TAR LAZIO, SEZ. III - Sentenza 14 gennaio 2003 n. 96
- Pres. Cossu, Est. Dell’Utri - Cooperativa Acacia s.c.r.l. (Avv. Amorosino) c. Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (già dei lavori pubblici) (Avv.ra Stato) - (respinge).1. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Derivanti da lesione di interessi legittimi - Esclusione da procedura concorrenziale per l’accesso a contributi pubblici - Annullamento in s.g. - Danno da ritardo nella riammissione alla procedura e nell’erogazione dei contributi - Domanda di risarcimento - Nel caso in cui non sia stata preventivamente accertata in sede giudiziale l’illegittimità del comportamento inerte della P.A. - Non può essere accolta.
2. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Derivanti da lesione di interessi legittimi - Tutela risarcitoria - Funzione rispetto alla tutela giurisdizionale - E’ sussidiaria - Dal momento che la prima costituisce integrazione e non sostituzione della seconda.
1. L’annullamento in sede giurisdizionale dell’esclusione da una procedura selettiva per conseguire contributi pubblici, non comporta automaticamente l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno successivamente proposta, nel caso in cui il soggetto escluso e poi ammesso - anche in ipotesi di ritardo da parte della P.A. nel provvedere alla riammissione alla procedura, e all’erogazione del contributo - non si sia avvalso, nei termini di legge, degli strumenti di tutela apprestati dall’ordinamento per far valere eventuali e successive attività o inattività della P.A. pretesamente illecite, ulteriori rispetto all’esclusione, nonché dotate di propria autonomia giuridica (alla stregua del suesposto principio è stata respinta la domanda di risarcimento danni avanzata da una cooperativa che, avendo ottenuto l’annullamento in s.g. del provvedimento di esclusione dal confronto concorrenziale pubblico, per ottenere finanziamenti finalizzati alla realizzazione di alloggi e.r.p. destinati ai dipendenti delle Amministrazioni dello Stato impegnate nella lotta alla criminalità organizzata, aveva successivamente promosso azione diretta di risarcimento dei danni, asseritamente subiti in conseguenza del ritardo con cui era stata riammessa alla gara ed effettivamente ottenuto i contributi).
2. La tutela risarcitoria ha funzione sussidiaria rispetto alla tutela giurisdizionale accordata dall’ordinamento, dal momento che la prima costituisce integrazione e non sostituzione della seconda; pertanto, il previo annullamento del provvedimento – esplicito o implicito – amministrativo rappresenta uno degli elementi costitutivi dell’illecito causativo del danno, con la conseguenza che deve ritenersi precluso all’interessato di far valere la pretesa al risarcimento del danno allorché non abbia esercitato nei prescritti termini i mezzi di tutela offerti dall’ordinamento, i quali gli avrebbero consentito di ottenere la reintegrazione in forma specifica (1).
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(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 15 febbraio 2002, n. 952; Sez. VI, 18 giugno 2002, n. 3338; Sez. VI, 25 giugno 2002, n. 3483.
Commento di
OTTAVIO CARPARELLI
(Avvocato)
"Pregiudiziale amministrativa":
ancora sulla necessità del previo annullamento
del provvedimento amministrativo, ovvero, almeno, del previo accertamento,
in sede giudiziale, dell’illegittima attività della P.A.
1. Il fatto.
Il Ministero dei lavori pubblici e delle infrastrutture indiceva confronto pubblico concorrenziale per la selezione di proposte afferenti il programma straordinario per la costruzione, tra l’altro, di alloggi e.r.p., destinati ai dipendenti delle Amministrazioni dello Stato, impegnate nella lotta alla criminalità organizzata.
A tale procedura selettiva partecipava la società cooperativa ricorrente, presentando un proposta di programma integrato per la realizzazione nel Comune di Torino, di n. 228 alloggi ed immobili per attività commerciali, direzionali e turistiche.
Tra i requisiti per la partecipazione al superiore pubblico confronto, veniva prescritta l’effettiva disponibilità delle aree interessate dalla futura realizzazione degli immobili; sicché la cooperativa istante, nel corso della procedura, acquisiva e produceva agli atti dell’atipico procedimento concorsuale, atto unilaterale d’obbligo, con cui altra società proprietaria dei suoli necessari, si impegnava, tra l’altro, a trasferirle detti suoli.
Nel medesimo atto unilaterale d’obbligo, veniva inserita clausola d’inefficacia dello stesso, per il caso in cui, entro una determinata data (31 dicembre 1992) il programma proposto non fosse stato accettato dagli organi competenti.
Dopo la conclusione di un preventivo e positivo segmento istruttorio, la proposta della società insorta veniva, tuttavia, esclusa dalla gara.
Avverso il provvedimento di esclusione reagiva la cooperativa ricorrente. Il gravame aveva successo.
Accolta l’istanza incidentale di sospensione degli atti impugnati, la ricorrente veniva riammessa alla summenzionata procedura.
Sennonché, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti eseguiva l’ordinanza di accoglimento dell’istanza cautelare soltanto dopo un anno dalla pronuncia, riammettendo alla procedura la società interessata solo dopo tale torno di tempo, e con riserva.
Inoltre, soltanto a distanza di poco più di due anni dalla riammissione, le parti stipulavano, concretamente, convenzione per l’erogazione del finanziamento, sottoponendo, tuttavia, la relativa ed effettiva liquidazione a clausola sospensiva dell’efficacia.
Alla suddetta liquidazione la P.A. provvedeva, in effetti, successivamente alla pronuncia della sentenza di merito emessa nel giudizio amministrativo innanzi citato, con cui veniva definitivamente annullato il provvedimento di esclusione dalla procedura di confronto pubblico.
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La ricorrente, in prosieguo - ribadendo, da una parte, l’illegittimità del provvedimento con cui la propria proposta era stata pretermessa dalla procedura selettiva, e, quindi, dall’altra, la fondatezza della pretesa a vedersi tempestivamente riconosciuti i contributi illegittimamente denegati - promuoveva ulteriore ricorso giurisdizionale, finalizzato a conseguire il ristoro dei danni asseritamene subiti, in conseguenza del ritardo con cui il Ministero dei lavori pubblici aveva provveduto a riammetterla al confronto pubblico concorrenziale e, successivamente, ad erogare effettivamente le sovvenzioni.
Segnatamente, la società insorta, ponendo a presidio il precedente favorevole giudicato, promuoveva azione giurisdizionale per ottenere il risarcimento dei danni asseritamene subiti - specificamente quantificati - e consistenti:
- negli interessi passivi corrisposti sui mutui contratti per l’acquisto delle aree occorrenti alla realizzazione del programma;
- negli interessi di mora corrisposti per il ritardato pagamento delle rate del prezzo di acquisto delle aree;
- nei maggiori oneri per la realizzazione degli interventi di edilizia sovvenzionata, dovuti all’aumento del costo di costruzione degli immobili nei sei anni intercorsi tra l’illegittima esclusione e l’effettiva erogazione della prima tranche del contributo pubblico.
2. La questione in diritto e la decisione del T.A.R. Lazio.
Con la sentenza in commento il T.A.R. per il Lazio ha respinto la domanda risarcitoria, ritenendo, evidentemente, per un verso, di non poter considerare, al tempo stesso, non iure e contra jus il comportamento tenuto dal Ministero dei lavori pubblici e delle infrastrutture; per altro verso, e, conseguentemente, l’insussistenza di un effettivo vulnus inferto alla società cooperativa istante, quale diretta conseguenza eziologica del comportamento parzialmente inerte del Ministero.
A fondamento della propria pretesa la ricorrente aveva, tra l’altro, lamentato:
- il ritardo con cui la P.A. aveva eseguito l’ordinanza del T.A.R. Lazio pronunciata il 27 aprile 1994, di accoglimento dell’istanza incidentale di sospensione del provvedimento di esclusione dalla procedura selettiva;
- l’omesso effettivo riesame, in sede di autotutela, della domanda di ammissione alla procedura, nonostante la specifica istanza avanzata;
- il ritardo nella stipula della convenzione;
- l’inserimento nella convenzione della clausola di inefficacia fino alla pronuncia giurisdizionale;
- il blocco, per tale ragione, nell’erogazione del contributo, avvenuta tardivamente.
La singolarità della fattispecie segnalata, è ravvisabile nel fatto che, nella stessa, pur avendo l’Organo giurisdizionale adìto pronunciato l’annullamento, in via preventiva degli atti impugnati, ha ritenuto di non poter accordare alla società ricorrente la sostanziale pretesa risarcitoria.
I Giudici amministrativi del Lazio hanno osservato, sostanzialmente, che il ritardo con cui era stata data esecuzione all’ordinanza di concessione della misura cautelare, di annullamento del provvedimento di esclusione dalla gara, non aveva interferito sull’efficacia dell’atto unilaterale d’obbligo al trasferimento dei suoli ove realizzare gli immobili; e ciò perché, l’atto unilaterale, come innanzi detto, da un lato, era condizionato all’accettazione formale del programma costruttivo integrato entro la data del 31 dicembre 1992, e, dall’altro, era stato dichiarato inefficace soltanto allo spirare del 1995, quando si era ormai avverata la condizioni, ancorché oltre il termine originario.
Il Collegio ha chiarito, altresì, che, in ogni caso, tutti gli eventi asseritamente dannosi verificatisi successivamente al provvedimento di esclusione dal confronto, non solo non potevano reputarsi come collegati da un nesso eziologico diretto con la medesima esclusione dalla procedura selettiva, ma non potevano trovare causa diretta nemmeno nel ritardo che aveva caratterizzato l’esecuzione da parte del Ministero della misura cautelare a suo tempo concessa.
In vero, secondo il T.A.R. Lazio, i predetti eventi (ritardo nella riammissione alla gara, imposizione nella convenzione della clausola di inefficacia fino alla pronuncia giurisdizionale, diversi comportamenti omissivi), consistevano in una serie di attività o inattività, assertivamente illecite, ulteriori e successive rispetto all’esclusione, e, in quanto tali, dotate di propria autonomia giuridica.
In particolare, secondo il Collegio, la società ricorrente avrebbe potuto legittimamente insorgere, in sede giurisdizionale, contro gli specifici autonomi atti posti in essere dalla P.A. e, segnatamente, contro: l’imposizione della clausola di inefficacia della convenzione sino alla pronuncia giurisdizionale; contro comportamenti omissivi del Ministero, facendoli debitamente constare nelle forme di rito, e, infine, anche contro la ritardata ottemperanza dell’ordinanza di riammissione alla procedura, mediante esperimento dell’azione di esecuzione.
Ed invece, secondo il pensiero del Collegio, alcun accertamento risultava intervenuto, in sede giurisdizionale, in ordine all’illegittimità della suindicata ulteriore attività, positiva o negativa, posta in essere dall’Amministrazione; sicché non poteva trovare ingresso l’azione risarcitoria, per l’assenza del menzionato accertamento, ritenuto presupposto fondamentale.
Si evidenzia, infine, che il Collegio ha voluto ricordare, incidentalmente, l’impossibilità del G.A. di esercitare il potere di disapplicazione degli atti amministrativi, con specifico riferimento ad atti di natura non regolamentare (1).
3. Brevi conclusioni.
L’approfondita lettura del corredo motivazionale della decisione annotata, lascia la netta sensazione che l’Organo giurisdizionale abbia chiarito che l’effettiva tutela dell’interesse al bene (della vita) probabile, sia la diretta conseguenza - anche, e soprattutto - di un comportamento attivo e ordinariamente diligente da parte di chi - persona fisica o giuridica - rivolgendosi alla P.A. per ampliare la propria sfera giuridica e/o per evolvere la propria situazione giuridica soggettiva, ne sindaca l’esercizio dei "poteri", onde verificare il corretto esercizio della funzione amministrativa.
In vero, così come - è stato affermato di recente (2) - si pone nei confronti dell’Amministrazione, tra l’altro, l’obbligo di osservare i principi di correttezza e buona fede, così, al tempo stesso, chi, rapportandosi con la P.A., intende conseguire un determinato bene, non può - ove detto bene non abbia conseguito, o abbia conseguito in un momento successivo rispetto a quello di effettiva spettanza - sostanzialmente dolersi (anche sotto il profilo di una pretesa di ristoro per eventuali pregiudizi subiti), se non ha posto in essere e/o se non si è avvalso, con l’ordinaria diligenza, degli specifici strumenti di tutela che l’ordinamento giuridico appositamente appresta, anche al fine di evitare danni (art. 1227, co. 2°, e 2056 c.c.).
Senza dire che, nel caso esaminato, il comportamento della ricorrente potrebbe essere stato addirittura sufficiente, da solo, a produrre l’evento asseritamene dannoso (art. 1227 c.c. , comma 1, e 2056 c.c.).
Giova ricordare, infatti, da un lato, che, in dottrina e giurisprudenza, prevale l’avviso secondo cui deve escludersi ogni automatismo tra eventuale illegittimità dell’atto amministrativo e conseguente illiceità della condotta della P.A. produttiva di danno ingiusto ex art. 2043 c.c.; dall’altro, che l’elemento soggettivo della colpevolezza - necessario ai fini del configurarsi di un fatto illecito direttamente imputabile alla P.A. - non coincide tout court con l’illegittimità dell’azione amministrativa.
Sicché, così come non è sempre vero che, non soltanto perché un provvedimento amministrativo illegittimo è rimasto non impugnato, scompaiono automaticamente i relativi eventuali effetti dannosi, così, altrettanto, non è sempre vero che, solo perché un provvedimento amministrativo illegittimo è stato posto nel nulla in sede giurisdizionale, sorga automaticamente, in capo a chi, da tale provvedimento, abbia subìto una lesione nella propria sfera giuridica di interessi, il diritto ad una pretesa risarcitoria.
La pronuncia in commento è di interesse perché, oltre a conformarsi alle più recenti sentenze che affermano la necessità - ai fini della proposizione dell’azione risarcitoria innanzi al G.A. - del preventivo annullamento del provvedimento amministrativo, o quanto meno dell’accertamento giudiziale dell’illegittimità di un comportamento e/o di un’attività omissiva o commissiva della P.A. (3), interviene - fornendo ulteriori spunti di riflessione - a breve distanza dalla recente, criptica ed "abbottonata" pronuncia dell’Adunanza Plenaria (4), sull’attuale e nota questione della c.d. "pregiudiziale amministrativa".
In particolare, il provvedimento giurisdizionale in commento, confermando l’indirizzo che ha ormai preso piede, e colmando in parte il vuoto avvertito a seguito della prefata pronuncia dell’A.P., offre un ulteriore contributo alla suddetta tematica, con particolare riguardo alla rilevanza, ai fini della proposizione di una fondata azione risarcitoria nei confronti della P.A., di ogni singolo ed autonomo segmento procedimentale posto in essere dalla medesima P.A., in ordine allo stesso rapporto sostanziale.
Rispetto a ciascuna fase procedimentale è doveroso, dunque, da parte di chi intende tutelare un interesse protetto dall’ordinamento - sempre tenendo conto dell’interesse pubblico coinvolto - dare avvio, preventivamente e tempestivamente, a quelle azioni che possano garantire, ex ante, la reintegrazione in forma specifica della posizione giuridica soggettiva asseritamente lesa.
Note:
(1) Cfr. T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 30 ottobre 1997, n. 531; in Foro amm., 1998, 2139.
(2) Cfr. Cons. Stato, SEZ. V – Sentenza 10 gennaio 2003 n. 32, in questa Rivista, n. 1-2003.
(3) Cfr. TAR EMILIA ROMAGNA - Sentenza 25 novembre 2002 n. 852, in questa Rivista n. 11-2002.
(4) Cfr. ADUNANZA PLENARIA – Sentenza 20 dicembre 2002 n. 8, in questa Rivista, n. 12-2002.
per l'accertamento
del danno ingiusto prodotto:
a) dai provvedimenti del Ministero dei lavori pubblici – Segretariato generale CER – in date 21 gennaio e 9 febbraio 1994, di esclusione della ricorrente dalla procedura concorsuale indetta con d.m. 17 gennaio 1992, annullati dal TAR Lazio, Sez. III, con sentenza 11 novembre 1998;
b) dai successivi atti e comportamenti del medesimo ufficio;
e per la condanna
dell’Amministrazione intimata al risarcimento dei danni accertati.
(omissis)
F A T T O
Con ricorso notificato il 21 dicembre 2001 la Cooperativa Acacia s.c.r.l. ha esposto di aver partecipato al confronto pubblico concorrenziale indetto con d.m.ll.pp. 17 gennaio 1992 per la selezione delle proposte relative al programma straordinario di alloggi e.r.p. destinati ai dipendenti delle Amministrazioni dello Stato impegnate nella lotta alla criminalità organizzata, presentando una proposta di programma integrato per la realizzazione nel Comune di Torino di 228 alloggi ed immobili per attività commerciali, direzionali e turistiche. Poiché era richiesta la disponibilità delle aree interessate, acquisiva e produceva in allegato alla proposta l’atto unilaterale d’obbligo con cui la GEFIM, proprietaria dei suoli occorrenti, si impegnava, tra l’altro, a trasferirle detti suoli, stabilendo però l’inefficacia dello stesso atto se entro il 31 dicembre 1992 il programma non fosse stato accettato dal CER.
Superata la prima fase istruttoria, la proposta veniva esclusa con verbale 18 ottobre 1993 della commissione giudicatrice. Proponeva perciò ricorso al TAR Lazio, Sez. III, avanzando istanza cautelare accolta con ordinanza 27 aprile 1994 n. 382 ai fini della sua ammissione con riserva. Tuttavia solo nell’aprile 1995 ella era riammessa alla procedura e, dopo varie vicende, solo il 20 novembre 1997 veniva stipulata la convenzione, peraltro sottoposta a clausola sospensiva dell’efficacia, quindi dell’erogazione del finanziamento, sbloccato solo dopo la sentenza 21 dicembre 1998 n. 3701, di annullamento dell’esclusione in accoglimento della censura riguardante l’assenza di tre membri della commissione giudicatrice alla seduta di cui all’impugnato verbale n. 47/93.
Premessi in diritto la fondatezza della sua pretesa ad ottenere il contributo statale illegittimamente negatole, la sussistenza di nesso diretto di causalità tra gli atti e comportamenti del CER ed il danno patrimoniale da lei subito, nonché l’illiceità di detti atti e comportamenti del CER nel periodo 1994-99, con conseguente configurabilità di danno ingiusto, la ricorrente ha chiesto il risarcimento dei danni così tipizzati e quantificati:
1.- interessi passivi per complessive L. 2.334.417.303 sui mutui di complessive L. 4.000.000.000 contratti con la banca Mediocredito S.p.A. per l’acquisto dalla GEFIM S.p.A. delle aree occorrenti alla realizzazione del programma, necessitato dal fatto che per il ritardo della concessione del contributo non si è potuta avvalere del suaccennato atto unilaterale d’obbligo, tanto che alla fine del 1995 – cioè a tre anni dal 1992 – la stessa Società dichiarava di considerarsi ormai sciolta da relativo impegno;
2.- interessi di mora per complessive L. 1.923.650.697 corrisposti alla GEFIM S.p.A. per il ritardato pagamento delle rate del prezzo di acquisto delle aree; ritardo causato dal congelamento della convenzione e conseguente blocco del finanziamento;
3.- maggiori oneri pari a complessive L. 427.183.000 per la realizzazione degli interventi di edilizia sovvenzionata, dovuti all’aumento del costo di costruzione degli immobili nei sei anni intercorsi tra l’illegittima esclusione e l’effettiva erogazione della prima tranche del contributo.
L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha svolto controdeduzioni, alle quali l’istante ha replicato con memoria del 30 novembre 2002.
All’odierna udienza pubblica la causa è stata posta in decisione.
D I R I T T O
Com’è esposto nella narrativa che precede, col ricorso in esame la Cooperativa Acacia s.c.r.l. chiede che sia accertato il danno ingiusto da lei subito a seguito della sua esclusione, annullata in sede giurisdizionale, dalla procedura selettiva per la selezione di proposte relative ad un programma straordinario di alloggi e.r.p., con conseguente condanna del Ministero resistente al risarcimento. Più precisamente, l’istante imputa i danni, tipizzati e quantificati parimenti in narrativa, alle seguenti azioni commissive ed omissive del Segretariato generale del CER:
- ritardo nell’esecuzione dell’ordinanza del TAR Lazio 27 aprile 1994 n. 382;
- mancato effettivo riesame in sede di autotutela della sua domanda di ammissione alla procedura, nonostante la richiesta della Cooperativa in data 18 maggio 1995;
- ritardo nella stipula della convenzione, dovuto anche alla ritardata richiesta di parere al Consiglio di Stato, peraltro ormai facoltativo;
- inserimento in tale convenzione della clausola di inefficacia fino alla pronuncia giurisdizionale;
- conseguente blocco nell’erogazione del contributo.
Ciò posto, il Collegio osserva che la prima delle segnalate circostanze, e cioè l’esecuzione nell’aprile 1995 della menzionata pronuncia cautelare a distanza di un anno dalla pronuncia stessa, consistente nella riammissione alla procedura accompagnata dall’invito alla Cooperativa Acacia a sottoscrivere col Comune di Torino l’accordo di programma per la variante al p.r.g. al fine di localizzare nelle aree prescelte il programma integrato, non ha interferito sull’efficacia dell’atto unilaterale d’obbligo della GEFIM, condizionato all’accettazione formale del detto programma integrato entro il 31 dicembre 1992 (termine, questo, già ampiamente decorso al momento dell’esclusione disposta sin dal 18 ottobre 1993) e dichiarato inefficace solo alla fine del 1995, ovverosia quando, con l’accennato invito dell’aprile anteriore, si era avverata l’indicata condizione, sia pure oltre il termine originario.
A ben vedere, poi, tutti gli eventi successivi trovano causa diretta non nell’esclusione, e – per quanto detto – neppure nel ritardo con cui è stata data ottemperanza all’ordinanza del TAR, ma in una serie di attività o inattività, pretesamene illecite, ulteriori rispetto all’esclusione e dotate di propria autonomia giuridica, tanto che la ricorrente ben avrebbe potuto reagire in via giusdizionale impugnando i relativi atti, quali l’imposizione della contestata clausola nella convenzione, o comportamenti omissivi fatti debitamente constare nelle forme di rito. Così è, peraltro, anche con riguardo alla ritardata ottemperanza, giacché la Cooperativa Acacia avrebbe potuto esperire l’azione di esecuzione della ripetuta ordinanza del TAR.
E, com’è noto, la tutela risarcitoria ha funzione sussidiaria rispetto alla tutela giurisdizionale accordata dall’ordinamento, dal momento che la prima costituisce l’integrazione – e non la sostituzione – della seconda; pertanto, il previo annullamento del provvedimento – esplicito o implicito – amministrativo rappresenta uno degli elementi costitutivi dell’illecito causativo del danno, con la conseguenza che deve ritenersi precluso all’interessato di far valere la pretesa al risarcimento del danno allorché non abbia esercitato nei prescritti termini i mezzi di tutela offerti dall’ordinamento, i quali gli avrebbero consentito di ottenere la reintegrazione in forma specifica (cfr., tra le più recenti, Cons. St., Sez. IV, 15 febbraio 2002 n. 952, nonché Sez. VI, 18 giugno 2002 n. 3338 e 25 giugno 2002 n. 3483).
In altri termini, poiché, come ritenuto innanzi, il pregiudizio patrimoniale lamentato dall’istante deriva direttamente dall’indicata, ulteriore attività positiva o negativa dell’Amministrazione, la cui illegittimità non risulta accertata in sede giurisdizionale (né può esserlo in questa sede, stante l’assenza di un potere di disapplicazione del G.A. di atti di natura non regolamentare), e solo mediatamente dall’annullata esclusione dalla selezione, nella specie difetta il presupposto sostanziale fondamentale per la proposizione dell’azione risarcitoria introdotta col ricorso in esame. Ne deriva l’infondatezza della stessa azione, sicché il medesimo ricorso non può che essere respinto, senza che occorra svolgere ogni altra indagine in ordine alla sussistenza degli ulteriori elementi costitutivi del danno ingiusto.
Tuttavia, nella peculiarità della vicenda e delle questioni sottoposte all’esame del Collegio si ravvisano giusti motivi affinché possa essere disposta la compensazione tra le parti delle spese di causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione III, respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’11 dicembre 2002.
Luigi Cossu PRESIDENTE
Angelica Dell'Utri ESTENSORE
Depositata in segreteria in data 14 gennaio 2003.