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n. 11-2002 - © copyright.

TAR ABRUZZO-PESCARA, SEZ. I – Sentenza 25 ottobre 2002 n. 1016 - Pres.   Catoni, Est. Eliantonio - Pietropaolo e D’Ercole (Avv. A. Tascione) c. Comune di Scerni (n.c.) - (accoglie).

Edilizia ed urbanistica - Abusi edilizi - Ordinanza di demolizione - Preventivo avviso di inizio del procedimento all’interessato - Ex art. 7 L. n. 241/90 - Necessità - Sussiste - Mancanza - Illegittimità dell’ordinanza.

Atto amministrativo - Procedimento - Comunicazione di avvio - Ex art. 7 L. n. 241/90 - Necessità - Per gli atti vincolati - Sussiste.

1. Anche per i procedimenti tendenti all’adozione di provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, sussiste l’obbligo di comunicare all’interessato l’avvio del procedimento ed il nominativo del responsabile, ai sensi dell’art. 7 della L. 7 agosto 1990, n. 241  (1). È pertanto illegittima una ordinanza con la quale l’Autorità comunale ingiunge la demolizione di alcune opere edilizie senza aver dato preventivo avviso dell’inizio del procedimento all’interessato, atteso che quest’ultimo, ove avvisato, può utilmente rappresentare nel corso del procedimento tutte quelle circostanze che possono conformare diversamente le scelte dell’Amministrazione (2).

2. L’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 7 della L. 7 agosto 1990, n. 241, si estende anche agli atti vincolati (3).

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(1) Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 7 febbraio 2002, n. 686.

(2) Cons. Stato, sez. V, 21 gennaio 2002, n. 343, e IV, 20 febbraio 2002, n. 1003.

(3) Cons. Stato, sez. VI, 20 aprile 2000, n. 2443, e 31 luglio 2001, n. 4507.

 

Commento di

GIOVANNI VIRGA

La partecipazione ai procedimenti sanzionatori in materia edilizia

La sentenza in rassegna, pur non affermando un principio del tutto nuovo (nel suo testo si richiamano, non a caso, alcune precedenti pronunce del Consiglio di Stato), è tuttavia significativa perché ribadisce il principio che le norme in materia di partecipazione previste dal Capo III della L. n. 241/90 si applicano anche nel caso di adozione di provvedimenti sanzionatori in materia edilizia [1].

È un principio questo che, per la verità, ancora stenta a farsi strada in giurisprudenza.

In passato ed anche di recente [2] è stata infatti negata l’applicabilità delle norme in materia di partecipazione ai procedimenti tendenti all’adozione di sanzioni in materia edilizia, sulla base del rilievo che questi ultimi provvedimenti hanno carattere vincolato e che, comunque, nessuna utilità deriverebbe dalla partecipazione degli interessati, dato che, nel caso di sanzioni edilizie, l’Autorità comunale, dopo avere constatato l’abuso, è tenuta unicamente ad applicare le sanzioni previste dalla legge.

È a tutti noto infatti che, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza [3], le norme in materia di partecipazione non si applicano ai procedimenti riguardanti l’adozione di atti vincolati, a meno che la partecipazione non sia di qualche utilità per la valutazione dei presupposti di fatto.

Applicando tale principio generale, che fa parte della nutrita schiera delle ipotesi di esclusione (dell’applicabilità delle norme in materia di partecipazione) desunte in via esegetica dalla giurisprudenza, è stato ritenuto pertanto che, costituendo i provvedimenti sanzionatori di abusi edilizi dei provvedimenti vincolati e non essendo comunque di alcuna utilità l’intervento dell’interessato nell’ambito del relativo procedimento di adozione, le norme previste dal Capo III della L. n. 241/90 non troverebbero applicazione.

Anche in questo caso il sillogismo non sembra poggiare su solide basi, dato che si fonda su due premesse (l’una costituita dal fatto che i provvedimenti sanzionatori sarebbero degli atti definiti tout cout vincolati e, l’altra, dall’asserzione secondo cui la partecipazione nelle ipotesi considerate non sarebbe di alcuna utilità) che sono opinabili.

Per quanto riguarda la prima premessa (asserita natura strettamente vincolata dei provvedimenti sanzionatori di abusi edilizi) è da rilevare, facendo riferimento alla distinzione paterna che distingue una discrezionalità che può riguardare l’an, il quid, il quomodo ed il quando, che i provvedimenti sanzionatori di abusi edilizi sono sì vincolati, ma non del tutto, dato che essi poggiano su degli apprezzamenti preventivi (ad es. determinazione circa la necessità o meno, per le opere interessate, della concessione,  dell’autorizzazione edilizia o della semplice comunicazione), da cui consegue non solo lo stesso an, ma anche il quid del provvedimento sanzionatorio (sanzioni di tipo diverso sono infatti previste ad es. per le opere realizzate in assenza di concessione od autorizzazione edilizia).

In ogni caso prevalente è la considerazione che, anche qualora i provvedimenti sanzionatori si volessero considerare integralmente vincolati, la partecipazione deve comunque ritenersi utile e proficua, non solo per fare rilevare ad es. che le opere abusive sono soggette ad autorizzazione edilizia, con conseguente applicazione di una sanzione pecuniaria, piuttosto che della sanzione della demolizione, ma anche al fine di consentire all’interessato di presentare eventualmente una istanza di accertamento di conformità ex art. 13 L. n. 241/90 [4].

Non ha infatti senso prevedere prima una ordinanza di demolizione, al cui procedimento di adozione l’interessato non potrebbe partecipare e poi consentire all’interessato stesso di presentare una istanza di accertamento di conformità. Gli effetti perversi di tale orientamento sono evidenti anche sotto il profilo processuale.

L’emissione di una ordinanza di demolizione senza partecipazione (e quindi senza aver dato all’interessato la possibilità di valutare se presentare una istanza ex art. 13 L. n. 47/1985) costringe il destinatario della sanzione a proporre ricorso contro l’ordinanza stessa e a chiedere la sua sospensione in relazione alla istanza di accertamento di conformità avanzata in via successiva. Di fronte all’istanza di accertamento di conformità il T.A.R. solitamente sospende l’efficacia di demolizione. Le reiezione della domanda di accertamento di conformità ovvero l’inutile decorso del termine per la formazione del silenzio rigetto costringerà poi l’interessato a presentare un secondo ricorso.

Più logico sarebbe invece consentire la partecipazione al procedimento sanzionatorio all’interessato, in modo che quest’ultimo sia posto in grado di valutare se presentare o meno una istanza di accertamento di conformità e l’amministrazione sia posta in grado di valutare se l’opera comunque è sanabile. Nel caso in cui tale accertamento sia negativo, l’amministrazione così, con economia dell’azione amministrativa, potrà, con unico provvedimento, da un lato respingere l’istanza ex art. 13 presentata e, dall’altro, adottare il provvedimento sanzionatorio.

La partecipazione dell’interessato si rivela altresì estremamente utile al fine di stabilire il tipo di sanzione da adottare ed individuare il destinatario di essa, atteso che l’interessato sarà posto in grado di provare che ad es. si tratta di opera soggetta ad autorizzazione edilizia, ovvero che si tratta di opera da lui non eseguita direttamente ma magari da terzi (ad es. dall’inquilino senza alcun preventivo accordo con il proprietario).

Si può prescindere dalla comunicazione solo nel caso in cui il procedimento sanzionatorio sia stato preceduto da un provvedimento cautelare (come la ordinanza di sospensione) che ha già posto in grado l’interessato di conoscere che stava per essere iniziato un procedimento sanzionatorio [5].

Si condivide quindi il principio, riaffermato di recente dal T.A.R. Abruzzo con la sentenza in rassegna, secondo il quale anche i procedimenti tendenti all’adozione di sanzioni edilizie debbono essere necessariamente preceduti dall’avviso di inizio del procedimento e che, conseguentemente, è illegittima l’ordinanza di demolizione adottata senza previa comunicazione agli interessati.

A tale principio generale può farsi eccezione solo nel caso in cui l’interessato sia stato preventivamente posto in grado di conoscere (anche attraverso un provvedimento cautelare) che stava per essere iniziato nei suoi confronti un procedimento sanzionatorio.

 

[1] Oltre alle pronunce richiamate nella motivazione della sentenza in rassegna v. anche di recente T.A.R. Molise, 3 maggio 2002, n. 367, in Foro amm. TAR 2002, secondo cui «è illegittima  l'ordinanza di demolizione  di opere abusive  che non sia stata preceduta dall'avviso dell'inizio del procedimento»; v. anche in precedenza T.A.R. Abruzzo, sez. L'Aquila, 18 febbraio 2002, n. 37, in Foro amm. TAR 2002, 583.

[2] V. Cons. Stato, sez. II, parere 26 aprile 2002 n. 2560, in questa Rivista, n. 4/2002, pag. http://www.giustamm.it/private/cds/cds2_2002-04-26.htm, secondo cui «l’ordine di demolizione di un manufatto del quale sia stata effettuato l’accertamento di abusività è atto dovuto, privo di contenuti discrezionali e meramente consequenziale rispetto all’accertamento stesso; ne consegue che è legittimo l’ordine di demolizione che non sia stato preceduto dalla comunicazione di avvio di procedimento ex art. 7 L. n. 241/90 all’interessato, dovendosi ritenere escluso il suddetto obbligo da parte della P.A. in caso di atti meramente attuativi di atti presupposti, prevalendo, in tali casi, l’esigenza di assicurare la celerità e l’efficacia del procedimento, principio affermato dall’art. 1 della stessa L. n. 241/90».

V. pure T.A.R. Lazio, Sez. II, 31 gennaio 2001 n. 782, ivi, pag. http://www.giustamm.it/private/tar/tarlazio2_2001-782.htm, secondo cui l'ordine di demolizione di una opera abusiva non deve essere preceduto dalle formalità di avvio del procedimento previste dagli artt. 7 e segg. della legge 8.7.1990, n. 241, atteso che gli atti di repressione degli abusi edilizi hanno natura strettamente vincolata.

[3] V. per tutte T.A.R. Sicilia-Catania, Sez.  III, 22 marzo 1999 n. 410, in questa Rivista pag.  http://www.giustamm.it/private/tar/tarct3_1999-0410.htm ed ivi ult. riferimenti; secondo tale sentenza, in particolare, la garanzia partecipativa deve essere riconosciuta all'interessato anche quando il provvedimento finale che l'amministrazione deve emanare ha natura vincolata, «con la precisazione che l'obbligo di comunicazione previsto dall'art. 7 L. n. 241 non trova applicazione quando per emanare atti vincolati l'amministrazione non abbia necessità di acquisire i presupposti di fatto da valutare in sede istruttoria, ovvero quando i presupposti di fatto risultino pacifici e incontestati».

[4] V. in tal senso da ult. T.A.R. Abruzzo sez. l'Aquila, 18 febbraio 2002, n. 37, in Foro amm. TAR 2002, 583, secondo cui  «è illegittima, ai sensi dell'art. 7 l. 7 agosto 1990 n. 241,  l'ordinanza sindacale di demolizione di opere abusive ex art. 7 l.  28 febbraio 1985 n. 47, non preceduta dalla comunicazione di avvio  del procedimento, nel caso in cui tale comunicazione avrebbe  permesso di richiedere la concessione o autorizzazione in sanatoria,  in relazione  alla sostanziale  conformità dell'opera  con la  destinazione di zona e la relativa disciplina urbanistica, prima  dell'adozione della determinazione repressiva».

[5] Sotto questo profilo si condividono le considerazioni espresse dal T.A.R. Lazio, sez. Latina, con sent. 23 maggio 2001, n. 527, in Foro amm. 2001, secondo cui “alla  luce  della  giurisprudenza  secondo  cui  l'avviso  del  procedimento non  deve essere  inteso in modo  formalistico e  letterale, essendo, al contrario, rilevante la sussistenza di atti  inequivoci che dimostrino la conoscenza sostanziale, da parte di una  persona di normale diligenza, dell'attivazione del procedimento che  lo riguarda, può ragionevolmente considerarsi equivalente alla  comunicazione ex art. 7 l'ordinanza di sospensione dei lavori  abusivi,  la quale  costituisce il  primo atto ufficiale del  procedimento sanzionatorio, di norma prodromico alla successiva  sanzione  ripristinatoria,  non  potendo disconoscersi  che  il  destinatario, pur  in assenza di  un avviso formale  qual è  prefigurato dall'art. 8, sia sostanzialmente edotto dell'avvio del  procedimento ed  abbia quindi tutto  il tempo e il  modo di  intervenirvi e di sostenere le proprie ragioni, con possibilità di  far  eventualmente  desistere  l'Amministrazione  dall'ulteriore  prosecuzione dell'azione repressiva.  Correlativamente, non può  ritenersi assolta tale funzione,  qualora la sospensione venga  adottata contestualmente alla demolizione, restando in tal modo  preclusa all'interessato la possibilità di scongiurare, per quanto  possibile, l'adozione di quest'ultima”. 

V. anche di recente Cons. Stato, Sez. VI, 5 ottobre 2001 n. 5253, in questa Rivista, pag. http://www.giustamm.it/private/cds/cds6_2001-10-5.htm secondo cui «non occorre avviso di inizio del procedimento per l’adozione di una ordinanza di demolizione di opere abusive adottata a seguito di ordinanza di sospensione dei lavori, sia perché l'art. 7 della legge n. 47 del 1985 disciplina esaustivamente i presupposti per l'emanazione dell’ordine di demolizione, sia perché comunque l’interessato - a seguito della notifica dall'ordine di sospensione dei lavori - è stato posto in grado di esporre le sue ragioni».

L'affermazione va condivisa per ciò che concerne la sua seconda parte, dato che la constatazione secondo cui l'art. 7 cit. "disciplina esaustivamente i presupposti per l'emanazione dell’ordine di demolizione", non implica anche che l'interessato non debba essere posto in grado di partecipare al relativo procedimento.

 

 

per l’annullamento

dell’ordinanza 10 giugno 1996, n. 27, con la quale il Sindaco del Comune di Scerni ha ordinato ai ricorrenti di demolire opere edilizie eseguite con difformità essenziali alla concessione edilizia 12 ottobre 1994, n. 30.

(omissis)

FATTO

Con concessione edilizia 12 ottobre 1994, n. 30, i sig.ri Giovanni Pietropaolo e Silvana D’Ercole sono stati autorizzati ad eseguire lavori di recupero strutturale, con variazioni interne e prospettiche, di un fabbricato sito nel Comune di Scerni.

Con il ricorso in esame hanno impugnato dinanzi questo Tribunale l’ordinanza 10 giugno 1996, n. 27, con la quale il Sindaco di quel Comune ha loro ordinato di demolire le opere edilizie eseguite con difformità essenziali rispetto a tale concessione, consistenti “nella maggiore altezza di 75 centimetri del corpo di fabbrica intermedio e nelle aperture difformi per numero e per ampiezza sui tre lati del piano sottotetto”.

Hanno dedotto a tal fine le seguenti censure:

1) Violazione degli artt. 7, 8, 9, 10 e 11 della L. 7 agosto 1990, n. 241.

Non è stata data comunicazione ai ricorrenti dell’avvio del procedimento.

2) Violazione degli artt. 7 e 8 della L. 28 febbraio 1985, n. 47, e dell’art. 5 della L.R. Abruzzo 13 luglio 1989, n. 52, e del regolamento edilizio del Comune di Scerni.

Il fabbricato, ancora in corso di realizzazione, ha una maggiore altezza di cm. 28,5 che rientra nella percentuale di tolleranza di cantiere del 3%; le aperture sono state temporaneamente realizzate esclusivamente per consentire la costruzione del fabbricato.

3) Violazione degli artt. 7 e 9 della L. 28 febbraio 1985, n. 47. Eccesso di potere per difetto di motivazione.

L’atto impugnato è, in ogni caso, privo di idonea motivazione in quanto non sono state indicate le norme violate e le circostanze di fatto che hanno determinato la sua adozione.

Il Comune di Scerni, ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.

Alla pubblica udienza del 10 ottobre 2002 la causa è stata introitata a decisione.

D I R I T T O

Con il ricorso in esame – come sopra esposto – è stata impugnata l’ordinanza 10 giugno 1996, n. 27, con la quale il Sindaco del Comune di Scerni ha ordinato ai ricorrenti di demolire opere edilizie eseguite con difformità essenziali alla concessione edilizia 12 ottobre 1994, n. 30.

Il ricorso è fondato.

Carattere pregiudiziale ed assorbente riveste in merito la doglianza dedotta con il primo motivo di gravame e con la quale la parte ricorrente, nel dedurre la violazione degli artt. 7, 8, 9, 10 e 11 della L. 7 agosto 1990, n. 241, si è lamentata in via pregiudiziale della mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, rilevando, in particolare, che ove fosse stata effettuata tale comunicazione, avrebbe potuto utilmente rappresentare fatti e circostanze idonei ad incidere in termini favorevoli sul provvedimento adottato, che l’Amministrazione avrebbe dovuto necessariamente esaminare.

Deve, invero, in merito ricordarsi che la giurisprudenza amministrativa (cfr., per tutti, T.A.R. Lazio, sez. Latina, 13 dicembre 2001, n. 1168) esaminando fattispecie analoghe a quella ora all’esame, ha già ripetutamente avuto modo di chiarire che la L. 7 agosto 1990, n. 241, trova applicazione anche nelle ipotesi di assunzione di atti sanzionatori in materia edilizia, con la conseguenza della sussistenza dell’obbligo di comunicare all’interessato l’avvio del procedimento ed il nominativo del responsabile del procedimento (così da ultimo Cons. St., VI, 7 febbraio 2002, n. 686). Inoltre, è stato anche precisato che l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento si estende anche agli atti vincolati (Cons. St., VI, 20 aprile 2000, n. 2443, e 31 luglio 2001, n. 4507).

Ciò posto, deve rilevarsi che nella specie la parte ricorrente, ove avvisata, avrebbe potuto utilmente rappresentare all’Amministrazione tutte quelle circostanze, poi esposte nel gravame, che, secondo un giudizio a posteriori, avrebbero potuto conformare diversamente le scelte dell’Amministrazione (Cons. St, V, 21 gennaio 2002, n. 343, e IV, 20 febbraio 2002, n. 1003).

Appare, inoltre, pacifico dagli atti che non è stata effettuata alla parte interessata la comunicazione dell’avvio del procedimento conclusosi con l’atto impugnato, né sono state rappresentate nell’atto impugnato le eventuali ragioni che hanno impedito tale comunicazione.

Con riferimento a tali considerazioni appare evidente che il ricorso, in quanto manifestamente fondato, debba essere accolto e, per l’effetto, debba essere annullato l’atto impugnato; mentre restano, ovviamente, salvi i successivi provvedimenti che l’Amministrazione riterrà di assumere seguendo il corretto iter procedimentale.

Sussistono, per concludere, giuste ragioni per disporre la totale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di giudizio.

P. Q. M.

Il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, accoglie il ricorso specificato in epigrafe e per l’effetto annulla l’impugnata ordinanza 10 giugno 1996, n. 27, del Sindaco del Comune di Scerni, restando ovviamente salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione da assumere seguendo un più corretto iter procedimentale.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del 10 ottobre 2002.

      Il Presidente                      L’Estensore

Pubblicata mediante deposito il 25.10.2002

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