TAR EMILIA ROMAGNA - PARMA - Sentenza 25 novembre 2002 n. 852 – Pres ed Est. Cicciò - Grande Albergo Detraz s.r.l. (Avv. Spaggiari) c. Comune di Salsomaggiore Terme (Avv. Cugurra) (respinge).
Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Per lesione di interessi legittimi - Danno da ritardo – Domanda – Nel caso di assenza di contestuale richiesta di annullamento di un atto o di accertamento giudiziale dell’illegittimità di un comportamento silente o inerte della P.A. - Non può essere accolta.
Nel caso in cui sia stato lamentato un ritardo nel rilascio di un provvedimento amministrativo (nella specie si trattava di una concessione edilizia), non è possibile avanzare una domanda di risarcimento del danno rivolta al giudice amministrativo ex art. 2043 c.c. senza una preventiva od almeno contestuale richiesta di annullamento di un atto o quanto meno senza una contestuale domanda di accertamento giudiziale dell’illegittimità del comportamento silente od inerte della P.A., accertamento rispetto al quale, peraltro, è necessariamente preliminare l’impugnazione di un silenzio ritualmente formatosi a seguito di apposita diffida e il decorso di un periodo prestabilito (1).
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(1) Commento di
OTTAVIO CARPARELLI
(Avvocato)
La fattispecie sottoposta all’attenzione del T.A.R. Parma aveva come oggetto, tra l’altro, la domanda risarcitoria avanzata dalla società ricorrente, in via pura ed autonoma, per ottenere il risarcimento del danno asseritamente subito in conseguenza del ritardato rilascio di una concessione edilizia in sanatoria.
In particolare, la società istante, lamentava, precipuamente, che, con riguardo al rilascio di detta concessione, il Comune di Salsomaggiore Terme avrebbe lasciato trascorrere un termine irragionevolmente lungo dalla presentazione dell’istanza, e che, durante tale arco di tempo, aveva perso opportunità economiche connesse alla possibilità di locare l’immobile interessato dal titolo abilitativi da ultimo rilasciato.
Il T.A.R. Parma, in accoglimento delle osservazioni "…giustamente…" formulate dalla difesa dell’ente locale, ha, dapprima, approfonditamente accertato e valutato le ragioni che hanno effettivamente determinato il ritardo nel rilascio (1), da parte del Comune di Salsomaggiore Terme, del provvedimento ampliativo.
Appurato che il significativo arco di tempo trascorso prima del rilascio del permesso di costruire, in sanatoria, da parte dell’ente locale, era riferibile direttamente e, in prevalenza, al comportamento tenuto dalla società ricorrente, e che, pertanto, sotto tale profilo, alcunché di illecito (dolo o colpa) o illegittimo poteva imputarsi alla P.A. resistente, ha respinto l’istanza risarcitoria.
Successivamente ha chiarito, altresì, che, in ogni caso, rispetto al suddetto accertamento, sembra necessariamente preliminare l’impugnazione di un silenzio ritualmente formatosi a seguito di apposita diffida, ed il decorso di un torno di tempo prestabilito.
Ha richiamato, al riguardo, T.A.R. Friuli Venezia Giulia 26 luglio 1999, n.903 (2).
In sostanza, il T.A.R. parmense, ha ritenuto che il diritto patrimoniale azionato dalla società ricorrente non era meritevole di tutela; e ciò perché, nella fattispecie esaminata:
- non poteva ravvisarsi un nesso di causalità tra quanto posto in essere dalla P.A., ed il danno asseritamente subito dall’istante,
- non erano configurabili a carico della P.A. gli estremi di un comportamento illecito, illegittimo o negligente, e/o non conforme ai principi cardine, di legalità, buon andamento e imparzialità,
- infine, anche e - per certi profili - soprattutto, in considerazione del comportamento non improntato a diligenza tenuto proprio dalla società ricorrente.
I Giudici parmigiani, in vero, hanno ritenuto infondata la domanda risarcitoria, avuto riguardo al seguente duplice ordine di ragioni:
-) il lungo lasso di tempo lasciato trascorrere dalla ricorrente prima di provvedere al deposito della documentazione integrativa richiesta dal Comune di Salsomaggiore per la definizione della domanda di rilascio dell’atto di assenso edificatorio, in sanatoria, nonostante i diversi inviti rivolti in tal senso dalla P.A.;
-) dell’istanza di proroga, avanzata dalla stessa ricorrente, del termine finalizzato al mero ritiro dell’atto abilitativo.
Con la pronuncia che si annota, viene posto un ulteriore tassello in merito alla questione della c.d. "pregiudiziale amministrativa", nel senso che, in materia di edilizia ed urbanistica, sembra che, per avanzare fondatamente una domanda risarcitoria, appare necessaria la preventiva impugnazione, ai fini dell’annullamento, dell’atto illegittimo adottato dall’ente, ovvero l’accertamento, in sede giudiziale, del comportamento altrettanto illegittimo e lesivo tenuto dalla P.A.
NOTE:
(1) T.A.R. Puglia - Lecce, Sez. I, 19 aprile 2002, n. 1572, in questa Rivista n. 4-2002.
(2) T.A.R. Friuli - Venezia Giulia, 26 luglio 1999, n. 903, in questa Rivista n. 7-1999.
Sulla c.d. pregiudiziale amministrativa v. da ult. in questa Rivista:
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 18 giugno 2002 n. 3338, con ampia nota redazionale.
P. VIRGA, Pregiudizialità dell’azione di annullamento rispetto a quella di risarcimento.
G. VIRGA, La dimidiazione dei termini prevista dall’art. 4 L. n. 205/2000 e la necessità dell’annullamento dell’atto per chiedere il risarcimento del danno innanzi al Giudice amministrativo (commento a TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. I – Sentenza 27 marzo 2002*)
S. DE FELICE, La c.d. pregiudiziale amministrativa nel giudizio di risarcimento dei danni innanzi al G.A.
G. CIARAVINO, Gli effetti della mancanza dei termini nella dichiarazione di p.u. ex art. 13 L. 2359/1865 e la pregiudiziale amministrativa ....
La questione riguardante la necessità o meno del preventivo annullamento per ottenere il risarcimento è stata recentemente rimessa alla decisione dell'Adunanza Plenaria dalla Sez. V, con ordinanza 6 maggio 2002 n. 2406, in questa Rivista Internet, n. 5/2002Per ulteriori riferimenti si fa rinvio all'apposita pagina di approfondimento.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato al Comune di Salsomaggiore Terme la S.r.l. in liquidazione "Grande Albergo Detraz" ha chiesto che, previa declaratoria di illiceità del comportamento tenuto nell’esame e nell’istruttoria della domanda di concessione edilizia in sanatoria richiesta il 9/1/1986 ai sensi della legge n. 47/85 e rilasciata il 14/4/1998, l’Amministrazione comunale venisse dichiarata tenuta – anche ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. – e condannata a risarcire i danni subiti dalla società per mancato sfruttamento economico dell’immobile, e indicati nella misura di l. 1.570.000.000, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria.
La ricorrente ha esposto, in particolare, di aver proposto, in un primo tempo, domanda del 18/8/1981 per ottenere l’agibilità parziale di alcuni lavori consistenti in cambiamenti di destinazione d’uso e diminuizione di volumi effettuati abusivamente ma in relazione ai quali aveva presentato progetto di variante in corso d’opera, rimasta inevasa, al pari della richiesta di agibilità, in attesa della legge sul condono edilizio.
I locali non potevano quindi essere utilizzati con un mancato guadagno di l. 18.000.000 annui per canoni locativi.
Successivamente veniva presentata per la stessa opera domanda di sanatoria del 9/1/1986 e, su assicurazione degli uffici comunali, si prendevano impegni e si perdevano opportunità per la locazione dei locali, che non poteva essere stipulata per l’inerzia e le difficoltà indebitamente frapposte nonostante i numerosi solleciti, e per l’incapacità degli uffici stessi ad effettuare i necessari conteggi.
La ricorrente invoca i DD.LL. 26/7/1994, n. 468, 27/9/1994, n. 551 e 25/11/1994, n. 649, quantunque non convertiti, in ordine alla responsabilità civile per illegittimo diniego di concessione e il D. Lvo 31/3/1998, n. 80, sulla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di risarcimento del danno da illegittimi comportamenti dell’Amministrazione in materia edilizia, nella specie sussistenti per essersi provveduto lasciando trascorrere un termine irragionevolmente lungo; per la mancata concessione dell’agibilità parziale; per disparità di trattamento consistente nell’aver concesso, nel 1987, ad altro soggetto l’autorizzazione ad aprire un centro estetico nel complesso e ad altro ancora a gestirlo senza la necessaria agibilità.
Il Comune di Salsomaggiore si è costituito in giudizio e anche con successiva memoria ha sostenuto l’infondatezza del ricorso.
Preliminarmente, deve rilevarsi l’inammissibilità del ricorso in ordine a parte della causa petendi e precisamente in ordine alla prospettata illegittimità del comportamento tenuto dall’Amministrazione nel non concedere una parziale autorizzazione all’agibilità di alcuni locali e nel concederla invece ad altri che si sarebbero trovati nella stessa situazione.
A parte, infatti, l’approssimazione ed anzi la genericità con cui tali prospettazioni vengono evidenziate, deve rilevarsi che al riguardo la ricorrente si è limitata a esporre i fatti relativi nella premessa del ricorso, senza poi completare la domanda con le necessarie conclusioni e con l’esposizione del danno che ritiene di aver subito, limitandosi a concentrare la sua richiesta sul punto concernente l’illegittimo ritardo nel provvedere sulla richiesta di concessione in sanatoria delle opere abusivamente costruite.
Anche tale richiesta deve peraltro essere respinta.
Giustamente, infatti, la difesa del Comune ha osservato innanzitutto come la richiesta di risarcimento del danno rivolta al giudice amministrativo non possa sostenersi senza una contestuale richiesta di annullamento di un atto e quanto meno di accertamento giudiziale dell’illegittimità di un comportamento silente o inerte, accertamento rispetto al quale, peraltro, sembra necessariamente preliminare l’impugnazione di un silenzio ritualmente formatosi a seguito di apposita diffida (v. T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 26/7/1999, n. 903) e il decorso di un periodo prestabilito.
La stessa ricorrente, in proposito, si è limitata a prospettare l’esistenza di richieste e solleciti effettuati al Comune, peraltro non nella forma della diffida e pertanto del tutto equivoche.
Anche nel merito, peraltro, il ricorso non sembra fondato, non essendo prevista l’esistenza di una colpevole inerzia da parte degli uffici comunali.
Infatti, come rilevato dalla difesa del Comune, la ricorrente ha tardato per anni a depositare la documentazione integrativa richiesta per la definizione della domanda, nonostante gli inviti rivolti dagli uffici il 14/12/1987, il 31/5/1988 e il 13/6/1995.
Soltanto il 7/8/1996 e l’8/11/1996 è stata presentata la documentazione richiesta.
La stessa ricorrente, poi, non ha subito ritirato la concessione in sanatoria, ma ha chiesto una proroga per il ritiro della stessa, e con nota 27/6/1988 ha ammesso che le servivano "tempi lunghi" per le produzioni richieste (v. relazione del 7/11/2002 del tecnico comunale).
Il ricorso dev’essere, quindi, respinto.
Sussistono. peraltro, giusti motivi per l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna, Sezione di Parma, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Compensa fra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Parma, il giorno 19 novembre 2002.
f.to Gaetano Cicciò Presidente Rel. Est
Depositata in Segreteria ai sensi dell’art.55 L. 18/4/82, n.186.
Parma, lì 25 novembre 2002