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n. 7/8-2001 - © copyright.

TAR EMILIA ROMAGNA-BOLOGNA, SEZ. I – Sentenza 4 luglio 2001 n. 958Pres. ff. ed Est. Calderoni - Azienda Agricola "Guidi" di Guidi Giuliano e c. (Avv. A. Carullo) c. Prefetto di Ferrara ed altri (Avv.ra Stato) e Impresa Bonatti S.p.A. (Avv. D. Turco).

1. Atto amministrativo – Procedimento – Responsabile del procedimento – Omessa designazione – Non comporta l’invalidità del procedimento– Ragioni.

2. Atto amministrativo – Procedimento – Comunicazione di avvio – Nel caso di procedimento tendente a prorogare il termine finale per il compimento delle espropriazioni – Necessità – Sussiste – Ragioni.

3. Espropriazione per p.u. – Decreto di esproprio – Termine finale previsto nella dichiarazione di p.u. – Scadenza – Determina l’inefficacia della dichiarazione di p.u.

4. Giurisdizione e competenza – Espropriazione per p.u. – Occupazione acquisitiva – Controversie - Rientrano nella giurisdizione esclusiva del G.A.

5. Espropriazione per p.u. – Occupazione acquisitiva – Momento in cui si verifica – Riferimento alla nozione di ultimazione sostanziale dell’opera pubblica.

6. Espropriazione per p.u. – Occupazione acquisitiva – Differenze rispetto alla occupazione usurpativa – Risarcimento del danno per equivalente – Costituisce l’unica possibilità nel caso di occupazione acquisitiva.

7. Espropriazione per p.u. – Occupazione acquisitiva – Indennità per il periodo di occupazione legittima – Spetta in aggiunta al valore dell’area irreversibilmente trasformata.

8. Espropriazione per p.u. – Occupazione acquisitiva – Indennità per il periodo di occupazione legittima – Quantificazione – Nel caso di aree agricole – E’ pari ad un dodicesimo dell’indennità di espropriazione.

9. Espropriazione per p.u. – Occupazione acquisitiva – Ammontare del risarcimento del danno dovuto – Interessi legali e rivalutazione monetaria – Sono dovuti.

10. Espropriazione per p.u. – Occupazione acquisitiva – Ammontare del risarcimento del danno dovuto – Applicabilità del principio di cui all’art. 1223 cod. civ. – Necessità.

11. Espropriazione per p.u. – Occupazione acquisitiva – Risarcimento del danno – Soggetti passivi dell’obbligazione risarcitoria – Sono non solo il soggetto delegato ma anche quello delegante.

1. La mancata designazione del responsabile del procedimento amministrativo non invalida il provvedimento emanato a seguito dello stesso procedimento, atteso che, a norma dell’art. 5 della legge 7 agosto 1990 n. 241, in assenza di espressa designazione, la responsabilità del procedimento è attribuita ex lege al funzionario preposto all'ufficio od unità organizzativa competente per l'emanazione del provvedimento (1).

2. I decreti di proroga del termine di completamento delle procedure espropriative, ex art. 13, comma 2, della legge n. 2359/1865, si atteggiano quali momenti iniziali di sub-procedimenti eventuali e straordinari rispetto al procedimento tipico, sicché non se ne presume la conoscenza da parte degli interessati (allorché costoro abbiano avuto conoscenza del solo procedimento principale); nel caso in cui si voglia prorogare detti termini, l’Amministrazione ha l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento di proroga, dato che mediante esso si procrastina la soggezione del privato all’intervento ablativo oltre i termini ordinari, incidendo apprezzabilmente sui diritti di proprietà e di integrità economica costituzionalmente garantiti (2).

3. La scadenza del termine finale per il compimento delle espropriazioni senza che sia stato adottato il decreto finale di esproprio, determina – ai sensi del comma 3 dell’art. 13 legge 2359/1865 – l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità (3).

4. Rientra nella giurisdizione esclusiva del G.A. l’azione con cui si chieda la declaratoria dell’avvenuta acquisizione del diritto di proprietà per c.d. accessione invertita e la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno (4).

5. Al fine dell’individuazione del momento temporale in cui sia da considerarsi verificato il fenomeno della c.d. occupazione acquisitiva occorre fare riferimento alla nozione di ultimazione sostanziale dell’opera pubblica programmata, quella cioè in grado di imprimere al bene occupato alterazione fisiche e funzionali non emendabili, attraverso la realizzazione di tutte le componenti essenziali dell’opera stessa, anche se necessitino ancora completamenti e rifiniture per la sua effettiva destinazione a fini pubblici (5).

6. Poiché il verificarsi dell’accessione invertita ha come proprio presupposto l’irreversibile trasformazione del fondo, è evidente come il vincolo di scopo che lega l’opera pubblica al terreno renda giuridicamente impossibile il ripristino dello status quo ante (6); analoga giuridica impossibilità non ricorre, invece, nell’ipotesi dell’occupazione usurpativa, ove difetta il vincolo di scopo garantito dalla dichiarazione di p.u.; anzi, venendo in rilievo un diritto reale, la cui tutela esige la rimozione del fatto lesivo, in quest’ultima ipotesi non trova applicazione neppure l’art. 2058, comma 2 cod. civ., che prevede la possibilità di ordinare il risarcimento del danno per equivalente, anziché la reintegrazione in forma specifica, in caso di eccessiva onerosità di quest’ultima (7).

7. I due fenomeni dell’occupazione - rispettivamente appropriativa ed usurpativa - restano concettualmente distinti e produttivi di differenti conseguenze giuridiche, atteso che nel caso dell’occupazione appropriativa, la mancata emissione, nei termini, del decreto di esproprio non comporta l’illegittimità ab origine dell’occupazione (cosicché tutto quanto si produce nel periodo di occupazione autorizzata ha, per definizione, carattere di legittimità ed è improduttivo di danni ai sensi dell’art. 2043 Cod. civ.), mentre, soltanto dal momento in cui cessa l’occupazione legittima, può concettualmente realizzarsi l’illecito aquiliano (8). Ne deriva, coerentemente, un duplice diritto del privato: sia ad una indennità per il periodo di occupazione legittima, sia ad una somma commisurata al valore del bene, quale corrispettivo della sua perdita.

8. In caso di occupazione acquisitiva per difetto di formale espropriazione, si deve applicare la nozione di c.d. indennità virtuale, in forza della quale il calcolo dell’indennità di occupazione di urgenza deve essere rapportata all’ammontare dell’indennità che sarebbe stata dovuta per l’espropriazione, ove il procedimento ablatorio espropriativo fosse sfociato nella sua naturale e fisiologica conclusione (9): quanto all’entità di tale commisurazione, nel caso di aree agricole trova applicazione il criterio di liquidazione stabilito dall’art. 20 legge n. 865/1971, pari, cioè, ad un dodicesimo dell’indennità di espropriazione (calcolata sempre con i parametri propri delle aree agricole) per ciascun anno di durata dell’occupazione (10).

9. Poiché il fenomeno dell’occupazione acquisitiva integra un illecito extracontrattuale, sulla somma liquidata a titolo di risarcimento per la perdita di un suolo, a seguito di trasformazione irreversibile, concorrono sia gli interessi legali, che hanno natura compensativa del mancato godimento della somma liquidata, sia la rivalutazione monetaria, che tende alla reintegrazione del danneggiato nella situazione patrimoniale antecedente il fatto illecito (11).

10. Nella liquidazione del danno da occupazione illegittima ed irreversibile del fondo privato, va applicato il principio sancito dall’art. 1223 cod. civ., in virtù del quale sono risarcibili i danni che siano conseguenza immediata e diretta della condotta illecita (alla stregua del principio nella specie è stato ritenuto che la voce di danno concernente le spese sostenute per lavori di sistemazione - prevalentemente idraulica – del terreno rientravano in siffatta categoria risarcibile) (12).

11. Il soggetto passivo dell’obbligazione risarcitoria scaturente da una occupazione acquisitiva è non solo l’ente delegato alla realizzazione dell’opera ma anche, in modo concorrente e solidale, l’ente delegante, su cui incombe l’onere di coordinare i tempi dell’attività amministrativa con quelli dell’attività materiale (13).

__________________________

(1) Cons. Stato, Sez. VI, 14 aprile 1999, n. 433.

(2) Cons. Stato, Sez. IV, 16 marzo 2001, n. 1578 e 19 gennaio 2000 n. 248.

(3) Cfr. Cass. SS.UU. 6 maggio 1995, n. 4987 e Cons. Stato, Sez. IV, 13 marzo 1991, n. 173.

(4) Nella articolata motivazione della sentenza in rassegna, dopo una ricostruzione dei precedenti (tra i quali il parere reso dall’Adunanza Generale in data 29 marzo 2001, n. 124/2000), si richiama la recente sentenza del Cons. Giust. Amm. Reg. Sic. 14 giugno 2001, n. 296, che ha ritenuto rientrante nella giurisdizione generale di legittimità o comunque in quella esclusiva del G.A., l’azione con cui si chieda la declaratoria dell’avvenuta acquisizione del diritto di proprietà per c.d. accessione invertita e la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno.

Ad avviso del TAR Emilia appare preferibile ritenere che le azioni in questione rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, piuttosto che in quella di legittimità, per le seguenti ragioni:

a) per la plausibilità delle argomentazioni di tenore letterale addotte dal C.G.A. (stretta applicazione - alle sole controversie indennitarie - della clausola di esclusione di cui all’art. 34 lett. "b" D. Lgs. 80/1998, come già ritenuto dal medesimo C.G.A., con sentenza 26 febbraio 2001, n. 114);

b) per l’espressa replica (in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale) all’ordinanza, con cui il Tribunale di Roma (Sez. II, 16 novembre 2000, n. 145) ha nuovamente sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 D. Lgs. 80/98;

c) per la coerenza complessiva di tale prospettazione con l’indicazione contenuta nel menzionato avviso 29 marzo 2001 dell’A.G. del Consiglio di Stato e con la ratio "concentrazionista" che presiede alla giurisdizione esclusiva del G.A.

(5) Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 7 febbraio 1996, n. 1 e precedenti giurisprudenziali della Corte di Cassazione ivi menzionati.

Secondo la sentenza della Cass. Sez. I, 3 maggio 1996, n. 4086 - il momento in cui il bene occupato subisce un’irreversibile trasformazione ad opera pubblica si verifica quando l’opera assume di fatto le caratteristiche proprie dei beni cui appartiene: così, nel caso di una strada, essa, per assumere i connotati minimi suoi propri, deve rivelare l’astratta idoneità ad essere percorsa come tale, anche se ancora priva di opere accessorie destinate a renderne l’uso più agevole e sicuro ed a consentirne in concreto l’effettiva apertura al traffico, restando in ogni caso escluso che, ai fini della decorrenza della prescrizione, possa aver rilievo la data del collaudo.

La distinzione è stata anche di recente riaffermata dalla Corte di Cassazione (Sez. I, 28 marzo 2001, n. 4451), secondo cui nel caso di assenza (originaria) di una dichiarazione di p.u. si verifica al contrario, il fenomeno della c.d. "occupazione usurpativa", ove l’acquisizione del bene alla mano pubblica non consegue automaticamente alla sua irreversibile trasformazione, ma dipende dalla scelta del proprietario usurpato che, rinunciando implicitamente al diritto dominicale, opti per una tutela (integralmente) risarcitoria, in luogo della (pur possibile) tutela restitutoria.

(6) Cfr. Tribunale Sup. Acque Pubbliche, 15 aprile 1999, n. 48.

(7) Cass. civ., Sez. II, 26 maggio 1999, n. 5113.

(8) Cfr. Cass. civ., Sez. I, 19 maggio 1998, n. 4985, 12 giugno 1998, n. 5879, 28 maggio 1997, n. 4723. In tal senso, si è, infatti, espressa da tempo la giurisprudenza del giudice ordinario (Tribunale Reggio Calabria, 22 marzo 1991 e 23 dicembre 1991; Tribunale Latina, 7 marzo 1991); ed anche la Corte di Cassazione (Sez. II, 3 dicembre 1999, n. 13512) riconosce che, in caso di accessione invertita, oltre al risarcimento del danno, è dovuta la suddetta indennità.

(9) Cfr. Cass. civ., Sez. I, 3 settembre 1999, n. 9286 e 4 febbraio 2000, n. 1210.

(10) Cfr. Cass. civ., Sez. I, 29 gennaio 1992, n. 928.

(11) Cfr. Cass. civ., Sez. I, 3 gennaio 1998, n. 13; nella motivazione della sentenza in rassegna è stato precisato che la somma liquidata deve essere aggiornata, al fine della necessaria attualizzazione dell’espressione monetaria del debito, sulla base dell’inflazione sopravvenuta fino alla data della decisione (Cass. Sez. I, 11 agosto 2000, n. 10696); mentre gli interessi legali devono essere calcolati (cfr. sentenza n. 13/1998, citata) non sul suddetto importo rivalutato, ma, anno per anno, sul valore della somma via via rivalutata - sulla base degli indici annuali medi di svalutazione (Cass. Sez. I, 5 agosto 1997, n. 7192) – nell’arco di tempo compreso tra l’evento dannoso e la liquidazione.

(12) Cfr. Cass. civ., Sez. II, 28 gennaio 2000, n. 971 e SS.UU., 26 gennaio 1998, n. 762, secondo cui, in particolare, affinché il pregiudizio che la vittima allega possa essere addebitato a titolo risarcitorio al suo autore, è necessario che, secondo il principio della regolarità causale, esso rientri nelle conseguenze normali del fatto, le quali consistono e si esauriscono nella diminuzione patrimoniale corrispondente al valore della cosa sottratta al proprietario e nella misura in cui maggiore possa rivelarsi il danno per la qualità del fondo che venga meno a seguito di quell’evento.

(13) Come si dà lealmente atto nella motivazione della sentenza in rassegna la giurisprudenza della S.C. non è in proposito concorde (nel senso di escludere la responsabilità del delegante v. da ult. la Sezione I della Cassazione (16 giugno 2000, n. 8246 e 18 febbraio 2000, n. 1814), secondo cui "qualora l’amministrazione espropriante deleghi ad un’impresa privata tutti i poteri e le facoltà concernenti la procedura ablativa, realizzando una concessione traslativa, il concessionario è il solo responsabile delle obbligazioni sorte o assunte in dipendenza della vicenda espropriativa; ne consegue, in tale ipotesi, che unico legittimato a resistere alla domanda di risarcimento del danno per intervenuta occupazione acquisitiva è il concessionario".

Il Tar Emilia, tuttavia, ha ritenuto preferibile, in quanto ispirata ai principi generali in tema di illecito, la diversa (e quantitativamente equivalente) opzione interpretativa, manifestata dalla medesima prima Sezione (cfr. ad es.11 novembre 1996, n. 9842, 27 ottobre 1994, n. 8858, 28 marzo 1990, n. 2532), che – accanto all’indicazione, quale soggetto passivo; nello stesso senso, come ricordato nella motivazione della sentenza, risulta, peraltro, anche la giurisprudenza civile di merito (Tribunale di Parma 6 febbraio 1998).

Commento di

GUGLIELMO SAPORITO

Massimari e mercuriali (itinerari dall’annullamento al risarcimento danni).

Non è un caso che in breve periodo si concentrano più pronunce di giudici amministrativi tutte favorevoli: a) all’estensione dei "comportamenti" sindacabili dai TAR, comprendendovi le occupazioni acquisitive e quelle usurpative; b) ad una compiaciuta adozione di serrati meccanismi di calcolo dei danni; c) alla prevalenza del risarcimento sulla reintegrazione in forma specifica.

In tempi ristretti e con argomentazioni analoghe giungono a conclusioni simili Cons. Stato sez. IV 14 giugno 2001 n. 3169 (www.giustamm.it/private/cds/cds4_2001-06-14-02.htm)     C.G.A. sez. Giurisdizionale, 14 giugno 2001 n. 296 (www.giustamm.it/private/cds/cga_2001-06-14-1.htm) ed il TAR Bologna 958/2001 in rassegna. La prima riguarda una strada, deviata dall’Alta velocità ferroviaria e perciò avvicinatasi dannosamente ad una casa; i giudici siciliani si sono invece interessati di 250 mq di strada; quelli bolognesi di un’azienda agricola tagliata in due da un binario ferroviario. Pochi mesi prima, la IV Sezione, in sede di esecuzione del giudicato (1 febbraio 2001 n. 396, in www.giustamm.it/private/cds/cds4_2001-396.htm), aveva affondato una richiesta di esecuzione del giudicato, negando ospitalità al giudizio risarcitorio in sede di giudizio di ottemperanza: al ricorrente che dopo dieci anni di lite chiedeva qualcosa al giudice amministrativo dell’esecuzione è stato detto che tutto l’ottenibile (il risarcimento danni) andava chiesto ad un giudice amministrativo del merito.

Tutto ciò significa evidente favor per il risarcimento e sfavor per il ripristino in forma specifica; significa compressione (quindi esclusione) del giudizio di ottemperanza nelle materie in cui vi può essere quantificazione del danno per equivalente.

Questa dimensione ragioneristica del giudizio di annullamento, passa per un ripescaggio dell’art. 2933 cod. civ. (limite all’esecuzione dell’obbligo di non fare, derivante dal pregiudizio all’economia nazionale), potenziato dall’art. 2058 dello stesso codice (sostituzione del risarcimento alla reintegrazione, qualora quest’ultima risulti eccessivamente onerosa per il debitore).

Emerge così una potenzialità distruttiva della legge 205/2000 e dell’art. 35: la norma rischia di azzerare tutto lo sforzo fatto nelle pronunce che ampliavano la tutela.

Ad esempio, diventa inutile lo sforzo di eliminare un marciapiede da un’area illegittimamente espropriata, sforzo che aveva trovato sbocco originale nel condizionare la reintegra del privato ad un momento futuro, cioè al momento in cui la p.a. avesse realizzato un nuovo marciapiede sul lato opposto di una strada nel Comune di Monterotondo.

La vicenda è istruttivamente leggibile in Cons., Stato. V, 12.7.1996 n. 874 (Pres. Paleologo, Est. Maruotti, in Il Cons. Stato, 1996, 1159), dietro una massima che rende esattamente la metà – e la metà inutile – del contenuto della sentenza. Se quindi il Consiglio di Stato era giunto al limite del sindacato sul comportamento, anche prima della legge 205 (la citata decisione n. 874 è del luglio 1996), se si era giunti alla soglia dell’esecuzione in forma specifica, con reintegrazione del privato, c’è da chiedersi se tutto il cammino fatto sia stato azzerato dalla legge 205. C’è da chiedersi, in altri termini, se vada persa l’intera dote culturale trasmessaci dall’esperienza dell’esecuzione del giudicato: per i casi di violazione di diritti, è oggi più facile ragionare in termini di aliquote e di mercuriali, piuttosto che in termini di diritto e di massimari.

Un segno di tutto ciò è anche presente in momenti diversi da quello, conclusivo, della sentenza: l’effettiva soddisfazione del ricorrente incide infatti sul momento iniziale dell’esecuzione del provvedimento impugnato, sul momento cioè in cui si chiede la sospensiva. Non è quindi un caso che in un recente incontro in tema di risarcimento danni (Roma, 21 giungo 2001, con prima trascrizione degli atti in Giust.it.), più volte si sia accennato all’art. 2058 del codice civile (vedi il contributo del Pres. Claudio Varrone) ed al rapporto tra risarcimento ed esito della precedente fase cautelare. Alla scelta di risarcire corrisponde infatti la scelta di non sospendere il provvedimento impugnato a causa dell’eccessiva onerosità per il debitore-p.a.

Oltretutto, accorpandosi innanzi al giudice amministrativo l’impugnazione dei provvedimenti e la quantificazione dei danni, la conversione in numerario delle illegittimità potrebbe risultare un’operazione agevole (da listino, da mercuriale, come per i danni nelle liti di responsablità automobilistica).

È anche vero che lo spessore delle censure addotte e accolte non è proporzionale allo spessore dell’annullamento (che è e rimane unico): spesso si annullano procedure complesse a causa di una legge 241 violata, di un termine spirato, una motivazione claudicante. Ma l’esistenza di uno squilibrio tra tipologia dei vizi e conseguenze dell’annullamento non può condurre ad un ricorso preferenziale al risarcimento del danno. La legge 205/2000 non può rappresentare una comoda via di uscita per assolvere con danni a più zeri errori della pubblica amministrazione.

 

 

per l’annullamento

- del decreto del Prefetto di Ferrara 13.7.2000, n. 14380, di proroga di occupazione d’urgenza;

-  di ogni atto presupposto ed in particolare del Decreto Ministero dei Trasporti e della Navigazione 6/4/2000;

per la declaratoria

della decadenza della dichiarazione di p.u. di cui al decreto prefettizio 7.8.1996;

nonché per l’accertamento

dell’illiceità del comportamento tenuto dall’Amministrazione intimata e del diritto del ricorrente al risarcimento del danno;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore il Consigliere Giorgio Calderoni;

Uditi, alla pubblica udienza del 20 giugno 2001, l’Avv. A. Carullo, per la parte ricorrente e l’Avv. D. Turco, per l’A.T.I. intimata;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

I. Nell’atto introduttivo del giudizio, si espone che il ricorrente è proprietario di aree site in Comune di Codigoro, interessate dall’occupazione d’urgenza alla quale l’A.T.I. resistente era stata autorizzata, fino al 20 luglio 2000, dal Prefetto di Ferrara, in funzione della realizzazione delle opere civili, di armamento e segnalamento del raccordo ferroviario Codigoro – stabilimento Falco di Pomposa, come da progetto esecutivo approvato con D.M. Trasporti 21.7.1996 e dichiarazione di p.u., indifferibilità ed urgenza, di cui al precedente D.M. Trasporti 21 luglio 1995.

Avverso tale decreto prefettizio, gli interessati proponevano ricorso avanti questo T.A.R., respinto con sentenza n. 773 del 1997: nelle more, i lavori venivano sospesi dal maggio 1997 al settembre 1997, per poi riprendere all’indomani della pubblicazione della sentenza.

Con lettera 26 aprile 2000, veniva comunicata l’avvenuta pubblicazione, presso il Comune di Codigoro, dei piani particellari e delle ditte da espropriare: il successivo 30 maggio 2000, la ditta ricorrente presentava le proprie controdeduzioni.

Infine, con il decreto prefettizio in epigrafe si prorogava, fino al 30 settembre 2001, il termine di scadenza dell’originario decreto di occupazione d’urgenza 3 agosto 1996.

A sostegno del ricorso, vengono dedotte le seguenti censure:

1) Violazione dell’art. 13 legge n. 2365/1865; eccesso di potere per carenza di motivazione e falso ed erroneo presupposto di fatto.

L’art. 4 del D.M. 21 luglio 1995 individuava, ai sensi dell’invocato art. 13, termini tassativi per l’inizio e completamento dei lavori, e cioè:

- - avvio delle procedure espropriative entro sei mesi, dalla suddetta data;

- - inizio dei lavori entro otto mesi;

- - completamento delle procedure espropriative e delle opere entro 5 anni.

Poiché nessuno dei suddetti termini sarebbe stato rispettato, con il provvedimento impugnato si tenterebbe illegittimamente di sanare ex post il suddetto comportamento inerte, senza che ne sussistano i presupposti, in quanto:

a) difetterebbero reali cause di forza maggiore, essendo il rallentamento dei lavori imputabile alla sola ditta concessionaria;

b) il progetto sarebbe stato modificato, come da comunicazione della concessionaria in data 17.4.1999 [rettifica del tracciato, aumento verso nord della superficie da espropriare (mq. 840) e decremento di pari superficie sul lato sud].

Nella carenza di un legittimo provvedimento di proroga, dovrebbe, conseguentemente, ritenersi decaduta la dichiarazione di p.u. e consumato il potere espropriativo;

2) Violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, in quanto detta norma andrebbe applicata anche alla fattispecie, poiché:

- in generale, la proroga del decreto di occupazione d’urgenza costituisce un provvedimento negativo per i destinatari e determina una compressione della disponibilità del bene ed un vincolo assoluto al diritto di proprietà;

- nel caso particolare, stante l’avvenuta modifica particellare rispetto al progetto originario, sussisterebbe una diversità sostanziale tra il provvedimento iniziale e quello impugnato;

3) Violazione degli artt. 7 e 14 legge n. 109 del 1994, in quanto dai provvedimenti impugnati non risulterebbe il nominativo del responsabile del procedimento né l’indicazione dei mezzi finanziari;

4) Violazione degli artt. 14, 16 e 25 legge n. 109 del 1994 ed eccesso di potere, in quanto dal provvedimento impugnato non risulterebbe parimenti l’avvenuta approvazione del nuovo progetto definitivo, atto presupposto dell’occupazione d’urgenza, siccome equivalente a dichiarazione di p.u., indifferibilità ed urgenza;

5) Violazione dell’art. 1 legge n. 1 del 1978, non risultando adottate le necessarie varianti agli strumenti urbanistici in relazione alla nuova parte particellare, secondo la procedura prevista dalla novella dell’invocato art. 1, intervenuta per effetto dell’art. 4 comma 3 legge n. 415/1998 (approvazione progetto definitivo ed esecutivo).

II. Resistono al ricorso le Amministrazioni intimate e l’A.T.I. concessionaria; in particolare, la difesa erariale eccepisce:

- il difetto di legittimazione passiva del Ministero dei Trasporti e della Gestione Governativa Ferrovie Padane, nell’assunto che il concessionario sia l’unico soggetto legittimato ai fini del presente giudizio;

- il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo, in ordine all’azione risarcitoria avanzata da parte ricorrente.

A sua volta, la concessionaria eccepisce:

- la tardività del ricorso, rispetto al termine breve di 30 giorni per la notifica, valevole nella specie ai sensi dell’art. 19 legge n. 135 del 1997;

- l’inammissibilità del gravame, per intervenuta acquiescenza, desunta dalle osservazioni presentate dalla ditta ricorrente il 30 maggio 2000, in sede di procedura espropriativa; nonché dal consenso dalla medesima prestato, il 17 maggio 1999, allo spostamento dell’asse del tracciato; ed altresì per difetto di notifica al Comune di Codigoro;

- il difetto di giurisdizione del T.A.R. adito, ex art. 34 comma 3 lett. b) D. Lgs. n. 80/1998, sulla domanda di risarcimento formulata in ricorso.

Tutte le parti resistenti contestano, altresì, la fondatezza nel merito delle censure avversarie e ne chiedono la reiezione.

In vista dell’udienza di discussione, A.T.I. e Azienda Guidi hanno dimesso, inoltre, memorie conclusive e relazioni tecniche; quest’ultima ha, altresì, prodotto una analitica stima dei danni subiti, ammontante a lire 898 milioni.

III. Con Ordinanza 22 novembre 2000, n. 965, questa Sezione accoglieva la domanda incidentale di sospensione dei provvedimenti impugnati, ritenendo fondate, ad una prima delibazione, le "censure attinenti alle problematiche dei termini e dei terreni come individuati nei provvedimenti qui gravati".

All’odierna pubblica udienza, il difensore dell’A.T.I. concessionaria ha dimesso copia dell’Ordinanza 12 giugno 2001, n.3279, con cui la IV Sezione del Consiglio di Stato ha accolto l’appello avverso la predetta pronuncia cautelare di primo grado, non ravvisando il requisito del periculum in mora, stante che, dall’incombente istruttorio disposto, era emerso "che già prima dell’emanazione dell’appellata ordinanza del TAR era cessato ogni lavoro nell’area per cui è causa".

Indi, previa discussione orale tra i difensori presenti, la causa è stata trattenuta per la decisione.

D I R I T T O

1. 1. Vanno dapprima affrontate le eccezioni, sollevate in rito dalle parti resistenti.

1.2. Deve essere disattesa l’eccezione di tardività del ricorso, proposta dall’impresa Bonatti: invero, l’impugnato decreto prefettizio è stato notificato a parte ricorrente il 21 luglio 2000 e - durante la pendenza del termine dimidiato di trenta giorni, previsto dall’art. 19 legge n. 135/1997 - è entrata in vigore (il 10 agosto 2000) la legge n. 205/2000, che (cfr. art. 4) ha abrogato il predetto art. 19 ed ha ripristinato l’ordinario termine di sessanta giorni, per la proposizione del ricorso anche nella materia de qua.

Come affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (14 febbraio 2001, n. 1) con riferimento alla citata disposizione della legge n. 205, "si tratta di norma innovativa di carattere processuale, che, come tutte le norme processuali, è di immediata applicazione": conseguentemente, nella presente fattispecie, il precedente termine breve, non ancora scaduto, deve ritenersi sostituito da quello introdotto dall’anzidetta norma, per cui il gravame, notificato il 13-23 ottobre 2000, risulta tempestivo, avuto riguardo alla sospensione feriale dei termini.

1.3. Neppure è ravvisabile l’acquiescenza di parte ricorrente, viceversa eccepita sempre dall’impresa Bonatti.

Invero, con la nota 30 maggio 2000, l’Azienda Agricola Guidi ha formulato le proprie osservazioni, nell’ambito della procedura espropriativa conseguente alla realizzazione del raccordo ferroviario Codigoro-Falco: siffatti elementi - contesto procedimentale e qualificazione giuridica della nota (osservazione ex lege) - valgono di per sé ad escludere qualsiasi valore di acquiescenza alla medesima; il suo contenuto è, del resto, apertamente oppositivo, contestandosi il superamento dei termini stabiliti per la procedura medesima, nonché carenze degli atti depositati.

Quanto alla dichiarazione resa dalla medesima Azienda il 17 maggio 1999, essa esplicita unicamente la soddisfazione per i ripristini eseguiti in conseguenza della rettifica del tracciato ed esclusivamente a tali opere deve intendersi circoscritta l’ampia liberatoria rilasciata.

1.4. Si può, così, procedere nella disamina della domanda impugnatoria proposta dall’Azienda agricola ricorrente, mentre le ulteriori eccezioni – di difetto di giurisdizione di questo Giudice, prospettata da entrambe le parti resistenti; e di difetto di legittimazione passiva, sollevata dalla difesa erariale, relativamente al Ministero dei trasporti ed alla Gestione Governativa Ferrovie Padane – possono essere trattate contestualmente all’esame della domanda risarcitoria, pure avanzata in ricorso e cui entrambe le eccezioni si riferiscono, direttamente quella di difetto di giurisdizione ed indirettamente quella di difetto di legittimazione passiva, siccome fondata (cfr. memoria 8.11.2000 della difesa erariale) sull’orientamento giurisprudenziale assunto dalla Corte di Cassazione, a proposito dei giudizi di opposizione alla determinazione dell’indennità di esproprio.

1.5. Non va, infine, evocato in giudizio, come parte necessaria, il Comune di Codigoro, estraneo tanto alla domanda impugnatoria, quanto a quella risarcitoria proposta dalla parte ricorrente: deve essere conseguentemente disattesa la corrispondente eccezione, sollevata dall’impresa Bonatti e che, peraltro, avrebbe, al più, potuto comportare l’integrazione del contraddittorio e non già l’inammissibilità del ricorso.

1.6. Possono, ora, esaminarsi le censure dedotte a sostegno del ricorso.

2.1. Si rivela fondato, nei limiti di cui in appresso, il primo mezzo di impugnazione, con cui si deduce l’illegittimità della disposta proroga, sotto il duplice profilo dell’inesistenza di cause di forza maggiore e dell’intervenuta modificazione del progetto originario.

2.2. Quanto al primo profilo, la recente giurisprudenza del Consiglio di Stato in materia (Sez. IV, 19 gennaio 2000 n. 248, con ampi richiami a conformi precedenti giurisprudenziali) è assai rigorosa nel rimarcare:

· "il carattere non dovuto della proroga e la eccezionalità delle cause giustificative della stessa", argomentando che "la legittimità della proroga del termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità … è ancorata all’esistenza di obbiettive difficoltà al compimento di atti espropriativi (in alcun modo dipendenti dalla volontà dell’Ente espropriante), che, impedendo il regolare corso del procedimento, non possono altrimenti essere superate, non offrendo l’ordinamento, a tal fine, altro idoneo strumento giuridico";

· "la necessità di uno scrutino scrupoloso ed esigente delle reali ragioni poste a base delle proroghe autonomamente deliberate dall’Amministrazione, a mente dell’art. 13 legge n. 2359".

2.3. Orbene, l’impugnato decreto dirigenziale di proroga 6 luglio 2000 - pur risultando ampiamente diffuso ed articolato nelle premesse, per effetto di ripetuti richiami ai pregressi atti del procedimento - non spende neppure una parola per dimostrare la sussistenza delle anzidette, eccezionali cause giustificative, limitandosi ad un mero rinvio ob relationem alle ragioni addotte dalla concessionaria nella propria istanza di proroga.

Ed anche a voler ammettere la sufficienza motivazionale di siffatto, acritico, rinvio, neppure dalla richiamata nota 24 maggio 2000 dell’impresa Bonatti emerge la (dovuta) eccezionalità delle circostanze addotte a sostegno della richiesta di proroga dei termini, giacché, questa viene così testualmente giustificata:

"Pur avendo già effettuato, non appena completate le opere, tutte le operazioni celerimetriche lungo l’intero sviluppo del tracciato, per il perfezionamento dei relativi tipi di frazionamento (che sono già stati presentati per la successiva approvazione c/o l’Ufficio del Territorio di Ferrara) ai fini della determinazione delle superfici di esproprio, non si può escludere a priori che le tempistiche di approvazione da parte dello stesso Ufficio, possano protrarsi anche oltre il termine di occupazione legittima".

A quello scrutinio scrupoloso ed esigente delle suddette ragioni, cui il Collegio è chiamato dalla menzionata decisione del Consiglio di Stato, non risulta certamente la sussistenza di cause affatto indipendenti dalla volontà dell’Ente espropriante: al contrario, dipendendo la presentazione dei frazionamenti (e la conseguente "tempistica" dell’Ufficio del Territorio) dal completamento delle opere, la causa prima della proroga richiesta è rinvenibile nei tempi di esecuzione delle stesse, e dunque in una evenienza ben imputabile al concessionario.

Solo in sede di scritti difensivi prodotti in giudizio, quest’ultimo ha addotto che i tempi sarebbero stati procrastinati dalla procedura contenziosa (ricorso avanti questa Sezione), proposta dai danti causa della ricorrente: ma a parte l’irrilevanza di tali argomentazioni, siccome costituenti integrazione postuma e "processuale" degli atti impugnati, neppure di tale circostanza vengono forniti obiettivi riscontri, idonei eventualmente a confutare quanto asserito dalla parte ricorrente nell’atto introduttivo, e cioè che il Prefetto di Ferrara avrebbe sospeso i lavori, in attesa "anche" della definizione del ricorso e, comunque, solo dal maggio al settembre 1997, mentre la proroga è stata concessa per un tempo di oltre tre volte superiore.

2.4. Il secondo profilo di doglianza dedotto con il motivo all’esame non può, invece, essere condiviso, in quanto, dalla relazione tecnica prodotta dalla difesa erariale il 7.11.2000 e non contestata da controparte, emerge che la rettifica del tracciato ferroviario (consistente, peraltro, in una parziale e modesta traslazione di sede, così come "visualizzata" nelle planimetrie allegate alla suddetta relazione) investe i medesimi mappali già compresi nel decreto di occupazione temporanea dei terreni e che, come già comunicato all’Azienda Guidi con nota 17.4.1999 (contestualmente prodotta dall’Avvocatura dello Stato), la superficie globale da espropriare rimane immutata, procedendosi a compensazioni interne ai suddetti mappali (all’aumento di superficie - mq. 840 - sul lato Nord corrisponde un pari decremento di aree in direzione Sud).

La fattispecie si colloca, pertanto, ampiamente al di qua della soglia di illegittimità individuata in materia dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo la quale (cfr. Sez. IV, 26.10.1999, n. 1628 e 4.8.1986, n. 533) "le eventuali inesattezze riscontrabili nei provvedimenti ablatori in merito alla misurazione delle superficie espropriate possono tradursi in un vizio dell’atto che individua i beni, soltanto se producono un’incertezza assoluta circa l’individuazione del bene costituente l’oggetto dell’acquisto coattivo".

La variazione de qua non rileva, pertanto, sotto il profilo della legittimità dei provvedimenti impugnati, pur potendo, invece, incidere sulla qualificazione dell’istituto (occupazione usurpativa piuttosto che acquisitiva), da prendere eventualmente in considerazione ai fini dell’esame della domanda risarcitoria, per la parte di aree interessate dalla rettifica del tracciato originario.

3. Per considerazioni analoghe a quelle appena esposte al precedente punto 2.4., devono essere disattese le censure svolte con il quarto e quinto motivo di ricorso, in quanto le minime variazioni di tracciato verificatesi nella specie non sono tali da richiedere l’approvazione:

- né di un nuovo progetto definitivo, ben potendo esse rientrare nei margini propri della progettazione esecutiva delle opere pubbliche;

- né di una apposita Variante al PRG, comportando, al più, una rettifica cartografica di quella in vigore.

4. Il terzo motivo è, a sua volta, infondato alla stregua della giurisprudenza formatasi sulla figura generale del responsabile del procedimento, nel senso che "la mancata designazione del responsabile del procedimento amministrativo non invalida il provvedimento emanato a seguito dello stesso procedimento, posto che, a norma della l. 7 agosto 1990 n. 241, art. 5, in assenza di espressa designazione, la responsabilità del procedimento è attribuita ex lege al funzionario preposto all'ufficio od unità organizzativa competente per l'emanazione del provvedimento" (Cons. Stato, Sez. VI, 14 aprile 1999, n. 433): secondo un commento dottrinale all’art. 7 della legge Merloni ter, condiviso dal Collegio, tale norma fa, infatti, riferimento al responsabile di cui al Capo II della legge n. 241 del 1990.

Infine, non essendo necessari nuovi adempimenti progettuali ed urbanistici, l’onere finanziario connesso alla proroga controversa si risolve nella corresponsione dell’indennità di occupazione per l’ulteriore periodo di cui si tratta e ben può trovare capienza - dato il suo prevedibile, non esorbitante importo - nelle iniziali previsioni di spesa, effettuate all’atto dell’approvazione del progetto e degli atti ablatori originari.

Non sussiste, pertanto, neppure il profilo di illegittimità relativo alla mancata indicazione dei mezzi finanziari.

5. Coglie, invece, ulteriormente nel segno il secondo (ed ultimo da esaminare) motivo di gravame.

Infatti, la medesima sentenza n. 248/2000 del Consiglio di Stato, innanzi citata al punto 2.2., ha affermato l’applicabilità dell’art. 7 legge n. 241/90 al decreto di proroga del termine di completamento delle procedure espropriative, ex art. 13, comma 2, legge n. 2359/1865.

Nello stesso senso, più di recente, la medesima IV Sezione (16 marzo 2001, n. 1578) ha confermato tale avviso, motivando:

a) che i decreti di proroga si atteggiano quali momenti iniziali di sub-procedimenti eventuali e straordinari rispetto al procedimento tipico, sicché non se ne presume la conoscenza da parte degli interessati (allorché costoro abbiano avuto conoscenza del solo procedimento principale);

b) che, in tal caso, l’Amministrazione ha l’obbligo di comunicare l’avvio dei sub-procedimenti, con i quali si procrastina la soggezione del privato all’intervento ablativo oltre i termini ordinari, incidendo apprezzabilmente sui diritti di proprietà e di integrità economica costituzionalmente garantiti.

Nella specie, detta comunicazione è mancata, non essendo la parte ricorrente stata notiziata dell’avvio dei sub-procedimenti di proroga, tanto dei termini per il completamento delle procedure espropriative, quanto dell’occupazione d’urgenza, rispettivamente originati dalle istanze 24 maggio 2000 e 19 luglio 2000, presentate dall’intimata concessionaria.

Né può valere a surrogarla, come deduce l’impresa Bonatti, l’avvenuta partecipazione di parte ricorrente (cfr. osservazioni del 30 maggio 2000) alla procedura espropriativa "ordinaria" e "originaria", in quanto tornano a valere, sul punto, le osservazioni di cui sopra in ordine alla straordinarietà (ed autonoma esigenza partecipativa) del sub-procedimento di proroga.

6.1. Per quanto esposto ai precedenti punti 2 e 5, deve essere accolta la domanda impugnatoria avanzata da parte ricorrente e, per l’effetto, devono essere annullati sia il decreto ministeriale 6.7.2000 di proroga dei termini di espropriazione, sia il decreto prefettizio 13 luglio 2000, di proroga dell’occupazione d’urgenza.

6.2. Per effetto dell’annullamento appena disposto e della conseguente scadenza del termine originario del 20 luglio 2000, senza che sia stato adottato il decreto finale di esproprio, si determina altresì – ai sensi del comma 3 dell’art. 13 legge 2359/1865 – l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità (cfr. Cass. SS.UU. 6.5.1995, n. 4987 e Cons. Stato, Sez. IV, 13.3.1991, n. 173): in accoglimento della specifica domanda proposta nell’atto introduttivo del giudizio, deve, pertanto, essere dichiarata la suddetta inefficacia.

7.1. Occorre, ora esaminare la domanda risarcitoria proposta dall’Azienda ricorrente, a proposito della quale le parti resistenti hanno eccepito il difetto di giurisdizione di questo Giudice.

7.2. Al riguardo, il Collegio non può non convenire con l’osservazione, di fonte dottrinale, secondo cui, all’indomani dell’emanazione dell’art. 34 D. Lgs. n. 80/1998, la materia dell’espropriazione si sia trovata "in bilico" tra giurisdizione ordinaria e amministrativa; prova ne sia che:

· tanto da parte del giudice ordinario, quanto da parte del giudice amministrativo sono state rese pronunce ugualmente affermative e negative della rispettiva giurisdizione (si vedano, a favore della giurisdizione del giudice amministrativo: Tribunale di Milano, Sez. I, 24 giugno 1999, Giudice unico del Tribunale di Palermo Sez. 1, 20 maggio 1999, T.A.R. Campania, 22 dicembre 1999; ed a favore della giurisdizione del giudice ordinario: Tribunale di Napoli, 23.11.1999, Tribunale di Taranto, Sez. I, 3 gennaio 2000, T.A.R. Sicilia, 28 aprile 2000, T.A.R. Reggio Calabria, 23 giugno 2000, n. 1025);

· le SS.UU. della Corte di Cassazione (ordinanza n. 43 del 2000) sono giunte a sollevare questione di costituzionalità - per eccesso di delega - del citato art. 34, nel presupposto che esso trasferisca al giudice amministrativo "per l’indicato settore delle espropriazioni, le controversie in cui si faccia valere il diritto alla riacquisizione del bene occupato senza titolo (per originaria carenza o successiva inefficacia del titolo stesso), il diritto al risarcimento del danno per occupazione illegittima, od il diritto al risarcimento del danno prodotto dal tradursi dell’occupazione medesima nella cosiddetta accessione invertita od espropriazione sostanziale" (per incidens, va precisato che, con ordinanza 23.1.2001, n. 17, la Corte Costituzionale ha restituito gli atti al Giudice rimettente, affinché proceda ad un nuovo esame di rilevanza, a seguito dello ius superveniens rappresentato dalla legge n. 205/2000).

La questione è stata parimenti dibattuta in dottrina, anche se è prevalsa, specie negli ultimi tempi, l’opinione favorevole alla giurisdizione del giudice amministrativo.

7.3. Il sopravvenire della legge 205 del 2000 sembra, tuttavia, aver rappresentato un elemento di chiarificazione tale da indurre il Consiglio di Stato a prendere decisamente partito nel senso della competenza in materia del G.A.

Dapprima in sede cautelare (di esecuzione di una ordinanza che aveva sospeso una sentenza di primo grado) e tuttavia con un provvedimento, data la fattispecie, nel suo complesso ampiamente motivato (Ordinanza 19 dicembre 2000, n. 6550), la Sezione V ha – sul punto, per la verità, piuttosto sinteticamente – affermato la sussistenza della giurisdizione amministrativa (in applicazione dei principi ermeneutici concernenti la giurisdizione sopravvenuta ex lege n. 205), in una controversia in cui la sospensione degli effetti della dichiarazione di p.u. rendeva priva di idoneo titolo giustificativo, sin dall’origine, l’utilizzazione dell’area privata da parte della P.A.

 Ma soprattutto di recente e con l’autorevolezza dell’Adunanza Generale (atto 29 marzo 2001, prot. n. 124/2000), il Consiglio di Stato ha ulteriormente e decisamente affermato la giurisdizione del G.A. nella materia de qua: presa di posizione, questa, che risulta ancor più significativa, siccome manifestata all’atto di licenziare lo schema di nuovo T.U. in materia di espropriazione per pubblica utilità, la cui redazione era stata demandata dal Governo al medesimo Consiglio di Stato, in applicazione dell’articolo 7, comma 5, della legge 8 marzo 1999, n. 50.

Dopo aver ricordato la (discussa, in dottrina e nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo) elaborazione, da parte della Corte di Cassazione, dell’istituto dell‘<occupazione appropriativa> (o "espropriazione sostanziale") e di quello, più recente, della "occupazione usurpativa", l’A.G. ha testualmente affermato che:

- "l’articolo 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998 (nel testo sostituito dalla legge n. 205 del 2000) ha disposto la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, che nella materia espropriativa (rientrante, ai fini della giurisdizione, nell’ambito della materia dell’urbanistica, come definita dal richiamato articolo 34) conosce di tutti gli atti, i provvedimenti ed i comportamenti (anche illeciti) di ogni pubblica amministrazione o soggetto ad essa equiparato";

- "in materia di espropriazione, in presenza di un illecito della pubblica amministrazione (o di un soggetto per legge equiparato), sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo".

E di tali proposizioni ha fatto il fondamento della nuova disciplina sostanziale e processuale, stabilita nel T.U. per il caso in cui il proprietario chieda la tutela del diritto di proprietà, con una azione petitoria o d’urgenza.

7.4. Sempre in sede cautelare (Sez. V, 6 marzo 2001, n. 1456), il Consiglio di Stato ha poi affermato che la giurisdizione esclusiva di cui all’art. 7 legge 205/2000 si estende anche alle domande preordinate alla tutela del possesso; nello stesso senso, si vedano:

- il decreto Presidente T.A.R. Lecce 2 marzo 2001, n. 513, che ha affermato la giurisdizione del G.A. in ordine alla domanda del privato ex art. 703 C.P.C., di reintegrazione e manutenzione nel possesso di bene occupato senza titolo dalla P.A., in sede di esecuzione di lavori pubblici;

- l’ordinanza 22.12.2000 del Tribunale civile di Catania (con richiamo all’Ordinanza n. 43/2000 delle SS.UU. della Cassazione).

7.5. Ancora, la medesima Ordinanza cautelare d’appello (Sez. IV, 12.6.2001, n. 3279) prodotta all’odierna pubblica udienza dalla difesa della concessionaria resistente, mostra implicitamente di ritenere la giurisdizione del G.A. sul punto qui controverso, laddove afferma che "l’eventuale rimozione dei danni già subiti dalla suddetta Azienda (Agricola Guidi) potrà disporsi solo in sede di (imminente) decisione della causa nel merito in primo grado".

7.6. Pressoché contemporaneamente (appena due giorni dopo), giungeva, infine, la prima decisione di merito del Giudice amministrativo di appello (per la Regione siciliana), interamente dedicata a siffatta questione di diritto e con la quale, annullando la contraria statuizione del giudice di prime cure, si riteneva rientrante nella giurisdizione generale di legittimità o comunque in quella esclusiva del G.A., l’azione con cui si chieda la declaratoria dell’avvenuta acquisizione del diritto di proprietà per c.d. accessione invertita e la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno (Cons. Giust. Amm. Reg. Sic. 14 giugno 2001, n. 296).

Il Collegio non ritiene sia, qui, il caso di prendere definitiva posizione - stante l’invarianza del risultato finale - su quale delle due prospettazioni sviluppate nella citata decisione (se quella principale o quella subordinata) sia più convincente, anche se appare preferibile l’avviso a tenore del quale si giustifica l’opzione per la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. E ciò per le seguenti ragioni:

d) a) per la plausibilità delle argomentazioni di tenore letterale addotte dal C.G.A. (stretta applicazione - alle sole controversie indennitarie - della clausola di esclusione di cui all’art. 34 lett. "b" D. Lgs. 80/1998, come già ritenuto dal medesimo C.G.A., con sentenza 26.2.2001, n. 114);

e) b) per l’espressa replica (in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale) all’ordinanza, con cui il Tribunale di Roma (Sez. II, 16 novembre 2000, n. 145) ha nuovamente sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 D. Lgs. 80/98;

f) c) per la coerenza complessiva di tale prospettazione con l’indicazione contenuta nel menzionato avviso 29 marzo 2001 dell’A.G. del Consiglio di Stato e con la ratio "concentrazionista" che presiede alla giurisdizione esclusiva del G.A...

7.7. Alla stregua delle molteplici considerazioni che precedono, deve essere, conclusivamente, affermata la giurisdizione di questo Giudice in ordine alla domanda risarcitoria avanzata dall’Azienda ricorrente.

8.1. Entrando, dunque, nel merito della stessa, la prima verifica da compiere concerne l’avvenuto perfezionamento o meno, nella specie, della c.d. "occupazione acquisitiva".

8.2. Sotto questo profilo, figurano agli atti del giudizio tre certificati di ultimazione lavori (cfr. produzione documentale 30 maggio 2001 dell’impresa concessionaria), redatti in data 8 marzo 2001 dalla Direzione Lavori (riservata al Ministero dei Trasporti, come da convenzione di concessione all’impresa Bonatti) e sottoscritti dalla medesima impresa concessionaria e dal Direttore di Esercizio delle Ferrovie Padane.

Ebbene, dagli anzidetti tre certificati emerge che i lavori in parola sono stati ultimati, a seconda del tipo di opere, rispettivamente: il 19.1.2000 per le opere civili, il giorno 30.3.2000 per l’armamento ed il giorno 19.5.2000 per il segnalamento ferroviario, con ciò esaurendosi le opere comprese nel progetto esecutivo presentato dal concessionario ed approvato con D.D. 21 luglio 1995, n. 2473 (cfr. premesse dell’impugnato D.D. 6.7.2000 di proroga).

Pur dichiarando l’avvenuto termine dei lavori alle date suindicate, detti certificati fanno, per la verità, menzione di opere eseguite in epoca successiva (asfalti ai passaggi a livello per le opere civili; esecuzione del c.d. II livello per l’armamento; modesti interventi richiesti dalla Commissione F.S. in occasione delle prove di funzionamento, per il segnalamento); dal canto suo, l’Azienda ricorrente contesta l’avvenuta ultimazione dei lavori, sia negli scritti difensivi (memoria 8 giugno 2001), sia nelle produzioni documentali (relazione tecnica di parte, in data 22 marzo 2001), adducendo carenze sotto il profilo idraulico e viario (mancata realizzazione di passaggio a livello automatico).

8.3. Al riguardo, il Collegio osserva che la giurisprudenza, sia civile che amministrativa, mostra di ritenere essenziale - al fine dell’individuazione del momento temporale in cui sia da considerarsi verificato il fenomeno della c.d. occupazione acquisitiva - la nozione di ultimazione sostanziale dell’opera pubblica programmata, quella cioè in grado di imprimere al bene occupato alterazione fisiche e funzionali non emendabili, attraverso la realizzazione di tutte le componenti essenziali dell’opera stessa, anche se necessitino ancora completamenti e rifiniture per la sua effettiva destinazione a fini pubblici (cfr. Ad. Plen. Cons. Stato, 7.2.1996, n. 1 e precedenti giurisprudenziali della Corte di Cassazione ivi menzionati).

In altri termini - secondo la coeva Cass. Sez. I, 3.5.1996, n. 4086 - il momento in cui il bene occupato subisce un’irreversibile trasformazione ad opera pubblica si verifica quando l’opera assume di fatto le caratteristiche proprie dei beni cui appartiene: così, nel caso di una strada, essa, per assumere i connotati minimi suoi propri, deve rivelare l’astratta idoneità ad essere percorsa come tale, anche se ancora priva di opere accessorie destinate a renderne l’uso più agevole e sicuro ed a consentirne in concreto l’effettiva apertura al traffico, restando in ogni caso escluso che, ai fini della decorrenza della prescrizione, possa aver rilievo la data del collaudo.

Ancor più "blando" si rivela il parametro individuato dalla successiva pronuncia 27.5.1999, n. 5166 della medesima Sezione, secondo cui il fenomeno dell’occupazione acquisitiva si può realizzare:

- anche prima dell’ultimazione dei lavori, allorquando il suolo abbia subito una radicale (ma non necessariamente perpetua ed ineliminabile) trasformazione nel suo aspetto materiale, in modo da perdere la sua conformazione fisica originaria e da risultare stabilmente ed inscindibilmente incorporato, quale parte distinta e non autonoma, nel nuovo bene costituito dall’opera stessa;

- ovvero, anche in assenza di una profonda modifica materiale del fondo, purché si sia verificata una sua diversa collocazione nella realtà giuridica, in relazione alla natura dell’opera realizzando.

8.4. In applicazione degli anzidetti criteri, deve, pertanto, concludersi che, nella fattispecie, l’ultimazione sostanziale dell’opera pubblica de qua (prolungamento Codigoro-stabilimento Falco della Ferrovia Ferrara-Codigoro) sia pacificamente intervenuta (quantomeno) in concomitanza con l’ultima delle anzidette date indicate nei certificati di collaudo (19 maggio 2000) e, cioè, allorquando non era ancora scaduto il termine (20 luglio 2000) di validità quinquennale (per il completamento delle opere stesse e per il compimento delle espropriazioni) stabilito dall’originario D.M. 21 luglio 1995.

8.5. Vengono, così, a ricorrere, nella specie, le tre condizioni (esistenza originaria della dichiarazione di p.u.; irreversibile trasformazione del bene occupato; scadenza dl termine di occupazione legittima senza la pronuncia dell’espropriazione) cui la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sez. I, 21.3.2000, n. 3298) riconnette - anche indipendentemente dall’ordine in cui le ultime due condizioni (trasformazione e scadenza del termine) sopravvengono - l’inverarsi della c.d. accessione invertita (od occupazione acquisitiva).

La conseguenza è l’avvenuto trasferimento della proprietà del suolo, alla menzionata data del 19 maggio 2000 (cfr. in proposito: Cons. Stato, Sez. IV, 3 aprile 2001, n. 1911).

8.6. Quanto sopra vale, evidentemente, per le aree di proprietà dell’Azienda ricorrente, comprese nell’originario decreto prefettizio di occupazione d’urgenza, recante la data del 3 agosto 1996.

Viceversa, per le aree non comprese in tale decreto e tuttavia occupate in relazione alla rettifica del tracciato, di cui si è fatto specifico cenno al precedente punto 2.4., non può ritenersi applicabile l’istituto della c.d. "occupazione acquisitiva", poiché – secondo la distinzione anche di recente riaffermata dalla Corte di Cassazione (Sez. I, 28.3.2001, n. 4451) – nel caso, come quello di specie, di assenza (originaria) di una dichiarazione di p.u. si verifica al contrario, il fenomeno della c.d. "occupazione usurpativa", ove l’acquisizione del bene alla mano pubblica non consegue automaticamente alla sua irreversibile trasformazione, ma dipende dalla scelta del proprietario usurpato che, rinunciando implicitamente al diritto dominicale, opti per una tutela (integralmente) risarcitoria, in luogo della (pur possibile) tutela restitutoria.

Nel caso de quo non è, tuttavia, ravvisabile una siffatta, implicita rinuncia, avendo la parte attrice chiesto, seppur con formula generica ed onnicomprensiva per tutte le aree di cui è stata spossessata, "il ripristino dello status quo ante" (cfr. punto 5 delle conclusioni dell’atto introduttivo del giudizio).

Orbene, poiché il verificarsi dell’accessione invertita ha come proprio presupposto l’irreversibile trasformazione del fondo, è evidente come il vincolo di scopo che lega l’opera pubblica al terreno renda giuridicamente impossibile il ripristino dello status quo ante (in termini,Tribunale Sup. Acque Pubbliche, 15 aprile 1999, n. 48); mentre analoga giuridica impossibilità non ricorre, invece, nell’ipotesi dell’occupazione usurpativa, ove difetta il vincolo di scopo garantito dalla dichiarazione di p.u.: anzi, venendo in rilievo un diritto reale, la cui tutela esige la rimozione del fatto lesivo, non dovrebbe trovare applicazione neppure l’art. 2058, comma 2 Cod. civ., che prevede la possibilità di ordinare il risarcimento del danno per equivalente, anziché la reintegrazione in forma specifica, in caso di eccessiva onerosità di quest’ultima (Cass. Civ., Sez. II, 26 maggio 1999, n. 5113).

Nondimeno, la medesima giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sez. I, 29 ottobre 1997, n. 10694) ammette che, anche alle azioni intese a far valere un diritto reale, possa essere applicata l’anzidetta disposizione codicistica, allorché sia lo stesso attore danneggiato a chiedere la condanna per equivalente.

Orbene, al medesimo punto 5 delle conclusioni di parte attorea, non si chiede solamente la condanna dei convenuti al ripristino dello status quo ante e al risarcimento del danno per mancato utilizzo medio tempore dei terreni; ma, disgiuntivamente ("ovvero"), "il pagamento di quanto dovuto a favore dei ricorrenti, nella misura come quantificata e decisa da Codesto Ecc. mo TAR".

Da questo punto di vista, può ben ritenersi che ricorra la situazione derogatoria in cui la giurisprudenza della Corte di Cassazione ammette una pronuncia di condanna per equivalente, anche nel caso di azioni a tutela di un diritto reale: e non v’è dubbio che a siffatto tipo di pronuncia occorra indirizzarsi nella fattispecie, essendo del tutto auto-evidente l’eccessiva onerosità che comporterebbe per il debitore la restitutio in integrum, trattandosi di aree interessate dal passaggio di una linea ferroviaria già realizzata.

8.7. In conclusione, con riferimento a tutte le aree di proprietà dell’Azienda ricorrente (sia quelle oggetto di occupazione acquisitiva, sia quelle oggetto di occupazione usurpativa) deve essere rigettata la domanda di ripristino, dovendosi procedere al risarcimento per equivalente.

9.1. Tuttavia, i due fenomeni dell’occupazione rispettivamente appropriativa ed usurpativa restano concettualmente distinti e produttivi di differenti conseguenze giuridiche, anche ai fini della liquidazione del danno che il Collegio si appresta ad effettuare.

9.2. Invero, nel caso dell’occupazione appropriativa, la giurisprudenza della Corte di Cassazione è dell’avviso che la mancata emissione, nei termini, del decreto di esproprio non comporti l’illegittimità ab origine dell’occupazione (cosicché tutto quanto si produce nel periodo di occupazione autorizzata ha, per definizione, carattere di legittimità ed è improduttivo di danni ai sensi dell’art. 2043 Cod. civ.); mentre, soltanto dal momento in cui cessa l’occupazione legittima, può concettualmente realizzarsi l’illecito aquiliano (Sez. I, 19.5.1998, n. 4985, 12.6.1998, n. 5879, 28.5.1997, n. 4723).

Ne deriva, coerentemente, un duplice diritto del privato:

- sia ad una indennità per il periodo di occupazione legittima

- sia ad una somma commisurata al valore del bene, quale corrispettivo della sua perdita.

In tal senso, si è, infatti, espressa da tempo la giurisprudenza del giudice ordinario (Tribunale Reggio Calabria, 22.3.1991 e 23.12.1991; Tribunale Latina, 7.3.1991); ed anche la Corte di Cassazione (3.12.1999, Sez. II, n. 13512) riconosce che, in caso di accessione invertita, oltre al risarcimento del danno, è dovuta la suddetta indennità.

La medesima Corte di Cassazione ha, altresì, stabilito che, in caso di occupazione acquisitiva per difetto di formale espropriazione, si deve applicare la nozione di c.d. indennità virtuale, in forza della quale il calcolo dell’indennità di occupazione di urgenza deve essere rapportata all’ammontare dell’indennità che sarebbe stata dovuta per l’espropriazione, ove il procedimento ablatorio espropriativo fosse sfociato nella sua naturale e fisiologica conclusione (Sez. I, 3.9.1999, n. 9286 e 4.2.2000, n. 1210): quanto all’entità di tale commisurazione, trattandosi, nella specie, di aree agricole (come risulta anche dalla perizia di stima depositata da parte ricorrente l’8 giugno 2001), trova applicazione il criterio di liquidazione stabilito dall’art. 20 legge n. 865/1971, pari, cioè, ad un dodicesimo dell’indennità di espropriazione (calcolata sempre con i parametri propri delle aree agricole) per ciascun anno di durata dell’occupazione (cfr. Cass. I, 29.1.1992, n. 928).

9.3. Per quanto concerne, poi, la somma dovuta a titolo di risarcimento del danno derivante dalla perdita della titolarità del bene, la giurisprudenza della stessa Sezione I della Corte di Cassazione è nel senso che – in caso, come nella specie, di terreno agricolo – vale la regola secondo la quale la liquidazione del danno deve essere commisurata al valore sul mercato del terreno stesso al momento della scadenza dell’occupazione legittima (14.4.2000, n. 4838 e 24.7.2000, n. 9683).

9.4. La regola generale dell’integralità della riparazione va, invece, osservata in tutte le ipotesi di occupazione usurpativa (Cass. I, 30.1.2001, n. 1266).

10.1. Si pone, poi, il problema della incidenza del decorso del tempo sulle somme come sopra determinate.

10.2. Ora, è pacifico (cfr. Cass. I, 3.1.1998, n. 13) che il fenomeno dell’occupazione acquisitiva integri un illecito extracontrattuale, per cui sulla somma liquidata a titolo di risarcimento per la perdita di un suolo, a seguito di trasformazione irreversibile, concorrono sia gli interessi legali, che hanno natura compensativa del mancato godimento della somma liquidata; sia la rivalutazione monetaria, che tende alla reintegrazione del danneggiato nella situazione patrimoniale antecedente il fatto illecito.

In particolare, la somma liquidata deve essere aggiornata, al fine della necessaria attualizzazione dell’espressione monetaria del debito, sulla base dell’inflazione sopravvenuta fino alla data della decisione (Cass. Sez. I, 11.8.2000, n. 10696); mentre gli interessi legali devono essere calcolati (cfr. sentenza n. 13/1998, citata) non sul suddetto importo rivalutato, ma, anno per anno, sul valore della somma via via rivalutata - sulla base degli indici annuali medi di svalutazione (Cass. Sez. I, 5.8.1997, n. 7192) – nell’arco di tempo compreso tra l’evento dannoso e la liquidazione.

10.3. Stesso meccanismo vale evidentemente per l’illecito extracontrattuale rappresentato dall’occupazione usurpativa.

10.4. Anche sull’indennità di occupazione sono dovuti gli interessi legali (Cass., Sez. I, 6.2.1997, n. 1113); ma tra questi e quelli precedentemente esaminati intercorrono ontologiche differenze.

Invero, gli interessi che accedono al risarcimento del danno per la perdita della proprietà, ne integrano una componente che nasce dallo stesso fatto generatore, e dunque sono da intendersi ricompresi nella domanda di risarcimento integrale (Cass. I, 18.2.2000, n. 1814); mentre gli interessi da indennità di occupazione hanno un fondamento autonomo rispetto a quello dell’obbligazione pecuniaria cui accedono e possono essere attribuiti solo su espressa domanda della parte (idem, 19.2.2000, n. 1913).

11.1. A questo punto, il Collegio deve farsi carico della circostanza che l’Azienda ricorrente ha prodotto in data 8 giugno 2001 una analitica stima dei danni subiti, redatta da un Perito agrario, e ad essa si è richiamata nella memoria contestualmente depositata in giudizio.

11.2. In proposito, è agevole osservare come siffatta perizia si collochi nell’alveo e nella logica della domanda avanzata per prima dalla ricorrente al ricordato punto 5 delle proprie conclusioni, consistente nella richiesta di ripristino e di risarcimento del danno sofferto per mancato utilizzo medio tempore dei terreni.

Le voci di danno ivi contenute sono, infatti, riconducibili a tre tipologie:

- spese sostenute per lavori di sistemazione;

- mancati raccolti;

- maggiori oneri per gli aumentati costi di coltivazione.

Il Collegio ritiene che, pur inserendosi funzionalmente tale perizia nella domanda restitutoria che in precedenza è stata disattesa, tuttavia essa non debba, a sua volta, seguire - sic et simpliciter ed in toto - la sorte di tale domanda.

Invero, nella liquidazione del danno da occupazione illegittima ed irreversibile del fondo privato, va applicato il principio sancito dall’art. 1223 Cod. civ., in virtù del quale sono risarcibili i danni che siano conseguenza immediata e diretta della condotta illecita (Cass. SS.UU., 26.1.1998, n. 762).

In particolare, tale sentenza ha altresì affermato che, affinché il pregiudizio che la vittima allega possa essere addebitato a titolo risarcitorio al suo autore, è necessario che, secondo il principio della regolarità causale, esso rientri nelle conseguenze normali del fatto, le quali consistono e si esauriscono nella diminuzione patrimoniale corrispondente al valore della cosa sottratta al proprietario e nella misura in cui maggiore possa rivelarsi il danno per la qualità del fondo che venga meno a seguito di quell’evento.

11.3. Orbene, poiché secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sez. II, 28 gennaio 2000, n. 971) nell’area di applicazione del citato art. 1223 c.c. rientrano senz’altro i danni immediati e diretti, la voce di danno concernente le spese sostenute per lavori di sistemazione (prevalentemente idraulica) paiono astrattamente rientrare in siffatta categoria risarcibile.

Non solo, l’Azienda ricorrente ha sufficientemente comprovato i pregiudizi (sotto il profilo del regime irriguo e scolante) connessi all’esistente rilevato ferroviario, mediante la relazione tecnica in data 9.4.1991 (prodotta il 31 maggio 2001) redatta da un geometra e descrittiva dello stato dei luoghi.

Del pari, perlomeno in riferimento ai lavori analiticamente indicati ai punti da 1 a 8 della stima dei danni 8 giugno 2001 (importo: lire 40.773.460), l’Azienda ha sufficientemente comprovato di aver realizzato le relative opere, giacché:

- la suddetta stima contiene la descrizione e la dettagliata quantificazione delle stesse e fa riferimento alla circostanza che l’elenco de quo sarebbe condiviso dall’impresa Bonatti;

- tra la produzione documentale del 31 maggio 2001, figura la nota 13 luglio 1999, indirizzata dalla medesima Azienda Guidi all’A.T.I. Bonatti, ove si dà conto dell’inizio di lavori di riassetto dei terreni, ulteriori rispetto a quelli in parte già attuati e indicati nella proposta di indennità provvisoria, ancora in fase di definizione.

Più generiche sono, invece, le allegazioni concernenti "altre spese fatturate già in possesso dell’impresa" per un importo di lire 116.400.000. e "altre spese di sistemazione" per lire 60.000.000.: tuttavia, siffatta genericità colpisce per inammissibilità solo la seconda delle suddette voci, ben potendo l’onere della prova essere considerato assolto, per la prima, con il rinvio per relationem alle regolari fatture di cui l’Azienda sia effettivamente in possesso e che possono, pertanto, essere esibite a richiesta.

11.4. Alla stregua della richiamata decisione n. 971/2000 della Cassazione, può considerarsi, altresì, rientrante nell’area di applicazione dell’art. 1223 c.c. anche la voce di danno concernente gli aumentati costi di coltivazione (per oltrepassamenti dei binari ecc.), in quanto essa è, inversamente, riconducibile alla diminuita qualità del fondo, a causa del suo attraversamento da parte della linea ferroviaria.

Né osta all’ammissibilità di tale voce la circostanza che, per la sua parte economicamente più rilevante (lire 337 milioni), si tratti di danni futuri, poiché la giurisprudenza riconosce la risarcibilità di tale tipo di danni in relazione all’art. 1223 (Cass. civ. Sez. III, 20.4.1995, n. 4473), ritenendo sufficiente la prova che il danno si produrrà secondo una ragionevole e fondata attendibilità, non potendosene pretendere l’assoluta certezza (Cass. lav., 20.1.1987, n. 495): ed in questo caso, il requisito dell’attendibilità è sicuramente ravvisabile, stante la divisione fondiaria che la realizzazione del tracciato ferroviario ha prodotto nel tessuto (materiale e produttivo) dell’Azienda agricola ricorrente.

11.5. L’ultima voce di danno indicata nella stima (mancati raccolti) può, invece essere qualificata dal Giudice - secondo quella discrezionalità interpretativa della domanda risarcitoria che gli è propria - come richiesta di corresponsione degli interessi legali sull’indennità di occupazione: invero, una volta che sia stata disattesa la domanda restitutoria reale, nel cui quadro tale voce periziale si colloca, per darsi, invece, seguito alla domanda risarcitoria per equivalente, anche la voce de qua può ben seguire analoga conversione da "reale" in "legale", posto che la sua finalità, in tal modo, non muta, giacché tali interessi legali assolvono, per l’appunto, la (analoga) funzione di compensare il proprietario della mancata disponibilità dei frutti che avrebbe periodicamente percepito (Cass. Sez. I, 6.2.1997, n. 1113).

12. Giunti a questo punto, si possono - finalmente - trarre le prime conclusioni delle considerazioni in tema di danno fin qui svolte, nel senso che possono ritenersi spettanti all’Azienda ricorrente:

- una indennità, calcolata come indicato al punto 9.2., per il periodo di occupazione legittima delle aree contemplate nel decreto prefettizio 3 agosto 1996 che l’ha autorizzata: detta indennità decorre dal giorno di emanazione dello stesso decreto (Cass. Sez. I, 10.7.1998, n. 6722) e fino alla scadenza ivi prevista (20 luglio 2000);

- gli interessi legali sulla indennità di cui sopra, decorrenti dalla scadenza di ciascuna annualità a tale titolo corrisposta (cfr. la citata sentenza n. 6722/98);

- una somma pari al valore venale delle medesime aree, risultante alla medesima data del 20 luglio 2000;

- una somma pari al valore venale delle aree oggetto di occupazione usurpativa, riferito, invece, alla data in cui questa si è verificata (aprile 1999, cfr. comunicazione BS 17.4.1999 ad Azienda Guidi, doc. 9 di quest’ultima)

- gli interessi e la rivalutazione su ambedue le suddette somme, calcolati come anticipato al precedente punto 10.2.

- le voci di danno indicate ai precedenti punti 11.3 e 11.4., tuttavia da quantificarsi opportunamente secondo le modalità di cui in appresso.

13. L’an del danno risulta, di conseguenza, adeguatamente circoscritto; quanto al quomodo per la sua determinazione, il Collegio ritiene che - stante anche l’opzione in tal senso espressamente formulata dalla ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio e nella memoria 8.6.2001 - ricorrano, nella specie, i presupposti per farsi applicazione del particolare meccanismo previsto dall’art. 35, comma 2 D. Lgs. n. 80/1998.

In proposito, i criteri di liquidazione ivi previsti sono stati per gran parte già enunciati al punto 12 che precede, mentre, a completamento degli stessi, occorre stabilire quanto segue:

a) la determinazione dell’indennità di occupazione legittima ed il valore venale delle aree oggetto di occupazione tanto acquisitiva quanto usurpativa (alle date rispettivamente stabilite al precedente punto 12) sarà demandata al Responsabile (o suo delegato) del Servizio Provinciale dell’Agricoltura di Ferrara;

b) il medesimo Responsabile (o delegato) dovrà, altresì, effettuare una propria valutazione economica in ordine alla voce di danno indicata al precedente punto 11.4 ed, altresì, alla congruità o meno del periodo contrattuale (15 anni) indicato nella stima 8.6.2001 di parte ricorrente, con eventuale indicazione della corretta durata contrattuale ipotizzabile alla stregua della normativa di settore e territoriale;

c) per la voce sub 11.3., l’Azienda ricorrente dovrà mettere a disposizione l’eventuale documentazione contabile in suo possesso, la cui congruità dovrà essere vagliata dal Responsabile (o suo delegato) del Servizio provinciale Difesa del suolo di Ferrara, il quale dovrà, conclusivamente, provvedere all’indicazione delle spese a tale titolo ammissibili.

14.1. Non resta, ora, che procedere all’individuazione dei titolari passivi dell’obbligazione risarcitoria sin qui prospettata.

14.2. Come già esposto, la difesa erariale eccepisce il difetto di legittimazione passiva del Ministero e della Gestione Commissariale Governativa delle Ferrovie Padane, richiamandosi ad alcuni precedenti giurisprudenziali della Corte di Cassazione.

Il Collegio è consapevole che detto orientamento è stato, anche di recente, ribadito dalla Sezione I della suddetta Corte (16.6.2000, n. 8246 e 18 febbraio 2000, n. 1814), secondo cui "qualora l’amministrazione espropriante deleghi ad un’impresa privata tutti i poteri e le facoltà concernenti la procedura ablativa , realizzando una concessione traslativa, il concessionario è il solo responsabile delle obbligazioni sorte o assunte in dipendenza della vicenda espropriativa; ne consegue, in tale ipotesi, che unico legittimato a resistere alla domanda di risarcimento del danno per intervenuta occupazione acquisitiva è il concessionario".

Tuttavia, il Collegio ritiene preferibile, in quanto ispirata ai principi generali in tema di illecito, la diversa (e quantitativamente equivalente) opzione interpretativa, manifestata dalla medesima prima Sezione (cfr. ad es.11.11.1996, n. 9842, 27.10.1994, n. 8858, 28.3.1990, n. 2532), che – accanto all’indicazione, quale soggetto passivo, dell’ente delegato alla realizzazione dell’opera – afferma (proprio perché all’obbligazione risarcitoria scaturente dall’irreversibile trasformazione del fondo occupato non sono applicabili le regole della legittimazione passiva dell’obbligazione indennitaria, bensì i principi generali sulla individuazione del responsabile dell’illecito) la concorrente e solidale responsabilità dell’ente delegante, su cui incombe l’onere di coordinare i tempi dell’attività amministrativa con quelli dell’attività materiale.

Nello stesso senso risulta, peraltro, anche la giurisprudenza civile di merito (Tribunale di Parma 6.2.1998).

14.3. Conseguentemente, l’eccezione della difesa erariale deve essere disattesa e non deve essere disposta l’estromissione dal giudizio delle Amministrazioni in parola, che risultano quali concedenti nella convenzione di concessione stipulata con l’A.T.I. di cui l’impresa Bonatti è mandataria.

15. Occorre, da ultimo, definire la "tempistica" relativa agli adempimenti indicati al precedente punto 13. A tal fine:

a) l’Azienda ricorrente fornirà all’impresa Bonatti copia della documentazione contabile utile in suo possesso, entro il termine di giorni 15 dalla notificazione o previa comunicazione della presente sentenza;

b) entro i successivi 15 giorni, la suddetta impresa trasmetterà detta documentazione al Responsabile del Servizio provinciale Difesa del suolo di Ferrara, che si esprimerà negli ulteriori trenta giorni;

c) parimenti, entro il medesimo termine sub a), la stessa impresa fornirà tutta la documentazione utile al Responsabile del Servizio provinciale dell’agricoltura di Ferrara, che si esprimerà nei successivi 45 giorni;

d) entro il termine di 30 giorni, decorrente dalla scadenza dei termini di cui sopra, l’impresa Bonatti presenterà all’Azienda ricorrente la proposta complessiva di risarcimento, conseguente ai criteri enunciati nella presente sentenza e agli esiti degli adempimenti di cui sopra.

16. Conclusivamente, in relazione al ricorso in epigrafe, la Sezione accoglie - nei sensi e per gli effetti in precedenza indicati - le rispettive domande impugnatoria, declaratoria e risarcitoria in esso proposte.

Le spese e competenze di giudizio seguono la soccombenza e vengono equitativamente liquidate in complessive lire 20.000.000. (ventimilioni), da porre a carico, in solido tra loro, dell’impresa Bonatti S.p.A. e dell’Amministrazione dei Trasporti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo per l’Emilia-Romagna, Sezione I, ACCOGLIE il ricorso in epigrafe, nei sensi e per gli effetti rispettivamente annullatori, declaratori e risarcitori di cui in motivazione.

Condanna l’Amministrazione dei Trasporti e l’impresa Bonatti S.p.A., in solido tra loro, a rifondere alla parte ricorrente le spese e competenze di giudizio, nella misura indicata in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna, il 20 giugno 2001.

Presidente f.f. rel.est.

f.to Giorgio Calderoni

Depositata in Segreteria in data 4 luglio 2001.

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