TAR LAZIO, SEZ. III TER - Sentenza 20 gennaio 2003 n. 223 - Pres. Corsaro, Est. Tosti - Ceci (Avv. Mastrolilli) c. Telecom Italia s.p.a (Avv.ti Lattanzi e Leone) - (accoglie il ricorso e annulla il silenzio-rifiuto).
1. Atto amministrativo - Diritto di accesso - Diniego - Impugnativa - Nel caso di riproposizione di istanza identica ad un precedente nei riguardi della quale si è formato un silenzio-rifiuto - Inammissibilità - Nel caso di riporposizione di istanza formulata in modo diverso rispetto alla precedente - Ammissibilità.
2. Atto amministrativo - Diritto di accesso - Soggetti passivi - Non sono solo gli enti pubblici ma anche i gestori di pubblici servizi - Natura pubblica o privata dell’atto richiesto - Irrilevanza.
1. Anche se non può essere elusa la perentorietà del termine per impugnare un diniego di accesso attraverso la riproposizione della stessa domanda e la tempestiva impugnazione del secondo diniego meramente confermativo, deve tuttavia ritenersi ammissibile un ricorso avverso il diniego di accesso nel caso in cui la nuova domanda di accesso sia stata formulata in modo diverso e corretto rispetto alla precedente.
2. Ai sensi dell’art. 4, comma 2, della legge 3 agosto 1999, n. 265, il diritto di accesso è esercitabile non solo nei confronti delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici, ma anche verso i "gestori di pubblici servizi" (nella specie, la Telecom), non rilevando la disciplina sostanziale, pubblicistica o privatistica, dell’atto da esibire e neppure se, nel caso di controversia, vi sia la giurisdizione ordinaria o quella amministrativa; tranne le eccezioni tassativamente previste dalla legge, il diritto di accesso sussiste infatti per tutti gli atti, anche dei gestori di pubblici servizi, tutte le volte in cui sussistano esigenze di trasparenza, volte ad agevolare il concreto perseguimento dei valori costituzionali del buon andamento. Pertanto, anche il gestore di pubblici servizi non può negare l’accesso agli atti riguardanti la sua attività di diritto privato solo in ragione della loro natura privatistica (1).
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(1) Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 22 aprile 1999, n. 5, in questa Rivista n. 4-1999 (con nota di M. PROTTO, L’Adunanza Plenaria afferma l’accessibilità degli atti di diritto privato della P.A.), secondo cui in particolare l’accesso può avere luogo "anche in relazione alla residua attività del gestore, quando si manifesti un interesse pubblico prevalente rispetto a quello imprenditoriale, sulla base di un giudizio di bilanciamento".
In applicazione del principio nella specie è stato ritenuto illegittimo il silenzio-rifiuto formatosi su di una domanda di accesso avanzata da un lavoratore che aveva prestato la propria opera presso la Telecom tendente ad ottenere dei documenti che gli erano necessari al fine di essere ammesso ai benefici previdenziali di cui all’art. 13, comma 8 della legge n. 257/1992, relativa ai lavoratori esposti all’amianto.
Ha osservato in proposito il T.A.R. Lazio che, nel caso di specie, appariva prevalente l’interesse pubblico alla trasparenza dell’attività del gestore, con riferimento all’esibizione al diretto interessato della documentazione comprovante i modi ed i tempi del relativo rapporto di lavoro.
Il richiedente, infatti, non era un estraneo rispetto alla struttura organizzativa della Telecom, ma un soggetto che, seppure in un recente passato, era stato legato alla società da un vincolo di dipendenza, per cui non si ravvisavano ragioni ostative all’esibizione dei documenti comprovanti tale rapporto, in special modo in considerazione del fatto che l’interessato si era limitato a richiedere più volte la cognizione dei dati storici oggettivi, relativi alla cadenza temporale del rapporto di lavoro con la società, al mero fine di ricostruire gli elementi minimi di fatto, presupposti necessari per avviare un separato autonomo procedimento.
Né gli atti richiesti potevano essere qualificati tra quelli "provenienti dal soggetto privato che chiede l’accesso", poiché a suo tempo il sinallagma si era perfezionato con l’apporto paritario delle due volontà, del privato e del gestore, per cui la Società, esibendo al ricorrente gli atti ancora in suo possesso non sopperiva alla negligenza dell’interessato, ma si limitava ad applicare alla sua attività i principi della trasparenza e della buona organizzazione, in funzione collaborativa, che devono improntare ogni attività del gestore.
V. in materia da ult. in questa Rivista:
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – Sentenza 17 settembre 2002 n. 4711, secondo cui, in particolare, la normativa sull'accesso riguarda gli atti dell'Amministrazione in quanto tali, non rilevando, ai fini dell'accesso, la loro disciplina sostanziale pubblicistica o privatistica e neppure se, nel caso di controversia, vi sia la giurisdizione ordinaria o quella amministrativa (di legittimità, esclusiva o di merito).
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – Sentenza 5 marzo 2002 n. 1303, secondo cui, in particolare,
l’art. 23 della L. n. 241/1990, include nel novero dei soggetti passivi dell’accesso i "gestori" di pubblici servizi, ossia persone giuridiche normalmente operanti, quale che sia la natura giuridica assunta, in regime privatistico.
(omissis)
per l’accertamento
del diritto di accedere ai documenti in possesso della Telecom
Italia s.p.a e la contestuale condanna della società all’esibizione ed
estrazione di copia degli atti e documenti indicati nell’istanza notificata il
data 30/9, 1/10/
(omissis)
FATTO E DIRITTO
Il ricorrente, dopo aver ripetutamente chiesto alla Telecom, presso la quale ha prestato la propria opera fino al 30 maggio 1997, l’accesso ai documenti relativi all’attività lavorativa prestata, senza ottenere alcuna risposta, con atto notificato il 30 settembre 2001 ha reiterato la propria richiesta .
Maturatosi il silenzio ai sensi dell’art. 25 della legge n.
241/90, lo stesso ha adito il giudice amministrativo deducendo la violazione
dell’art.
Si è costituita la società, che nella propria memoria ha sollevato molteplici eccezioni di inammissibilità della pretesa.
A suo avviso il ricorso sarebbe in primo luogo tardivo, poiché il silenzio impugnato sarebbe confermativo di precedente silenzio formatosi su un’istanza di analogo contenuto, notificata il giorno 11 gennaio 2002.
L’eccezione è infondata e la giurisprudenza richiamata a suo sostegno non sembra pertinente.
E’, infatti, ormai consolidato il principio in base al quale non può essere elusa la perentorietà del termine per impugnare un diniego di accesso attraverso la riproposizione della stessa domanda e la tempestiva impugnazione del secondo diniego meramente confermativo.
Nella specie, tuttavia, a parte che il ricorrente ha formulato in modo diverso e corretto l’ultima istanza, escludendo per la società ogni onere di un inammissibile facere e limitandosi a chiedere, in sintesi, la visione del proprio fascicolo personale, la Società non ha mai in precedenza indicato espressamente le ragioni ostative all’accesso, sicché non vi è stata mai alcuna istruttoria od un esame degli elementi di fatto o di diritto, di cui il silenzio impugnato dovrebbe rappresentare una conferma.
La richiesta sarebbe inammissibile anche perché implicherebbe un’attività di certificazione da parte della Telecom, diversa ed ulteriore rispetto all’esibizione di atti già esistenti.
Si è già incidentalmente rilevato, al contrario, che l’ultima istanza notificata dal ricorrente implica solo la consultazione dei dati relativi ai periodi di lavoro prestati dallo stesso presso la società nelle varie sedi, elementi questi in possesso della società ed agevolmente ostensibili.
Sotto ulteriore profilo l’istanza sarebbe inammissibile poiché le informazioni richieste non potrebbero qualificarsi “documenti amministrativi” e non sarebbero connesse al servizio telefonico pubblico esercitato da Telecom, neanche in via strumentale, essendo invece riferibili ai rapporti con un dipendente cessato dal servizio.
In ogni caso, poiché la documentazione sarebbe stata richiesta dal ricorrente al fine di essere ammesso ai benefici previdenziali di cui all’art. 13, comma 8 della legge n. 257/1992, relativa ai lavoratori esposti all’amianto, il riconoscimento del beneficio spetterebbe all’istituto previdenziale interessato e non vi sarebbero documenti aziendali da cui lo stesso potrebbe trarre elementi utili.
A parte ogni considerazione sull’inammissibilità di una motivazione ex post fornita nel corso del giudizio e sulla impossibilità per il gestore di operare alcun apprezzamento in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda, la cui valutazione spetta al giudice chiamato a decidere (Ad. Pl. 28/4/1999, n. 6), le tesi difensive della società non sono condivisibili.
Al riguardo è sufficiente fare riferimento, sia alla decisione dell’Adunanza plenaria n. 4 del 22 aprile 1999 ed ai limiti dalla stessa fissati, oltre i quali la disciplina dell’accesso non può spingersi in tema di attività privatistica, sia all’art. 4 comma 2 della legge 3 agosto 1999 n. 265, in base al quale il diritto di accesso è riconosciuto non solo nei confronti delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici, ma anche verso i “gestori di pubblici servizi” quale era la Telecom nel periodo in cui il ricorrente vi ha prestato la propria opera.
Secondo un orientamento ormai consolidato, la normativa sull’accesso ha il medesimo ambito di applicazione dell’art. 97; non rileva la disciplina sostanziale, pubblicistica o privatistica, dell’atto da esibire e neppure se, nel caso di controversia, vi sia la giurisdizione ordinaria o quella amministrativa; tranne le eccezioni tassativamente previste dalla legge, per tutti gli atti anche dei gestori sussistono le esigenze di trasparenza, volte ad agevolare il concreto perseguimento dei valori costituzionali del buon andamento; anche il gestore di pubblici servizi non può negare l’accesso agli atti riguardanti la sua attività di diritto privato solo in ragione della loro natura privatistica.
L’accesso può dunque avere luogo “anche in relazione alla residua attività del gestore, quando si manifesti un interesse pubblico prevalente rispetto a quello imprenditoriale, sulla base di un giudizio di bilanciamento”( Ad. Pl.n.4/99 cit) .
Si tratta dunque, come precisato dalla decisione richiamata, di un giudizio caso per caso, da svolgere in sede di giurisdizione esclusiva, sulla base di una valutazione composita.
Nel caso di specie, in applicazione di tali principi, appare prevalente l’interesse pubblico alla trasparenza dell’attività del gestore, con riferimento all’esibizione al diretto interessato della documentazione comprovante i modi ed i tempi del relativo rapporto di lavoro.
Il richiedente, infatti, non era un estraneo rispetto alla struttura organizzativa della Telecom, ma un soggetto che, seppure in un recente passato, era stato legato alla società da un vincolo di dipendenza, per cui non si ravvisano ragioni ostative all’esibizione dei documenti comprovanti tale rapporto, in special modo in considerazione del fatto che l’interessato si è limitato a richiedere più volte la cognizione dei dati storici oggettivi, relativi alla cadenza temporale del rapporto di lavoro con la società, al mero fine di ricostruire gli elementi minimi di fatto, presupposti necessari per avviare un separato autonomo procedimento.
Né gli atti richiesti possono essere qualificati tra quelli “provenienti dal soggetto privato che chiede l’accesso”, poiché a suo tempo il sinallagma si è perfezionato con l’apporto paritario delle due volontà, del privato e del gestore, per cui la Società, esibendo al ricorrente gli atti ancora in suo possesso non sopperisce alla negligenza dell’interessato, ma si limita ad applicare alla sua attività i principi della trasparenza e della buona organizzazione, in funzione collaborativa, che devono improntare ogni attività del gestore.
Escluso, pertanto, che nel caso in questione, si verta in una delle ipotesi in cui la legge vieta espressamente l’accesso, non sussistendo inoltre alcuna deroga alla generale operatività dei principi di trasparenza, nè alcuna preclusione nei confronti dell’attività dei gestori disciplinata dal diritto privato, il ricorso va accolto.
E’ ovviamente esclusa dall’ambito dell’accoglimento la possibilità di imporre alla società ogni attività diversa dalla mera esibizione degli atti relativi alla prestazione lavorativa del proprio dipendente.
Le spese del giudizio possono peraltro essere compensate, attesa la peculiarità del caso.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione terza ter, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annullato il silenzio rifiuto, ordina alla Telecom l’esibizione, con possibilità di estrarne copia, di tutti gli atti in suo possesso, relativi alle prestazioni lavorative rese dal ricorrente a suo favore presso le proprie sedi.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma alla camera di consiglio del 9/1/2003, con l'intervento dei sigg.
Francesco Corsaro presidente;
Lucia Tosti consigliere estensore;
Stefania Santoleri consigliere.
Depositata in segreteria in data 20 gennaio 2003.