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n. 4-2002 - © copyright.

TAR EMILIA ROMAGNA - BOLOGNA, SEZ. I – Sentenza 5 aprile 2002 n. 586 - Pres. Meale, Est. Spiezia - Bartolini e c.ti (Avv.ti Valgimigli e Cappello) c. Provincia di Ravenna (n.c.), Comune di Ravenna (Avv.ti Giulianini, Baldrati e Carullo) e Fassa S.r.l. (Avv. Franzoni).

1. Edilizia ed urbanistica - Concessione edilizia - Impugnazione - Legittimazione attiva - Va riconosciuta a tutti coloro che possono dimostrare uno stabile collegamento con la zona interessata all’attività edilizia assentita.

2. Edilizia ed urbanistica - Concessione edilizia - Impugnazione - Legittimazione attiva - Dimostrazione del pregiudizio che deriva dall’esecuzione dei lavori assentiti - Non occorre.

3. Edilizia ed urbanistica - Concessione edilizia - Rilasciata senza ottenere i prescritti pareri - Convalida della stessa mediante il rilascio ex post dei pareri stessi - Impossibilità.

4. Edilizia ed urbanistica - Concessione edilizia - Rilasciata senza ottenere i prescritti pareri - Annullamento di ufficio e rinnovo dell’intero procedimento - Necessità.

1. In tema di impugnazione di una concessione edilizia, la legittimazione a ricorrere va individuata applicando il criterio dello stabile collegamento tra il ricorrente e la zona interessata all’attività edilizia assentita e tale collegamento può essere ricondotto non solo alla stabile residenza nella zona, ma anche alla proprietà ed al possesso o alla detenzione di immobili in detta zona oppure ad altro titolo di radicata frequentazione di quest’ultima, come nel caso dello svolgimento di una attività commerciale in prossimità dell’insediamento edilizio della cui legittimità si controverte (1).

2. Una volta stabilita la sussistenza in capo all’interessato al ricorso avverso una concessione edilizia del requisito dello stabile collegamento con la zona, non è necessario procedere in concreto ad alcuna ulteriore indagine al fine di accertare se i lavori assentiti dall’atto impugnato comportino o meno un effettivo pregiudizio per il soggetto che propone l’impugnazione (2).

3. E’ illegittima la convalida di una concessione edilizia che era stata rilasciata senza ottenere in via preventiva i prescritti pareri (nella specie si trattava dell’attestazione – da parte del competente organo provinciale – di conformità del progetto edilizio con il piano infraregionale e con quello territoriale di coordinamento provinciale nonché la valutazione del Consiglio comunale in merito alla compatibilità dell’attività industriale con le zone ambientali limitrofe ed alla relazione della stessa attività con l’infrastruttura portuale); la convalida di una concessione edilizia effettuata ottenendo ex post dei pareri che dovevano essere rilasciati in via preventiva viola i principi del giusto procedimento ed è illegittima per difetto d’istruttoria, non potendo il Comune in alcun modo far retroagire gli effetti "sananti" derivanti dall’espletamento postumo degli adempimenti procedimentali che erano stati omessi nel rilasciare la concessione.

4. La mancata tempestiva acquisizione di pareri obbligatori (nella specie afferenti ad aspetti dell’intervento di primaria importanza per la collettività, quali la compatibilità ambientale e la conformità alla pianificazione regionale), inficia in modo irreversibile la formazione dell’iter logico dell’organo che ha rilasciato la concessione edilizia, precludendo in tal guisa ogni possibilità di corretto uso del potere di convalida della stessa. Alla mancata acquisizione tempestiva degli elementi di giudizio – la cui preliminare valutazione deve necessariamente concorrere (unitamente agli altri pareri e nulla osta degli organi tecnici richiesti dal procedimento) alla corretta rappresentazione della situazione su cui veniva incidere la statuizione dell’amministrazione – il Comune può rimediare solo attraverso l’annullamento della concessione e la completa rinnovazione dell’intero procedimento.

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(1) Cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. IV, 30 gennaio 2001 n. 313 nonché sez. V, 13 luglio 2000 n. 3904, in questa Rivista, pag. http://www.giustamm.it/private/cds/cds5_2000-3904.htm

V. in materia sempre in questa rivista:

TAR LOMBARDIA-BRESCIA – Sentenza 11 marzo 2002 n. 476, pag. http://www.giustamm.it/private/tar/tarlombrescia_2002-03-11.htm

CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE V - Sentenza 30 novembre 2000 n. 6361, pag. http://www.giustamm.it/private/cds/cds5_2000-6361.htm 

Alla stregua del principio è stato ritenuto irrilevante, ai fini del riconoscimento della legittimazione attiva, la circostanza che alcuni dei ricorrenti non abitavano nell’area contigua all’opera in questione oppure non risultavano iscritti nei registri della popolazione residente nel Comune nel cui territorio era stata realizzata l’opera stessa, atteso che in ogni caso la amministrazione comunale resistente non aveva addotto alcun elemento di prova sulla circostanza che gli stessi soggetti cui si riferiscono i documenti anagrafici depositati non siano portatori di altre situazioni di stabile collegamento con la zona come la proprietà di immobili oppure lo svolgimento di un’attività commerciale.

(2) Cons. Stato, Sez. V, 13 luglio 2000 n. 3904, cit.

 

 

FATTO E DIRITTO

1. Con delibera della giunta municipale del 10.11.1998 n. 31 il Comune di Ravenna approvava un "Progetto Unitario" di iniziativa privata, con opere di urbanizzazione ed un atto d’obbligo avente ad oggetto la futura realizzazione di una banchina lungo il canale, per la realizzazione di un impianto di produzione di intonaci miscelati, magazzini ed uffici; il progetto era stato presentato, in applicazione dell’art. XIV.8 delle NTA del PRG vigente, dalla soc. Sicra s.r.l., proprietaria di una vasta area di mq. 27.800 circa situata lungo via Cimitero (nella zona nord est di Ravenna), destinata dal PRG a zona produttiva portuale D8.1, ma poi, nelle more della approvazione, l’area in questione veniva acquistata dalla Fassa s.r.l., con sede in Spresiano (TV), che, quindi, chiedeva al Comune di Ravenna la volturazione a suo favore della pratica edilizia in corso ottenendo, infine, il rilascio della concessione edilizia 23.4.1999 n. 717, a firma del dirigente dell’Area pianificazione territoriale ed economica del Comune, per l’esecuzione delle opere sopraindicate.

1.1. L’apertura del cantiere edilizio fu notata dal signor Bartolini Alfredo e altri 56 privati che abitavano o svolgevano attività commerciale nella zona circostante Via Cimitero e che, con ricorso notificato il 26.5.1999 alla Provincia ed al Comune di Ravenna, nonché alla soc. Fassa s.r.l. di Spresiano (TV), ed iscritto nel R.G. al n. 779/1999, chiesero l’annullamento, previa sospensione, sia della concessione edilizia n. 717/1999, sia delle presupposte delibere della giunta municipale di Ravenna 10.11.1998 n. 31 e successiva variante 23.3.1999 n. 21 e di quella della giunta provinciale di Ravenna di approvazione del PRG di Ravenna 12.7.96 n. 694.

Con molteplici motivi i ricorrenti censuravano per violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili sia il PRG nella parte in cui prevedeva come strumento urbanistico attuativo il "Progetto unitario" (motivi 1 e 2) sia – in via subordinata – la stessa compatibilità dello strumento attuativo come formulato dal progetto della Fassa srl con le disposizioni di PRG concernenti la fattispecie del "Progetto unitario" e, quindi, il rilascio della concessione edilizia n. 717/1999.

Si è costituito in giudizio il Comune di Ravenna che, contestate puntualmente le avverse censure, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Si è costituita anche la Soc. Fassa s.r.l. che, preliminarmente eccepita la tardività dell’impugnazione del PRG, art. XIV.8 delle NTA, ha chiesto il rigetto del ricorso con articolate controdeduzioni.

Non costituita in giudizio la provincia di Ravenna, questo TAR con ordinanza cautelare 23.6.1999 n. 255 accolse l’istanza di sospensione limitatamente alla concessione edilizia n. 717.

1.2. Con successiva istanza notificata alle stesse controparti in data 8.9.1999 i ricorrenti chiedevano a questo TAR di adottare tutti gli opportuni provvedimenti, anche di carattere sostitutivo, per assicurare l’esecuzione dell’ordinanza cautelare 23.6.1999 n. 255, che – a loro dire – era stata di fatto disattesa in quanto il Comune di Ravenna, dopo aver provveduto agli adempimenti procedimentali previsti dalle NTA, art. VII.16, e la cui carenza era stata censurata dai ricorrenti, con atto 3.9.1999 a firma del dirigente dell’area pianificazione territoriale, aveva rilasciato a favore della Fassa s.r.l. una nuova concessione, n. 717/A, a convalida e conferma della concessione n. 717 del 23.4.1999 (per la costruzione delle opere già sopraindicate), dando atto che restavano salvi gli effetti prodotti dalla predetta concessione edilizia fino alla data del provvedimento cautelare n. 255 del 23.6.1999.

Esaminate le difese delle controparti, questa sezione con ordinanza 22.9.1999 n. 373 accolse la domanda di esecuzione precisando che ai fini della sanatoria del procedimento di rilascio della concessione edilizia era necessario il rinnovo dell’intero procedimento fin dalle fasi preliminari.

Avverso tale ordinanza il Comune di Ravenna e la Fassa s.r.l. proposero appello al Consiglio di Stato che lo accolse e con distinte ordinanze nn. 2672 e 2675, entrambe del 17.12.1999, riformarono la detta ordinanza n. 373/1999 per mancanza dei presupposti della tutela cautelare.

2. Nel frattempo i signori Dal Monte Livio e Bartolini Alfredo, più altri 56 abitanti nella zona dove la Fassa s.r.l. stava costruendo l’impianto produttivo in questione, con ulteriore ricorso, notificato alle controparti il 8.9.1999 e iscritto nel R.G. col numero 1181/1999, avevano chiesto l’annullamento, previa sospensione, della nuova concessione edilizia n. 717/A del 30.7.1999 con cui il Comune di Ravenna aveva convalidato e confermato la precedente n. 717 del 23.4.1999, unitamente alle presupposte delibere nn. 649 e 3 del 16 e 27 luglio 1999 con cui, rispettivamente, la giunta provinciale di Ravenna ed il Consiglio comunale di Ravenna avevano, l’una, attestato la conformità dell’insediamento industriale della Fassa s.r.l. con il piano infraregionale e con il piano di coordinamento provinciale e, l’altro, dichiarato la compatibilità dell’attività produttiva in questione con l’ambiente delle zone contigue e la connessione con l’infrastruttura portuale.

Avverso tali provvedimenti vengono dedotte le seguenti illegittimità con articolati motivi:

1 e 2) Violazione dei principi generali in materia di giusto procedimento nonché eccesso di potere per difetto d’istruttoria e per elusione dell’ordinanza cautelare n. 255 del 23.6.1999.

Ad avviso dei ricorrenti il Comune di Ravenna, al fine di sanare la procedura illegittima, avrebbe dovuto ritirare la concessione edilizia 717 e sottoporre il progetto della Fassa s.r.l. a nuova istruttoria fin dalla prima fase di adozione dei pareri di compatibilità ambientale ed urbanistica, mentre, confermandola e facendone salvi gli effetti prodotti fino alla sospensiva, avrebbe eluso lo stesso provvedimento cautelare

3) Violazione dell’art. VII.16 delle NTA ammesse al PRG del Comune di Ravenna, nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria, insufficiente motivazione ed illogicità.

Le valutazione favorevoli del Comune circa l’ubicazione di tale insediamento nella zona portuale non sarebbero supportate da idonea istruttoria e motivazione né sussisterebbe la pretesa relazione tra la produzione di intonaci e l’utilizzazione delle infrastrutture portuali richiesta dalle richiamate N.T.A.

4) Violazione del riparto di competenza previsto dall’art. VII.16 NTA citato.

In via subordinata, infine, si deduce, altresì, che la verifica di compatibilità ambientale dell’insediamento produttivo sarebbe stata di competenza della giunta provinciale di Ravenna, e non del Consiglio comunale di Ravenna che, invece, si era pronunciato sul profilo con la delibera 27.7.1999 n. 3.

Si è costituito in giudizio il Comune di Ravenna che, previa richiesta riunione di questo ricorso con quello precedente e connesso n. 779/1999, ne ha eccepito l’inammissibilità in relazione alla mancata indicazione da parte dei ricorrenti degli interessi individuali differenziati di cui sarebbero portatori e dei pregiudizi che deriverebbero loro dall’insediamento produttivo in questione; nel merito, poi, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Si è costituita anche la controinteressata Fassa srl che con puntuali controdeduzioni ha insistito sull’infondatezza delle avverse censure.

Con ordinanza 22.9.1999 n. 374 (pronunciata – quindi – nella stessa camera di consiglio di quella n. 373 relativa alla domanda di esecuzione della precedente ordinanza cautelare 255/99) fu accolta la domanda di sospensione dei provvedimenti impugnati, confermando l’esigenza che ai fini della sanatoria il Comune di Ravenna dovesse procedere al rinnovo dell’intera procedura ma, adito con distinti ricorsi in appello dal Comune di Ravenna e dalla Fassa s.r.l., il Consiglio di Stato con ordinanze nn. 2671 e 2674, entrambe adottate il 17.12.1999, riformò la ordinanza cautelare di questo tribunale e respinse, quindi, l’istanza di sospensiva già proposta in primo grado per insussistenza dei presupposti richiesti per accordare la tutela cautelare.

2.1. Nell’aprile 2000 si è costituito in giudizio il prof. Antonio Carullo quale ulteriore difensore incaricato dal Comune di Ravenna per entrambi i ricorsi; sempre in questo periodo le controparti hanno presentato una serie di documenti tra cui anche una nuova concessione edilizia del 11.4.2000 n. 640 rilasciata alla Fassa s.r.l. a seguito della presentazione (nel gennaio 2000) di un nuovo progetto per la realizzazione dell’impianto di intonaci premiscelati.

3. Nell’imminenza della trattazione di entrambe le cause, nel maggio 2000, i ricorrenti hanno ribadito la persistenza dell’interesse alla decisione di merito per entrambi i giudizi in quanto, anche se l’impresa aveva rinunciato nell’aprile 2000 alle concessioni edilizie 717 e 717/A del 1999, tuttavia queste avevano, comunque, svolto i propri effetti con riferimento alle opere già realizzate (per circa l’80% del progetto) fino alla data in cui ai predetti titoli la Fassa aveva rinunciato.

Con memoria sempre del maggio 2000 il Comune di Ravenna ha chiesto che sia dichiarata la cessata materia del contendere per entrambi i ricorsi in considerazione della intervenuta rinuncia, da parte della Fassa s.r.l. di Sprediano alle concessioni già oggetto di impugnativa, nonché dell’avvenuto rilascio della concessione edilizia n. 640/2000 per un nuovo progetto recante sostanziali modifiche rispetto al precedente.

Si associa alla richiesta di dichiarazione di cessata materia del contendere per entrambi i ricorsi anche la soc. Fassa s.r.l. precisando che i ricorrenti non potrebbero trarre alcuna utilità dall’annullamento degli atti impugnati poiché l’impianto industriale viene realizzato in base ad una diversa concessione edilizia e perché il TAR non potrebbe pronunciare l’annullamento di provvedimenti già rimossi; né alcun vantaggio trarrebbero i ricorrenti, quanto al ricorso n. 779/1999, dall’annullamento degli altri atti presupposti impugnati in quanto il nuovo progetto approvato prevede la realizzazione di un parcheggio per 49 posti auto da cedere al Comune di Ravenna, facendo in tal guisa venir meno l’attualità delle censure avverso la delibera giuntale n. 21/1999 che consentiva invece la c.d. monetizzazione dell’onere di predisporre tale infrastruttura a favore della Fassa s.r.l.

L’impresa deposita la nota spese per ciascuno dei ricorsi.

3.1. Trattate entrambe le cause all’udienza del 17 maggio 2000, il collegio, rilevata la necessità di acquisire precisi elementi cognitivi circa le opere già realizzate in base ai titoli concessori 717 e 717/A del 1999 (atteso che la concessione n. 640/200 non conteneva alcun riferimento alla ipotesi di sanatoria di opere preesistenti già autorizzate con le concessioni impugnate), con ordinanza collegiale 3 ottobre 2000 n. 829, preliminarmente ha riunito i ricorsi e, poi, ha disposto incombenti istruttori a carico del Comune di Ravenna, che vi ha adempiuto con nota di trasmissione depositata dall’Avv.to Carullo in data 27.10.2000.

Con memoria del gennaio 2001 parte ricorrente, per entrambi i ricorsi, ha ulteriormente controdedotto all’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse, rilevando che, secondo quanto era emerso dall’istruttoria, le opere principali erano state già realizzate, nelle parti strutturali, alla data del rilascio della concessione edilizia n. 640 del 11.4.2000.

Diversamente, con scritti difensivi depositati anch’essi nell’imminenza della trattazione della causa nel gennaio 2001, sia il Comune di Ravenna che la Fassa s.r.l. hanno insistito nella improcedibilità di entrambi i ricorsi per cessata materia, mentre l’amministrazione comunale ha ribadito anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso n. 1181/99, estendendola anche al primo ricorso, poiché alcuni dei ricorrenti non risultavano risiedere nelle vicinanze dell’area interessata dall’intervento edilizio in questione; viene, altresì, eccepito il difetto di legittimazione di molti dei ricorrenti che avevano proposto, nell’ambito del giudizio di cui al primo ricorso, la domanda di esecuzione dell’ordinanza cautelare n. 255/99 in quanto non ricompresi tra i soggetti che avevano proposto l’atto introduttivo del giudizio.

Nel merito, poi, la difesa del Comune di Ravenna insiste sulla infondatezza di entrambi i ricorsi illustrando le proprie conclusioni con nuove argomentazioni con specifico riferimento alle censure dedotte nei confronti del c.d. "Progetto Unitario" nel ric. 779/1999; anche la Fassa s.r.l. ha concluso per l’infondatezza di entrambi i ricorsi riportandosi a quanto già esposto nelle precedenti memorie.

Alla pubblica udienza del 31 gennaio 2001, uditi i difensori presenti per le parti, ed acquisita la nota spese predisposta dalla difesa dei ricorrenti, non costituita la Provincia di Ravenna, entrambe le cause, sono passate in decisione.

4. Premesso quanto sopra in fatto, in diritto va preliminarmente confermata la riunione dei due ricorsi in epigrafe, già disposta a fini istruttori, per evidenti ragioni di connessione oggettiva tra i provvedimenti impugnati ed anche soggettiva vista la prevalente, se non integrale, coincidenza del gruppo di circa 50 interessati che hanno intrapreso entrambi i giudizi.

Sotto il profilo soggettivo, in primo luogo e sempre in via preliminare, non appare condivisibile l’eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune di Ravenna con riguardo ad entrambi i ricorsi (vedi memoria gennaio 2001) in base al rilievo che svariati ricorrenti non risiederebbero nelle vicinanze dello stabilimento della Fassa srl ed anzi, in alcuni casi, non risulterebbero neanche iscritti nei registri anagrafici comunali.

Infatti, come emerge dalla giurisprudenza consolidata, in tema di impugnazione di una concessione edilizia la legittimazione a ricorrere viene individuata applicando il criterio dello stabile collegamento tra il ricorrente e la zona interessata all’attività edilizia assentita e tale collegamento può essere ricondotto non solo alla stabile residenza nella zona, ma anche alla proprietà ed al possesso o alla detenzione di immobili in detta zona oppure ad altro titolo di radicata frequentazione di quest’ultima come nel caso dello svolgimento di una attività commerciale in prossimità dell’insediamento edilizio della cui legittimità si controverte (vedi ex multis CdS, sez. IV, 30.1.2001 n. 313 nonché sez. V, 13.7.2000 n. 3904).

Pertanto la circostanza che alcuni dei ricorrenti non abitino nell’area contigua all’insediamento industriale in questione oppure non risultino iscritti nei registri della popolazione residente nel Comune di Ravenna non è sufficiente neanche per dichiarare la carente legittimazione dei medesimi, ferma restando quella degli altri per i quali non sono state avanzate specifiche contestazioni, poiché la stessa amministrazione non ha, comunque, addotto alcun elemento di prova sulla circostanza che gli stessi soggetti cui si riferiscono i documenti anagrafici depositati non siano portatori di altre situazioni di stabile collegamento con la zona come la proprietà di immobili oppure lo svolgimento di un’attività commerciale.

Né tanto meno ha pregio l’asserita mancanza di legittimazione di alcuni dei ricorrenti che avevano proposto la domanda di esecuzione dell’ordinanza cautelare n. 255/1999, pur non rientrando tra coloro che avevano instaurato il relativo giudizio: infatti sul punto è agevole osservare che l’eventuale carenza di legittimazione sarebbe, comunque, circoscritta al procedimento cautelare e, quindi, non risulterebbe rilevante in sede di verifica delle condizioni dell’azione ai fini della decisione del ricorso.

Egualmente non giova all’amministrazione comunale eccepire che i ricorrenti non avevano, comunque, evidenziato quale interesse concreto avessero ad evitare la realizzazione dell’intervento edilizio in questione, in quanto, una volta stabilita la sussistenza in capo all’interessato al ricorso del requisito dello stabile collegamento con la zona, non è necessario procedere in concreto ad alcuna ulteriore indagine al fine di accertare se i lavori assentiti dall’atto impugnato comportino o meno un effettivo pregiudizio per il soggetto che propone l’impugnazione (vedi C.d.S., Sez. V, 13.7.2000 n. 3904 in termini).

4.1. Va, altresì, esaminata l’eccezione di improcedibilità per cessata materia o per sopravvenuta carenza d’interesse sollevate rispettivamente, per il primo profilo, dal Comune di Ravenna e per entrambi dalla Fassa s.r.l. con riferimento alla circostanza che, nelle more della trattazione dei ricorsi nel merito, in data 11 aprile 2000 alla impresa, su presentazione di un nuovo progetto, era stata rilasciata una nuova concessione edilizia, recante n. 640/2000, con la contestuale rinuncia da parte dell’intestataria delle concessioni 717 e 717/A del 1999, oggetto di impugnativa con i ricorsi all’esame.

Ad avviso del Collegio il rilascio del richiamato titolo concessorio non è sufficiente per configurare l’improcedibilità dei ricorsi.

Invero, in primo luogo, la rinuncia alle concessioni edilizie 717 e 717/A, rispettivamente del 23 aprile e 30 luglio 1999, risulta "inutiliter data" in quanto, trattandosi di un atto abdicativo, il titolare della posizione o del beneficio può esercitare tale facoltà dismissiva, con effetti integrali di ripristinazione dello status quo ante, chiaramente soltanto in una fase antecedente all’esercizio o al godimento dei benefici cui vuole rinunciare, mentre, ove avesse già utilizzato il titolo di cui si vuol privare, la spontanea restituzione dello stesso, comunque, non varrebbe ad eliminare gli effetti della sua stessa attività ed, anzi, la lascerebbe priva di un titolo legittimante.

Nel caso all’esame la rinuncia alle precedenti concessioni edilizie non poteva sortire l’effetto perseguito dalla impresa controinteressata di dare un nuovo titolo legittimante all’intervento edilizio intrapreso per la evidente ragione che, comunque dall’istruttoria disposta nel maggio 2000, all’epoca del rilascio della concessione edilizia 11.4.200 n. 640 una buona parte delle opere edilizie nelle loro strutture essenziali (torri di miscelazione e macinazione, palazzina uffici, magazzini ed altro) era stata già eseguita.

Quindi, poiché le concessioni edilizie vengono rilasciate non per opere già eseguite (caso per il quale – ove ne ricorrano i rigorosi presupposti – è prevista la diversa figura della concessione in sanatoria), ma per interventi edilizi ancora da realizzare, l’avvenuto rilascio della concessione n. 640/2000 non può esplicare alcun effetto di recupero delle opere già eseguite, in quanto nel provvedimento di rilascio non si fa alcun riferimento a lavori in corso, ma solo al progetto presentato dalla Fassa srl nel gennaio 2000.

Né vale obiettare – da parte del Comune di Ravenna e della controinteressata – che le opere già eseguite alla data dell’11.4.2000 trovavano il loro titolo nelle concessioni edilizie del 1999, di cui la prima aveva avuto efficacia fino alla sospensione disposta con ordinanza cautelare 23.6.1999 n. 255, e che, soprattutto, non erano mai state ritirate dal Comune: l’argomentazione, infatti, prova troppo in quanto proprio il fatto che le concessioni edilizie 717 e 717/A abbiano esplicato effetti, costituendo il titolo legittimante le opere eseguite fino al 11.4.2000, da conto della persistenza dell’interesse dei ricorrenti all’annullamento dei provvedimenti impugnati.

Pertanto la sopravvenuta concessione del 2000 se comporta un mutamento della situazione, che aveva dato luogo alle impugnazioni in questione, con riguardo alla parte del progetto ancora da eseguire, certamente risulta ininfluente su quelle già realizzate né l’eliminazione auto-restrittiva del titolo giuridico (la rinuncia alle concessioni), senza la connessa soppressione delle opere assentite dallo stesso titolo, può retroattivamente eliminare i profili di illegittimità oggetto di impugnativa.

Non va, infine, dimenticato che un’eventuale pronuncia di annullamento dei provvedimenti impugnati, ed in special modo delle due concessioni edilizie, può costituire il fondamento, non solo per rimedi di natura urbanistica, ma anche per l’eventuale proposizione di azioni risarcitorie.

4.2. Premesso quanto sopra in relazione alla eccepita totale improcedibilità di entrambi i ricorsi, il Collegio ritiene che, comunque, l’adozione del secondo provvedimento concessorio n. 717/A in data 30.7.1999, impugnato con il ricorso n. 1181/1999, abbia comportato la sopravvenuta carenza d’interesse alla prosecuzione del giudizio, già instaurato con il ricorso n. 779/1999, avverso la prima concessione edilizia e gli atti presupposti connessi.

Infatti, a seguito dell’ordinanza cautelare del giugno 1999, il Comune di Ravenna, dopo aver provveduto agli adempimenti previsti dall’art. VII-16, comma 2, delle NTA del PRG vigente, rilasciò la suddetta nuova concessione edilizia a "convalida e conferma" di quella già sospesa dal TAR per i rilevati vizi procedurali, facendo – peraltro – salvi gli effetti prodotti dalla precedente fino al 23.6.1999, data della sospensiva pronunciata dal TAR.

Quindi, poiché il nuovo provvedimento – di fatto – non riguarda solo la parte di intervento edilizio ancora da realizzare, avendo la convalida efficacia ex nunc, ma espressamente disciplina anche gli effetti del precedente e presupposto provvedimento, è evidente che in tal guisa l’amministrazione comunale si è ripronunciata sull’intervento edilizio stabilendone di nuovo le caratteristiche, anche se – in sostanza – le ha tutte confermate.

Pertanto, a fronte di tale nuovo provvedimento, il ricorso n. 779/1999 va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse con riguardo sia alla concessione 717/1999 sia agli altri atti presupposti per i quali l’interesse alla impugnazione derivava da quello all’annullamento della concessione che ne rappresentava il momento attuativo.

5. Resta, pertanto, da esaminare nel merito il ricorso n. 1181/1999.

Ad avviso del Collegio appaiono meritevoli di accoglimento le censure di violazione dei principi generali in materia di giusto procedimento ed eccesso di potere per difetto di istruttoria, nonché per elusione della sospensiva n. 255/97 dedotte con i primi due motivi nei confronti della concessione 717/A.

Infatti il Comune di Ravenna, al dichiarato fine di eliminare le carenze procedimentali connesse alla mancata osservanza dell’art. VII.16 – sottozone D8.1 – zone produttive portuali, delle NTA ammesse al PRG vigente ed indicate nell’ordinanza cautelare del 23.6.1999, nel luglio 1999 provvide ad acquisire l’attestazione – da parte del competente organo provinciale – di conformità del progetto edilizio in questione con il piano infraregionale e con quello territoriale di coordinamento provinciale nonché la valutazione del Consiglio comunale in merito alla compatibilità dell’attività industriale con le zone ambientali limitrofe ed alla relazione della stessa attività con l’infrastruttura portuale; di poi, richiamati gli altri pareri e nulla osta già espressi nel corso del procedimento espletato per il rilascio della concessione edilizia 717 dell’aprile 1999, ritenne in tal guisa di poter procedere alla "convalida" del provvedimento concessorio precedente.

Ma tale "modus operandi" non può sottrarsi alle censure di violazione del giusto procedimento e difetto d’istruttoria sia sotto il profilo della prevista salvezza degli effetti già prodotti dalla precedente concessione prima dell’ordinanza di sospensione cautelare sia sotto quello degli effetti in relazione alla parte dell’intervento edilizio ancora da realizzare.

E’ infatti evidente che il Comune non poteva in alcun modo far retroagire gli effetti "sananti" derivanti dall’espletamento postumo degli adempimenti procedimentali che erano stati omessi nel rilasciare la prima concessione alla Fassa s.r.l.; ragione per cui disporre la salvezza degli effetti di tale provvedimento, ormai cristallizzati ed immutabili nella loro illegittimità, significa – quantomeno – ricorrere in un eccesso di potere per sviamento o per elusione della sospensiva TAR, in quanto – in sostanza – si reitera "pro parte" lo stesso provvedimento già sospeso per profili di illegittimità ormai non più rimuovibili per l’arco di tempo in cui la prima concessione ha esplicato i propri effetti.

5.1. Ma la concessione 717/A risulta viziata anche con riguardo alla sua naturale efficacia per l’avvenire in quanto l’interpretazione letterale e sistematica dell’art. VII.16 delle NTA ammesse al PRG di Ravenna esclude che si possa rimediare all’omessa acquisizione di alcune valutazioni di conformità e compatibilità dell’intervento edilizio da assentire attraverso un postumo espletamento degli adempimenti endoprocedimentali carenti.

Invero dalla lettura della prescrizione urbanistica in questione si ricava che nelle sottozone D8-zone produttive portuali sono ammesse anche attività industriali che per ragioni logistiche debbano essere "relazionate" con l’infrastruttura portuale, purchè – comunque – compatibili con le zone ambientali limitrofe; la disposizione, inoltre, prevede che l’approvazione del progetto per intervento edilizio diretto avvenga "subordinatamente" alle favorevoli determinazioni sia del consiglio comunale che della giunta provinciale di cui sopra si è detto.

Pertanto, ad avviso del Collegio, la mancata tempestiva acquisizione di tali valutazioni, afferenti ad aspetti dell’intervento di primaria importanza per la collettività, quali la compatibilità ambientale e la conformità alla pianificazione regionale, ha inficiato in modo irreversibile la formazione dell’iter logico dell’organo che ha rilasciato la prima concessione edilizia, precludendo in tal guisa ogni possibilità di corretto uso del potere di convalida della stessa.

Alla mancata acquisizione tempestiva degli elementi di giudizio – la cui preliminare valutazione doveva necessariamente concorrere (unitamente agli altri pareri e nulla osta degli organi tecnici richiesti dal procedimento) alla corretta rappresentazione della situazione su cui veniva incidere la statuizione dell’amministrazione – il Comune di Ravenna avrebbe invece dovuto rimediare attraverso l’annullamento della prima concessione ed il rinnovo completo dell’intero procedimento.

D’altra parte agli inconvenienti derivanti da tale annullamento per le opere già eseguite si poteva provvedere, ove del caso, con una concessione in sanatoria, ex art. 13 della legge n. 47/85, atteso che anche la concessione rilasciata in convalida fa riferimento alla omissione di adempimenti procedimentali, e non a difformità del progetto edilizio delle prescrizioni urbanistiche.

Peraltro a conclusioni assimilabili era giunta in corso di giudizio la stessa amministrazione quando, a fronte di alcune varianti al progetto presentate dalla Fassa s.r.l., ha rinnovato l’intero procedimento rilasciando una nuova distinta concessione edilizia sia per la realizzazione di opere nuove sia per il sostanziale completamento di quelle già in precedenza assentite.

5.2. Dopo essersi pronunciato sull’illegittimità della concessione edilizia 717/A, il Collegio deve – comunque – esaminare anche il terzo e quarto motivo con i quali vengono censurate sia la delibera 27.7.1999 n. 3 di cui il Consiglio comunale di Ravenna ha valutato sussistenti la compatibilità dello stabilimento della Fassa s.r.l. con le zone ambientali limitrofe e la relazione con l’infrastruttura portuale, sia la delibera della giunta provinciale 16.7.1999 n. 649.

Le censure di violazione dell’art. VII.16 delle NTA del PRG del Comune di Ravenna e di eccesso di potere sotto diversi profili, dedotte con il terzo motivo, sono infondate.

Infatti la sussistenza della prescritta "relazione" tra l’attività produttiva e l’infrastruttura portuale appare correttamente affermata ed adeguatamente motivata con riferimento alla provenienza del materiale via mare, in quanto il progetto prevede la realizzazione di un impianto di produzione di intonaco il cui ciclo di produzione è costituito dall’utilizzazione di pietrisco calcareo scaricato da navi ed inviato con nastri trasportatori ai molini di macinazione ed essiccamento per essere, poi, spedito al termine del processo produttivo in loco; al fine di consentire l’attracco delle navi, inoltre, il progetto prevedeva anche – riferisce il Consiglio comunale – la costituzione di una nuova banchina.

Egualmente non appare condivisibile la nozione restrittiva di "relazione" tra infrastrutture portuali ed attività produttive, esposta dai ricorrenti, dall’esame della invocata disposizione, di cui all’art. VII.16 NTA, non emerge alcun elemento che porti alla ragionevole convinzione che tale condizione di nesso funzionale-economico sussista soltanto per le ipotesi di produzione di servizi quali la movimentazione di merci e l’attività cantieristica, anzi nelle sottozone D81 sono espressamente ammesse funzioni industriali produttive di tipo manifatturiero nonché commercio all’ingrosso.

Si ritiene, perciò, che la produzione di intonaci premiscelati rientri tra le attività produttive allocabili in tale zona urbanistica.

La delibera consiliare all’esame, inoltre, non appare censurabile neanche per difetto d’istruttoria in ordine alla valutazione di compatibilità ambientale, in quanto l’impatto dell’insediamento produttivo sull’ambiente circostante è stato adeguatamente valutato alla luce dei pareri favorevoli già dati, per gli aspetti tecnici di competenza, dall’Azienda USL/ARPA nonché dal Servizio ambiente e, soprattutto, delle condizioni poste dai detti organi per garantire la salvaguardia dell’area dall’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo.

5.3. Da ultimo non si ritiene sussistente la dedotta incompetenza del Consiglio comunale in ordine alla valutazione di compatibilità ambientale ora esaminata, in quanto il testo delle NTA in questione, anche se molto stringato, nell’inciso tra le due virgole individua chiaramente la competenza della Provincia nella sola verifica di conformità del progetto edilizio agli strumenti di pianificazione sovraordinati.

Né dall’ordinanza cautelare n. 255/1999, a differenza di quanto asserisce parte ricorrente, si possono trarre argomenti per una diversa soluzione in quanto in quella sede il Collegio, dopo aver richiamato la mancata osservanza del procedimento previsto dall’art. VII.16 comma 2 delle NTA ha, poi, inserito tra parentesi un’indicazione meramente esemplificativa degli adempimenti omessi a livello di competenza comunale e provinciale.

Specularmente, quindi, non risulta viziata da omessa valutazione della compatibilità in questione la delibera 16.7.1999 n. 649 con cui la giunta provinciale si è espressa sulla conformità del progetto edilizio con gli strumenti urbanistici sovraordinati.

5.4. In conclusione, respinta l’eccezione di improcedibilità, per sopravvenuta carenza d’interesse o cessata materia, il ricorso n. 1181/1999 va accolto nei sensi di cui sopra limitatamente all’impugnativa della concessione edilizia n. 717/A del 30.7.1999, che, per l’effetto, va annullata in toto, mentre va respinto con riguardo agli altri provvedimenti impugnati.

6. Riepilogando l’esito dei due ricorsi in epigrafe, il Collegio, previa riunione dei medesimi, rigettate le eccezioni di rito sollevate dall’amministrazione resistente e dalla controinteressata, in via preliminare dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse il ricorso n. 779/1999, mentre nel merito accoglie in parte il ricorso n. 1181/1999 limitatamente all’impugnata concessione edilizia 30.7.1994 n. 717/A, respingendolo per la restante parte.

Quanto agli oneri di lite, sussistono giusti motivi perché, con riguardo al ricorso n. 779/1999, siano compensati integralmente tra le parti costituite e non ripetibili nei confronti della Provincia di Ravenna, mentre per il ricorso n. 1181/1999, viste le note spese depositate, il Collegio, tenuto conto della reciproca soccombenza e delle specifiche caratteristiche della controversia, pone i detti oneri per l’importo di £. 8.000.000 (ottomilioni), oltre IVA e CPA, a carico del Comune di Ravenna e della Fassa s.r.l., tenuti in solido tra loro ed obbligati, ciascuno per la metà, nei confronti dei ricorrenti, restando compensati per la residua quotatra le parti costituite e non ripetibili nei confronti della Provincia di Ravenna non costituita.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Bologna, Sezione prima, riuniti i due ricorsi in epigrafe, preliminarmente dichiara il ricorso n. 779/1999 improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse, nel merito accoglie in parte il ricorso n. 1181/1999 limitatamente alla impugnativa della concessione edilizia n. 717/A e lo respinge per la restante parte.

Quanto al ricorso n. 1181/1999, pone gli oneri di lite per complessive £. 8.000.0 (ottomilioni) a carico del Comune di Ravenna e della Soc. Fassa s.r.l. di Sprediano (TV), in solido fra loro ed obbligati, ciascuno per la metà, nei confronti dei ricorrenti, compensandoli tra le parti costituite per la residua quota; quanto al ricorso n. 779/1999, li compensa integralmente tra le parti; per entrambi i ricorsi ne dispone l’irripetibilità nei confronti della Provincia di Ravenna non costituita.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa

Così deciso in Bologna nella Camera di Consiglio del 31 gennaio 2001

Il Presidente L’estensore

f.to Guido Meale f.to Lydia A.O. Spiezia

Depositata in Segreteria in data 5 APR 2002

Bologna, lì 5 APR 2002

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