazione all'esame del collegio, riguarda, invece, proprio il provvedimento di scioglimento, il quale sicuramente realizza un effetto lesivo proprio nei confronti degli appartenenti al consorzio stesso.
Il ricorso e, pertanto, ammissibile, mentre va, invece, ritenuto infondato il primo motivo che riguarda la pretesa violazione dell'articolo 7 della legge 241 in materia di partecipazione al procedimento amministrativo. In effetti, il soggetto legittimato ad avvalersi del diritto alla partecipazione era solo il presidente del consiglio di amministrazione e non gli enti consorziati, nei confronti dei quali non vi era alcun obbligo di comunicare l'avvio delle procedimento. In ogni caso, il motivo è infondato perché della volontà di scioglimento del consorzio è stato dato avviso al presidente, il quale, tra l'altro, era già a conoscenza dell'attività del commissario e delle relazioni che lo stesso aveva sottoposto al vaglio della regione, sicché la domanda di accesso, inoltrata dopo l'esame operato sulla documentazione, così come rileva la difesa del contro interessato, appare del tutto strumentale, nel tentativo di dilazionare l'emanazione del provvedimento di scioglimento già preannunziato.
Premesso, quindi, che in ordine alle censure di illegittimità derivata dal ricorso n. 551 del 2002, il collegio può richiamarsi alle considerazioni che hanno portato alla sua reiezione, deve soffermarsi, infine, la sezione sulle contestazioni che i comuni ricorrenti formulano nel merito dei bene rilievi contenuti nella deliberazione di giunta.
Osservano i comuni ricorrenti che gli addebiti prendono spunto dalla relazione del commissario ad acta il 9 settembre 2002 ma questi si riferiscono alla gestione di organi diversi che hanno agito in tempi precedenti. Invece il consiglio di amministrazione della nuova azienda speciale consortile, è stato nominato il 9 settembre 2002 e da tale data ha svolto tutte le attività utili e necessarie nell'interesse dell'ente.
Queste attività non sono state oggetto di censura da parte della regione.
La tesi è singolare.
I comuni ricorrenti, cioè, mostrano di ritenere che lo scioglimento del consiglio di amministrazione dell'azienda consortile non poteva avvenire per fatti ricollegabili a gestioni precedenti. Anche perché nulla sarebbe stato contestato all'organo di gestione in carica e al suo operato.
Ma è evidente che la questione nasce proprio in ragione della rilevata inattività del consorzio che non può essere sanata solo perché si è cercato di modificare l'assetto giuridico del consorzio.
Una indagine conoscitiva e una attività diretta al controllo della gestione del consorzio era in atto ormai da più di un anno e su questa non poteva che formarsi la decisione della regione, la quale ha fondato il suo provvedimento sulla mancata attivazione dei servizi per i quali, del resto, il consorzio era stato istituito.
Non va dimenticato, infatti, che il consorzio funzionava da oltre un decennio e che, in questo lungo lasso di tempo della sua attività, non aveva prodotto i risultati che la sua istituzione si era proposta. Ciò è senz'altro un motivo più che valido per provvedere alla nomina di un commissario in virtù delle previsioni contenute nella legge n. 65 del dicembre 2001 dato che, in effetti, sicuramente realizza quelle irregolarità di gestione e carenza di servizi, da individuare nella mancata realizzazione della discarica, richiesti dalla norma per l'intervento di un commissario. Per il principio della sufficienza della motivazione questo rilievo è di per sé, quindi, atto a giustificare l'adozione dell'atto impugnato dal che discende l'infondatezza anche del secondo ricorso.
Le spese di entrambi i giudizi, tuttavia, riguardando la questione anche problemi connessi al nuovo assetto costituzionale in materia di controlli su gli organi, consente la integrale compensazione delle spese ed onorari di causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sezione di Pescara, dichiara in parte inammissibili, in parte respinge i ricorsi in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Cosi deciso in Pescara il 6 febbraio 2003.
Dr. Antonio Catoni Pres. Est.
Pubblicata mediante deposito 06.03.2003.