TAR LAZIO, SEZ. III – Ordinanza 6 febbraio 2002 n. 817 – Pres. Cossu, Est. Mollica - F. E. ed altri (Avv. Scoca) c. Ministero università ed altri (Avv. Stato Figliolia).
Pubblico impiego - Dipendenti Università - Tecnici laureati medici - Art. 8, comma 10°, L. n. 370/1999 - Non comporta l’inquadramento dei tecnici laureati nel ruolo dei ricercatori.
Pubblico impiego - Dipendenti Università - Tecnici laureati medici - Inquadramento nel ruolo ricercatori - Esclusione - Art. 8, comma 10°, L. n. 370/1999 - Contrasto con artt. 3 e 97 Cost. - Questione di legittimità costituzionale - Va sollevata.
L’art. 8, comma 10, della L. 19 ottobre 1999 n. 370, secondo cui il personale di cui all'art. 6, comma 5, del D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 502 e successive modificazioni è ricompreso nelle dizioni previste dall' art. 16, comma 1, della L. 19 novembre 1990 n. 341 e successive modificazioni, non può essere interpretato come previsione d'inquadramento ex lege dei tecnici laureati medici nel ruolo dei ricercatori universitari, bensì come conclusivo momento di equiordinazione funzionale fra le dette categorie, che restano peraltro distinte sul piano dello stato giuridico.
Va sollevata, con riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 10, della L. 19 ottobre 1999 n. 370 nella parte in cui, nel costituire momento conclusivo dell'evoluzione normativa di equiordinazione funzionale tra i tecnici laureati medici e i ricercatori universitari, non ha contestualmente previsto la correlata collocazione dei primi nell’apparato organizzativo universitario in posizione formale corrispondente alle funzioni normativamente esercitate (1).
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(1) La questione di costituzionalità è stata già sollevata con ordinanza del TAR Lazio, Sez. III, 10 maggio 2001 n. 4050, in questa rivista, n. 5/2001 pag. http://www.giustamm.it/private/tar/tarlazio3_2001-4050o.htm
Sui tecnici laureati v. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI, sent. 26 giugno 2001 n. 3452, in questa Rivista, n. 7-8/2001, pag. http://www.giustamm.it/private/cds/cds6_2001-06-26.htm, secondo cui, in particolare "l’art. 8, comma 10, L. 19 ottobre 1999, n. 370 (il quale dispone che «al personale di cui all'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 12, commi 1, 2, 3, 4, 6 e 7, della legge 19 novembre 1990, n. 341. Il suddetto personale è ricompreso nelle dizioni previste dall'articolo 16, comma 1, della legge 19 novembre 1990, n. 341, e successive modificazioni. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato») non può essere inteso nel senso di prevedere un inquadramento automatico dei tecnici laureati nel ruolo dei ricercatori, ma solo nel suo significato letterale di consentire anche ai tecnici laureati l’attività didattica, mediante il rinvio all’art. 12, L. n. 341 del 1990".
V. anche TAR SICILIA-CATANIA, SEZ. I, sent, 12 febbraio 2001 n. 294, ivi, n. 2/2001, pag. http://www.giustamm.it/tar1/tarct1_2001-294.htm, secondo cui "l'art. 8 della legge 19.10.1999 n. 370 (il quale ha stabilito, al comma 10, che al personale di cui all'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 12, commi 1, 2, 3, 4, 6 e 7, della legge 19 novembre 1990, n. 341) va inteso nel senso di ricomprendere tra le categorie nei confronti delle quali è applicabile l’immissione nel ruolo dei ricercatori anche la speciale categoria dei tecnici laureati contemplata dal d. lgs. 502/1992".
V. anche CORTE COSTITUZIONALE, ordinanza 11 febbraio 1999 n. 28, ivi, pag. http://www.giustamm.it/corte/cost1999-0028.htm
DIRITTO
1. - Come enunciato in narrativa, l'impugnativa proposta dagli odierni ricorrenti, tecnici laureati medici in servizio presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", gia inquadrati nella posizione di ricercatore universitario con decreto rettorale in data 21 gennaio 2000, è intesa all'annullamento del D.P.R. 18 gennaio 2001, che tale decreto rettorale ha annullato in via straordinaria ex L. n. 400/88.
2. - Si sostiene nel ricorso, in estrema sintesi, che sulla base dell'evoluzione normativa, il detto personale sarebbe stato collocato sul medesimo piano giuridico del personale medico docente, sì che la disposizione dell'art. 8, comma 10, della L. 19 ottobre 1999 n. 370 secondo cui il personale di cui all'art. 6, comma 5, D.L.vo n. 502/92 e successive modificazioni "è ricompreso nelle dizioni previste dall'art. 16, comma 1, della legge 19 novembre 1990 n. 341, e successive modificazioni" andrebbe intesa come previsione di inquadramento ex lege dei ricorrenti nel detto ruolo.
DIRITTO 1. - Come enunciato in narrativa, l'impugnativa proposta dagli odierni ricorrenti, tecnici laureati medici in servizio presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", gia inquadrati nella posizione di ricercatore universitario con decreto rettorale in data 21 gennaio 2000, è intesa all'annullamento del D.P.R. 18 gennaio 2001, che tale decreto rettorale ha annullato in via straordinaria ex L. n. 400/88.
2. - Si sostiene nel ricorso, in estrema sintesi, che sulla base dell'evoluzione normativa, il detto personale sarebbe stato collocato sul medesimo piano giuridico del personale medico docente, sì che la disposizione dell'art. 8, comma 10, della L. 19 ottobre 1999 n. 370 secondo cui il personale di cui all'art. 6, comma 5, D.L.vo n. 502/92 e successive modificazioni "è ricompreso nelle dizioni previste dall'art. 16, comma 1, della legge 19 novembre 1990 n. 341, e successive modificazioni" andrebbe intesa come previsione di inquadramento ex lege dei ricorrenti nel detto ruolo.
La corretta interpretazione dell'art. 8, comma 10, cit. presuppone un rapido excursus della portata delle norme che rilevano nella specie.
La figura del tecnico laureato è stata configurata dall’art. 35 D.P.R. n. 382/80, dedicato al personale tecnico delle Università, con la specifica funzione di coadiuvare i docenti per il funzionamento dei laboratori; agli stessi veniva assegnata anche la funzione di diretta responsabilità delle attrezzature scientifiche e didattiche in dotazione e la direzione dell’attività del personale tecnico non laureato assegnato al laboratorio.
L’art. 16, primo comma, L. 19 novembre 1990 n. 341 ha poi stabilito che "nella presente legge, nelle dizioni <<ricercatori>> o <<ricercatori confermati>> si intendono comprese anche quelle di <<assistenti di ruolo ad esaurimento>> e di <<tecnici laureati in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, alla data di entrata in vigore del predetto decreto"; e la "presente legge" specificava, all’art. 12, che i <<ricercatori>>, ad integrazione di quanto previsto dagli articoli 30, 31 e 32 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980 n. 382 "adempiono ai compiti didattici in tutti i corsi di studio previsti dalla legge, secondo le modalità di cui ai commi 3, 4, 5, 6 e 7 del presente articolo" (id est: affidamenti e supplenze, anche di corsi e moduli, partecipazione alle Commissioni d’esame, copertura di insegnamenti sdoppiati).
Per effetto di tale norma, quindi, ai tecnici laureati in possesso dei requisiti ex art. 50 D.P.R. n. 382/80 all'entrata in vigore del decreto sono stati attribuiti i precitati compiti di docenza e, deve ritenersi, avuto riguardo al richiamo ai compiti dei ricercatori ex artt. 30, 31 e 32 D.P.R. cit., contenuto nell'art. 12, che anche siffatti compiti (compiti didattici integrativi, esercitazioni, cicli di lezioni interne e attività di seminario) siano ricompresi nel rinvio, costituendo essi funzioni di più limitato spessore rispetto a quelle individuate dall'art. 12 cit., e quindi un prius logico, prima che giuridico, della disposizione stessa.
Ciò, nelle facoltà di medicina, in aggiunta ai compiti assistenziali di fatto esercitati da tale personale in relazione alla carenza, quantomeno all'epoca, di personale medico.
Col successivo art. 6, comma 5, D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 502, come sostituito dall'art. 7 D.L.vo 7 dicembre 1993 n. 517, si è stabilito che nelle strutture delle facoltà di medicina e chirurgia il personale laureato medico e odontoiatra di ruolo, in servizio alla data del 31 ottobre 1992, delle aree tecnico scientifica e socio sanitaria, "svolge anche le funzioni assistenziali".
Per effetto dell'art. 6 cit., al personale per cui è causa, in servizio al 31 ottobre 1992, sono pertanto attribuite formalmente anche le funzioni assistenziali.
Nel quadro di questa evoluzione normativa di assimilazione funzionale dei tecnici laureati ai ricercatori, sembra utile segnalare, ancora, le disposizioni dell'art. 72, comma 3, D.L.vo n. 29/93 - che consente al detto personale l'iscrizione all'ordine professionale - e dell'art. 1 comma 6 L. n. 662/96, che estende al personale medesimo la normativa sulla disciplina dell'attività libero professionale intra ed extra moenia.
In tale contesto normativo si inserisce la precitata disposizione dell'art. 8, comma 10, L. n. 370/99 che, nella prima parte, stabilisce che "al personale di cui all'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 12, commi 1, 2, 3, 4, 6 e 7, della legge 19 novembre 1990 n. 341".
Ad un primo esame, la disposizione sembrerebbe, inspiegabilmente, meramente reiterativa della attribuzione di compiti didattici ai tecnici laureati, già prevista dal ricordato art. 16, comma 1, L. n. 341/90 cit. per effetto del rinvio alle disposizioni della "presente legge" (e, quindi, all'art. 12 della legge medesima, che disciplina l'attività di docenza).
Senonchè, una differenza - e non di poco conto - appare ravvisabile fra le due disposizioni, riferendosi la norma degli artt. 16 e 12 L. n. 341/90 ai "tecnici laureati in possesso dei requisiti previsti dall'art. 50 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, alla data di entrata in vigore del predetto decreto", e, l'art. 8, comma 10, prima parte, L. n. 370/99 cit., "al personale di cui all'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni", e cioè ai tecnici laureati "in servizio alla data del 31 ottobre 1992".
L'art. 8, comma 10, prima parte, L n. 370/99 opera quindi una estensione della attribuzione dei compiti didattici al personale tecnico laureato non direttamente contemplato dall'art. 16 L. n. 341/90 in quanto non in possesso dei requisiti dei tecnici laureati ex art. 50 D.P.R. n. 382/80.
Ed invero, questi ultimi, giusta punto 3 dell'art. 50 cit., sono i tecnici laureati in servizio all'atto dell'entrata in vigore del D.P.R. n. 382/80, che entro l'anno accademico 1979-80 abbiano svolto tre anni di attività didattica e scientifica, quest'ultima comprovata da pubblicazioni edite, documentate da atti della facoltà risalenti al periodo di svolgimento delle attività medesime; mentre i tecnici laureati contemplati dall'art. 8, comma 10, L. 370/99 sono, giusta l'art. 6, comma 5, D.L.vo n. 502/92, tutti quelli in servizio nelle strutture della facoltà di medicina alla data del 31 ottobre 1992.
Ed allora, la disposizione dell’art. 8, comma 10, seconda parte, laddove stabilisce che "il suddetto personale è ricompreso nelle dizioni previste dall’articolo 16, comma 1, della legge 19 novembre 1990, n. 341 e successive modificazioni", non è reiterativa della disposizione dell’art. 16 comma 1 L. n. 341/90, in quanto, se è vero che entrambe si limitano ad includere "nelle dizioni" <<ricercatori>> e <<ricercatori confermati>> i tecnici laureati, è pur vero che diversi sono i destinatari delle due previsioni normative.
La disposizione dell’art. 8 comma 10 ha quindi una sua autonoma valenza estensiva alla speciale categoria dei tecnici laureati contemplata dal D.L.vo n. 502/92; sì che, mediante il rinvio alle <<dizioni>> di cui all’art. 16 L. 341/90 – che, a sua volta, rinvia, anche, all’art. 12 – il riferimento esclusivo ai compiti didattici sembra al Collegio, pur nella ambigua formulazione della norma, sufficientemente individuato.
Deve escludersi di conseguenza che l'art. 8, comma 10, seconda parte cit. costituisca l'ultimo tassello di una evoluzione normativa di assimilazione di status fra le due figure di personale universitario per cui è causa: esso è, semmai, un ulteriore, presumibilmente conclusivo, momento di equiparazione funzionale fra le due categorie, e non altro.
Non sembra allora lecita al Collegio una configurazione della norma in termini di previsione di inquadramento ex lege.
Sul piano letterale, ciò deve escludersi per quanto in precedenza esposto, anche alla stregua del fondamentale canone ermeneutico dell'art. 12 delle preleggi.
Ciò non senza concordare con l'acuta analisi della Seconda Sezione del Consiglio di Stato, laddove, nel parere in data 22 novembre 2000 - reso in sede di annullamento straordinario ex L. n. 400/88 odiernamente impugnato - definisce "ermetica" la disposizione dell'art. 8, comma 10, quale norma che "con i suoi complicati rinvii statici e la sua portata ambigua e lacunosa, ha voluto dire e non dire, dare e non dare, riconoscere e non riconoscere, demandando e rimandando a successivi interventi interpretativi, affidati necessariamente ad altri soggetti istituzionali, amministrativi e giurisdizionali, la scelta di opzioni applicative che, in ogni caso, era ben intuibile e prevedibile che avrebbero determinato la reazione di una o dell'altra delle categorie professionali interessate, come in effetti è puntualmente avvenuto con l'instaurazione di numerosi giudizi innanzi ai giudici amministrativi".
Peraltro, pur nella rilevata (dal Consiglio di Stato) opinabilità delle contrapposte soluzioni interpretative, il Collegio, al di là del dato letterale, non può esimersi dalla constatazione che l'ordinamento degli apparati pubblici, la cui organizzazione riceve tutela anche a livello costituzionale, non può essere svincolato, anche in ragione dell'interesse pubblico sotteso al buon funzionamento degli stessi, da puntuali prescrizioni che sanciscano, nelle singole fattispecie, le modalità di inserimento negli apparati medesimi: il che avrebbe richiesto una chiara previsione - nella specie insussistente - di incardinamento nella struttura universitaria con la qualifica pretesa, restando escluso che ciò potesse avvenire sulla base di una norma non solo "ermetica" e di portata "ambigua", ma anche di natura specializzante, ove si ponga mente all'attribuzione di funzioni docenti a personale che non è stato inserito nel pubblico ufficio per l'espletamento di tali funzioni, giusta art. 35 D.P.R. n. 382/80.
D'altro canto, a contrastare la tesi abilmente sostenuta dalla difesa dei ricorrenti concorrono, sul piano della interpretazione teleologica della norma, ulteriori elementi.
Non si comprenderebbe, invero, ove in ipotesi dovesse aderirsi alle tesi degli odierni ricorrenti, per quale motivo il Legislatore, con la L. n. 370/99, avrebbe introdotto un inquadramento automatico dei tecnici laureati, pur in presenza di altra legge, la n. 4 del 14 gennaio 1999 con cui, appena pochi mesi prima, e quindi, in un contesto normativo sostanzialmente unitario di disciplina dello specifico settore universitario, era stato previsto l'inquadramento del personale tecnico laureato mediante apposita procedura concorsuale riservata; e, per di più, senza alcun riferimento - quantomeno in senso modificativo, sostitutivo o derogatorio - a tale sistema di accesso alla qualifica ex L. 4/99; e ciò, a tacere delle ricadute sperequative tra appartenenti alla stessa categoria dei tecnici laureati, e in identica posizione, che si determinerebbero in ragione di una interpretazione siffatta - che immotivatamente ed illogicamente benificierebbe alcuni, destinatari dell'inquadramento automatico, e penalizzerebbe altri, col ricorso alla procedura concorsuale, sia pure riservata - con non lievi dubbi in ordine alla razionalità delle scelte sotto profili di rango costituzionale.
Ed ancora, non sembra secondario elemento quello ricavabile dal testo stesso della disposizione, laddove si prevede che "dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato".
Come già rilevato da altro Collegio giudicante (cfr. T.A.R. Bari, I Sez., 5 luglio 2000 n. 2759), non è ravvisabile omogeneità tra la retribuzione dei tecnici laureati e quella dei ricercatori, atteso che, ai sensi dell'art. 2, comma 1 L. 22 aprile 1987 n. 158, per questi ultimi il trattamento economico è pari al 70% della retribuzione prevista per i professori universitari di ruolo della seconda fascia di pari anzianità; e non può non concordarsi con la considerazione in proposito espressa dal precitato giudice, secondo cui sarebbe "del tutto capzioso distinguere tra bilancio dell'Università e bilancio dello Stato, per sostenere che l'inquadramento invocato graverebbe solamente sul primo, in quanto, come noto, anche nell'attuale prospettiva autonomistica permane una sostanziale derivazione (specie con riferimento alle spese per il personale) del finanziamento delle università dal bilancio dello Stato".
Diversamente opinando, il riferimento al "bilancio dello Stato", nella detta norma, apparirebbe meramente tautologico e di ben ermetico significato.
Per le suesposte considerazioni, pur a fronte della opinabilità, in astratto, delle contrapposte interpretazioni del dato normativo, il Collegio ritiene meditatamente che debba essere preferita quella che ravvisa nella portata della norma un ulteriore, conclusivo momento di equiordinazione funzionale di due categorie che restano peraltro distinte sul piano dello stato giuridico, in difetto di una norma che ne prescriva l'incardinamento in un'unica posizione formale.
3. - Le conclusioni cui è pervenuto il Collegio condurrebbero quindi a disattendere la tesi dei ricorrenti, siccome infondata.
Senonchè, a tali conclusioni il Collegio è pervenuto sulla base della corretta (tale è ritenuta da questo giudice) interpretazione di una norma della cui costituzionalità sembra lecito dubitare.
Ed invero, dalle argomentazioni che precedono emerge la configurabilità della piena equiparazione funzionale tra ricercatori e tecnici laureati per effetto della stratificazione di una serie di norme di cui l'art. 8, comma 10, L. 370/99 rappresenta il momento ultimo.
Sembra allora al Collegio che a tale equiordinazione funzionale, nell'ambito della medesima struttura organizzativa, debba necessariamente corrispondere una identità di posizione formale e non già una differenziazione di stato giuridico.
Se è vero che l'art. 8, comma 10, L. n. 370/99 costituisce il momento terminale della ricordata evoluzione normativa di assimilazione (cfr., in tal senso, anche II Sez., n. 921/2000 cit. e VI Sez., 2 novembre 1998 n. 1480), sembra al Collegio che esso, nella parte in cui non ha contestualmente previsto la correlata collocazione dei tecnici laureati nell'apparato organizzativo universitario in posizione formale corrispondente alle funzioni normativamente esercitate, si ponga in contrasto con l'art. 3 Cost. - inteso come generale canone di coerenza e ragionevolezza dell'ordinamento (Corte cost. n. 204/82) - sub specie di manifesta irragionevolezza della disposizione nel quadro del sistema normativo in cui la stessa si colloca, anche con riferimento all'art. 1, comma 10, della legge n. 4/99, e sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza a parità di presupposti, e quindi per disparità di trattamento, nonché col principio di buon andamento e d'imparzialità dell'Amministrazione ex art. 97 Cost., apparendo nel contempo "irrazionale e sperequato un intervento legislativo che scarichi su una categoria compiti ed obblighi funzionali già spettanti ad altra categoria operante all'interno della medesima struttura, senza riconoscere la complessiva disciplina di status a quest'ultima riservata" (cfr., in tal senso, Cons Stato, II Sez., n. 921/2000 cit.); e ciò non senza considerare la primaria rispondenza alle esigenze funzionali dell'Amministrazione della equiparazione funzionale di cui trattasi (a tale finalità risponde del resto anche la pregressa concessione ai tecnici laureati delle prerogative professionali e l'estensione del regime della libera professione ex art. 72 D.L.vo n. 29 del 1993 e art. 1 comma 6 L. n. 662/96).
4. - In punto di rilevanza della questione, sembra incontrovertibile che la tutela prevalente correlata all'azione intrapresa discende, nella specie, da una pronuncia additiva del giudice delle leggi che consenta il formale riconoscimento della posizione pretesa: sì che viene a configurarsi un'assoluta priorità - anche in ragione di principi attinenti all'economia di giudizio - di trattazione della detta questione.
E' invero evidente che la pronuncia additiva in precedenza indicata consentirebbe la soddisfazione piena dell'interesse dedotto in giudizio dai ricorrenti, consentendo loro l'inquadramento ex lege nelle qualifica di ricercatore, mentre le residue censure sollevano questioni che, ove fondate, assicurerebbero un minor grado di soddisfacimento dell'interesse dei ricorrenti e si presentano subordinate all'esito eventualmente negativo dell'incidente di costituzionalità.
5. - Per le considerazioni che precedono, va conseguentemente sollevata d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 10, L. 19 ottobre 1999 n. 370 per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. sotto i profili enunciati in motivazione.
Va disposta, pertanto, la trasmissione degli atti alle Corte costituzionale, con conseguente sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, per la pronuncia sulla legittimità costituzionale della suindicata norma.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione III – dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 10, della L. 19 ottobre 1999 n. 370 per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. sotto i profili enunciati in motivazione.
Dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del presente giudizio.
Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle Camere del Parlamento.