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TAR ABRUZZO, SEZ. PESCARA - Sentenza 3 aprile 2003 n. 368 - Pres. Catoni, Est. Di Giuseppe - SAIE s.r.l. (Avv.ti Zoppolato, Canta e Silvestri) c. Comune di Spoltore (Pe) (Avv.Ilari) e G.I.E. & c. s.n.c. (Avv. Russo) - (accoglie).

1. Contratti della P.A. - Gara - Certificazione d’ottemperanza alla legge sul diritto al lavoro dei disabili - E’ requisito di partecipazione alla gara e non condizione di aggiudicazione - Presentazione del certificato da parte di tutte le imprese al momento della partecipazione alla gara - Necessità - Sussiste - Mancanza - Esclusione - Va disposta.

2. Contratti della P.A. - Aggiudicazione - Annullamento in s.g. - Possibilità di condannare la P.A al risarcimento del danno per equivalente - Sussiste - Quantificazione secondo il criterio della corresponsione del 10% dell’ammontare dell’importo a base d’asta, ex art. 345, l. 20 marzo 1865 n. 2248, all. F.

1. La prescrizione contenuta nell’art. 17 della legge 12 marzo 1999 n. 68 (sull’osservanza delle disposizioni di legge che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili) è prevista quale requisito di partecipazione alle gare pubbliche e non come condizione di aggiudicazione, sicché la produzione della relativa certificazione deve avvenire, da parte delle imprese - a pena di esclusione - al momento della presentazione della domanda di partecipazione e non già all’esito della gara e prima dell’aggiudicazione definitiva (1).

2. Va accolta la domanda di risarcimento del danno per equivalente economico, nel caso di annullamento, in sede giurisdizionale, dei provvedimenti con cui è stata illegittimamente aggiudicata una gara per l’affidamento di un servizio ed il servizio stesso sia iniziato da un torno di tempo non breve; in tale ipotesi, essendo ormai preclusa la possibilità per la seconda classificata di aggiudicarsi la gara, il danno risarcibile è quantificabile secondo quanto previsto dall’art. 345, L. 20 marzo 1865 n. 2248, all. F. (2).

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(1) Ha osservato, in particolare, il T.A.R. Abruzzo, Sez. Pescara che con riguardo alla prescrizione dettata dall’art. 17 della legge n. 68 del 1999, la giurisprudenza del TAR inizialmente si è orientata nel senso che la mancata presentazione della documentazione ivi indicata non precludesse la partecipazione ad una gara d’appalto pubblico, ritenendo sufficiente che la documentazione stessa fosse presentata da parte dell’impresa vincitrice della gara, a pena di annullamento dell’aggiudicazione provvisoria (TAR Abruzzo-Pescara, 6 aprile 2001 n. 348; 15 maggio 2001 n. 467).

La giurisprudenza di secondo grado inizialmente si è orientata nel senso che, ai fini della partecipazione alla gara, fosse sufficiente la produzione (a pena di esclusione) della (auto)dichiarazione attestante che l’impresa è in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili e che, nell’ipotesi di aggiudicazione provvisoria, l’impresa aggiudicataria dovesse, poi, essere invitata a certificare (sempre a pena di esclusione) l’ottemperanza alle norme stesse tramite i competenti uffici (Cons. Stato, Sez. V, 17 aprile 2002 n. 2020, in questa Rivista n. 4-2002).

La stessa giurisprudenza, compiendo un’approfondita esegesi della norma, ha recentemente chiarito che l’adempimento della prescrizione della norma dettata dall’art. 17 cit. deve essere ritenuto quale requisito di partecipazione alla gara e non come condizione di aggiudicazione, sicchè la produzione della relativa certificazione (oltre alla dichiarazione) deve avvenire da parte delle imprese al momento della presentazione della domanda e non all’esito della gara e prima dell’aggiudicazione definitiva.

E’ stato chiarito, inoltre, che tale adempimento deve essere assolto anche dalle imprese che non siano soggette, per la loro dimensione, alla disciplina imperativa dettata a tutela del diritto al lavoro dei disabili, le quali debbono comunque produrre al momento della presentazione della domanda una dichiarazione, o certificazione, attestante l’inapplicabilità nei loro confronti della normativa in discorso. Ed è stato, anche, precisato che non è sufficiente, allo scopo, neppure una generica dichiarazione, richiesta dal bando, di non trovarsi nelle condizioni di incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione (Cons. Stato, Sez. V, 6 luglio 2002 n. 3733, in questa Rivista n. 7/8-2002).

(2) Sulla possibilità di quantificare il danno da risarcire per equivalente, secondo il criterio di cui dall’art. 345, l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. F., vedi:

TAR LAZIO, SEZ. III TER - Sentenza 13 febbraio 2003 n. 962  , in questa Rivista n. 2-2003, secondo cui: “Ai sensi dell’art. 35, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dalla L. 205/2000, va accolta la richiesta di risarcimento del danno - avanzata in via subordinata rispetto a quella in forma specifica - nel caso di annullamento, in s.g., dei provvedimenti di illegittima aggiudicazione dell’appalto, e nel caso in cui non sia più possibile accordare la reintegrazione in forma specifica. In tale ipotesi, la quantificazione va ricondotta alla previsione dell’art. 345 l. 20 marzo 1865 n. 2248 alla F., che, stabilendo la percentuale (10%) del residuo corrispettivo dovuta all’impresa appaltatrice per il caso di esercizio da parte del committente della facoltà di recesso, regola i crediti pecuniari derivanti da detto atto legittimo dell’amministrazione. Nella diversa ipotesi della responsabilità risarcitoria dell’amministrazione medesima per inadempimento, tale criterio può essere utilizzato quale parametro per la determinazione del lucro cessante dell’appaltatore”.

TAR MOLISE - Sentenza 11 febbraio 2003 n. 188, in questa Rivista n. 2-2003, secondo cui: “Ai sensi dell’art. 35, comma secondo, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, va accolta la richiesta di risarcimento del danno, nel caso di annullamento, in s.g., dei provvedimenti con cui è stata illegittimamente aggiudicata una gara di appalto per la fornitura di attrezzature informatiche, e detta fornitura è già stata effettuata dalla vincitrice. In tale ipotesi, essendo ormai preclusa la possibilità per la seconda classificata di vedersi aggiudicare la gara, il danno risarcibile è quantificabile, in via equitativa, in relazione alla perdita di chance, secondo quanto previsto dall’art. 345, l. 20 marzo 1865 n. 2248 alla F; criterio individuato dalla più recente giurisprudenza amministrativa come parametro del lucro cessante dell’appaltatore nell’ipotesi di responsabilità risarcitoria derivante dall’illegittima aggiudicazione di una gara di appalto”.

 

 

(omissis)

per l’annullamento

della determinazione 31.7.2001 n. 230 del dirigente del Settore V del Comune di Spoltore relativa ad aggiudicazione definitiva del servizio di concessione delle lampade votive presso i cimiteri comunali, nonché del verbale di gara del 23.5.2001 nella parte in cui sono state ammesse le predette concorrenti G.I.E., BIESSE ELETTRICA, ASTRO SYSTEM e LA VOTIVA e della determinazione 26.6.2001 n. 182, oltrechè

per la condanna al risarcimento del danno

in forma specifica o, in subordine, per equivalente economico.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del predetto Comune e della G.I.E. s.n.c.;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 20.3.2003, il cons. Di Giuseppe;

Uditi l’avv. Silvestri per la parte ricorrente, l’avv. Giulio Cerceo, su delega dell’avv. Ilari  per la parte resistente e l’avv. Russo per la parte controinteressata;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

F A T T O

Con avviso del 26.4.2001 il Comune di Spoltore ha indetto asta pubblica col sistema delle offerte segrete da confrontarsi con il prezzo a base d’asta, ai sensi degli artt. 73, lett. c), e 76 del R.D. n. 827 del 1924, per l’affidamento della concessione del pubblico servizio di illuminazione votiva con energia elettrica nei cimiteri comunali, per il periodo di dieci anni decorrenti dal 1.6.2001, con importo annuo a base d’asta di lire 27.000, attuali € 13,944, per ogni punto luce, indicando in n. 2.055 la quantità (suscettibile di variazione nel corso degli anni) di lampade interessanti il servizio.

Entro il termine stabilito, giusta verbale del 23.5.2001, hanno presentato offerta dodici ditte, fra le quali la BIESSE ELETTRICA, l’ASTRO SYSTEM, la GIE e LA VOTIVA offerenti il ribasso, rispettivamente, del 60,01%, 52,99%, 63% e 51%; ha presentato offerta anche la s.r.l. SAIE con il ribasso del 46,78%. Con il predetto verbale, ammesse tutte le partecipanti, la Commissione di gara ha aggiudicato provvisoriamente l’appalto alla s.n.c. GIE (con il ribasso offerto del 63%).

Con determinazione 26.6.2001 n. 182 il Dirigente del Settore V del predetto Comune ha stabilito di verificare l’offerta dell’aggiudicataria, ai sensi dell’art. 25 del D.Lgs. n. 157 del 1995; quindi, con determinazione 31.7.2001 n. 230, accolti i relativi chiarimenti, ha aggiudicato definitivamente il servizio in discorso alla predetta GIE. In data 13.9.2001 è stato stipulato il relativo contratto.

La predetta s.r.l. SAIE ha, con ricorso notificato in data 10 e 11.9.2001 e depositato il 18.9.2001, impugnato il sopra citato provvedimento d’aggiudicazione definitiva, nonché il sopra citato verbale per la parte in cui sono state ammesse alla gara le predette quattro ditte e la sopra citata determinazione riguardante la verifica della congruità dell’offerta dell’aggiudicataria, contestualmente chiedendo il risarcimento del danno in forma specifica o, in subordine, per equivalente economico.

Il ricorso deduce i seguenti motivi:

I- violazione dell’art. 17 della legge n. 68 del 1999 e dei principi in materia di pubbliche gare, nonché eccesso di potere per illogicità, difetto di motivazione e travisamento dei presupposti, poiché, a differenza della ricorrente, nessuna delle sopra indicate concorrenti ha prodotto, in fase di gara, il certificato d’ottemperanza alla legge sul diritto al lavoro dei disabili, prescritto a pena d’esclusione; né alcuna di esse ha prodotto, in alternativa, una dichiarazione circa la non assoggettabilità alle norme poste a tutela del diritto al lavoro dei disabili. Tanto avrebbe dovuto far disporre l’esclusione dalla gara delle predette imprese, a nulla rilevando la circostanza che né il bando, né il capitolato prevedessero tale onere, stante la natura imperativa ed autoesecutiva della prescrizione dettata dall’art. 17 della citata legge.

II- Violazione dei principi in materia di pubbliche gare e dell’art. 25 del D.Lgs. n. 157 del 1995, nonché eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, difetto di motivazione e travisamento dei presupposti, poiché le quattro imprese sopraindicate hanno tutte offerto una percentuale di ribasso superiore al 50%, sicchè evidentemente anomalo, mentre non è dato comprendere per quale motivo l’Amministrazione ha sottoposto a verifica per anomalia solo l’offerta dell’aggiudicataria e non anche quelle delle altre ditte predette, stante la prescrizione dell’art. 25 cit., secondo cui vanno assoggettate a verifica tutte le offerte che presentano una percentuale di ribasso che superi di un quinto la media aritmetica dei ribassi delle offerte ammesse (nel caso in esame: quelle superiori al 48,72%).

Il ricorso conclude chiedendo il risarcimento del danno in forma specifica o, in via subordinata, per equivalente economico secondo i criteri da individuarsi per la relativa liquidazione.

Per resistere si è costituito in giudizio il predetto Comune la cui difesa, con memoria del 21.9.2001, ha controdedotto, in stretta sintesi, che l’onere di produrre la certificazione di cui all’art. 17 della legge n. 68 del 1999 riguarda solo le imprese occupanti almeno quindici dipendenti, mentre l’aggiudicataria non raggiunge tale limite, e che non doveva farsi applicazione dell’art. 25 del D.Lgs. n. 157 del 1999, avendo l’appalto di che trattasi un valore (di lire 182.717.100, oltre IVA) abbondantemente inferiore alla soglia comunitaria.

Si è costituita in giudizio anche la s.n.c. GIE la cui difesa, con memorie del 26.9.2001 e del 5.3.2003, ha controdedotto con argomentazioni sostanzialmente corrispondenti a quelle di parte resistente e sopra riassunte.

Con memoria depositata il 12.3.2003 la difesa della ricorrente ha ulteriormente argomentato a sostegno di entrambi i motivi di ricorso, contestualmente indicando, quale criterio di riferimento per la liquidazione del danno per equivalente economico, quello di cui all’art. 345 della legge n. 2248 del 1865, all. F (10% dell’importo a base d’asta stabilito dall’appaltatore).

D I R I T T O

Il ricorso in esame merita accoglimento.

Con riguardo alla prescrizione dettata dall’art. 17 della legge n. 68 del 1999, la giurisprudenza del TAR inizialmente si è orientata nel senso che la mancata presentazione della documentazione ivi indicata non precludesse la partecipazione ad una gara d’appalto pubblico, ritenendo sufficiente che la documentazione stessa fosse presentata da parte dell’impresa vincitrice della gara, a pena di annullamento dell’aggiudicazione provvisoria (TAR Pescara, 6 aprile 2001 n. 348; 15 maggio 2001 n. 467).

In seguito, la giurisprudenza di secondo grado inizialmente si è orientata nel senso che, ai fini della partecipazione alla gara, fosse sufficiente la produzione (a pena di esclusione) della (auto)dichiarazione attestante che l’mpresa è in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili e che, nell’ipotesi di aggiudicazione provvisoria, l’impresa aggiudicataria dovesse, poi, essere invitata a certificare (sempre a pena di esclusione) l’ottemperanza alle norme stesse tramite i competenti uffici (Cons. St., Sez. V, 17 aprile 2002 n. 2020).

La stessa giurisprudenza, compiendo un’approfondita esegesi della norma, ha recentemente chiarito che l’adempimento della prescrizione della norma dettata dall’art. 17 cit. deve essere ritenuto quale requisito di partecipazione alla gara e non come condizione di aggiudicazione, sicchè la produzione della relativa certificazione (oltre alla dichiarazione) deve avvenire da parte delle imprese al momento della presentazione della domanda e non all’esito della gara e prima dell’aggiudicazione definitiva. E’ stato chiarito, inoltre, che tale adempimento deve essere assolto anche dalle imprese che non siano soggette, per la loro dimensione, alla disciplina imperativa dettata a tutela del diritto al lavoro dei disabili, le quali debbono comunque produrre al momento della presentazione della domanda una dichiarazione, o certificazione, attestante l’inapplicabilità nei loro confronti della normativa in discorso. Ed è stato, anche, precisato che non è sufficiente, allo scopo, neppure una generica dichiarazione, richiesta dal bando, di non trovarsi nelle condizioni di incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione (Cons. St., Sez. V, 6 luglio 2002 n. 3733).

Il Collegio non ha motivo di discostarsi dall’autorevole interpretazione giurisprudenziale sopra esposta e, pertanto, in accoglimento del primo motivo di ricorso (sopra riassunto in “fatto”) che deduce la violazione dell’art. 17 cit. proprio sotto tali profili, ritiene che le quattro imprese sopra indicate ed intimate (fra cui l’aggiudicataria) avrebbero dovuto essere escluse dalla gara di che trattasi, sicchè l’aggiudicazione impugnata deve essere annullata.

Per completezza, il Collegio ritiene di dover esaminare anche il secondo motivo di ricorso (sopra riassunto in “fatto”), con cui si sostiene che le offerte di tutte le quattro imprese sopra indicate ed intimate dovevano essere sottoposte a verificazione ai sensi dell’art. 25 del D.Lgs. n. 157 del 1995 e non soltanto quella dell’aggiudicataria.

La censura è fondata.

Diversamente da quanto sostengono le controparti, appare indubitabile che l’appalto di che trattasi, per il suo valore complessivo, rientra fra quelli sopra soglia comunitaria. Infatti, l’importo annuo a base d’asta, di lire 27.000, attuali € 13,944, moltiplicato per n. 2.055 lampade votive, indicate come quantità attendibile dalla stazione appaltante, quindi moltiplicato per dieci anni, qual è la durata indicata dell’appalto, porta il complessivo importo di € 286.549,2 (evidentemente superiore a € 200.000).

L’applicazione dell’art. 25 cit., dovuta in tal caso anche se non specificato dal bando, comporta che alla media dei ribassi offerti (emergenti dal verbale di gara), pari al 40,60%, deve aggiungersi un quinto, pari all’8,12%, sicchè la soglia di anomalia risulta pari al 48,72%; pertanto, tutte le offerte indicate dalla ricorrente avrebbero dovuto essere sottoposte a verifica e non soltanto (come avvenuto) quella dell’aggiudicataria.

La domanda di risarcimento danni deve essere accolta.

Pur se l’iniziale orientamento del TAR (sopra ricordato) poteva indurre ad un diverso comportamento, sta di fatto che il Comune ha disatteso una norma di legge imperativa (art.17 cit.) e non risulta che si sia dato carico di acquisire la documentazione da essa prescritta almeno prima di aggiudicare definitivamente il servizio (determinazione 31.7.2001 n.230), neppure prima di stipulare il relativo contratto (atto rogato in forma amministrativa 13.9.2001 n. 829 rep.).

Tanto ha comportato, da una parte, l’affidamento del servizio ad un’impresa che avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, e, dall’altra, la mancata aggiudicazione della gara stessa in favore della ricorrente, previa verificazione della sua offerta ai sensi dell’art. 25 del D.Lgs. n. 157 del 1995.

Peraltro, non può sottacersi che, nella sostanza, l’impresa rimasta aggiudicataria non era soggetta alla normativa di cui alla legge n.68 del 1999, in quanto impiegava meno di quindici dipendenti (secondo gli atti depositati in causa).

Inoltre, deve considerarsi che il servizio di che trattasi è ormai iniziato sin dal 13.9.2001, a seguito della stipula del relativo contratto.

Tanto induce il Collegio a disporre il risarcimento del danno ingiusto patito dalla ricorrente per equivalente economico, piuttosto che mediante reintegrazione in forma specifica.

Ai fini della relativa liquidazione appare condivisibile il criterio proposto in memoria dalla difesa della ricorrente, seguendo l’orientamento della giurisprudenza (Cons. St., Sez. V, 8 luglio 2002 n. 3796), secondo cui, anche in materia di appalti di servizi, la corresponsione del 10% dell’ammontare a base d’asta (come fissato dall’offerta), quale utile presunto, può costituire un idoneo parametro del lucro cessante dell’appaltatore.

Nel caso in esame l’importo complessivo a base d’asta dell’appalto è individuabile in € 286.549,20 (pari a: € 13,944 x n. 2.055 lampade x 10 anni); tenuto conto del ribasso del 46,78% offerto dalla ricorrente, l’importo complessivo d’aggiudicazione in suo favore sarebbe stato di € 152.501,99 (pari a: € 286.549,20 – 134.047,71); il 10% di tale somma, pari ad € 15.250,19, costituisce il risarcimento dovuto dal Comune alla ricorrente.

Su detta somma risarcitoria sono dovuti, come domandato dalla parte ricorrente, gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, stante la natura di debito di valore dell’importo del risarcimento del danno da responsabilità extracontrattuale; il relativo computo va effettuato con decorrenza dalla data di inizio del servizio da parte dell’impresa aggiudicataria (Cons. St., Sez. V, 8 luglio 2002 n. 3796).

Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo-Sezione Staccata di Pescara accoglie il ricorso in epigrafe indicato e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Condanna il Comune di Spoltore al pagamento, in favore della s.r.l. SAIE, avente sede in Casciago (VA), della somma di € 15.250,19 (quindicimiladuecentocinquanta/19) a titolo di risarcimento danni, con maggiorazione di interessi legali e rivalutazione monetaria computati con decorrenza dalla data d’inizio del servizio.

Liquida le spese di giudizio in complessivi € 2.000,00 (duemila/00) e condanna il predetto Comune e la s.n.c. G.I.E. di Tabossi Riccardo & C., avente sede in Pescara, in ragione della metà ciascuno, al pagamento in solido della relativa somma a favore della s.r.l. SAIE predetta.

Manda alla Segreteria di trasmettere copia della presente alla Procura regionale della Corte dei Conti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del 20 marzo 2003.

Antonio Catoni presidente

Mario Di Giuseppe estensore

Depositata il 03 aprile 2003

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