CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 5 gennaio 2002 n. 46 - Pres.ff. Camera, Est. De Ioanna - Contu (Avv. P. Mauri) c. Comune di Cagliari (Avv.ti L. Piras e F. Melis) - (conferma TAR Sardegna, sent. n. 42 del 1995).
1. Pubblico impiego - Stipendi, assegni ed indennità - Lavoro straordinario - Preventiva autorizzazione - Necessità - Mancato rispetto del principio - Comporta responsabilità amministrativa per l'organo che l'ha comunque autorizzato ex post.
2. Pubblico impiego - Stipendi, assegni ed indennità - Lavoro straordinario - Effettuato in eccesso rispetto a quello preventivamente autorizzato - Riconoscimento successivo - Condizioni e limiti.
3. Pubblico impiego - Stipendi, assegni ed indennità - Lavoro straordinario - Svolto per operazioni elettorali - Disciplina prevista dall'art. 18 del decreto legge n. 11 del 1992 - Interpretazione - Ratio - Individuazione.
1. Tutto il regime giuridico che disciplina la prestazione del lavoro straordinario nel pubblico impiego è, in via generale, rigorosamente ispirato al criterio secondo cui l'effettuazione di questo tipo di prestazioni deve essere preventivamente autorizzata in modo espresso, nominativo ed analitico, per quanto attiene al numero massimo di ore che possono essere effettuate; il mancato rispetto di questi criteri configura a carico dell'organo competente precise responsabilità amministrative e contabili (1).
2. L'eventuale riconoscimento successivo di lavoro straordinario effettuato in eccesso rispetto a quello autorizzato deve avvenire, ove non esplicitamente vietato, con le stesse procedure e nel rispetto degli stessi vincoli di spesa che rendono legittima l'autorizzazione preventiva.
3. In particolare, tali principi sono applicabili anche al lavoro straordinario svolto per le operazioni elettorali, per il quale l'articolo 18 del decreto legge n.11 del 1992, in modo espresso stabilisce che la mancata deliberazione preventiva delle ore straordinarie ammissibili, con i relativi nomi dei dipendenti autorizzati, impedisce il rimborso delle somme. Quest'ultima norma ha la sua ratio non solo in evidenti ragioni di difesa dell'equilibrio del bilancio pubblico, ma anche nel fatto che le operazioni elettorali configurano una procedura certamente inderogabile ed obbligatoria per i profili che interessano l'ente locale, ma ben programmabile nei tempi, nell'utilizzo delle risorse umane e materiali necessarie.
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(1) Cfr. sul punto da ult. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 18 dicembre 2001 n. 6289, in questa rivista, n. 12/2001, pag. ; v. in argomento anche CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 20 ottobre 2000 n. 5645, CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 5 giugno 2001 n. 3000 e CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 9 marzo 2000 n. 1199.
FATTO
1. Con sentenza n. 42 del 1995, il TAR della Sardegna ha respinto il ricorso proposto da Francesco Contu, dipendente del Comune di Cagliari, per il riconoscimento del proprio diritto al pagamento delle ore di lavoro straordinario svolte per attività connesse allo svolgimento delle consultazioni elettorali del 5 e 6 aprile 1992, con richiesta di rivalutazione monetaria ed interessi legali.
La vicenda trae spunto dalla deliberazione n. 400 in data 12 febbraio 1992, con la quale la Giunta municipale di Cagliari ha autorizzato la prestazione di lavoro straordinario da parte dei dipendenti per lo svolgimento delle operazioni elettorali connesse alle elezioni politiche nazionali indette per il 5 e 6 aprile 1992. Sulla base dell'art. 18 del decreto legge n. 11 del 20 gennaio 1992, la Giunta ha indicato nominativamente i dipendenti che erano autorizzati ad effettuare prestazioni di lavoro straordinario, ritenute necessarie per lo svolgimento delle operazioni elettorali, specificando altresì il numero di ore che ciascuno era autorizzato a svolgere.
Questa procedura era stabilita dal citato decreto legge n.11 del 1992, quale condizione per certificare gli oneri per i quali era riconosciuto il rimborso da parte dello Stato. La disposizione in questione è stata reiterata in successivi decreti legge, non convertiti, per essere infine collocata nell'art.15 del decreto legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, nella legge 19 marzo 1993, n. 68: l'articolo 15 conferma l'assetto della disciplina, quale fissato nei decreti non convertiti, i cui effetti e rapporti sono comunque stati fatti salvi.
Il ricorrente non ha contestato in primo grado la circostanza di non essere stata inserita nell'elenco nominativo deliberato dalla Giunta municipale, ma ha fondato il suo asserito buon diritto su una proposta scritta, con la quale il dirigente presso il quale prestava servizio asseverava lo svolgimento di ore straordinarie, in connessione con le operazioni elettorali indicate, e ne chiedeva la liquidazione alla Giunta comunale.
2. Il Contu ha proposto appello contro la sentenza di primo grado. L'appello è stato trattenuto per la decisione nell'udienza del 3 luglio 2001.
DIRITTO
Il punto di diritto che l'appellante ripropone è in sostanza costituito dal carattere inderogabile ed obbligatorio delle operazioni elettorali, carattere che renderebbe in ogni caso obbligatoria la loro effettuazione e, quindi, la loro liquidazione nei confronti dei dipendenti che le hanno effettuate. Si tratta di una tesi infondata.
Tutto il regime giuridico che disciplina la prestazione del lavoro straordinario nel pubblico impiego è, in via generale rigorosamente ispirato al criterio che l'effettuazione di questo tipo di prestazioni deve essere preventivamente autorizzato in modo espresso, nominativo ed analitico, per quanto attiene al plafond massimo di ore che possono essere effettuate. Il mancato rispetto di questi criteri configura a carico dell'organo competente precise responsabilità amministrative e contabili.
È costante e consolidata la giurisprudenza di questo collegio che non riconosce la possibilità di derogare a questo quadro normativo; l'eventuale riconoscimento successivo di lavoro straordinario effettuato in eccesso rispetto a quello autorizzato deve avvenire, ove non esplicitamente vietato, con le stesse procedure e nel rispetto degli stessi vincoli di spesa che rendono legittima l'autorizzazione preventiva.
Questa cornice normativa, che è in via generale ispirata a criteri di rigore, assume un profilo ancora più stringente in occasione delle spese connesse alle operazioni elettorali, proprio per evitare abusi e sperperi, scarsamente controllabili ex post. È questa la ragione per la quale l'articolo 18 del decreto legge n.11 del 1992, in modo espresso, con una disposizione che non è una clausola di stile, stabilisce che la mancata deliberazione preventiva delle ore straordinarie ammissibili, con i relativi nomi dei dipendenti autorizzati, impedisce il rimborso delle somme.
La norma ha la sua ratio non solo in evidenti ragioni di difesa dell'equilibrio del bilancio pubblico, ma anche nel fatto che le operazioni elettorali configurano una procedura certamente inderogabile ed obbligatoria per i profili che interessano l'ente locale, ma ben programmabile nei tempi, nell'utilizzo delle risorse umane e materiali necessarie.
Non si tratta di un evento imprevisto ed imprevedibile, che richiede la pronta ed incondizionata mobilitazione dei mezzi e delle risorse pubbliche, nell'interesse della collettività: bensì, come osservato, di un evento ben prevedibile e programmabile nei profili organizzativi e finanziari, la cui disciplina è analiticamente posta da norme di legge, tra le quali quella che stabilisce che il lavoro straordinario può essere retribuito solo a condizione che vengano rispettate le procedure stabilite.
Nel caso in esame, gli elementi di fatto e di diritto riproposti in appello lasciano del tutto non modificabili alcune acquisizioni del giudizio di primo grado: le prestazioni in questioni sono state svolte in assenza di autorizzazione preventiva; la normativa che regola la materia, specificamente fa divieto di procedere nel pagamento dei compensi in assenza di autorizzazione preventiva, deliberata dall'organo competente; in ogni caso non si tratta di prestazioni straordinarie rese in condizioni di straordinaria urgenza ed imprevedibilità che possano, in via eccezionale, consentire una deroga ai criteri che disciplinano la materia.
Per le considerazioni svolte l'appello deve essere respinto. Sussistono giusti motivi per compensare le spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quinta, definitivamente deliberando sull'appello in epigrafe, lo respinge.
Le spese di lite restano compensate tra le parti.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 3 luglio 2001, con la partecipazione di:
Andrea Camera Presidente f.f.
Corrado Allegretta Consigliere
Paolo Buonvino Consigliere
Goffredo Zaccardi Consigliere
Paolo De Ioanna Consigliere estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE F.F.
Depositata il 5 gennaio 2001.