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n. 11-2002 - © copyright.

TAR PUGLIA-BARI, SEZ. I - Sentenza 4 novembre 2002 n. 4719 - Pres. Ferrari, Est. Spagnoletti - Murgante (Avv. A. Loiodice) c. Provincia di Foggia (Avv. I. Dentamaro) e Zingrillo (Avv.ti F. Verile e N. Zingrillo) - (accoglie).

1. Comune e Provincia - Consiglio comunale o provinciale - Presidente - Disciplina dell’organo e delle sue attribuzioni - Statuti e Regolamenti - Limiti - Previsione di un rapporto diretto di fiducia politica con la maggioranza consiliare - Impossibilità.

2. Comune e Provincia - Consiglio comunale o provinciale - Presidente - Natura di quest'ultimo organo - Individuazione - Funzione di garanzia svolta - Conseguenze - Rapporto di fiducia politica con la maggioranza - Impossibilità.

3. Comune e Provincia - Presidente del Consiglio comunale o provinciale - Revoca - Presupposti - Reiterate violazioni della legge - Necessità.

4. Comune e Provincia - Consiglio comunale o provinciale - Presidente - Revoca - Sindacato giurisdizionale - Limiti.

5. Comune e Provincia - Consiglio comunale o provinciale - Presidente - Revoca - Presupposti - Gravi violazioni di legge o delle regole di imparzialità - Necessità - Venir meno del rapporto fiduciario con la maggioranza - Insufficienza.

1. Spetta agli statuti comunali e provinciali disciplinare le attribuzioni del Presidente dei Consigli comunali e provinciali, sia nei rapporti con gli organi di governo dell’ente che con le articolazioni interne del consiglio (commissioni, gruppi, conferenza dei capigruppo), sia quanto alle prerogative in ordine alla convocazione delle sedute, alla formazione dell’ordine del giorno, alla direzione della discussione e ai poteri di "polizia" dei lavori consiliari, con il limite invalicabile che non sia comunque snaturata la funzione dell’organo e non ne siano compromesse le finalità di garanzia, come accadrebbe se, ad esempio, si istituisse un rapporto diretto di fiducia politica con la maggioranza consiliare.

2. Il Presidente dei Consigli comunali e provinciali è organo di garanzia posto a salvaguardia delle prerogative dei consigli e dei singoli consiglieri, non è portatore di alcun "mandato" rappresentativo della maggioranza consiliare che sorregge gli organi di governo, né è ad essa ricollegabile da un rapporto di "fiducia" politica, sebbene di una rappresentatività istituzionale, ovvero dell’intero consiglio che lo ha eletto, e risulta come tale accostabile, quanto alla natura istituzionale e neutrale delle funzioni, ai Presidenti della Camera e del Senato (1).

3. Qualora una disposizione statutaria richieda, ai fini della revoca del Presidente di un Consiglio (nella specie provinciale), che questi si sia reso responsabile di gravi violazioni di legge, statuto o regolamenti, il relativo potere può essere legittimamente esercitato dall’assemblea elettiva solo nel caso di reiterate violazioni, particolarmente qualificate, tali da denotare un uso affatto (e obiettivamente) illegittimo dei poteri e delle prerogative dell’ufficio presidenziale, e che siano altresì qualificabili, sotto il profilo dell’elemento psicologico, in termini di dolo o colpa, e richiede una congrua motivazione adeguata alla gravità del provvedimento sanzionatorio.

4. Va escluso che il rilievo della carenza di congrua motivazione nel provvedimento di revoca del Presidente di un consiglio (nella specie provinciale) possa costituire violazione dei limiti del sindacato giurisdizionale affidato al G.A., non essendo ontologicamente sovrapponibili a carenti valutazioni dell’organo consiliare quelle del giudice che ne rilevi l’insufficienza.

5. E’ illegittima la delibera con il quale è stata disposta la revoca del Presidente del Consiglio provinciale facendo riferimento al venir meno della fiducia politica tra quest’ultimo organo e l’organo collegiale, atteso che, anche in presenza di norma statutaria generica, che non enunci i presupposti per procedere alla revoca, deve ritenersi che la revoca in tanto può giustificarsi in quanto sussista il cattivo esercizio della funzione, sia stata violata la neutralità dell’organo, senza che possa assumer rilievo alcuno il profilo della "fiducia politica", dovendosi la revoca comunque correlarsi ad una accertata violazione delle regole di imparzialità e rappresentanza istituzionale che presiedono all’esercizio dell’ufficio di Presidente del Consiglio provinciale (o comunale).

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(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 26 novembre 1999, n. 1983 e, più di recente, Sez. V, 6 giugno 2002, n. 3187, entrambe riportate in questa Rivista n. 11-1999 e n. 6-2002.

Ha osservato in proposito il T.A.R. Puglia che, pur essendo demandata all’autonomia normativa degli enti locali la puntuale definizione delle modalità di nomina e di revoca del presidente delle assise consiliari, delle sue prerogative, dei rapporti con le articolazioni interne dei consigli (commissioni, gruppi, conferenza dei capigruppo), nondimeno deve ritenersi che la segnalata e necessaria neutralità della funzione costituisca limite di legittimità, nel senso che non potrebbe ammettersi una disciplina che snaturi la funzione e ne comprometta le finalità di garanzia, istituendo ad esempio un rapporto diretto di fiducia politica con la maggioranza consiliare.

In altri termini, nei rapporti interorganici con le autorità di governo dell’ente è imprescindibile che il presidente del consiglio (provinciale o comunale), quale figura neutra e di garanzia, risulti portatore di una rappresentività istituzionale, ovvero dell’intero consiglio che lo ha eletto, e quindi tanto della maggioranza quanto della minoranza, venendo in considerazione l’organo consiliare nel suo complesso e non le sue espressioni politiche "interne".

 

 

per l’annullamento

- della deliberazione del Consiglio provinciale di Foggia n. 13 del 20 maggio 2002 avente ad oggetto; "Mozione di sfiducia e contestuale proposta di revoca nei confronti del Presidente del Consiglio dott. Pasquale Murgante ai sensi dell’art. 35 comma 7° del vigente Statuto Provinciale";

- della deliberazione del Consiglio provinciale di Foggia n. 14 del 20 maggio 2002 avente ad oggetto: "Elezione del Presidente del Consiglio Provinciale";

- di ogni altro atto connesso, conseguente o presupposto ancorché non conosciuto

(omissis)

FATTO

Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale raccomandato il 10-12 giugno 2002 e depositato in Segreteria l’11 giugno 2002, Pasquale Murgante ha impugnato i provvedimenti in epigrafe meglio indicati.

Giova premettere che:

- nel corso della seduta del 22 aprile 2002, il Consiglio provinciale di Foggia approvava una proposta presentata dal consigliere Vincenzo Brucoli intesa alla convocazione dell’organo collegiale per il 3 maggio alle ore undici, con ordine del giorno contenente al primo punto una proposta di modifica dell’art. 35 comma 7° dello Statuto provinciale (concernente la revoca del Presidente del consiglio provinciale), al secondo punto l’esame di proposta di legge del nuovo ordinamento del sistema regionale di orientamento e formazione professionale e al terzo punto lo "accapo" relativo alla realizzazione di centrali termoelettriche sul territorio provinciale, nonché tutti gli "accapo" non esauriti nella seduta del 18 marzo precedente;

- nella conferenza dei capigruppo consiliari del 29 aprile 2002, il Presidente del Consiglio provinciale, odierno ricorrente, "…considerato che non vi è unanimità…sulla data e sugli argomenti da iscriversi all’ordine del giorno…", fissava due successive sedute del Consiglio provinciale, la prima per il 3 maggio, monotematica, sulla realizzazione delle centrali termoelettriche, e la seconda per il 10 maggio, nel cui ordine del giorno inseriva, tra gli altri, gli argomenti indicati nella proposta del consigliere Brucoli approvata dal Consiglio provinciale nella seduta del 22 aprile;

- mentre la seduta del Consiglio provinciale del 3 maggio si svolgeva regolarmente, quella del 10 maggio andava deserta e veniva sciolta per mancanza del numero legale;

- con nota protocollata intestata al "Coordinamento centrosinistra Gruppi consiliari", sottoscritta da 16 consiglieri, in data 10 maggio 2002 e protocollata in arrivo sotto la stessa data, indirizzata al Presidente della Provincia, al Presidente del Consiglio provinciale e al Segretario della Provincia, veniva formalizzata richiesta di convocazione del Consiglio "…per discutere inderogabilmente nell’ordine come appresso indicato i seguenti argomenti:

1. Mozione di sfiducia e contestuale proposta di revoca nei confronti del Presidente del Consiglio Provinciale dott. Pasquale Murgante ai sensi dell’art. 35 comma 7 del vigente Statuto Provinciale.

2. Modifica art. 35 comma 7 del vigente Statuto Provinciale.

3. Proposta di Legge ‘Nuovo Ordinamento del Sistema Regionale di Orientamento e do Formazione Professionale";

- alla nota venivano allegate tanto la "mozione di sfiducia e contestuale proposta di revoca" quanto la proposta di modifica dell’art. 35 comma 7 dello Statuto;

-- la prima, richiamata la deliberazione consiliare del 22 aprile 2002 di approvazione della proposta del consigliere Brucoli "…di porre in discussione nella seduta del 3 maggio l’ordine del giorno non esaurito di cui alla seduta consigliare (sic!) del 18 marzo u.s.", poneva in evidenza come:

-- "Il Presidente del Consiglio Pasquale Murgante, con atto proditorio ed in spregio alle norme regolamentari e consuetudinarie le quali presiedono la corretta vita dell’Ente, provvedeva alla convocazione della seduta del 3 maggio 2002, evitando di iscrivere all’ordine del giorno gli argomenti non trattati nella seduta del 18 marzo u.s.";

-- "tale violazione non è che l’ultimo di una lunga serie di atti posti in essere dal Presidente Murgante, il quale in più circostanze ha dimostrato di non tenere in alcun conto le richieste espresse dai Consiglieri a termini statutari, così come verificatosi in occasione della Conferenza dei capigruppo tenutasi in data 30 aprile u.s. " (recte: 29 aprile);

-- "tali atti concretizzano inequivocabilmente le fattispecie di cui al comma 7 dell’art. 35 dello Statuto dell’ente, sostanziandosi in gravi violazioni di norme statutarie e regolamentari oltre che della consolidata prassi che disciplina i lavori del Consiglio Provinciale";

- su tale base argomentativa, si proponeva, quindi, "…formale mozione di sfiducia e contestuale revoca del Presidente del Consiglio Provinciale Pasquale Murgante ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 35 dello Statuto Provinciale";

- la proposta di modifica dell’art. 35 comma 7 dello Statuto mirava invece a modificare l’enunciato normativo nel senso che -anziché consentirsi la revoca del Presidente del Consiglio provinciale (e dei Vice Presidenti) per "…gravi violazioni di legge, di Statuto e di Regolamenti", in base a mozione presentata da almeno un terzo dei consiglieri, approvata dal voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati- si facesse luogo alla revoca "…a seguito di mozione di sfiducia proposta da almeno un quinto dei membri del Consiglio, che consegua il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati";

- nella seduta del 20 maggio 2002, con deliberazione n. 13, il Consiglio provinciale, richiamata la "mozione di sfiducia e contestuale proposta di revoca", ed in esito al relativo dibattito consiliare, col voto favorevole di 17 consiglieri, contrario di 7 consiglieri ed 1 scheda bianca, esprimeva la determinazione di "approvare la mozione di sfiducia nei confronti Dr. Pasquale Murgante e di dichiarare, per l’effetto, la sua contestuale revoca dalla carica di Presidente di Consiglio Provinciale";

- nella stessa seduta, con deliberazione n. 14, in esito a tre consecutive votazioni (non essendosi raggiunte nelle prime due il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati, ed essendo sufficiente nella terza, a termini dell’art. 4 comma terzo dello Statuto, la maggioranza assoluta), con 17 voti favorevoli, 7 contrari e 1 scheda bianca veniva eletto Presidente del Consiglio il dott. Giuseppe Zingrillo.

- per completezza, deve rammentarsi che nella seduta del 4 giugno 2002, con deliberazione n. 21, e col voto favorevole di 22 consiglieri (superiore alla maggioranza dei due terzi prescritta dall’art. 6 del d.lgs. n. 267 del 2002) e l’astensione di tre consiglieri, veniva approvata la modifica dell’art. 35 comma 7 dello Statuto provinciale.

Avverso i provvedimenti impugnati il ricorrente ha dedotto le seguenti censure:

1) Violazione di legge sub specie delle disposizioni statutarie e regolamentari e in specie dell’art. 35 comma 7 dello Statuto provinciale Eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica, ingiustizia manifesta, contraddittorietà

In funzione della posizione "neutra" propria del Presidente del Consiglio provinciale, la revoca può giustificarsi solo in relazione al cattivo esercizio delle funzioni di garanzia affidate al titolare dell’organo, laddove nella specie essa, col riferimento alla nozione di "sfiducia", tradisce motivazioni di natura politica, e quindi lo sviamento dalla causa tipica del potere esercitato dal Consiglio provinciale.

2) Violazione di legge sub specie delle disposizioni statutarie e regolamentari ed in specie dell’art. 35 comma 7 dello Statuto provinciale. Violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 per difetto assoluto di motivazione. Eccesso di potere per difetto d’istruttoria, sviamento dalla causa tipica, ingiustizia manifesta, contraddittorietà

In ogni caso non sussistono i presupposti per l’esercizio del potere di revoca, ed in specie le gravi violazioni di legge, statuto o regolamento: il ricorrente ha comunque provveduto alla convocazione del Consiglio provinciale, inserendo nell’ordine del giorno della seduta del 10 maggio 2002 tutti gli argomenti non trattati in quella del 18 marzo, ed in quella del 3 maggio la questione relativa alle centrali termoelettriche, di particolare delicatezza e impegno, e ciò nell’ambito dei poteri attribuitigli e per assicurare la più efficace e proficua trattazione di tutti gli oggetti da discutere in sede consiliare.

Né l’aver posposto al 10 maggio la trattazione di una parte degli argomenti può costituire violazione di tale gravità da giustificare la revoca.

La deliberazione impugnata non chiarisce né pone in luce quali effetti negativi siano scaturiti dalla distribuzione degli argomenti in due sedute consiliari, peraltro prossime.

Né è stata presa in considerazione la circostanza che la seduta del 3 maggio fu effettivamente interamente impegnata dalla questione delle centrali termoelettriche e che la successiva seduta del 10 maggio fu sciolta per mancanza del numero legale, e cioè per l’assenza della maggioranza dei consiglieri che poi hanno presentato la mozione di sfiducia e revoca.

3) Violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di revoca e procedimento. Eccesso di potere per difetto di motivazione e d’istruttoria, manifesta illogicità, contraddittorietà

Al ricorrente non è stato consentito di rappresentare in sede consiliare ed anche documentalmente le proprie ragioni in ordine alle violazioni contestate.

4) Violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di revoca e di procedimento. Eccesso di potere per difetto di motivazione, di presupposti e di istruttoria, manifesta illogicità, contraddittorietà

Non sussiste congrua motivazione in ordine alla disposta revoca.

5) Violazione e falsa applicazione di legge sub specie degli artt. 7 e ss. della legge n. 241 del 1990 e dei principi e procedimento in materia di revoca, anche con riferimento alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento. Eccesso di potere per difetto di motivazione, erroneità dei presupposti, sviamento dalla causa tipica, difetto d’istruttoria e manifesta illogicità

E’ stata omessa la comunicazione dell’avvio del procedimento.

6) Violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di revoca con riferimento all’omessa contestazione degli addebiti

E’ stata omessa la contestazione degli addebiti.

Nel giudizio si sono costituiti l’Amministrazione provinciale di Foggia e il controinteressato intimato.

La prima, con memorie difensive depositate il 9 luglio e 14 settembre 2002, ha dedotto in sintesi l’infondatezza del ricorso sul rilievo che:

a) la revoca non ha alcuna natura politica, essendo invece ricollegata alla violazione di specifiche disposizioni statutarie e di regolamento in ordine alla omessa indicazione nell’ordine del giorno della seduta del 3 maggio 2002 degli argomenti inseriti invece nell’ordine del giorno della seduta del 10 maggio 2002, ed in particolare di quello relativo alla modifica della disposizione statutaria circa la revoca del Presidente del Consiglio, in spregio alla autoconvocazione del Consiglio, come disposta nella seduta del 22 aprile 2002, né essendo perciò applicabile l’art. 39 del d.lgs. n. 267 del 2000 circa l’obbligo di convocazione nei venti giorni successivi alla richiesta formulata da almeno un quinto dei consiglieri;

b) lo "scaglionamento" da parte del Murgante degli argomenti tra le due sedute consiliari tradirebbe un "uso personale" del potere di convocazione, in funzione dell’intento di rinviare a seduta successiva la trattazione della modifica statutaria sulla disposizione in tema di revoca "che direttamente lo riguardava", e quindi denoterebbe la violazione della neutralità della funzione presidenziale;

c) l’apprezzamento della gravità delle violazioni poste a base della revoca appartiene a sfera di ampia discrezionalità del Consiglio provinciale, sindacabile solo per illogicità e ingiustizia manifesta (si invoca la decisione del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 3187 del 6 giugno 2002);

d) la motivazione dell’atto deliberativo è ampia e congrua;

e) poiché la mozione di sfiducia e revoca era stata indirizzata anche al Murgante, quale Presidente del Consiglio provinciale, non occorreva alcuna comunicazione d’avvio del procedimento di revoca, ed egli ben avrebbe potuto presentare memorie e documenti o svolgere le proprie ragioni nella seduta consiliare del 20 maggio 2002, nella quale invece era assente, senza tralasciare le ragioni di celerità connesse ai tempi ristretti fissati dallo Statuto per la discussione delle mozioni di sfiducia e revoca.

Il controinteressato Zingrillo, a sua volta, con la memoria di costituzione, ha dedotto rilievi consimili in ordine all’infondatezza del ricorso, invocando in particolare la violazione dell’art. 39 del d.lgs. n. 267 del 2000.

Con ordinanza n. 548 del 10 luglio 2002 è stata accolta l’istanza incidentale di sospensione dell’efficacia esecutiva degli atti deliberativi impugnati, con la motivazione di seguito riportata:

"Rilevato, infatti, al riguardo che l’art. 35 comma settimo dello statuto della Provincia di Foggia vigente al momento dell’adozione delle deliberazioni consiliari impugnate ammetteva la revoca del presidente del consiglio provinciale soltanto ‘…per gravi violazioni di legge, di statuto o di regolamenti’ ";

"Ritenuto che, nel caso di specie, né dalla proposta di revoca né dalla deliberazione (e/o dal dibattito consiliare) è dato di evincere alcuna motivazione sulla gravità dell’unico ‘addebito’ concreto e specifico mosso al ricorrente, consistente nell’omesso inserimento all’ordine del giorno della seduta del 3 maggio 2002 degli argomenti già iscritti all’ordine del giorno della seduta del 18 marzo 2002, per il cui esame è stata comunque convocata specifica e prossima seduta al 10 maggio 2002, andata deserta";

"Considerato che tale evidente lacuna motivazionale non può essere ovviamente colmata e/o eterointegrata dai rilievi dei difensori della Provincia e del controinteressato intimato relativi peraltro a pretese ragioni congetturali per le quali il ricorrente avrebbe fissato apposita seduta al 10 maggio 2002 per l’esame dei suddetti argomenti (in funzione del supposto scopo di dilazionare la discussione di una modifica dell’art. 35 comma settimo, poi adottata con deliberazione del consiglio provinciale n. 21 del 4 giugno 2002, nel senso di eliminare ogni riferimento all’esigenza, ai fini della revoca, del riscontro di gravi violazioni di legge, statuto e regolamento)";

"Considerato, infine, che la privazione di munus publicum configura, con ogni evidenza, profili di pregiudizio grave ed irreparabile".

Con la stessa ordinanza è stata fissata l’udienza del 25 settembre 2002, nella quale il ricorso è stato discusso e riservato per la decisione.

D I R I T T O

1.) Il ricorso in epigrafe è fondato e come tale deve essere accolto, dovendo il Tribunale confermare, in esito alla più approfondita disamina propria della trattazione del ricorso nel merito, la valutazione già espressa nella sede di cognizione sommaria della istanza cautelare in ordine all’illegittimità diretta della deliberazione di Consiglio provinciale n. 13 del 20 maggio 2002 di approvazione della mozione "di sfiducia e revoca", e a quella derivata della successiva deliberazione, in pari data, n. 14 con la quale è stato eletto il nuovo Presidente dell’assise consiliare.

1.1) Per apprezzare l’illegittimità della disposta revoca della nomina del ricorrente quale Presidente del Consiglio provinciale, giova premettere una breve ricostruzione del quadro di riferimento, legislativo, statutario e regolamentare.

1.1.1) Com’è noto, la figura del Presidente del Consiglio provinciale (e comunale) è stata introdotta dal comma 3 bis dell’art. 31 della legge 8 giugno 1990, n. 142, aggiunto dall’art. 11 comma 3 della legge 3 agosto 1999, n. 265, come obbligatoria per le province e i comuni con popolazione superiore ai quindicimila abitanti e facoltativa, in base a eventuale previsione statutaria, nei comuni con popolazione inferiore.

La previsione è stata poi trasfusa e arricchita nell’autonoma disposizione dell’art. 39 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recante il "Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali", emanato in base alla delega di cui all’art. 31 della legge n. 265 del 1999, così testualmente formulata:

"I consigli provinciali e i consigli comunali dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti sono presieduti da un presidente eletto tra i consiglieri nella prima seduta del consiglio. Al presidente del consiglio sono attribuiti, tra gli altri, i poteri di convocazione e direzione dei lavori e delle attività del consiglio. Quando lo statuto non dispone diversamente, le funzioni vicarie di presidente del consiglio sono esercitate dal consigliere anziano individuato secondo le modalità di cui all’articolo 40. Nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la figura del presidente del consiglio (comma primo).

Il presidente del consiglio comunale o provinciale è tenuto a riunire il consiglio, in un termine non superiore ai venti giorni, quando lo richiedano un quinto dei consiglieri, o il sindaco o il presidente della provincia, inserendo all’ordine del giorno le questioni richieste (comma secondo)

Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti il consiglio è presieduto dal sindaco che provvede anche alla convocazione del consiglio salvo differente previsione statutaria (comma terzo).

Il presidente del consiglio comunale o provinciale assicura una adeguata e preventiva informazione ai gruppi consiliari ed ai singoli consiglieri sulle questioni sottoposte al consiglio (comma quinto).

In caso di inosservanza degli obblighi di convocazione del consiglio, previa diffida, provvede il prefetto (comma sesto)".

E’ evidente -sia un funzione dell’espresso richiamo contenuto nell’art. 39 comma 1 a proposito dell’esercizio delle funzioni vicarie, sia in relazione alla generale previsione di cui all’art. 6 comma 2 del d.lgs. n. 267 del 2000 circa i contenuti dell’autonomia normativa degli enti locali, ed in particolare al chiaro riferimento, che ivi si rinviene, alla disciplina concernente "…le norme fondamentali dell’organizzazione…" e "…le attribuzioni degli organi e le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze"- che spetta agli statuti di comuni e province di regolare più puntualmente le funzioni del presidente dell’organo consiliare, i suoi rapporti con gli organi di governo e con le articolazioni interne del consiglio (commissioni, gruppi, conferenza dei capigruppo), le sue prerogative in ordine alla convocazione delle sedute, alla formazione dell’ordine del giorno, alla direzione della discussione e ai poteri di "polizia" dei lavori consiliari.

La figura istituzionale rispecchia la chiara opzione di introdurre, almeno per le province e i comuni più popolosi, un organo di garanzia a salvaguardia delle prerogative dei consigli e dei singoli consiglieri, come tale non portatore di alcun "mandato" rappresentativo della maggioranza consiliare che sorregge gli organi di governo, né a questa collegato da un rapporto di "fiducia" politica.

In tale chiave, appare giustificato l’accostamento, quanto alla natura istituzionale e neutrale delle funzioni, ai Presidenti della Camera e del Senato (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 26 novembre 1999, n. 1983 e, più di recente, 6 giugno 2002, n. 3187).

Sicché, pur essendo, come già rilevato, demandata all’autonomia normativa degli enti locali la puntuale definizione delle modalità di nomina e di revoca del presidente delle assise consiliari, delle sue prerogative, dei rapporti con le articolazioni interne dei consigli (commissioni, gruppi, conferenza dei capigruppo), nondimeno deve ritenersi che la segnalata e necessaria neutralità della funzione costituisca limite di legittimità, nel senso che non potrebbe ammettersi una disciplina che snaturi la funzione e ne comprometta le finalità di garanzia, istituendo ad esempio un rapporto diretto di fiducia politica con la maggioranza consiliare.

In altri termini, nei rapporti interorganici con le autorità di governo dell’ente è imprescindibile che il presidente del consiglio (provinciale o comunale), quale figura neutra e di garanzia, risulti portatore di una rappresentività istituzionale, ovvero dell’intero consiglio che lo ha eletto, e quindi tanto della maggioranza quanto della minoranza, venendo in considerazione l’organo consiliare nel suo complesso e non le sue espressioni politiche "interne".

1.1.2) A tali principi si è chiaramente ispirato lo Statuto della Provincia di Foggia, nel testo modificato pubblicato sul B.U.R.P. n. 126 del 5 dicembre 2001, che all’art. 36 comma 1 lettera a) dispone che il Presidente del Consiglio provinciale "rappresenta il Consiglio Provinciale" e al comma 2 precisa che "il Presidente del Consiglio dotato di autonoma struttura organizzativa esercita le sue funzioni con imparzialità, nel rispetto delle prerogative del Consiglio e dei singoli consiglieri".

Per quanto qui interessa e rileva, deve evidenziarsi che l’art. 36 comma 1 alla lettera b) stabilisce che il Presidente del Consiglio provinciale "convoca e fissa le date delle riunioni del Consiglio, sentiti il Presidente della Provincia e la Conferenza dei capigruppo…", mentre soltanto nella fattispecie contemplata dall’art. 39 comma 2 del d.lgs. n. 267 del 2000 di richiesta di convocazione da parte di un quinto dei consiglieri (e del Presidente della Provincia) fa obbligo di "…riunire il Consiglio in un termine non superiore ai 20 giorni, inserendo all’ordine del giorno le questioni richieste", alla cui inosservanza "previa diffida" collega l’esercizio del controllo sostitutivo prefettizio (inteso alla convocazione del consiglio) previsto dall’art. 39 comma 6 del d.lgs. n. 267 del 2000.

L’art. 39 dello Statuto provinciale foggiano demanda poi ad apposito regolamento, da approvare "…a maggioranza assoluta dei consiglieri" di disciplinare lo svolgimento dei lavori del Consiglio e delle sue articolazioni interne, ivi compresi (comma 2 lettera a) "i termini e le modalità di convocazione…".

1.1.3) L’art. 8 del regolamento del Consiglio provinciale di Foggia (approvato con deliberazione n. 637 del 29 luglio 1998), quanto all’ordine del giorno e al calendario dei lavori:

- al comma 3 prevede che il Presidente del Consiglio provinciale convochi la Conferenza dei Capigruppo, a cui "partecipa di diritto" il Presidente della Provincia, "…alla quale comunica l’elenco delle proposte di deliberazione che lo stesso (ovvero il Presidente del Consiglio) intende dibattere prioritariamente" e "…per concordare, alla luce di quello, la priorità di trattazione degli altri oggetti pervenuti";

- al comma 4 stabilisce che il Presidente del Consiglio provinciale "…sulla base dell’accordo raggiunto o, in mancanza di accordo, con propria determinazione, predispone quindi l’ordine del giorno di una o più sedute del Consiglio, nel quale sono indicati gli oggetti iscritti…(e) il loro ordine di trattazione in relazione a ciascuna seduta…".

Tale previsione deve coordinarsi con quella del successivo art. 67 comma 4 del regolamento che distingue l’ipotesi in cui sulla programmazione dei lavori sia intervenuta decisione "unanime" della Conferenza dei Capigruppo, che è qualificata come "definitiva", ed il "caso di dissenso", in cui la decisione è rimessa dal Presidente del Consiglio all’assise consiliare, salvo l’obbligo, previsto dal comma 10, di inserire all’ordine del giorno l’argomento proposto da "…uno o più Capigruppo che rappresentino 1/5 del Consiglieri assegnati al Consiglio…".

In altri termini, il regolamento contempla tre (anzi) quattro distinte ipotesi:

a) che non si raggiunga alcun accordo in seno alla conferenza dei capigruppo, nel qual caso la determinazione dell’ordine del giorno e la sua articolazione in una o più sedute è rimessa al Presidente del Consiglio provinciale;

b) che intervenga una decisione unanime della conferenza dei capigruppo, con conseguente obbligatorio inserimento degli argomenti su cui questa sia intervenuta nell’ordine del giorno della (o delle) seduta(e) individuate in seno alla conferenza;

c) che si registri un dissenso (e quindi una decisione non unanime), con previsione che l’ordine del giorno e il calendario dei lavori sia del pari stabilito dal Presidente del Consiglio provinciale "…sulla base dell’orientamento prevalente in termini di rappresentatività";

d) che su uno o più argomenti da iscrivere all’ordine del giorno (e deve ritenersi anche sul calendario dei lavori) si coaguli il consenso di uno o più capigruppo che rappresentino almeno 1/5 dei consiglieri assegnati al Consiglio, con conseguente "automatico" inserimento del medesimo nell’ordine del giorno.

1.1.4) Così delineato il quadro delle attribuzioni del Presidente del Consiglio provinciale relative alla convocazione dell’organo, alla fissazione dell’ordine del giorno e alla programmazione dei lavori, anche in rapporto agli esiti della conferenza dei capigruppo, per come delineato dallo Stauto della Provincia di Foggia, e ribadito che nel caso di "violazione degli obblighi di convocazioneprevia diffida provvede il Prefetto" (art. 36 comma 1 lett. c) ultima parte dello Statuto), deve rammentarsi la disciplina in tema di revoca vigente al momento dell’adozione della deliberazione consiliare n. 13 del 20 giugno 2002, anteriore alle modifiche introdotte con la deliberazione n. 21 del 4 giugno 2002.

Al riguardo l’art. 35 comma 7 dello Statuto prevede(va) che:

"Il Presidente o i vice presidenti possono essere revocati, prima della scadenza del mandato (coincidente con la durata del Consiglio: n.d.e.), per gravi violazioni di legge di Statuto o di Regolamenti. La mozione è presentata da almeno un terzo dei consiglieri ed è considerata approvata se consegue il voto favorevole della maggioranza dei consiglieri assegnati".

Il successivo comma 8 stabilisce poi che nella stessa seduta in cui è approvata la mozione di revoca "…il consiglio procede alla nomina del nuovo Presidente o del vice presidente con precedenza su qualsiasi altro argomento posto all’ordine del giorno", ovviamente sempre con le modalità e le maggioranze di cui ai commi 1, 3 e 4 (maggioranza qualificata dei due terzi dei consiglieri assegnati per la prima e seconda votazione, maggioranza assoluta dei voti dal terzo scrutinio, salvo eventuale ballottaggio tra i candidati più votati, e in caso di parità di voti, ballottaggio con il consigliere o i consiglieri più anziani d’età).

L’art. 35 comma 7, nel testo approvato con la deliberazione n. 21 del 4 giugno 2002, dispone, invece, ora che:

"Il Presidente e i Vice Presidente possono essere revocati su mozione di sfiducia proposta da almeno un quinto dei membri del Consiglio a maggioranza del Consiglieri assegnati. Se la mozione è approvata si procede nella stessa seduta a nuove elezioni."

Il novum è costituito, oltre che dalla previsione di un numero sensibilmente inferiore di consiglieri sottoscrittori della mozione (1/5 anziché 1/3), dalla qualificazione della mozione in termini di "sfiducia" e dalla scomparsa di ogni riferimento alle fattispecie prima tipizzate di revoca (gravi violazioni di leggi, statuto e regolamenti).

Peraltro, tenuto conto dei rilievi svolti sub 1.1.1) ed 1.1.2) in ordine alla funzione dell’ufficio presidenziale, alla sua neutralità e alla rappresentanza istituzionale dell’intero consiglio che vi si ricollega, non sembra che, anche in base alla nuova disciplina e ad onta dell’uso del termine "sfiducia", la revoca possa essere disposta per la rottura di un rapporto di fiducia politica tra Presidente e maggioranza consiliare, sebbene, come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa, pur sempre per condotte che denotino una deviazione significativa dell’esercizio dei poteri presidenziali dai fini di garanzia e imparzialità che devono ispirarli (vedi ancora, Cons. Stato, Sez. V, 25 novembre 1999, n. 1983 e 6 giugno 2002, n. 3187), ancorché non più tipizzate nelle (più garantiste) categorie delle gravi violazioni di legge, statuto e regolamenti.

1.2) Orbene, nel caso di specie, la revoca è stata proposta e disposta (con chiaro rinvio per relationem alla motivazione della mozione) perché:

- il Presidente Murgante "con atto proditorio ed in spregio alle norme regolamentari e consuetudinarie, le quali presiedono alla vita dell’Ente, provvedeva alla convocazione della seduta del 3 maggio 2002, evitando di iscrivere all’ordine del giorno gli argomenti non trattati nella seduta del 18 marzo u.s.";

- e "tenuto conto che tale violazione non è che l’ultimo di una lunga serie di atti posti in essere da Presidente Murgante il quale in più circostanze ha dimostrato di non tener in alcun conto le richieste espresse dai Consiglieri a termini statutari, così come verificatosi in occasione della Conferenza dei capigruppo tenutasi in data 30 aprile u.s." (recte: 29 aprile 2002).

Il nucleo motivo, nel quale è enunciata la "grave" violazione, è costituito dalla prima proposizione (omessa indicazione nell’ordine del giorno della seduta del 3 maggio 2002 degli "argomenti non trattati nella seduta del 18 marzo"), laddove la seconda proposizione mira piuttosto a colorare la violazione in termini di pluralità di condotte colpevoli (presumibilmente in ossequio alla lettera dell’art. 35 comma 7 dello Statuto nel testo anteriore alla modifica di cui alla deliberazione n. 21 del 4 giugno 2002, che richiede non unica ma plurime "gravi violazioni").

La deliberazione consiliare n. 13 del 20 maggio 2002 non arricchisce di alcun elemento la suddetta motivazione, posto che il dibattito consiliare si è incentrato piuttosto su interventi polemici della minoranza consiliare intesi ad evidenziare la valenza squisitamente politica della revoca, salvo il solo richiamo da parte del consigliere Brucoli, firmatario della mozione, delle ragioni giuridiche individuate nel ribadito dispregio della volontà consiliare circa i contenuti dell’ordine del giorno della seduta del 3 maggio 2002.

1.2.1) Non può mancare di rilevarsi che dalla motivazione della proposta di revoca, come approvata dal consiglio, esula del tutto ogni riferimento al mancato inserimento nell’ordine del giorno della proposta di deliberazione relativa alla modifica dell’art. 35 comma 7 dello Statuto, sul quale le difese dell’Amministrazione provinciale e del controinteressato hanno costruito la prospettazione che il ricorrente, con tale omissione e nell’intento di dilazionare l’approvazione di tale modifica perché presumibilmente prodromica ad una sua (più agevole) revoca, abbia fatto uso distorto dei propri poteri di fissazione dell’ordine del giorno, con ciò venendo meno ai doveri d’imparzialità e rappresentanza istituzionale del Consiglio.

La mozione, infatti, contiene esclusivo riferimento alla mancata iscrizione all’ordine del giorno del 3 maggio 2002 degli "accapi" della seduta del 18 marzo 2002, nei quali non figurava tale proposta deliberativa (cfr. l’avviso di convocazione di quella seduta e l’allegato o.d.g., esibito in allegato alla produzione documentale del ricorrente) formalizzata, infatti, solo con l’intervento del consigliere Brucoli nella mozione del 22 aprile 2002 approvata dal Consiglio e precisata nei suoi esatti contenuti solo con la successiva nota allegata alla mozione "di sfiducia e revoca".

Sicché, come già divisato in sede cautelare, di tali profili, che si risolvono obiettivamente in eterointegrazione postuma della motivazione, il Tribunale non può darsi carico.

1.2.2) Ciò posto, appaiono fondati i vizi funzionali denunciati col secondo e col quarto motivo di ricorso, di per sé assorbenti, mentre infondate risultano le residue censure (quanto a quella di sviamento di cui al primo motivo, perché non è dato cogliere, al di là dell’impreciso nomen della mozione come di "sfiducia" oltre che di revoca, alcuna finalizzazione alla sanzione di comportamenti lesivi di vincolo di "fiducia politica"; quanto a quelli procedimentali di cui al terzo, quinto e sesto motivo perché la procedura di revoca trova compiuta disciplina nello Statuto e perché la presentazione della mozione, indirizzata anche al ricorrente quale Presidente in carica del Consiglio, lo ha reso pienamente e tempestivamente edotto degli addebiti mossigli, ponendolo in condizione di dispiegare, per iscritto o oralmente in seno al Consiglio, le proprie ragioni).

1.2.3) Infatti, mentre non può non assumere rilievo invalidante l’assoluta genericità del riferimento ad una "lunga serie di atti", non più compiutamente individuati, che denoterebbero il dispregio delle prerogative dei consiglieri e della conferenza dei capigruppo (ivi compreso quello agli esiti della conferenza del 29 aprile 2002, che non si concluse con alcuna formale determinazione circa i contenuti dell’ordine del giorno dell’assise consiliare del 3 maggio 2002: cfr. il relativo verbale esibito dal difensore dell’Amministrazione provinciale); è del tutto carente la motivazione in ordine alla gravità dell’unico addebito effettivo mosso al ricorrente, consistente nell’omesso inserimento nell’ordine del giorno del 3 maggio 2002 degli "accapi" della seduta del 18 marzo 2002.

La norma statutaria dell’art. 35 comma 7, nel testo antevigente alle modifiche introdotte con la deliberazione n. 21 del 4 giugno 2002, non sanziona, infatti, qualsivoglia violazione, sebbene soltanto quelle "gravi" di legge, statuto e regolamento.

In altri termini deve trattarsi non solo di reiterate violazioni, come reso evidente dall’uso del plurale ("violazioni"), bensì di violazioni particolarmente qualicate ("gravi"), tali quindi da denotare un uso affatto (e obiettivamente) illegittimo dei poteri e prerogative dell’ufficio presidenziale.

Non senza rammentare che, per quanto concerne l’omessa convocazione del Consiglio, addirittura nell’ipotesi di richiesta del Presidente della Provincia e di 1/5 dei consiglieri, la previsione di apposita "diffida", prodromica all’attivazione dei poteri sostitutivi prefettizi, sembra escludere che il fatto obiettivo dell’omessa convocazione, ove non qualificato dall’inerzia successiva alla diffida, possa assurgere ex se a consistenza di grave violazione e dar luogo alla revoca.

Né può sfuggire che la qualificazione in termini di disvalore della condotta addebitata non può prescindere dal profilo soggettivo, nel senso della sussistenza di elemento psicologico peculiare (dolo o quantomeno colpa) in ordine alla cosciente violazione delle disposizioni legislative, statutarie e regolamentari.

1.2.4) Nessun elemento motivazionale, nella specie, sorregge la valutazione della gravità di addebito peraltro riferito ad unica violazione, né con riguardo all’elemento "materiale" della violazione, né con riferimento a quello soggettivo.

Ed anzi, ove si rifletta che lo Statuto ed il regolamento del Consiglio non sembrano disciplinare alcuna fattispecie di "autoconvocazione" (né è questo il nucleo motivo esplicito della revoca, incentrata sull’omesso inserimento all’ordine del giorno della seduta del 3 maggio 2002 degli "accapo" della seduta del 18 marzo 2002), ed ove si applicasse, in via di analogia, la disposizione dell’art. 39 comma 2 del d.lgs. n. 267 del 2000 e dell’art. 36 comma 1 lett. c) dello Statuto provinciale foggiano, non può mancarsi di rilevare la tempestiva convocazione ben entro i venti giorni dalla seduta del 22 aprile 2002 (nella quale fu approvata la mozione del consigliere Brucoli) anche dell’assise consiliare del 10 maggio 2002, nel cui ordine del giorno furono iscritti tutti gli "accapo" della seduta del 18 marzo 2002, la questione relativa alla modifica dell’art. 35 comma 7 dello Statuto e gli altri oggetti non inseriti nell’ordine del giorno della seduta "monotematica" del 3 maggio 2002.

1.2.5) Il rilievo della carenza di ogni valutazione e giustificazione in ordine alla gravità delle violazioni (ed in realtà dell’unico addebito) richiamate nella mozione "di sfiducia e revoca" e, per relationem, nella deliberazione consiliare n. 13 del 20 maggio 2002 non costituisce, com’è evidente, alcuna violazione dei limiti della sfera del sindacato giurisdizionale di questo G.A., posto che non sono ontologicamente sovrapponibili a valutazioni carenti quelle del giudice, ed in disparte la sostanziale erroneità del richiamo, da parte del difensore dell’Amministrazione provinciale, dei principi enunciati nella decisione del Consiglio di Stato n. 3187 del 6 giugno 2002, attinente a fattispecie affatto diversa, nella quale la revoca era statutariamente collegata solo a delibera assunta a maggioranza qualificata (e non a fattispecie tipizzate di responsabilità nell’esercizio dell’ufficio presidenziale), senza alcuna specificazione dei suoi presupposti, onde è del tutto ovvio che -come evidenziato in quella decisione- "nessun’altra prescrizione essendo dettata in proposito dalla norma statutaria…il giudizio in ordine all’opportunità o necessità di provvedere non può che essere rimesso alla valutazione ampiamente discrezionale della maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio".

Epperò, anche in tale ipotesi, secondo la stessa decisione, la revoca in tanto può giustificarsi in quanto sussista il "cattivo esercizio della funzione", "ne sia violata la neutralità" e senza che possa assumer rilievo alcuno il profilo della "fiducia politica".

Sicché, ed in ultima analisi, non è nemmeno corretto sostenere che in presenza di norma statutaria generica, che non enunci i presupposti della revoca (come ad esempio nella "nuova" formulazione dell’art. 35 comma 7 dello Statuto provinciale foggiano) quest’ultima rispecchi sfera di insindacabile discrezionalità, dovendo comunque correlarsi ad una accertata violazione delle regole di imparzialità e rappresentanza istituzionale che presiedono all’esercizio dell’ufficio di Presidente del Consiglio provinciale (o comunale).

2.) Alla stregua delle osservazioni che precedono, il ricorso in epigrafe, in quanto fondato, deve essere accolto.

3.) Sussistono, nondimeno, giusti motivi per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese ed onorari del giudizio, in relazione alla relativa novità delle questioni esegetiche affrontate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sede di Bari – Sezione I, così provvede sul ricorso in epigrafe n. 834 del 2002:

1) accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla le deliberazioni del Consiglio provinciale di Foggia n. 13 e n. 14 del 20 giugno 2002;

2) dichiara compensate per intero tra le parti le spese ed onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 25 settembre 2002, con l’intervento dei magistrati:

Gennaro FERRARI Presidente

Leonardo SPAGNOLETTI Componente Est.

Fabio MATTEI Componente

Depositata in segreteria in data 4 novembre 2002.

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