TAR PUGLIA-BARI, SEZ. I – Sentenza 17 aprile 2002 n. 1969 – Pres. Ferrari, Est. Spagnoletti - Di Giovanni (Avv.ti Muciaccia e Paccione) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri ed altro (Avv.ra Stato).
1. Giurisdizione e competenza - Lavoro - Lavori socialmente utili - Formazione delle graduatorie e atti di avviamento - Controversie - Giurisdizione amministrativa - Sussiste.
2. Concorso - Riservato e riserve di posti - Lavori socialmente utili - Riserva prevista dall’art. 12 commi terzo e quarto del d.lgs. n. 468/97 - Personale nei cui confronti non sia consentito l’avviamento diretto - Applicabilità della preferenza - Personale avviato direttamente ai l.s.u. - Applicabilità della sola riserva di posti.
3. Concorso - Riservato e riserve di posti - Lavori socialmente utili - Riserva dei posti prevista dall’art. 2 dell’o.m. n. 153/2000 - Non implica anche il riconoscimento di un titolo di legittimazione alla partecipazione al concorso - Fattispecie.
1. Le posizioni soggettive dei lavoratori riguardo alla formazione delle graduatorie ed all’emissione degli atti di avviamento, nelle controversie in cui si deducano vizi di avviamento ai lavori socialmente utili, hanno consistenza non di diritto soggettivo, ma d’interesse legittimo; esse, pertanto, rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo (1).
In ogni caso la sussistenza della giurisdizione amministrativa per le controversie relative alle formazioni delle graduatorie ed agli atti di avviamento ai l.s.u. deriva dallo stesso dettato letterale dell’art. 68 comma quarto del d.lgs. 3 febbraio 1993, n, 29, come sostituito dall’art. 29 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, ed ora dall’art. 63 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (secondo cui “restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni…”), il quale comporta l’attribuzione della giurisdizione per materie e/o blocchi di materie e finisce per escludere la rilevanza della posizione soggettiva azionata (se di interesse legittimo o di diritto soggettivo).
2. Ai fini dell’applicazione dei benefici di cui all’art. 12 commi terzo e quarto del d.lgs. n. 468 del 1997, si debbono distinguere, nell’ambito delle posizioni degli l.s.u., le qualifiche per cui non sia consentito l’avviamento diretto (nei cui confronti trova applicazione la “preferenza” nei concorsi pubblici) e quelle inferiori (nella specie la A/2, già corrispondente alla IV/I, già terza qualifica) per le quali, non essendo il reclutamento fondato su pubblico concorso, sebbene su selezione dalle liste di collocamento, deve trovare applicazione l’altro beneficio della riserva dei posti (2).
3. Deve escludersi che dalla riserva dei posti prevista dall’art. 2 dell’o.m. n. 153 del 2000 possa discendere il riconoscimento di un titolo di legittimazione alla partecipazione al concorso; la detta riserva, ai sensi degli artt. 12 commi terzo e quarto del d.lgs. n. 468 del 1997 e 45 comma ottavo della legge 144 del 1999, raccordata alla peculiare posizione funzionale dei collaboratori scolastici, tende infatti a configurarsi quale unico beneficio riconoscibile ai lavoratori socialmente utili e quindi ad escludere ogni titolo alla partecipazione al concorso, dovendo invece riferirsi la preferenza ad altro tipo di più elevate posizioni funzionali, che, all’opposto, non beneficiano della riserva (alla stregua del principio è stato pertanto ritenuto legittimo il provvedimento di esclusione dal concorso per soli titoli indetto con ordinanza ministeriale 30 maggio 2000, n. 153, ai sensi dell’art. 554 del d.lgs. 16 aprile 1997, n. 297, per l’accesso ai ruoli provinciali, relativi ai profili professionali della III e IV qualifica funzionale del personale amministrativo, tecnico e ausiliario - A.T.A. statale degli istituti e scuole d’istruzione primaria secondaria, istituti d’arte, licei artistici, istituzioni educative e scuole speciali statali, dato che il ricorrente non era titolare di rapporto di lavoro d’impiego alle dipendenze dello Stato o degli Enti locali, ma era solo lavoratore socialmente utile, e non aveva conseguentemente il requisito di ammissione prescritto dal bando di concorso).
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(1) V. in tal senso da ult. T.A.R. Campania, Napoli, 26 febbraio 2002 n. 1113, in questa Rivista Internet, pag. http://www.giustamm.it/private/tar/tarcampna5_2002-02-26.htm; nello stesso senso v. anche T.A.R. Toscana, 25 febbraio 2002, n. 373 e T.A.R. Calabria, Catanzaro, 30 gennaio 2002, n. 128 (quest’ultima relativa ad esclusione di l.s.u. dalle graduatorie per il conferimento delle supplenze).
Come si ammette lealmente nella motivazione della sentenza in rassegna, tanto la Corte di Cassazione (SS.UU., 23 novembre 2000, n. 1203, in Giust. civ. 2001, I,1976 ed in Giur. it. 2001,1035) quanto un (isolato) precedente giurisprudenziale amministrativo (T.A.R. Abruzzo, Pescara, 23 febbraio 2001, n. 199, in questa Rivista Internet, pag. http://www.giustamm.it/tar1/tarabruzzopesc_2001-199.htm) hanno sostenuto, proprio con riferimento alle selezioni concorsuali relative alla formazione delle graduatorie per l’accesso ai ruoli (o alle supplenze, nel caso della Cassazione) del personale A.T.A. della scuola, il difetto di giurisdizione del G.A. in favore dell’A.G.O., sul rilievo che il relativo sistema di reclutamento si basa su criteri prestabiliti e fissi, che escludono ogni margine di apprezzamento discrezionale.
Tuttavia proprio seguendo l’orientamento formalistico della Suprema Corte in materia di concorsi interni (per i quali si afferma la giurisdizione dell’A.G.O. non trattandosi di selezioni volte all’assunzione, ovvero alla costituzione del rapporto d’impiego, senza annettere alcun rilievo alla posizione giuridica dei concorrenti, di certo non qualificabile quale diritto soggettivo), e tenuto conto della lettera dell’art. 68 comma quarto del d.lgs. 3 febbraio 1993, n, 29, come sostituito dall’art. 29 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, ed ora dall’art. 63 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (secondo cui :“Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni…”), secondo il T.A.R. Puglia, va riconosciuta in materia la giurisdizione amministrativa.
Infatti, secondo il medesimo TAR, il “ritaglio” di una sfera giurisdizionale in favore del G.A. polarizzata sul tipo di controversia, e non anche sulla natura della posizione soggettiva, in piena coerenza con il criterio di devoluzione per materie e/o blocchi di materie che esclude la rilevanza della posizione soggettiva azionata (se di interesse legittimo o di diritto soggettivo), preclude qualsiasi distinzione tra procedure selettive concorsuali in quanto finalizzate all’assunzione, e dunque alla costituzione del rapporto d’impiego, che possa fondarsi sulla natura delle valutazioni e accertamenti rimessi all’Amministrazione, e quindi, indirettamente, sulla natura della posizione giuridica soggettiva.
V. tuttavia nel senso di ritenere che «rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia con cui un lavoratore impugna l’iscrizione, la cancellazione o la reiscrizione nelle liste di collocamento, trattandosi di atti che, non comportando alcun apprezzamento dell’interesse pubblico né, quindi, l’esercizio di un potere da parte della P.A., formano oggetto di diritti soggettivi dei privati interessati» da ult. TAR Veneto, Sez. I, 16 marzo 2002 n. 1099, in questa Rivista Internet, pag. http://www.giustamm.it/private/tar/tarveneto_2002-03-16.htm
(2) Alla stregua del principio, è stato ritenuto pienamente conforme a quanto previsto dalla legge l’art. 2 dell’ordinanza ministeriale n. 153 del 30 maggio 2000 secondo cui: “I posti disponibili per i concorsi sono definiti tenendo conto degli antecedenti adempimenti di legge. In particolare per i profili professionali della IV qualifica funzionale (ex III: D.L.vo n. 297/1994, art. 554, comma 5) sono preventivamente detratti i contingenti di posti concernenti le assunzioni obbligatorie di cui alla legge 12/3/1999, n. 68 e la riserva del 30% dei posti da assegnare agli addetti ai lavori socialmente utili di cui alla legge 17/5/1999 art. 45, comma 8. I posti così determinati sono assegnati alle procedure di cui alla presente ordinanza nella misura…(omissis)”.
Ha osservato il T.A.R. Puglia che, secondo la disposizione appena citata, la riserva dei posti opera (e non può non operare) tenuto conto che si tratta di coprire quei posti in via diretta ai sensi dell’art. 16 della legge n. 56 del 1987, nel senso che dai posti da mettere a concorso siano detratti quelli corrispondenti al 30% per i lavoratori socialmente utili, ovvero che dal contingente complessivo dei posti da mettere a concorso sia accantonato il 30% con avviamento dalle liste di collocamento o mobilità in favore dei lavoratori socialmente utili. Sicché, non può individuarsi in quella riserva il titolo di legittimazione per la partecipazione al concorso, costituendo essa invece, sia pure nei limiti numerici dianzi indicati, titolo per l’accesso diretto nei ruoli.
Ne consegue che, una volta accantonati e utilizzati i posti, i lavoratori socialmente utili non hanno in effetti alcun titolo per partecipare al concorso e ciò per due ordini di motivi: perché hanno già beneficiato della riserva e perché non hanno un rapporto d’impiego in senso proprio né con lo Stato né con gli enti locali.
per l’annullamento
- del provvedimento prot. n.79 Div. II – Sez. VIII in data 14.12.2000, a firma del Provveditore agli studi di Bari, recante esclusione di parte ricorrente dal concorso per titoli per l’accesso nel profilo di collaboratore scolastico;
- del sottostante decreto provveditorile n.38 del 29.8.2000, di indizione di detto concorso;
- dell’ordinanza ministeriale 30.5.2000 (in G.U. n.179 del 2.8.200);
- del decreto Ministero della Pubblica Istruzione, 23.11.2000, n.262;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;
nonché degli ulteriori atti, di seguito indicati, impugnati con motivi aggiunti:
- del decreto del Provveditore agli Studi di Bari n. 10 dell’8 febbraio 2001 di approvazione della graduatoria provinciale permanente;
- del decreto del Provveditore agli Studi di Bari n. 15 del 16 febbraio 2001 di modifica della graduatoria provinciale permanente;
- del decreto del Provveditore agli Studi di Bari n. 28 del 3 aprile 2001 di ulteriore modifica della graduatoria provinciale permanente;
- del decreto del Provveditore agli Studi di Bari n. 32 del 15 maggio 2001 di ulteriore integrazione e modifica della graduatoria provinciale permanente;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio delle Autorità statali intimate;
Visti i motivi aggiunti al ricorso;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del 20 marzo 2002, il dott. Leonardo Spagnoletti e uditi gli avv.ti Luigi Paccione per parte ricorrente e l’avvocato di Stato Giovanni Cassano per le Autorità statali intimate;
F A T T O
Con il ricorso in epigrafe, l’interessato ha impugnato gli atti e provvedimenti ivi meglio meglio indicati.
Parte ricorrente, quale lavoratore socialmente utile inserito in progetti della Provincia di Bari per lo svolgimento di attività corrispondenti a quelle del profilo professionale di collaboratore scolastico in istituti statali di istruzione da oltre ventiquattro mesi, ha presentato domanda di partecipazione al concorso per soli titoli indetto con ordinanza ministeriale 30 maggio 2000, n. 153, ai sensi dell’art. 554 del d.lgs. 16 aprile 1997, n. 297, per l’accesso ai ruoli provinciali, relativi ai profili professionali della III e IV qualifica funzionale del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (A.T.A.) statale degli istituti e scuole d’istruzione primaria secondaria, istituti d’arte, licei artistici, istituzioni educative e scuole speciali statali.
Ne è stata, però, disposta l’esclusione sul rilievo che, in quanto non titolare di rapporto di lavoro (impiego) alle dipendenze dello Stato o degli Enti locali (tenuti sino al 31 dicembre 1999 a fornire alle scuole statali il personale a.t.a.), ma solo lavoratore socialmente utile, non avrebbe il requisito di ammissione prescritto dal bando di concorso; si fa inoltre riferimento alla carente anzianità di servizio di cui all’art. 5 comma 2 del bando.
Avverso il decreto di esclusione e gli altri provvedimenti impugnati, parte ricorrente ha dedotto le seguenti censure:
1) Violazione dell’o.m. 30.5.2000, dell’art. 12 comma 4 d.lgs. n. 468/1997 e dell’art. 45 commi 6 e 8 legge n. 144/1999, con riguardo al d.m. n. 262/2000. Violazione del d.lgs. n. 81/2000 e del d.lgs. n. 468/1997. Eccesso potere per erronea presupposizione, contraddittorietà, carente istruttoria, illogicità manifesta
I lavoratori socialmente utili con anzianità utile (almeno ventiquattro mesi con le mansioni corrispondenti al profilo professionale a concorso ai sensi dell’art. 5.2 del bando) hanno titolo a partecipare al concorso stante la riserva del 30% dei posti prevista dall’art. 2 dell’o.m. 30 maggio 2000 n. 153.
Sicché l’esclusione si pone in diretto contrasto con la detta ordinanza ministeriale, oltre che con le disposizioni di cui in epigrafe che individuano tale riserva a favore dei lavoratori socialmente utili.
2) Ulteriore violazione dell’o.m. 30.5.2000, dell’art. 12 comma 4 d.lgs. n. 468/1997 e dell’art. 45 commi 6 e 8 legge n. 144/1999, con riguardo al d.m. n. 262/2000. Violazione del d.lgs. n. 81/2000 e del d.lgs. n. 468/1997 e dell’art. 8 della legge n. 124/1999. Eccesso potere per carente motivazione, difetto assoluto di istruttoria, contraddittorietà, irragionevolezza, erronea presupposizione
E’ del tutto erroneo il rilievo secondo cui l’inserimento e utilizzazione in progetti di lavoro socialmente utili non determinerebbe l’instaurarsi di un rapporto di lavoro.
Si ribadisce il contrasto con l’art. 2 dell’o.m. n. 153/2000 che, nel prevedere una quota di riserva per i lavoratori socialmente utili, ammette a fortiori la loro piena legittimazione a partecipare al concorso.
In ogni caso l’espressione richiamata nell’atto provveditorile gravato circa l’assenza di rapporto d’impiego, di cui all’art. 4 del d.lgs. n. 81/2000, deve essere rettamente intesa nel suo contesto, posto che essa va ricollegata al beneficio della conservazione dell’iscrizione alle liste di collocamento o di mobilità, pure ivi previsto, onde non può essere interpretata nel senso che sia preclusa la stabilizzazione occupazionale (si invoca anche l’art. 6 comma 3 d.lgs. n. 81/2000 e l’art. 78 comma sei della legge 23 dicembre 2000, n. 388, legge finanziaria 2001, che faculta le regioni ed enti locali a provvedere alla copertura degli organici vacanti mediante assunzione diretta dei lavoratori socialmente utili).
Né il bando prevedeva la dimostrazione dell’esistenza di un “rapporto di lavoro”, chiedendo soltanto (art. 5 punto 2 lett. b) dell’o.m. n. 153/2000) l’esistenza di “rapporto d’impiego con lo stato e/o il servizio scolastico”, ed i ricorrenti avrebbero intrattenuto un rapporto d’impiego con lo Stato a seguito del trasferimento del personale a.t.a. dagli enti locali allo Stato come previsto dall’art. 8 della legge n. 124/1999.
In ogni caso, come divisato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 16 giugno 1999 n. 310, l’utilizzazione nei lavori socialmente utili configura un impegno lavorativo precario ma continuativo e retribuito.
3) Violazione principi di imparzialità e equità, dell’art. prel., dei principi generali sull’autotutela, dell’art. 12 co. 4 d.lgs. n. 468/1997 e dell’art. 45 commi 6 e 8 della l. n. 144/1999. Eccesso potere per difetto assoluto istruttoria e motivazione. Sviamento
Il d.m. n. 262/2000, nella parte in cui dispone la sospensione della riserva per i lavoratori socialmente utili, è illegittimo perché per un verso non si è proceduto in via di autotutela all’annullamento dell’o.m. n. 153/2000, che invece garantisce tale riserva, e inoltre perché pretende di incidere su una riserva prevista da fonti normative di rango superiore.
4) Illegittimità derivata dall’illegittimità costituzionale art. 4 comma 1 d.lgs. n. 81/2000 e dell’art. 8 comma 1 d.lgs. 468/1997 in relazione agli artt. 1, 2, 3, 4, 35, 38 Cost.
Ove le disposizioni richiamate consentano un’interpretazione che escluda la partecipazione al concorso dei lavoratori socialmente utili, esse sarebbero costituzionalmente illegittime per violazione delle disposizioni richiamate in rubrica.
Coi motivi aggiunti, pure in epigrafe richiamati, diretti all’impugnativa delle graduatorie provinciali, come formate e modificate coi decreti provveditorili pure ivi indicati, nei quali parte ricorrente è inclusa a seguito dell’ammissione con riserva prevista dallo stesso bando di concorso, sono state, poi, dedotte le seguenti ulteriori censure:
1) Illegittimità derivata dai vizi che inficiano il provvedimento di esclusione.
2) Invalidità diretta sub specie di:
2.a) Violazione e omessa applicazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, in relazione all’omessa comunicazione dell’avvio delle plurime modificazioni della graduatoria.
2.b) Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria, in relazione al maggior punteggio in graduatoria rivendicato da parte ricorrente.
2.c) Violazione ed erronea applicazione dell’o.m. 30.5.2000 con riferimento all’art. 12 comma 4 d.lgs. n. 468/1997 e all’art. 45 commi 6 e 8 legge n. 144/1999, con riguardo al d.m. 23.11.2000 n. 262, nonché del d.lgs. n. 81/2000 e del d.lgs. n. 468/2000, perché andava applicata in favore dei lavoratori socialmente utili la riserva del 30% dei posti in graduatoria.
Costituitesi in giudizio, le Amministrazioni statali intimate hanno dedotto a loro volta con memorie difensive depositate il 3 aprile 2001 e il 9 marzo 2002:
a) la tardività dell’impugnativa del d.m. 23 novembre 2000, stante la sua immediata lesività;
b) l’inammissibilità del ricorso per omessa intimazione del Provveditorato agli Studi di Bari, quanto al provvedimento di esclusione;
c) il difetto di giurisdizione del G.A. in favore dell’A.G.O. trattandosi di reclutamento basato su graduatorie formate in base a criteri fissi e prestabiliti (si invoca orientamento della Cass. SS.UU. 23 novembre 2000, n. 1203);
d) l’infondatezza del ricorso perché l’invocata riserva di posti non può che operare in favore di soggetti muniti degli specifici requisiti soggettivi di ammissione al concorso, costituiti dalla titolarità di rapporto d’impiego (non di ruolo) con lo Stato o gli enti locali già tenuti a fornire il personale A.T.A., e ciò a tenore della chiara disposizione dell’art. 5.2) lett. g) dell’o.m. n. 153/2000, laddove i lavoratori socialmente utili non sono, per espresse indicazioni legislative, legati da alcun rapporto d’impiego con gli enti utilizzatori, dovendosi inquadrare la loro utilizzazione nell’ambito di interventi previdenziali ed assistenziali; e proprio la diversità della loro condizione soggettiva esclude qualsivoglia disparità di trattamento rispetto al personale legato da rapporto d’impiego non di ruolo; donde anche la carenza di interesse, in difetto dei requisiti, all’impugnativa del d.m. 23 novembre 2000.
Con memoria difensiva depositata il 9 marzo 2002, parte ricorrente ha insistito nelle censure dedotte in ricorso e coi motivi aggiunti, ulteriormente illustrate nell’occasione.
All’udienza pubblica del 20 marzo 2002, infine, il ricorso è stato discusso e riservato per la decisione.
D I R I T T O
1.) Il ricorso in epigrafe, in funzione dei vizi dedotti, risulta privo di fondamento giuridico e come tale deve essere respinto, potendosi prescindere dalle eccezioni pregiudiziali spiegate dall’Avvocatura dello Stato, delle quali quella attinente alla giurisdizione appare comunque destituita di pregio giuridico.
Il Tribunale non ignora, infatti, che tanto la Corte di Cassazione (SS.UU., 23 novembre 2000, n. 1203) quanto un (isolato) precedente giurisprudenziale amministrativo (T.A.R. Abruzzo, Pescara, 23 febbraio 2001, n. 199) hanno sostenuto, proprio con riferimento alle selezioni concorsuali relative alla formazione delle graduatorie per l’accesso ai ruoli (o alle supplenze, nel caso della Cassazione) del personale A.T.A. della scuola, il difetto di giurisdizione del G.A. in favore dell’A.G.O., sul rilievo che il relativo sistema di reclutamento si basa su criteri prestabiliti e fissi, che escludono ogni margine di apprezzamento discrezionale.
Epperò, proprio seguendo l’orientamento formalistico della Suprema Corte in materia di concorsi interni (per i quali si afferma la giurisdizione dell’A.G.O. non trattandosi di selezioni volte all’assunzione, ovvero alla costituzione del rapporto d’impiego, senza annettere alcun rilievo alla posizione giuridica dei concorrenti, di certo non qualificabile quale diritto soggettivo), non può nella specie obliterarsi la lettera dell’art. 68 comma quarto del d.lgs. 3 febbraio 1993, n, 29, come sostituito dall’art. 29 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, ed ora dall’art. 63 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, in base al quale:
“Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni…”.
In altri termini, il “ritaglio” di una sfera giurisdizionale in favore del G.A. polarizzata sul tipo di controversia, e non anche sulla natura della posizione soggettiva, in piena coerenza con il criterio di devoluzione per materie e/o blocchi di materie che esclude la rilevanza della posizione soggettiva azionata (se di interesse legittimo o di diritto soggettivo), preclude -ad avviso di questo Tribunale- qualsiasi distinzione tra procedure selettive concorsuali in quanto finalizzate all’assunzione, e dunque alla costituzione del rapporto d’impiego, che possa fondarsi sulla natura delle valutazioni e accertamenti rimessi all’Amministrazione, e quindi, indirettamente, sulla natura della posizione giuridica soggettiva.
Non senza rilevare che, nel caso di specie, non si fa valere la pretesa ad una assunzione diretta nei ruoli dell’amministrazione scolastica, sebbene l’illegittimità di atti preclusivi della partecipazione ad un concorso per titoli, e, di conseguenza. all’inserimento in una graduatoria solo a seguito del quale sarà disposto l’accesso ai ruoli, oltre che di provvedimenti ministeriali (e segnatamente dell’ordinanza 23 novembre 2000, n. 262) che si assume incidano negativamente sull’ammissione al concorso per aver “congelato” una quota di riserva dei posti dalla quale si vuole trarre il titolo di legittimazione alla partecipazione al concorso per titoli.
Il Tribunale non può, dunque, condividere l’orientamento ermeneutico dianzi illustrato, peraltro revocato in dubbio nella sua esattezza anche da altro e più recente orientamento (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, 26 febbraio 2002 n. 1113, che rileva come “le posizioni soggettive dei lavoratori, riguardo alla formazione delle graduatorie ed all’emissione degli atti di avviamento, nelle controversie in cui si deducano appunto vizi di avviamento ai l.s.u., hanno consistenza non di diritto soggettivo, ma d’interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo”; implicitamente hanno riconosciuto la giurisdizione del G.A. in fattispecie analoghe, T.A.R. Toscana, 25 febbraio 2002, n. 373 e T.A.R. Calabria, Catanzaro, 30 gennaio 2002, n. 128, quest’ultima relativa ad esclusione di l.s.u. dalle graduatorie per il conferimento delle supplenze).
2.) Nel merito, come già anticipato, il ricorso in epigrafe è infondato, in funzione dei vizi dedotti.
2.1) Senza pretesa di completezza, giova premettere una ricostruzione, per quanto possibile sintetica, del quadro di riferimento normativo attinente alla disciplina dei lavori socialmente utili, da raccordare poi alla normativa che regola in modo specifico l’immissione nei ruoli del personale ausiliario, tecnico e amministrativo della scuola.
2.1.1) Al di là di isolate iniziative legislative rispondenti a specifiche esigenze, una prima regolamentazione più o meno organica della materia sembra potersi rinvenire nelle disposizioni del d.l. 4 settembre 1987, n. 366, convertito con modificazioni nella legge 3 novembre 1987, n. 452, che all’art. 3 autorizzò la GEPI “…a promuovere e a realizzare iniziative di reimpiego dei lavoratori che beneficiano di cassa integrazione straordinaria…” attraverso la promozione di “…progetti operativi che prevedano l’occupazione temporanea in lavori socialmente utili, dei lavoratori che beneficiano del trattamento di cassa integrazione straordinaria”, da concordare con amministrazioni ed enti pubblici, eventualmente previa frequenza di appositi corsi di formazione professionale e con l’obbligo per i lavoratori interessati, pena la perdita del beneficio dell’integrazione salariale, di accettare “…l’avviamento al lavoro, sempre che il luogo di lavoro disti non più di 50 chilometri dal comune di residenza” (art. 3 comma quarto lettera a) e di frequentare “regolarmente” i suddetti corsi (art. 4 comma quarto lettera c).
L’art. 2 del d.m. 18 maggio 1988 precisò il contenuto dei progetti di cui al richiamato art. 3 della legge n. 452 del 1987 e, soprattutto, al comma secondo, stabilì che i provvedimenti di approvazione dei progetti “…devono altresì prevedere che l’utilizzazione dei lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria è a tempo determinato e non importa l’instaurazione di alcun tipo di rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni”; mentre il successivo art. 8, al fine di promuovere il reimpiego, previde la formulazione di programmi triennali di formazione professionale “…in funzione delle situazioni occupazionali dei mercati interessati e delle possibilità di impiego in lavori socialmente utili”.
L’art. 14 del d.l. 16 maggio 1994, n. 299, convertito con modificazioni nella legge 19 luglio 1994, n. 451, ampliò la platea dei soggetti inseribili in progetti socialmente utili “…per il raggiungimento di obiettivi di carattere straordinario” (attivabili in “…settori innovativi quali: i beni culturali, la manutenzione ambientale, il recupero urbano, la ricerca, la formazione e la riqualificazione professionale, il sostegno alla piccola e media impresa…i servizi alla persona”) che, sia pure con i caratteri di “straordinarietà e…a termine”, potevano essere promossi da tutte le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (purché privi di eccedenze di personale rispetto ai programmi di lavori socialmente utili) e dalle società a prevalente partecipazione pubblica, mediante l’utilizzazione, oltre che dei lavoratori sospesi con diritto al trattamento straordinario di integrazione salariale, di tutti i soggetti contemplati dall’art. 25 comma quinto della legge 23 luglio 1991, n. 223 (lavoratori iscritti da più di due anni nella prima classe delle liste di collocamento e che risultino non iscritti da almeno tre anni negli elenchi ed albi degli esercenti attività commerciali, degli artigiani e dei coltivatori diretti e agli albi dei liberi professionisti; lavoratori iscritti nelle liste di mobilità; categorie di lavoratori determinate, anche per specifiche aree territoriali, mediante delibera della Commissione regionale per l’impiego, approvata dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale).
Il comma secondo dell’art. 14 ribadì, poi, che anche in tali ipotesi “l’utilizzazione dei lavoratori non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro, non implica la perdita del trattamento straordinario di integrazione salariale e dell’indennità di mobilità e non comporta la cancellazione dalle liste di collocamento o dalle liste di mobilità”.
La disposizione, quanto al profilo degli emolumenti da corrispondere, distinse:
- tra lavoratori in cassa integrazione o in mobilità (comma terzo), cui veniva riconosciuto “…un importo integrativo di detti trattamenti, solo per le giornate di effettiva esecuzione delle prestazioni” e con l’espressa sanzione della perdita del trattamento di integrazione salariale o di mobilità in caso di rifiuto di assegnazione al progetto di lavoro socialmente utile;
- gli altri soggetti privi di qualsiasi trattamento previdenziale (ovvero gli iscritti nelle liste di collocamento e gli altri individuati dall’art. 25 comma quinto della legge n. 223 del 1991), impegnabili (comma quarto) nel progetto per un periodo massimo di dodici mesi e con riconoscimento di “un sussidio non superiore a lire 800.000 mensili…”, erogato dall’Istituto nazionale della previdenza sociale, salvo un eventuale ulteriore importo integrativo “…per le giornate di effettiva esecuzione delle prestazioni”, a carico dei soggetti proponenti o utilizzatori.
E’ evidente che tali interventi normativi si muovevano nell’ambito e nell’ottica propria degli interventi di sostegno all’occupazione nel quadro complessivo dei c.d. ammortizzatori sociali siccome intesi da un lato al reimpiego e riqualificazione di soggetti in crisi occupazionale (lavoratori ammessi alla cassa integrazione straordinaria e iscritti nelle liste di mobilità) e dall’altro ad un primo inserimento occupazionale (altre categorie dianzi indicate), sia pure senza prospettive evidenti e chiare di stabilizzazione.
Ulteriori disposizioni di natura finanziaria e organizzative furono poi dettate dal d.l. 1 ottobre 1996, n. 510, convertito nella legge 28 novembre 1996, n. 608 per la prosecuzione dei progetti di lavori socialmente utili e/o di pubblica utilità, nonché dal d.l. 25 marzo 1997, n. 67, convertito nella legge 23 maggio 1997, n. 135, di cui mette conto di rimarcare le rispettive previsioni del comma dodicesimo dell’art. 1 del d.l. n. 510 del 1996 e del comma 4 bis del d.l. n. 67 del 1997.
Il primo riconobbe che “i periodi di utilizzazione nei lavori socialmente utili costituiscono titolo di preferenza nei pubblici concorsi qualora, per questi ultimi, sia richiesta la medesima professionalità con la quale il soggetto è stato adibito ai predetti lavori”.
Analoga ma più circoscritta previsione fu introdotta col secondo, siccome fu limitato ai soli “lavoratori impegnati per un periodo superiore ai 3 anni nei lavori socialmente utili ed in progetti di pubblica utilità (ivi specificamente indicati)…(il riconoscimento dei periodi lavorativi, quale) a parità di punteggio, titolo di preferenza nei pubblici concorsi banditi sino al 31 dicembre 1998 dalle amministrazioni presso cui prestano servizio e negli avviamenti a selezione di cui all’articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e successive modificazioni, ove sia richiesta la medesima professionalità”.
Una organica disciplina dei lavori socialmente utili fu introdotta, poi, com’è noto, dal d.lgs. 1 dicembre 1997, n. 468, emanato in base alla delega di cui all’art. 22 della legge 24 giugno 1997, n. 196.
Esso offrì, anzitutto (art. 1) una definizione generale della nozione di “lavori socialmente utili”, intesi come “…le attività che hanno per oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva mediante l’utilizzo di particolari categorie di soggetti…compatibilmente con l’equilibrio del locale mercato del lavoro” (art. 1 comma primo), distinguendoli poi, tipologicamente, al comma secondo in:
- “lavori di pubblica utilità mirati alla creazione di occupazione, in particolare in nuovi bacini di impiego, della durata di 12 mesi, prorogabili al massimo per due periodi di 6 mesi” (lett. a);
- “lavori socialmente utili mirati alla qualificazione di particolari progetti formativi volti alla crescita professionale in settori innovativi, della durata massima di 12 mesi” (lett. b);
- “lavori socialmente utili per la realizzazione di progetti aventi obiettivi di carattere straordinario, della durata di 6 mesi, prorogabili al massimo per un periodo di 6 mesi, con priorità per i soggetti titolari di trattamenti previdenziali” (lett. c);
- “prestazioni di attività socialmente utili da parte dei titolari di trattamenti previdenziali” (lett. d).
Elemento di peculiare novità del d.lgs. n. 468 del 1997 fu il riconoscimento alle regioni del potere di “…dettare norme in materia” col conferimento delle competenze già assegnate alle commissioni regionali per l’impiego e agli altri organi periferici del Ministero del lavoro e previdenza sociale “…ai competenti organismi degli enti locali” (art. 1 comma quarto), nonché la riconduzione dei lavori socialmente utili all’area delle c.d. politiche attive del lavoro, e quale “strumento” delle medesime, nella dichiarata finalità di orientarle alla “qualificazione professionale” e alla “creazione di nuovi posti di lavoro e di nuova imprenditorialità, anche sotto forma di lavoro autonomo o cooperativo”; ciò che, pur rimanendo tali interventi sostenuti essenzialmente da fonti finanziarie pubbliche, e quindi dalla fiscalità generale, ne segnava un certo distacco dalla sfera dei c,d. ammortizzatori sociali in senso proprio.
L’art. 2 comma primo del d.lgs. n. 468 specifico l’ambito di riferimento dei progetti di lavori di pubblica utilità (settori della cura alla persona, dell’ambiente, del territorio e della natura, dello sviluppo rurale, montano e dell’acquacoltura, del recupero e riqualificazione di spazi urbani e di beni culturali, con particolare riguardo ad un’ampia sfera di servizi: dalla cura e assistenza all’infanzia, adolescenza e anziani, riabilitazione e recupero di tossicodipendenti, portatori di handicap e persone detenute (lett.a); alla raccolta differenziata, gestione di discariche e impianti di trattamento di r.s.u., tutela della salute e della sicurezza nei luoghi pubblici e di lavoro, delle aree protette e dei parchi naturali, bonifica delle aree industriali dismesse e dell’amianto (lett. b); al miglioramento della rete idrica, tutela degli assetti idrogeologici, incentivazione dell’agricoltura biologica, opere di sviluppo e modernizzazione dell’agricoltura, silvicoltura, acquicoltura e agriturismo (lett. c); ai piani di recupero, conservazione e riqualificazione urbana, anche nei centri minori, sistema dei trasporti, recupero e valorizzazione del patrimonio culturale, iniziative nel settore turistico (lett. d)).
La caratterizzazione di tali progetti era accentuata dallo “…impegno dei soggetti promotori a realizzare nuove attività stabili…”, con la coeva definizione di piani d’impresa relativi alle attività da promuovere “…alla fine del progetto” così prefigurandosi l’obiettivo della stabilizzazione occupazionale, congiunto col diretto coinvolgimento di soggetti incaricati della realizzazione del piano d’impresa, e in pratica rivolto a favorire forme imprenditoriali e cooperative di autoimpiego (art. 2 commi quarto, quinto e sesto).
In una diversa ottica, più tradizionale, di sostegno temporaneo all’occupazione o alla ricollocazione lavorativa, si collocava invece l’utilizzazione nei lavori socialmente utili dei soggetti enumerati dall’art. 4 nelle lettere da a) ad e) (lavoratori in cerca di prima occupazione o disoccupati iscritti da più di 2 anni nelle liste di collocamento; lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, percettori o non di indennità di mobilità o trattamenti speciali di disoccupazione; lavoratori in cassa integrazione straordinaria a zero ore; gruppi di lavoratori individuati in funzione di esuberi per crisi aziendali, di settore o di area; categorie di lavoratori individuati per aree territoriali specifiche dalla commissione regionale per l’impiego; detenuti ammessi al lavoro esterno).
Gli artt. 5 e 6 dettavano poi le norme procedurali per l’approvazione dei progetti, l’art. 7 quelle per l’utilizzazione nelle prestazioni di lavori socialmente utili dei titolari di trattamenti previdenziali (di cui all’art. 1 comma secondo lettera d), mentre l’art. 8:
- ribadì ancora una volta che “l’utilizzazione dei lavoratori nelle attività di cui all’articolo 1 non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro e non comporta la sospensione e la cancellazione dalle liste di collocamento o dalle liste di mobilità” (comma primo);
- disciplinò l’orario settimanale d’impegno per i lavoratori percettori di trattamenti previdenziali in misura corrispondente al trattamento stesso e al livello retributivo iniziale per i dipendenti di analoghe mansioni, in misura non inferiore a 20 ore settimanali e non superiore ad 8 ore giornaliere, salvo in caso d’impegno orario superiore la corresponsione di “…un importo integrativo corrispondente alla retribuzione oraria relativa al livello retributivo iniziale…” (comma secondo);
- riconobbe invece ai soggetti non percettori di trattamenti previdenziali “…un importo mensile di lire 800.000, denominato assegno per i lavori socialmente utili” e posto a carico dell’I.N.P.S., sempre con i limiti orari dianzi indicati, superati i quali competeva agli l.s.u. l’importo integrativo di cui al comma secondo (comma terzo), cumulabile a certe condizioni con redditi da lavoro autonomo occasionale e di collaborazione coordinata e continuativa e anche da lavoro dipendente a tempo determinato parziale (commi terzo e quarto), e con previsione di rivalutazione dell’assegno all’80 per cento della variazione annuale ISTAT dei prezzi al consumo (comma ottavo);
- riconobbe ai soggetti impegnati nelle attività relative ai progetti “…un adeguato periodo di riposo, entro i termini di durata dell’impegno” con diritto all’assegno, conservato anche per le assenze per malattia ma non per le assenze dovute a motivi personali, e con copertura assicurativa a carico dell’INAIL per le assenze per infortunio o malattia professionale (commi decimo, undicesimo, dodicesimo, quattordicesimo), nonché per le lavoratrici madri prive di copertura assicurativa un’indennità pari all’80 per cento dell’assegno per i periodi di astensione obbligatoria per maternità, con conservazione del diritto a partecipare ai progetti ancora in corso o prorogati al termine del periodo di astensione (comma quindicesimo), e col riconoscimento dei periodi di attività ai fini previdenziali e con diritto al riscatto dei medesimi (comma diciannovesimo).
L’art. 9 regolò le conseguenze sanzionatorie (decadenza dai trattamenti previdenziali e cancellazione dalle liste di mobilità e revoca per i soggetti non percettori di trattamenti previdenziali) per l’ingiustificato rifiuto dell’assegnazione al progetto.
Particolare rilievo assume la disciplina dell’art. 10 “allo scopo di creare le necessarie ed urgenti opportunità occupazionali per i lavoratori impegnati nei lavori socialmente utili, facendo contemporaneamente fronte a proprie esigenze istituzionali per l’esecuzione di servizi aggiuntivi non precedentemente affidati in appalto o in concessione”, consentiva al momento della deliberazione del progetto:
a) la costituzione di società miste con oggetto attività uguali, analoghe o connesse a quelle già oggetto di progetti di l.s.u., con impiego almeno per il 40% della forza lavoro complessiva di lavoratori già impegnati in progetti, o in progetti analoghi, presso lo stesso o altri enti e per il 30% di soggetti aventi titolo ad esservi impegnati, per un periodo minimo di sessanta mesi;
b) l’affidamento a terzi delle medesime attività con l’obbligo di occupare l.s.u. nelle percentuali indicate nella lettera a) (comma primo) e con facoltà di stipulare convenzioni, anche “…in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione” e di durata non superiore a sessanta mesi “con società di capitale, cooperative di produzione e lavoro, consorzi di artigiani”, sempre alla condizione dell’occupazione di l.s.u. nelle percentuali anzidette (40% dei già impegnati in progetti, 30% di quelli aventi i requisiti a esservi impegnati, impegnati, “in qualità di dipendenti a tempo indeterminato, o di soci lavoratori, o di partecipanti al consorzio” (comma terzo)
Deve qui rilevarsi che la disciplina dell’art. 10 è stata prorogata, nonostante la successiva abrogazione della gran parte del d.lgs. n. 468 del 1997, dapprima dall’art. 6 comma primo del d.lgs. 28 febbraio 2000, n. 81 sino al 31 dicembre 2001, e quindi dall’art. 52 comma settantunesimo della legge 28 dicembre 2001, n, 448 (legge finanziaria 2002) sino al 31 dicembre 2002.
In tal modo l’obiettivo di una relativa stabilizzazione occupazionale dei soggetti impegnati dei progetti di l.s.u. o di l.p.u. p stato realizzato con la c.d. esternalizzazione di una serie di servizi, e, come si vedrà, nella stessa ottica si muove la stabilizzazione dei l.s.u. impegnati nel settore scolastico (fatto salvo ogni dubbio, ovviamente, sul quale non può qui soffermarsi il Tribunale, sulla compatibilità di tale sistema con le disposizioni nazionali di recezione delle direttive comunitarie in materia di appalti di lavori pubblici e servizi pubblici).
Da ultimo del d.lgs. n. 468 del 1997, mette conto di ricordare la disposizione dell’art. 12.
Espressamente intitolata quale “Disciplina transitoria” essa riguarda i lavoratori impegnati o già impegnati alla data del 31 dicembre 1997 e per almeno dodici mesi in progetti approvati ai sensi del d.l. n. 510 del 1996.
Ribadito che tali soggetti “…continuano ad essere inseriti nelle liste di mobilità…”, la disposizione stabilisce due benefici:
- al comma terzo sancisce che “l’utilizzazione nei lavori socialmente utili costituisce, per i lavoratori di cui al comma 1, titolo di preferenza nei pubblici concorsi qualora, per questi ultimi, sia richiesta la medesima professionalità con la quale il soggetto è stato adibito ai predetti lavori”;
- al comma quarto, poi, dispone che “ai lavoratori di cui al comma 1, gli stessi enti pubblici che li hanno utilizzati riservano una quota del 30 per cento dei posti da ricoprire mediante avviamenti al lavoro di cui all’art. 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 36 e successive nodificazioni”.
Il successivo d.m. 21 maggio 1988 ha poi meglio precisato l’ambito soggettivo cui si riferisce l’art. 12 individuandolo, oltre che nei lavoratori socialmente utili che abbiano conseguito al 31 dicembre 1997 una permanenza nei progetti pari ad almeno dodici mesi, in quelli che, già impegnati in progetti entro il 31 dicembre 1997 “…raggiungano nel corso dell’anno 1998 una permanenza nelle attività di almeno dodici mesi mediante il completamento dei progetti medesimi”.
Con l’art. 45 comma secondo della legge 17 maggio 1999, n. 144 il Governo è stato delegato ad emanare, entro il 28 febbraio 2002, “…le necessarie modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468”, sia in funzione dell’adeguamento all’assetto istituzionale di cui al d.lgs. 23 dicembre 1997, n. 469 (di conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell'articolo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59), sia in vista della “ridefinizione della disciplina alla luce della legislazione regionale intervenuta in materia”, che in vista dello “adeguamento delle disciplina per favorire lo sviluppo di iniziative volte alla creazione di occupazione stabile”.
I commi sei ed otto dell’art. 45 hanno poi ribadito, “fino all'attuazione della riforma degli incentivi all’occupazione e degli ammortizzatori sociali”, la possibilità di approvazione o proroga di progetti utilizzanti “…esclusivamente soggetti che abbiano maturato o che possano maturare dodici mesi in tale tipo di attività nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1998 ed il 31 dicembre 1999”, e riconoscendo ad essi l’applicabilità delle disposizioni dell’art. 12 del d.lgs. n. 468 del 1997, nonché per gli stessi la riserva di “…una quota del 30 per cento dei posti da ricoprire mediante avviamenti a selezione di cui all’articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56 e successive modificazioni”
La delega legislativa è stata esercitata con d.lgs. 28 febbraio 2000, n. 81, il quale, per quanto qui interessa:
- ha consentito la prosecuzione dell’utilizzazione dei l.s.u. per attività progettuali in corso al 31 dicembre 1999 anche attraverso il trasferimento ad altri soggetti attuatori e sulla base di apposite convenzioni e anche per attività diverse da quelle originariamente previste (art. 1);
- ha ridefinito la sfera dei soggetti impegnati in progetti di l.s.u. in quelli “…che abbiano effettivamente maturato dodici mesi di permanenza in tali attività nel periodo dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre 1999”, escludendovi tra gli altri, quelli in possesso dei requisiti per avvantaggiarsi degli abbuoni contributivi per il raggiungimento dei trattamenti pensionistici, quelli che abbiano conseguito ricollocazione lavorativa, che siano stati dichiarati decaduti o cancellati (per mancata accettazione dell’inserimento nel progetto) (art. 2);
- ha ridefinito la tipologia delle attività, inserendovi, oltre a quelle contemplate dall’art. 1 comma primo e dall’art. 2 del d.lgs. n. 448 del 1997, anche “i servizi tecnici integrati della pubblica amministrazione” e “i trasporti e la connessa logistica” (art. 3 comma primo lettere b) e c)), salva la facoltà delle regioni di individuare attività aggiuntive e delle province di specificare e integrare l’elenco delle attività “…in rapporto alle esigenze del locale mercato del lavoro”;
- ha ribadito, all’art. 4, che “l’utilizzo nelle attività…non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro”, precisando la misura dell’impegno orario settimanale (venti ore e non più di otto ore giornaliere) e la misura (£. 850.000) dell’importo mensile dovuto quale “assegno di utilizzo per prestazioni in attività socialmente utili”, con durata dell’utilizzazione non superiore a sei mesi rinnovabili per altri sei mesi;
- ha prorogato, all’art. 6, l’efficacia dell’art. 10 del d.lgs. n. 468 del 1997 sino al 31 dicembre 2001 (ora, come già evidenziato, sino al 31 dicembre 2002), facultando le amministrazioni pubbliche “…ove ne ricorrano le condizioni ed esigenze (ad) affidare ai soggetti interessati le attività di cui al terzo comma del predetto art. 10 anche attraverso “incarichi di collaborazione coordinata e continuativa, e lavoro autonomo”;
- ha dettato, all’art. 7, incentivi per i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici ai fini dell’assunzione a tempo indeterminato e pieno dei soggetti già impegnati in progetti di l.s.u.;
- ha dettato all’art. 9 una nuova disciplina sanzionatoria sostitutiva di quella già prevista dall’art. 9 del d.lgs. n. 468 del 1997;
- ha disposto, all’art. 10, la conferma delle disposizioni vigenti in materia di lavori socialmente utili di cui al decreto legislativo n. 468 del 1997, e successive modifiche, e al D.M. 21 maggio 1998 in quanto compatibili, abrogando espressamente gli artt. 1, comma 2, lettere a), b) e c), comma 3, comma 4 e comma 6; 2, commi 2, 4, 6, 7 e 8; 3, commi 2 e 3; 4; 5; 6; 9 e 11 (e quindi non anche gli artt. 10 e 12).
Per completezza deve aggiungersi che l’art. 78 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001) ha demandato ad apposite convenzioni tra Ministero del lavoro e della previdenza sociale e regioni (e previo rinnovo dei progetti in corso) la stipula di apposite convenzioni intesa a realizzare “programmi di stabilizzazione” dei l.s.u., facultanto “le regioni e gli altri enti locali che hanno vuoti in organico e nell’ambito delle disponibilità finanziarie…limitatamente alle qualifiche di cui all’articolo 18 della legge 28 febbraio 1987, n. 56 (ad) effettuare assunzioni di soggetti collocati in attività socialmente utili”.
2.1.2) Per quanto attiene, invece, alle normative relative all’accesso ai ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola, occorre muovere dall’art. 554 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, ai sensi del quale:
“Le assunzioni nei ruoli della quarta qualifica sono effettuate mediante concorsi provinciali per titoli indetti annualmente nei limiti delle vacanze di organico, dai provveditorati agli studi sulla base di un’ordinanza del Ministro della pubblica istruzione, la quale indicherà, fra l’altro, i titoli e i criteri di valutazione” (comma primo);
“Ai predetti concorsi è ammesso il personale A.T.A. non di ruolo, con almeno due anni di servizio prestato, senza demerito, con qualifiche corrispondenti a quelle dei ruoli per i quali i concorsi sono indetti…” (comma secondo);
“Le assunzioni nei ruoli della terza qualifica sono effettuate tramite le apposite liste di collocamento previste dalla legge, previo esperimento di graduatorie di conferimento delle supplenze annuali già compilate alla data del 5 luglio 1998…”.
In proposito giova subito ricordare che l’ambito delle prestazioni del collaboratore scolastico rientrava nella terza qualifica funzionale di cui al d.P.R. 7 marzo 1985, n. 588, con la diversa denominazione di “ausiliario” ed ad essa si riferiva la disposizione testé richiamata, mentre soltanto col d.P.C.M. 21 luglio 1995, di recepimento dell’accordo 23 giugno 1995, rimanendo comunque la qualifica più bassa, ad essa è stata assegnata la IV qualifica (corrispondente alla precedente terza) con aggregazione di due profili professionali (IV/I: collaboratore scolastico; IV/2: collaboratore scolastico tecnico, es., aiutante cuoco, guardarobiere, addetto alle aziende agrarie), mentre ora, in base all’accordo 26 maggio 1999, recante il contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al quadriennio normativo 1998-2001 ed al biennio economico 1998-1999 del personale del comparto scuola, essa è qualificata, sempre come posizione funzionale più bassa, come A/2.
Deve altresì rammentarsi che l’art. 8 della legge 3 maggio 1999, n.124 ha posto a carico dello Stato “il personale ATA degli istituti e scuole statali di ogni ordine e grado”, abrogando le disposizioni che consentivano la fornitura di tale personale da parte dei comuni e delle province.
Per il personale di ruolo dipendente dagli enti locali ed in servizio nelle istituzioni scolastiche statali alla data di entrata in vigore della legge è stato previsto (art. 8 comma secondo) il trasferimento nei ruoli del personale ATA statale, con inquadramento nelle corrispondenti qualifiche funzionali e profili professionali, in base a modalità affidate ad apposito decreto del Ministro della pubblica istruzione di concerto coi Ministri dell’interno, del tesoro, bilancio e programmazione economica e della Funzione pubblica.
Col d.m. 23 luglio 1999 è stato reso operativo il trasferimento del personale di ruolo “…dipendente dagli enti locali e in servizio, alla data del 25 maggio 1999, nelle istituzioni scolastiche statali…” (art. 1) con collocazione, a decorrere dal 1° gennaio 2000, nelle aree e profili di cui al C.C.N.L. del 26 maggio 1999, innanzi richiamato, comprendendovi anche il personale di ruolo assunto successivamente al 25 maggio 1999 e non oltre il 31 dicembre 1999.
Particolare interesse riveste la disposizione dell’art. 9 del d.m. 23 luglio 1999, a tenore della quale, è stato previsto il subentro dello stato nei contratti stipulati dagli enti locali sino al 24 maggio 1999, anche se rinnovati in data successiva, “…per la parte con la quale sono state assicurate le funzioni ATA per le scuole statali, in luogo dell’assunzione del personale dipendente (previa stipulazione di apposite convenzioni dirette a regolare il subentro) oltre che “…nelle convenzioni stipulate dagli enti locali con i soggetti imprenditoriali, comprese cooperative, per la stabilizzazione di quei progetti di lavori socialmente utili e/o lavori di pubblica utilità che erano in atto nelle istituzioni scolastiche statali prima del 25 maggio 1999, anche se rinnovati successivamente, per lo svolgimento di funzioni ATA…” (si tratta delle convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n. 468 del 1997); e ciò “ferma restando la prosecuzione delle attività da parte di soggetti esterni impegnati in progetti LSU e LPU in corso ai sensi delle leggi vigenti” (comma terzo); mentre il comma quarto ha stabilito alla data del 1° gennaio “…successivo alla stabilizzazione dei lavori socialmente utili in imprese, anche cooperative” il subentro nelle convenzioni.
In pratica il decreto ministeriale ha così assicurato la prosecuzione dell’attività dei l.s.u. già impegnati in progetti e il rinnovo delle convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 10 dianzi citato.
L’ultimo comma del d.m. 23 luglio 1999 ha poi stabilito che “ai lavoratori di cui al terzo e quarto comma del presente articolo, si applicano le provvidenze previste dall’art. 12 del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468 e dall’art. 45, comma 8, della legge 17 maggio 1999 n. 144, ai fini delle nomine a tempo indeterminato per posti ATA corrispondenti alla attività svolta”.
2.2) Così ricostruito il quadro di riferimento normativo, deve anzitutto verificarsi se i benefici di cui all’art. 12 commi terzo e quarto del d.lgs. n. 468 del 1997 siano consentaneamente applicabili ai lavoratori socialmente utili che siano stati utilizzati in posizioni corrispondenti a quelle di “collaboratore scolastico”, tenuto conto che il quarto comma in particolare, anche a tenore delle precisazioni contenute nell’art. 45 comma ottavo della legge n. 144 del 1999, con la quota di riserva del 30% ivi stabilita, si applica ai posti da ricoprire mediante avviamenti a selezioni dalle liste di collocamento, previsti, a loro volta per quei livelli retributivo-funzionali “…per i quali non è richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell’obbligo” (art, 16 comma primo della legge 28 febbraio 1987, n. 56) e che per i collaboratori scolastici il titolo d’accesso è rappresentato appunto dal diploma di scuola media (inferiore).
In altri termini, sembra di dover distinguere, nell’ambito delle posizioni degli l.s.u. quelle per le qualifiche per cui non sia consentito l’avviamento diretto (cui trova applicazione la “preferenza” nei concorsi pubblici) e quelle inferiori (nella specie la A/2, già corrispondente alla IV/I, già terza qualifica) per cui, non essendo il reclutamento fondato su pubblico concorso, sebbene su selezione dalle liste di collocamento, deve trovare applicazione l’altro beneficio della riserva dei posti.
Ulteriore conferma della chiave esegetica è il richiamato art. 9 del d.m. 23 luglio 1999, che riferisce l’applicabilità dei benefici di cui all’art. 12 d.lgs. n. 468 del 1997 e dell’art. 45 comma ottavo legge n. 144 del 1999 direttamente “…alle nomine a tempo indeterminato per posti ATA…” e non anche ai concorsi.
Non è, dunque, né erroneo né casuale che l’art. 2 dell’ordinanza ministeriale n. 153 del 30 maggio 2000 abbia così testualmente disposto:
“I posti disponibili per i concorsi sono definiti tenendo conto degli antecedenti adempimenti di legge. In particolare per i profili professionali della IV qualifica funzionale (ex III: D.L.vo n. 297/1994, art. 554, comma 5) sono preventivamente detratti i contingenti di posti concernenti le assunzioni obbligatorie di cui alla legge 12/3/1999, n. 68 e la riserva del 30% dei posti da assegnare agli addetti ai lavori socialmente utili di cui alla legge 17/5/1999 art. 45, comma 8. I posti così determinati sono assegnati alle procedure di cui alla presente ordinanza nella misura…(omissis)”.
In altri termini, secondo la chiarissima disposizione testé citata, la riserva dei posti opera, e non può non operare tenuto conto che si tratta di coprire quei posti in via diretta ai sensi dell’art. 16 della legge n. 56 del 1987, nel senso che dai posti da mettere a concorso siano detratti quelli corrispondenti al 30% per i lavoratori socialmente utili, ovvero che dal contingente complessivo dei posti da mettere a concorso sia accantonato il 30% con avviamento dalle liste di collocamento o mobilità in favore dei lavoratori socialmente utili.
Sicché, e contrariamente a quanto prospettato da parte ricorrente, non può individuarsi in quella riserva il titolo di legittimazione per la partecipazione al concorso, costituendo essa invece, sia pure nei limiti numerici dianzi indicati, titolo per l’accesso diretto nei ruoli.
Ne consegue che, una volta accantonati e utilizzati i posti, i lavoratori socialmente utili non hanno in effetti alcun titolo per partecipare al concorso e ciò per due ordini di motivi: perché hanno già beneficiato della riserva e perché non hanno un rapporto d’impiego in senso proprio né con lo Stato né con gli enti locali.
Quanto a quest’ultimo profilo, non può infatti tralasciarsi di considerare che il requisito specifico di accesso ai concorsi è costituito, alternativamente, a tenore dell’art. 5:
- dall’essere o essere stati in servizio (se inseriti in graduatorie provinciali per le supplenze) “…in qualità di personale a tempo determinato statale della scuola nella medesima provincia e nel medesimo profilo professionale cui si concorre”;
- dall’aver prestato nel corso dell’anno scolastico 1999/2000 “…un servizio a tempo determinato con lo Stato nella medesima provincia e nel medesimo profilo professionale cui concorre…”;
- dall’esser stato “...già dipendente degli enti locali tenuti a fornire personale alle istituzioni scolastiche statali, nel cui rapporto d’impiego a tempo determinato sia subentrato lo Stato;
- dall’aver prestato servizio scolastico, nel periodo compreso tra il 25 maggio 1999 e la data della domanda di ammissione, “…con rapporto d’impiego a tempo determinato con gli enti locali…in un profilo professionale proprio di tali enti locali corrispondente al profilo professionale ATA statale cui si concorre, ancorché lo Stato non sia subentrato in detto rapporto di impiego perché venuto a scadenza anteriormente al passaggio dagli enti locali allo Stato”.
Ed il successivo punto 2 dell’art. 5 dell’o.m. n. 153 del 2000 ribadisce che per l’ammissione al concorso occorre un’anzianità di servizio di almeno due anni (24 mesi anche non continuativi) non purchessia ma (ma lett. g) quale “…servizio effettivo prestato (di ruolo e non di ruolo) presso scuole statali, con rapporto d’impiego con lo Stato e/o il servizio scolastico (di ruolo e non di ruolo) prestato con rapporto d’impiego direttamente con gli enti locali i quali erano tenuti per legge a fornire alle scuole statali personale ATA”.
3.) Alla stregua delle osservazioni che precedono risultano infondate tutte le censure svolte da parte ricorrente.
3.1) Quanto al primo motivo di ricorso, e come già chiarito amplius sub 2.2) deve recisamente escludersi che dalla riserva dei posti prevista dall’art. 2 dell’o.m. n. 153 del 2000 possa discendere il riconoscimento di un titolo di legittimazione alla partecipazione al concorso; ché anzi la detta riserva, per i rilievi dianzi svolti in ordine all’interpretazione degli artt. 12 commi terzo e quarto del d.lgs. n. 468 del 1997 e 45 comma ottavo della legge 144 del 1999, raccordata alla peculiare posizione funzionale dei collaboratori scolastici, tende a configurarsi quale unico beneficio riconoscibile ai lavoratori socialmente utili, e quindi ad escludere ogni titolo alla partecipazione al concorso (dovendo evidentemente riferirsi la preferenza ad altro tipo di più elevate posizioni funzionali, che, all’opposto, non beneficiano della riserva).
Pertanto l’esclusione non viola in alcun modo la previsione dell’ordinanza ministeriale.
3.2) Analogamente infondate sono le doglianze dedotte col secondo motivo, poiché requisito specifico di ammissione al concorso è costituito, per clausole inequivoche dell’o.m. n. 153 del 2000, non gravate, né censurabili in funzione della loro piena coerenza coi requisiti di ammissione direttamente contemplati dall’art. 554 comma secondo del d.lgs. n. 297 del 1994, dalla titolarità di rapporti d’impiego a termine con lo Stato o con gli enti locali, laddove l’utilizzazione in lavori socialmente utili, secondo tutte le disposizioni che in progresso di tempo hanno disciplinato la materia, non integra mai un rapporto d’impiego; ed a fronte di dati normativi inequivoci, e coerenti con le finalità tipiche dei progetti di l.s.u. e l.p.u., intesi ad un semplice sostegno temporaneo all’occupazione, nel quadro dei c.d. ammortizzatori sociali, e sia pure in una prospettiva di tendenziale stabilizzazione che spetta al legislatore di disciplinare nei modi e tempi, non può davvero sostenersi, nonostante i lodevoli sforzi ermeneutici dei difensori, che si tratti di attività assimilabili ad un rapporto d’impiego strictu senso (tra l’altro essendo caratterizzate da specifici momenti formativi, orari particolari, emolumenti privi del crisma della corrispettività e di natura essenzialmente assistenziale); né può rilevare, a cospetto della indicazione di uno specifico titolo di ammissione al concorso (titolarità di un rapporto d’impiego a tempo determinato) e quindi di un rapporto di lavoro tipico, che la giurisprudenza costituzionale abbia evidenziato che esso implica pur sempre un impegno latu senso lavorativo (nel senso che debba escludersi la titolarità dei rapporti d’impiego richiesti dall’o.m. n. 153 del 2000 in capo ai lavoratori socialmente utili, vedi anche T.A.R. Toscana, 25 febbraio 2002, n. 373 e T.A.R. Calabria, Catanzaro, 30 gennaio 2002, n. 128).
3.3) Inammissibile per carenza d’interesse è invece la censura dedotta col terzo motivo, direttamente attinente al d.m. 23 novembre 2000, n. 262 che, al punto 3.4, ha sospeso “…limitatamente all’anno scolastico 2000/2001, l’applicazione della riserva in favore dei soggetti predetti impegnati in lavori socialmente utili” sul rilievo che “…le assunzioni del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario sono esclusivamente limitate al relativo turn-over” ed “in attesa della stabilizzazione occupazionale dei soggetti impegnati in lavori socialmente utili, nell'ambito della scuola”.
Col ricorso in epigrafe, non si fa valere infatti la violazione del diritto alla riserva dei posti in funzione dell’accesso diretto ai ruoli ai sensi dell’art. 16 della legge n. 56 del 1987 (pretesa che comunque esulerebbe dalla sfera giurisdizionale di questo G.A. perché si farebbe valere, sia pure nei limiti della riserva, un vero e proprio diritto soggettivo all’assunzione), onde non può assumere rilevanza la evidente illegittimità della prescrizione (che si pone in diretta violazione dell’art. 12 comma quarto del d.lgs. n. 468 del 1997 e dell’art. 45 comma ottavo della legge n. 144 del 1999).
3.4) Manifestamente destituita di giuridico fondamento, e tale da esimere questo G.A. dal rinvio alla Consulta, è poi la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 comma primo d.lgs. n. 81 del 2000 e 8 comma primo del d.lgs. n. 468 del 1997, nella parte in cui escludono che l’utilizzazione in lavori socialmente utili costituisca rapporto d’impiego, posto che la disciplina degli ll.ss.uu. e della loro struttura giuridico-economica rientra nell’insindacabile sfera della discrezionalità legislativa ed appare d’altro canto pienamente coerente alle finalità perseguite, di apprestare un sostegno all’occupazione nel quadro dei c.d. ammortizzatori sociali in vista di modalità di inserimento e stabilizzazione occupazionale che pure rinviano alla discrezionalità legislativa.
Al riguardo, peraltro, non può omettersi di segnalare che altri interventi normativi (cfr. decreto interministeriale 20 aprile 2001) hanno apprestato meccanismi intesi proprio alla stabilizzazione degli ll.ss.uu., in particolare per quelli impegnati in attività riconducibili alle mansioni dei collaboratori scolastici, attraverso la c.d. terziarizzazione dei servizi di pulizia, a decorrere dal 1° luglio 2001, con l’esternalizzazione e l’affidamento dei servizi a imprese, consorzi d’imprese e società cooperative e con l’obbligo di assunzione dei ll.ss.uu. con contratti a tempo indeterminato e applicazione dei cc.cc.nn.ll. del settore.
4.) L’infondatezza del ricorso esime il Tribunale dall’esame dei motivi aggiunti, imperniati sulla graduatoria, e rispetto ai quali, dovendosi tener ferma l’esclusione di parte ricorrente, vi è evidente carenza di interesse.
5.) La novità delle questioni affrontate giustifica l’integrale compensazione fra le parti delle spese ed onorari del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Sede di Bari – Sezione Prima, rigetta il ricorso in epigrafe e dichiara compensate per intero, tra le parti, le spese ed onorari del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 20 marzo 2002, con l’intervento dei magistrati:
Gennaro FERRARI Presidente
Leonardo SPAGNOLETTI Componente est.
Fabio MATTEI Componente
Depositata il 17 aprile 2002.