TAR PUGLIA-LECCE, SEZ. I – Sentenza 19 aprile 2002 n. 1572 – Pres. Ravalli, Est. Severini – De Carlo (Avv. Memmo) c. Comune di Lecce (Avv.ti De Salvo e Astuto) e Cicirillo ed altri interventori ad opponendum (Avv.ti G. e V. Pellegrino).
1. Giustizia amministrativa - Ricorso giurisdizionale - Avverso il silenzio della P.A. - Ex art. 2 L. n. 205/2000 - Domanda di risarcimento dei danni derivanti dal ritardo - Avanzata congiuntamente alla domanda di annullamento del silenzio ex art. 2 cit. - Ammissibilità.
2. Giustizia amministrativa - Risarcimento danni - Per lesione di interessi legittimi - Danno da ritardo - Ammissibilità - Presupposti per il riconoscimento - Individuazione - Spettanza del bene di vita - E’ in re ipsa - Accertamento del mero ritardo - Insufficienza - Verifica delle ragioni che hanno cagionato il ritardo - Necessità.
1. Nell'ambito del giudizio ex art. 21 bis l. 1034/71, introdotto dall’art. 2 della L. n. 205/2000, avverso il silenzio della P.A. può essere avanzata una domanda di risarcimento dei danni, nei casi in cui tale pretesa trovi il suo fondamento proprio nell’atteggiamento inerte della P.A. (1).
2. Nel caso del danno da ritardo (in cui, cioè, il privato non agisce per ottenere il ristoro, derivante dalla perdita definitiva del bene della vita, cui aspirava, ma soltanto per far valere il pregiudizio provocato dal ritardo nel suo conseguimento), mentre l’elemento della spettanza del bene della vita, cui il privato aspirava, non necessita d’alcuna prova particolare, risultando, per così dire, in re ipsa, non è sufficiente il solo accertamento del ritardo per la statuizione circa l’obbligo del risarcimento del danno, ex art, 2043 cod. civ. dato che a tal fine occorre esaminare le ragioni del ritardo, vale a dire se l’Amministrazione non ha rispettato il termine finale del procedimento per dolo o per colpa, ovvero se la sua inerzia possa ritenersi giustificata (2).
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(1) Ha aggiunto in proposito il T.A.R. Puglia-Lecce che le concrete caratteristiche del potere esercitato dall’Amministrazione e la natura dell’interesse azionato in tale giudizio, riguardano non già l’astratta proponibilità, bensì già la sussistenza degli elementi costitutivi della responsabilità aquiliana, onde giammai potrebbe derivarne un giudizio d’inammissibilità della relativa domanda all’interno di una azione ex art. 2 L. n. 205/2000.
Sul potere del G.A., in sede di esame di un ricorso ex art. 2 L. n. 205/2000, di verificare la sussistenza dell’obbligo di provvedere solo in astratto e non in concreto v. tuttavia Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, dec. 9 gennaio 2002 n. 1, in questa Rivista, n. 1/2002, pag. http://www.giustamm.it/private/cds/cdsadplen_2002-1.htm
V. in argomento anche da ult. TAR Lombardia-Brescia, 13 aprile 2002 n. 686 (ivi, pag. http://www.giustamm.it/private/tar/tarlombbrescia_2002-04-13.htm), che ritiene invece necessario esaminare in concreto l’obbligo della P.A. nel caso in cui sia stato richiesto l’intervento del Comune per verificare la legittimità di lavori eseguiti mediante D.I.A.
(2) Alla stregua del principio il TAR Puglia-Lecce, dopo avere dato atto che era trascorso un lasso di tempo di 2 anni, ha osservato tuttavia che il mancato assolvimento, da parte dei competenti organi ed uffici del Comune di Lecce, dell’obbligo di provvedere tempestivamente circa l’istanza del ricorrente, non poteva ritenersi connotato in termini di colpa (e tanto meno di dolo), apparendo viceversa obiettivamente giustificato. In considerazione di ciò, non è stata accolta l’istanza risarcitoria avanzata dal ricorrente.
A tal fine si è fatto riferimento ai principi generali espressi dalle Sezioni unite della Cassazione con la sentenza n. 500/1999 (in questa Rivista Internet, pag. http://www.giustamm.it/corte/casssu_1999-500.htm) in materia di risarcimento del danno derivante da lesione d’interessi legittimi pretesivi ed in particolare ai due seguenti presupposti: 1) l’illegittimità del provvedimento che, per gli interessi pretensivi, è condizione necessaria, ma non sufficiente per la configurazione di un danno risarcibile, dovendosi all’uopo verificare la spettanza del bene della vita, con giudizio prognostico del Giudice del risarcimento; 2) l’elemento soggettivo, il quale non è insito in re ipsa nell’illegittimità del provvedimento, dovendosi verificare la sussistenza del dolo o della colpa.
Sui presupposti e condizioni necessarie per ritenere risarcibile la lesione di interessi legittimi v. amplius la apposita pagina di approfondimento http://www.giustamm.it/private/approf/approf_risarcinteressi.htm
per l’annullamento
- del silenzio-rifiuto formatosi sull’atto stragiudiziale di diffida notificato al Comune di Lecce in data 13.04.01, ai fini dell’emanazione d’un provvedimento espresso circa il piano di lottizzazione, proposto con istanza dell’8.04.99, acquisita al protocollo generale n. 1668/99;
- nonché, ove occorra, della nota, prot. n. 31626, del 10.05.2001, a firma del dirigente del Settore Urbanistica, con cui detto procedimento di lottizzazione è stato sospeso;
nonché per la declaratoria dell’obbligo e la conseguente condanna
del Comune di Lecce a concludere il procedimento, relativo al piano di lottizzazione di cui sopra, con un provvedimento espresso;
nonché per la condanna
dell’Amministrazione Comunale al risarcimento del danno ingiusto, cagionato alla ricorrente per non aver espresso una determinazione definitiva sulla proposta di lottizzazione, avanzata dalla medesima, nonostante il decorso di due anni dalla proposizione della relativa istanza;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie, depositate dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Udita, alla camera di consiglio del 4 aprile 2000, la relazione del Componente del Collegio, Paolo Severini, ed uditi altresì gli Avv. Memmo per la ricorrente, Laura Astuto per l’Amministrazione resistente e Valeria Pellegrino per gli interventori ad opponendum;
ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue
FATTO
Con il ricorso in epigrafe, De Carlo Patrizia rappresentava quanto segue:
- era proprietaria d’alcune aree, ricadenti all’interno del Sub Comparto L – zona C/4 del vigente P.R.G. – inserito nel 1° P.P.A. del Comune di Lecce (Lungo Via Monteroni);
- il 27/04/94 – unita,mente ad altri proprietari del comparto – presentava una prima proposta di lottizzazione, correlata dagli elaborati grafico-progettuali (piano poi modificato – in data 6.01.98 – dagli stessi proponenti);
- il 31.10.98 la C.E.C. esprimeva parere contrario circa detto piano, poiché contrastante con l’art. 71 delle N.T.A., le planimetrie del vigente P.R.G. e del 1° P.P.A.;
- con nota . 3693/98, del 21.10.98, il dirigente dell’U.T.C. comunicava detto parere negativo agli istanti, i quali – osservava la ricorrente – s’erano adeguati a tale determinazione, sicchè gli uffici comunali non davano ulteriore corso al procedimento;
- con istanza del 7.04.99, prot. gen. n. 16168 dell’8.04.99, la ricorrente, convinta della giuridica impossibilità dell’adozione del piano presentato il 26.01.98, avanzava una nuova proposta, con la quale si conformava a tutti i rilievi, espressi dall’Ufficio P.R.G. e dalla C.E.C.;
- con esposto-diffida del 12.05.99, alcuni dei proprietari che, insieme alla Sig.ra De Carlo, avevano presentato il primo p. di l., asserivano che le aree ricadenti nel comparto, già sfruttate a fini edificatori sotto la vigenza del precedente P.R.G., sebbene asservite a costruzioni già esistenti potevano essere svincolate, per esprimere la maggiore volumetria assentibile secondo le previsioni del nuovo P.R.G., e diffidavano, pertanto, l’Amministrazione Comunale a non dar corso alla proposta della De Carlo;
- il 30.05.2000 la C.E.C. rilasciava parere favorevole, a condizione, circa il p. di l. proposto dalla ricorrente;
con nota n. 5104 del 9.10.2000, tuttavia, il dirigente del Settore Urbanistico – smentendo quanto da lui stesso sostenuto in una nota del 20.05.99, con cui aveva dato riscontro all’esposto-diffida di cui sopra – aderiva, sostanzialmente, alla tesi degli altri proprietari del comparto (ovvero la possibilità di una nuova utilizzazione delle aree già vincolate, a condizione che le stesse fossero preventivamente affrancate dall’originario asservimento), e sospendeva il procedimento, relativo all’adozione del piano proposto dalla Sig.ra De Carlo, assegnando il termine di giorni quindici, agli altri proprietari, per adeguarsi alle mutate determinazioni dell’Ufficio (non era dato sapere, rilevava la ricorrente, se davvero lo svincolo delle particelle, già asservite a costruzioni, edificate sotto la vigenza del precedente P.R.G. fosse stato, poi, realizzato dagli altri proprietari d’aree del comparto);
- da allora, l’Amministrazione comunale assumeva un comportamento sostanzialmente inerte, non assumendo alcuna determinazione né sulla proposta di lottizzazione del 26.01.98, né su quella presentata, dalla Sig.ra De Carlo, il 7.4.99, che pure aveva favorevolmente superato il vaglio degli organi tecnico-consultivi;
- sicchè, al fine di superare tale situazione si stallo, la ricorrente aveva notificato, il 10.11.00, un primo atto, con cui aveva diffidato l’Amministrazione Comunale di Lecce all’adozione della proposta di lottizzazione, presentata il 9.04.99;
- con nota del 29.11.00, il dirigente del Settore Urbanistico affermava, tuttavia, che detta proposta non poteva essere sottoposta all’esame del Consiglio Comunale, prima della pronunzia, positiva o negativa, di detto organo sul precedente p. i l., il cui iter procedurale non poteva considerarsi ancora concluso;
- con atto, notificato il 27.12.00, la ricorrente diffidava allora, nuovamente, il Comune all’adozione del secondo piano di lottizzazione, pienamente conforme alla disciplina urbanistica, ma con nota n. 44 dell’8.01.01 il dirigente del Settore Urbanistica, persistendo, a parere della Sig.ra De Carlo, in un atteggiamento dilatorio, chiedeva, alla medesima, di chiarire se intendesse ancora aderire al primo progetto di lottizzazione, e ciò anche in considerazione del fatto che alcuni proprietari del comparto avevano chiesto un incontro con tutti gli altri proprietari di terreni della zona;
- con ricorso, notificato il 14.02.2001, la Sig.ra De Carlo chiedeva l’annullamento del silenzio-rifiuto serbatoi dal Comune sulla diffida del 27.12.00, e la dichiarazione dell’obbligo del Comune di concludere esplicitamente entrambi i procedimenti di lottizzazione in oggetto;
- il T.A.R., con sentenza del 21.03-7-04.2001, respingeva tale ricorso, con la motivazione che la nota del 21.10.98, con cui il dirigente dell’U.T.C. aveva comunicato, alla Sig.ra De Carlo, il parere contrario della C.E.C. sul primo progetto di lottizzazione, costituiva atto conclusivo del procedimento, con cui era stato adempiuto, da parte del Comune, all’obbligo di provvedere sulla relativa istanza; il T.A.R. non si pronunziava, invece, sull’obbligo dell’Amministrazione di concludere espressamente il secondo procedimento, volto all’approvazione della lottizzazione in oggetto, poiché la diffida della ricorrente, sul cui presupposto il ricorso era stato notificato, aveva riguardato esclusivamente l’istanza del 26.01.98;
- detta sentenza, non appellata dalle parti, era divenuta definitiva; ma era gravata (d’opposizione di terzo) da parte di alcuni dei proponenti la prima lottizzazione, che none erano stati parti in primo grado;
- in data 13.04.2001 la ricorrente intimava al Comune di Lecce, con un’ulteriore diffida, di adottare il secondo p. di l.;
- con nota del 24.04.01 il dirigente del Settore Urbanistica, non conformandosi, a parere della ricorrente, alla citata sentenza del T.A.R., che aveva ritenuto concluso il procedimento concernente la prima proposta di lottizzazione, ma continuando a considerare i due procedimenti reciprocamente interferenti, chiedeva ai proponenti del primo p. di l. di conoscere la loro posizione, riguardo alla sentenza del T.A.R. e al successivo atto di diffida della De Carlo;
- con nota prot. 31626 del 16.05.01, lo stesso dirigente comunicava alla ricorrente che, in accoglimento d’espressa richiesta da parte di alcuni dei proponenti del primo piano di lottizzazione, sospendeva il procedimento di cui all’istanza dell’8.040.99 e alla diffida del 13.04.01, nelle more della decisione del C. di S. circa l’appello rectius: opposizione di terzo) avverso la citata sentenza del T.A.R., proposto da chi non era stato parte del giudizio di primo grado;
- avverso tale comportamento, considerato ostruzionistico, del dirigente del Settore Urbanistica, la Sig.ra De Carlo presentava il ricorso in epigrafe, nel quale deduceva, quali motivi di censura, violazione dell’art. 97 della Costituzione ed eccesso di potere per violazione del giudicato, atteso che il dirigente non s’era conformato alla decisione del T.A.R., di considerare ormai concluso il procedimento riguardante la prima proposta di lottizzazione; nonché eccesso di potere per violazione del giudicato, atteso che il dirigente non s’era conformato alla decisione del T.A.R., di considerare ormai concluso il procedimento riguardante la prima proposta di lottizzazione; nonché eccesso di potere per difetto di motivazione, in ordine al silenzio-rifiuto serbato sull’ultimo atti di diffida (del 13.04.01), nonché violazione dell’art. 2 l. 241/90 e dell’art. 22 della l. 30.04.99 n. 136, la quale ultima disposizione stabiliva il principio della rigorosa predeterminazione temporale delle fasi, di cui si compone il procedimento di pianificazione urbanistica attuativa comunale, prescrivendo che l’adozione, da parte dei Consigli Comunali, dei piani attuativi d’iniziativa privata, deve avvenire entro il termine di giorni novanta, a decorrere dalla data della presentazione dell’istanza, corredata dagli elaborati previsti.
Infine la ricorrente denunziava, nella condotta dell’Amministrazione Comunale, eccesso di potere per irrazionalità e contraddittorietà dell’azione amministrativa, nonché sviamento e violazione del principio di tutela dell’affidamento dei cittadini nei confronti della P.A.; e lamentava d’aver subito un danno ingiusto, in conseguenza del comportamento illegittimo del Comune di Lecce, che a distanza di più di due anni, dall’8.04.99, non aveva ancora adottato alcuna determinazione circa la lottizzazione del comparto in oggetto, riservandosi di fornire prova di tale danno in corso di causa.
In data 30.08.2001 intervenivano nel presente giudizio ad opponendum, i Signori Cicirillo, i quali in primo luogo contestavano che l’Amministrazione Comunale dovesse pronunziarsi espressamente sulla proposta di lottizzazione De Carlo, in pendenza dell’opposizione di terzo, da loro proposta al C. di S. contro la prefata sentenza del T.A.R. (della quale illustravamo i contenuti); in secondo luogo, quand’anche si statuisse l’obbligo del Comune di concludere esplicitamente detto procedimento, non poteva ritenersi sussistente anche l’obbligo, per il Comune, di pronunziarsi in senso positivo sull’istanza in questione.
Poiché, pertanto, la sentenza del T.A.R. non poteva considerarsi passata in giudicato, la scelta soprassessoria del dirigente dell’U.T.C., consistente nell’attendere la decisione del C. di S., era da considerarsi legittima, oltre che opportuna, atteso che il rigetto definitivo dell’istanza lottizzativi del 15.01.98 (ritenuto dal T.A.R., ma contestato dagli interventori nell’opposizione di terzo presentata al C. di S.) costituiva evidentemente il presupposto dell’esaminabilità dell’istanza dell’8.04.99.
In data 4.09.01 si costituiva il Comune di Lecce, depositando la documentazione pertinente al ricorso; nella stessa data la ricorrente produceva memoria difensiva, nella quale replicava all’intervento spiegato dai Signori Cicirillo, rilevando che la sentenza del T.A.R., citata in precedenza, doveva ritenersi ormai definitiva, giacchè nessuna delle parti aveva proposto appello, e che l’opposizione di terzo spiegata dai Cicirillo non precludeva il passaggio in giudicato della medesima tra le parti; tra l’altro, gli opponenti non potevano essere considerati terzi, poiché portatori d’un interesse coincidente, non configgente, rispetto a quello fatto valere dalla ricorrente; la Sig.ra De Carlo, ribadiva, inoltre, la piena conformità della seconda proposta di lottizzazione agli strumenti urbanistici sovraordinati, vigente nel Comune, come attestato ripetutamente dagli organi tecnici che avevano espresso i loro parei in merito.
Con ordinanza resa all’esito della camera di consiglio del 5.09.01, la Sezione sospendeva, ex art. 295 c.p.c., il procedimento, fino alla comunicazione della sentenza del Consiglio di Stato circa l’opposizione di terzo presentata dai Signori Cicirillo, ritenuta pregiudiziale rispetto alla decisione del ricorso, relativo all’impugnativa del silenzio-rifiuto.
In data 30.01.2002, peraltro, la difesa della ricorrente presentava istanza di fissazione d’udienza, nella quale segnalava che con delibera n. 139 del 20.11.2001 il Consiglio Comunale di Lecce aveva ribadito il rigetto del p. di l. presentato in data 26.01.98 (il cui procedimento, rilevava, si era già negativamente concluso con la comunicazione, in data 21.10.98, da parte del dirigente dell’U.T.C., del parere contrario della C.E.C., come statuito dal T.A.R.); e che con delibera n, 140, in pari data, il C.C. aveva adottato il p. di l. presentato dalla medesima Sig.ra De Carlo, con istanza acquisita al protocollo generale del Comune in data 8.4.99; e, inoltre, che nel giudizio, innanzi al C. di S., era stata emanata una sentenza interlocutoria in data 3.11.01, mentre all’udienza del 4.12.2001 era stato disposto il rinvio della discussione a data da destinarsi.
Rappresentava, pertanto, che per effetto della delibera n. 139/01 era cessato l’interesse dei Cicirillo al ricorso innanzi al C. di S., e conseguentemente erano venute meno le ragioni di pregiudizialità, che erano state poste a fondamento dell’ordinanza di sospensione resa dal T.A.R.; che, per effetto della delibera n. 140/01, era poi cessata la materia del contendere, in relazione alla domanda della De Carlo, avente ad oggetto l’annullamento del silenzio-rifiuto serbato dall’Amministrazione comunale circa la sua diffida del 13.04.01, mentre persisteva l’interesse della ricorrente ad una pronuncia del T.A.R. relativamente all’aspetto risarcitorio della vicenda.
Seguiva, in data 14.03.02, la produzione di documenti sia da parte della ricorrente, che da parte della difesa del Comune; quindi il 22.03.02 il Comune depositava memoria conclusiva, in cui concordava circa l’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse, riguardo alla domanda tesa all’annullamento del silenzio-rifiuto; quanto alla domanda risarcitoria, n’eccepiva l’inammissiiblità, stante la natura stessa del giudizio proposto ex art. 21 bis legge 1034/71, volto all’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dalla P.A., ed in cui era possibile innestare domande di diversa natura, come quella di risarcimento del danno; la domanda in oggetto era altresì inammissibile, in considerazione dell’ampia discrezionalità che connota la procedura di approvazione d’un piano di lottizzazione, e della natura pretensiva dell’interesse fatto valere dal privato; anche qualora detta domanda fosse stata ammissibile, essa era comunque infondata nel merito, poiché mancava la prova dell’elemento soggettivo dell’illecito aquiliano, attesa l’interferenza, nella vicenda in esame, di due proposte di lottizzazione, entrambe presentate dalla De Carlo, mentre quanto nella sentenza del T.A.R. non era pacifico che la comunicazione del parere dell’U.T.C. valesse come atto conclusivo del procedimento, relativamente al primo p. di l., potendosi pure ritenere che il diniego d’approvazione di un progetto siffatto debba assumere, ex art, 27 comma 3° l.r. 56/80, la forma della deliberazione del Consilio Comunale (il che valeva, quantomeno, ad escludere l’elemento della colpa nella condotta dell’Amministrazione).
Del resto, la presentazione di un’opposizione di terzo, avvero la citata sentenza del T.A.R., dimostrava palesemente la sussistenza di ragioni d’opportunità, legate ad interessi pubblici, che consigliavano la sospensione del procedimento, relativo alla seconda proposta di lottizzazione, in attesa della pronunzia del Consiglio di Stato.
Il 23 marzo 2002 la ricorrente depositava in giudizio una memoria conclusiva, nella quale esplicitava le ragioni, a fondamento della pretesa risarcitoria, rilevando come ricorressero tutti gli elementi, per la configurabilità in capo al Comune della responsabilità aquiliana; un comportamento omissivo legittimo, in violazione delle regole d’imparzialità, correttezza e buona amministrazione; la colpa gravissima, se non addirittura il dolo dell’Amministrazione, che aveva ritardato di due anni e sette mesi, senza alcuna valida giustificazione, l’emanazione delle determinazioni conclusive, circa il piano di lottizzazione proposto l’8.04.99. (provvedimento che – tra l’altro – non richiedeva alcun’attività istruttoria, trattandosi del mero adeguamento, della precedente proposta di lottizzazione, ai rilievi formulati dalla C.E.C.); la ricorrente quantificava poi il danno subito nel mancato utile che avrebbe conseguito dallo sfruttamento edificatorio delle aree di sua proprietà, nonché nell’incremento dei costi per l’edificazione, rispetto a quanto preventivato alla data di presentazione della proposta di lottizzazione; ed insisteva per la condanna dell’Amministrazione alle spese processuali, attesa la "soccombenza virtuale" della stessa, rispetto alla domanda d’annullamento del silenzio-rifiuto.
Nella pubblica udienza del 4 aprile 2002, sulle conclusioni rassegnate dalle parti, il ricorso è stato introitato per la decisione.
DIRITTO
Rileva il Tribunale che effettivamente va pronunziata la cessazione della materia del contendere riguardo alla domanda d’accertamento dell’illegittimità del silenzio-rifiuto, mantenuto dal Comune di Lecce circa la diffida della Sigra De Carlo del 13.04.2001, con la quale la ricorrente intimava all’Amministrazione comunale di "adottare senza ulteriore indugio il piano di lottizzazione in data 8/4/99, acquisito al prot. gen. n. 16168/99".
Con deliberazione n. 140 del 20.11.2001, infatti, il Consiglio Comunale di Lecce "visto il progetto trasmesso con istanze rispettivamente in data 7.04.99, 14.06.00, con le quali la Sig.ra De Carlo Patrizia, proprietaria d’alcune aree ricadenti all’interno del sub comparto L del 1° P.P.A., chiedeva l’approvazione del progetto di P. di L. a firma dell’arch. R. Orsi", adottava detto piano di lottizzazione, composto dagli elaborati grafici specificati in delibera, piano del quale ordinava il deposito presso la segreteria comunale per dieci giorni consecutivi, nonché un’adeguata pubblicità, per l’eventuale proposizione d’opposizioni od osservazioni circa il medesimo.
E’ evidente, quindi, che l’Amministrazione comunale di Lecce ha dato riscontro, sia pure in ritardo, alla domanda di lottizzazione – ed alle successive diffide – della ricorrente, onde la materia del contendere – relativamente alla declaratoria dell’illegittimità del silenzio-rifiuto serbato dal Comune – deve essere conseguentemente dichiarata cessata.
Residua unicamente la questione del risarcimento del danno ex art. 2043 cod. civ., reclamato dalla ricorrente sui presupposti: a) dell’illegittimità della condotta omissiva, tenuta dall’Ente comunale nella vicenda, sopra delineata; b) della sua qualificazione in termini di colpa gravissima, se non di dolo; c) dell’emersione di un concreto pregiudizio a carico della lottizzazione, consistente – quanto al danno emergente – nell’incremento dei costi generali, rispetto all’epoca della presentazione dell’istanza, e – quanto al lucro cessante – nel mancato guadagno, derivante dall’impossibilità di cedere tempestivamente, a fini edificatori, le aree di sua proprietà.
Preliminarmente, si rileva che di tale domanda è stata eccepita, dalla difesa del Comune, l’inammissibilità sotto due distinti profili, il primo, concernente l’impossibilità di innestare, in un giudizio speciale come quello sul silenzio della P.A., volto unicamente all’accertamento dell’illegittimità del contegno omissivo mantenuto dall’Amministrazione, pretese diverse, e segnatamente quella volta al risarcimento del danno giusto, che richiederebbe l’instaurazione di un rito diverso; e il secondo, fondato sull’ampia discrezionalità che connota l’operato della P.A nella materia dell’adozione dei piani attuativi d’iniziativa privata, tale da impedire alla radice l’apprezzamento, ai fini risarcitori, dell’interesse pretensivo fatto valere dalla ricorrente.
A tale proposito, ritiene il Tribunale che entrambe dette eccezioni preliminari siano infondate, in primis perché il giudizio ex art. 21 bis l. 1034/71 non configge con l’inserimento, in esso, di una pretesa risarcitoria, ogni qual volta detta pretesa trovi – come nella specie – proprio nell’atteggiamento inerte della P.A. il suo fondamento; e poi, perché le concrete caratteristiche del potere esercitato dall’Amministrazione, e la natura dell’interesse azionato in tale giudizio, riguardano non già l’astratta proponibilità, bensì già la sussistenza degli elementi costitutivi della responsabilità aquiliana, onde giammai potrebbe derivarne un giudizio d’inammissibilità della relativa domanda.
Ciò posto, rileva il Tribunale come nella specie – attesa la conclusione comunque favorevole del procedimento, relativo alla domanda di lottizzazione presentata dalla ricorrente – quest’ultima tenda, tipicamente, a far valere contro la P.A. un danno cd. da ritardo, derivante cioè dal non avere, il Comune di Lecce, adottato tempestivamente il provvedimento, oggetto della richiesta del privato (e ciò, secondo la ricorrente, nonostante la presenza di tutte le condizioni, previste dalla legge e dallo strumento urbanistico generale, per l’accoglimento dell’istanza).
E’ noto come, rispetto alla specifica tematica in oggetto, la prevalente dottrina e giurisprudenza, nell’affrontare il tema del coordinamento tra l’art. 17 lett. f) della legge 59/97 (che impegna il Governo a prevedere, per i casi di mancato rispetto del termine del provvedimento, di mancata ritardata adozione del provvedimento, di ritardato o incompleto assolvimento degli obblighi e delle prestazioni da parte della pubblica amministrazione, forme d’indennizzo automatico e forfetario a favore dei soggetti richiedenti il provvedimento) e la sentenza n. 500/99 delle SS.UU. della Corte di Cassazione, ritiene che la prima norma garantisca un minimum di ristoro patrimoniale in via forfetaria, salva la prova, da parte del privato, del danno ulteriore causato dall’illegittimo ritardo con cui la P.A. ha esercitato la propria attività provvedimentale.
Stabilito, dunque, che legittimamente la ricorrente ha azionato la pretesa de qua, si reputa opportuno riportare i passaggi logici, che secondo la citata decisione della Suprema Corte devono essere analizzati, al fine di pervenire al riconoscimento del danno da lesione d’interessi legittimi pretesivi: 1) l’illegittimità del provvedimento è, per tale tipo d’interessi, condizione necessaria, ma non sufficiente per la configurazione di un danno risarcibile, dovendosi all’uopo verificare la spettanza del bene della vita, con giudizio prognostico del Giudice del risarcimento;
2) l’elemento soggettivo non è insito in re ipsa nell’illegittimità del provvedimento, ma si deve verificare la sussistenza del dolo o della colpa.
Rileva il Collegio come tali principi devono essere, per altro, adattati allo specifico caso del danno da ritardo, in cui il privato non agisce per ottenere il ristoro, derivante dalla perdita definitiva del bene della vita, cui aspirava, ma soltanto per far valere il pregiudizio, provocato dal ritardo nel suo conseguimento.
Orbene, quanto al primo dei due cennati requisiti, considerata la particolare configurazione del danno in esame, ed attesa la conclusione positiva del procedimento, può dirsi che l’elemento della spettanza del bene della vita, cui il privato aspirava, non necessita d’alcuna prova particolare, risultando, per così dire, in re ipsa; mentre quanto all’elemento oggettivo, del ritardo nell’adozione del provvedimento, del pari può ritenersi che lo stesso sia sussistente, posto che la Sig.ra De Carlo ha chiesto l’approvazione del secondo piano di lottizzazione nell’aprile del 1999, e che il provvedimento conclusivo (nella forma dell’adozione del piano in questione da parte del Consiglio Comunale, e salva l’approvazione definitiva) è intervenuto oltre due anni, dopo la presentazione dell’istanza del privato, vale a dire in un tempo sicuramente sproporzionato rispetto a quello ragionevolmente necessario (oltre che normativamente fissato, per effetto dell’art. 22 della l. 30 aprile 1999, n. 136, che sotto la rubrica "Piani attuativi degli strumenti urbanistici" prevede termini assai concretati – rispettivamente di novanta giorni dalla presentazione dell’istanza, e di trenta giorni dalla scadenza del termine per le osservazioni e le opposizioni – per l’approvazione da patrie dei consigli comunali di piani attuativi d’iniziativa privata, conformi alle norme ed agli strumenti urbanistici vigenti, e per la deliberazione del Consiglio Comunale, d’approvazione in via definitiva dello strumento attuativo).
Ciò posto, rileva peraltro il Tribunale che il solo accertamento del ritardo, nell’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento, promosso dal privato e teso all’ampliamento della sua sfera giuridica, non è sufficiente, per la statuizione circa l’obbligo del risarcimento del danno, ex art, 2043 cod. civ.; a tal dine occorre, infatti, trascorrere alla considerazione delle ragioni del ritardo, vale a dire se l’Amministrazione non ha rispettato il termine finale del procedimento per dolo o per colpa, ovvero se la sa inerzia possa ritenersi giustificata.
A tale riguardo, il Tribunale ritiene che il mancato assolvimento, da parte dei competenti organi ed uffici del Comune di Lecce, dell’obbligo di provvedere tempestivamente circa l’istanza della ricorrente, terminando nei tempi previsti il procedimento, riguardante la domanda di lottizzazione de qua, non possa ritenersi connotato in termini di colpa (e tanto meno di dolo), apparendo viceversa obiettivamente giustificato, sulla base delle considerazioni che si diranno; sicchè l’istanza risarcitoria, avanzata dalla Sig.ra De Carlo, non può trovare accoglimento.
A tale riguardo, rileva il Collegio che la ricorrente ha fondato i suoi illeciti, volti all’approvazione della secondo domanda di lottizzazione, sulla conformità della stessa agli strumenti urbanistici vigenti, confermata dal parere espresso dalla C.E.C., nonché sulle statuizioni del T.A.R. Lecce, che con sentenza n. 1613/01 del 21/03 – 7.04.2001 stabiliva che il procedimento, relativo alla prima proposta di p. di l., presentata dalla Sig.ra De Carlo insieme ad altri proprietari del comparto, dovesse ritenersi ormai concluso, grazie alla comunicazione ai componenti, da parte del dirigente dell’U.T.C., in data 21.10.98, del parere negativo espresso in merito dalla C.E.C.
Una volta superato infatti, per effetto della citata decisione, l’impedimento, opposto dal Comune, consistente nella necessità della previa conclusione dell’iter procedurale della prima proposta di lottizzazione, nessun altro ostacolo poteva frapporsi, secondo la ricorrente, all’accoglimento, da parte della P.A., dell’ulteriore istanza, volta all’approvazione del piano attuativo in oggetto.
Rileva in proposito il Tribunale che - com’emerge dalle memorie e dalla documentazione in atti – all’istanza della ricorrente dell’8.4.99, all’approvazione del secondo piano di lottizzazione, interveniva in data 30.05.2000; che in data 14.06.2000 la Sig.ra De Carlo trasmetteva una copia completa del progetto, adeguato a quanto richiesto dalla C.E.C. e dall’Ufficio P.R.G., impegnandosi a presentare, in fase di convenzionamento, un progetto relativo all’impianto di pretrattamento delle acque meteoriche, regolarmente approvato dagli enti competenti; pochi giorni dopo, il 26.06.2000, i Sig.ri Cicirillo presentavano, tuttavia, un altro esposto al Comune, con il quale reiteravano la richiesta di non dar corso all’approvazione del piano presentato dalla De Carlo.
La situazione d’incertezza, circa la reciproca interferenza dei due procedimenti di lottizzazione, sembrava effettivamente superata, grazie alla citata sentenza del T.A.R. del marzo-aprile 2001, non appellata dalle parti; seguiva tuttavia la presentazione, da parte dei Sig.ri Cicirillo, rimasti estranei a tale giudizio, di un’opposizione di terzo, avverso detta sentenza, sicchè ragioni d’opportunità consigliavano il Comune, prima di decidere definitivamente in merito, di attendere la decisione del C. di S., sull’opposizione di terzo in questione (e che dette ragioni non fossero infondate, osserva il Collegio, è provato dal fatto che la stessa Sezione, nel presentare ricorso, in sede di delibazione dell’istanza volta all’annullamento del silenzio-rifiuto, sospendeva il procedimento, ex art, 295 c.p.c., ritenendo pregiudiziale la citata pronunzia del C. di S.).
In definitiva, dall’esposizione dei momenti salienti dell’iter procedimentale, volto all’approvazione della seconda domanda di lottizzazione, non emerge alcun atteggiamento colposo dell’Amministrazione, trovando il ritardo nell’approvazione del p. di l. obiettiva giustificazione, dapprima, nell’incertezza determinata dall’interferenza delle due consecutive domande di lottizzazione e poi – dopo la sentenza del T.A.R., che dichiarava la prima proposta definitivamente respinta – dall’iniziativa giudiziaria degli interventori ad opponendum, che non consentiva di ritenere definitivamente acquisito, sul piano giuridico, il risultato cui era pervenuto il T.A.R.
Ne consegue che la richiesta di risarcimento dei danni, fatta valere dalla ricorrente, deve essere respinta.
Quanto alle spese di giudizio, le stesse vanno poste a carico dell’Amministrazione comunale, atteso che l’istanza della ricorrente è stata soddisfatta, in ogni caso, soltanto dopo la presentazione del presente ricorso, e vanno liquidati complessivamente in € 2.000, oltre I.V.A. e C.A.P. come per legge; quanto alle altre parti del giudizio, sussistono, a parere del Tribunale, giusti motivi per dichiararle integralmente compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Prima Sezione di Lecce, definitivamente pronunziando in ordine al ricorso in epigrafe (n. 2404/2001), lo dichiara improcedibile per essere cessata la materia del contendere.
Respinge la domanda di risarcimento del danno, avanzata dalla ricorrente.
Condanna il Comune di Lecce al pagamento, in favore di De Carlo Patrizia, delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi € 2.000, oltre I.V.A. e C.A.P. come per legge.
Dichiara ogni altra spesa processuale integralmente compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso, in Lecce, nella camera di consiglio del 4 aprile 2002.
Aldo Ravalli Presidente
Paolo Severini Estensore
Depositata il 19 aprile 2002.