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TAR LAZIO, SEZ. I - Sentenza 26 febbraio 2003 n. 1551 - Pres. Calabrò, Est. Modica De Mohac - De Grandis (Avv. Amici) c. Ministero della Pubblica Istruzione (Avv.ra Stato), Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica (Avv.ra Stato) e Benagiano ed altro (Avv. Racco) - (accoglie).

1. Concorso - Commissione giudicatrice - Componenti - Astensione e ricusazione - Principi previsti dagli artt. 51 e 52 c.p.c. - Applicabilità - Ricusazione di un commissario incompatibile - Per "grave inimicizia" nei confronti di un candidato, ex art. 51, 1° comma, n. 3, c.p.c. - Astensione - Obbligo - Sussiste.

2. Concorso - Commissione giudicatrice – Componenti – Mancanza, anche temporanea, di serenità d’animo e imparzialità di giudizio in un componente – Obbligo di astensione – Sussiste – Violazione di tale obbligo – Conseguenze – Fattispecie.

3. Concorso - Commissione giudicatrice - Componenti - Incompatibilità – Per grave inimicizia di un commissario nei confronti di un candidato – Omessa astensione - Conseguenze - Annullamento degli atti impugnati, nella sola parte relativa al giudizio esperito nei confronti del ricorrente - Nomina nuova commissione - Per procedere alla rivalutazione dei titoli del ricorrente - Necessità.

1. Una grave, antica e consolidata inimicizia esistente tra un componente della commissione giudicatrice di un pubblico concorso ed un candidato (nella specie culminata in reciproche aggressioni, denunce ed atti giuridici contenziosi) impedisce al primo di valutare il secondo con la dovuta serenità ed imparzialità ed impone allo stesso di astenersi, ai sensi dell'art. 51, 1° comma, n. 3, c.p.c., per ragioni di evidente incompatibilità (1).

2. La mancanza, anche temporanea, di serenità d’animo e imparzialità di giudizio in un componente della commissione di un concorso pubblico vizia la valutazione dallo stesso espressa e determina l’annullamento degli atti emessi per sviamento della causa tipica del potere di giudizio (alla stregua del principio sono stati annullati, in parte qua, gli atti di una procedura concorsuale per posti a professore universitario, in cui è oggettivamente emersa la sussistenza, tra un candidato e un componente della commissione giudicatrice, di una situazione di grave inimicizia, culminata anche in reciproche aggressioni, denunce ed atti giuridici contenziosi).

3. L’illegittima composizione della commissione di un pubblico concorso - per l’accertata situazione di incompatibilità esistente tra un componente ed un candidato – comporta, quale conseguenza obiettiva, da un lato, l’invalidità dell’operato dell’organo, e, dall’altro, l’annullamento degli atti procedimentali successivi e conseguenti alla nomina viziata, limitatamente alla parte relativa alla posizione del candidato nei cui confronti sussisteva la situazione di incompatibilità; con l’ulteriore conseguenza della necessità di nominare un nuova commissione che possa procedere alla rivalutazione dei titoli del candidato interessato.

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(1) Sui casi di astensione e ricusazione nei concorsi pubblici, v. da ult. Cons. Stato, Sez. VI, 7 ottobre 2002 n. 5279, in questa Rivista n. 10-2002.

Sull'obbligo di astensione, con particolare riguardo ai concorsi universitari v. Cons. Stato, Sez. VI, 17 luglio 2001 n. 3957 e  Sez. VI, 8 maggio 2001 n. 2589  ivi nn. 7/8-2001 e 5-2001.

 

Commento di

OTTAVIO CARPARELLI

Sulla "grave inimicizia" nei concorsi pubblici

Con la sentenza in rassegna, il T.A.R. Lazio ha definito due annosi giudizi amministrativi, instaurati rispettivamente nel 1987 e nel 1988, aventi ad oggetto la questione dell’ astensione e ricusazione nei concorsi pubblici, per grave inimicizia tra candidato e componente della commissione di concorso.

E’ opportuna una breve ricostruzione della vicenda che ha dato luogo alla pronuncia in commento.

Con D.M. 24.5.1984, pubblicato in GURI n. 213 del 3.8.1984, il Ministero della Pubblica Istruzione indiceva concorso pubblico per posti di professore universitario di prima fascia - gruppo n.234 "anestesia e chirurgia orale".

Partecipava al suddetto confronto pubblico il ricorrente, il quale, tuttavia, essendo venuto a conoscenza che tra i componenti della commissione giudicatrice v’era, tra gli altri, un membro con cui - in conseguenza di un’antica e perdurante inimicizia (foriera anche di alterchi e denunce penali) - sussistevano pessimi rapporti personali, produceva, nei confronti di tale membro, atto di diffida e istanza di ricusazione, con invito a dimettersi e ad astenersi da qualsivoglia attività valutativa nei suoi confronti.

Detta istanza di ricusazione, respinta dal Ministero nel 1985, veniva tempestivamente impugnata, in sede giurisdizionale, dal ricusante.

In pendenza del menzionato giudizio amministrativo, la P.A. espletava il concorso pubblico e provvedeva alla nomina dei vincitori.

Il ricusante, giudicato non idoneo, impugnava, con autonomo e nuovo ricorso giurisdizionale, anche gli atti concorsuali e la relativa graduatoria finale, limitatamente alla determinazioni di interesse.

I Giudici amministrativi del Lazio hanno ritenuto, previa riunione dei ricorsi, di accogliere entrambe le impugnazioni.

Nel percorso motivazionale a base della decisione annotata, il T.A.R. Lazio ha, innanzitutto, osservato che gli elementi di fatto posti a presidio delle ragioni della tempestiva istanza di ricusazione, erano assistiti da puntualità ed obiettività, ed hanno, pertanto, sostanzialmente, censurato il comportamento del componente della commissione che, proprio alla stregua di detti elementi, "… avrebbe dovuto prendere atto, realisticamente e lealmente, della posizione di incompatibilità nella quale si trovava…"; e ciò in disparte le valutazioni di merito da esprimere successivamente.

A sostegno della propria affermazione, il Collegio ha anche chiarito che, sicuramente, un’inimicizia grave, antica e consolidata (come quella esistente ed acclarata nella fattispecie sindacata) avrebbe inciso negativamente sui due requisiti - la serenità d’animo e l’imparzialità - che devono, invece, necessariamente e pienamente sussistere per un corretto e legittimo esercizio del potere di giudizio nelle procedure concorsuali.

I Giudici romani hanno altresì aggiunto - fornendo pressoché la nozione - che la serenità d’animo e l’imparzialità sono due qualità e posizioni psicologiche "…consustanziali …" (nel linguaggio della teologia: che ha una sola e medesima natura e sostanza, con riferimento alle tre persone della Trinità) della funzione giudicante che, nei soggetti chiamati a svolgere detta delicata funzione, proprio per l’intima appartenenza agli stessi, non possono difettare, nemmeno in via solo temporanea.

Il Tribunale adìto, da ultimo, ha ritenuto infondate anche le eccezioni sollevate dai controinteressati, secondo cui il lungo torno di tempo decorso dall’approvazione degli atti concorsuali e dalla nomina dei vincitori, non legittimava la nomina di una nuova commissione, atteso che, quest’ultima, non avrebbe potuto assicurare l’osservanza di metro di giudizio identico a quello osservato dalla commissione operante quindici anni addietro, o, quanto meno, simile a quello rispettato dall’originario organo collegiale perfetto.

Sul punto, il T.A.R Lazio, con calibrato esercizio della funzione e/o del sindacato giurisdizionale, ha evidenziato l’inammissibilità della censura per difetto di interesse, nella precipua preoccupazione di non adottare decisioni tali da determinare lesioni in relazione a situazioni giuridiche soggettive ormai da tempo consolidate.

A tale statuizione, è pervenuto effettuando una duplice considerazione:

a) nel concorso i cui atti erano stati gravati, la maggior parte dei posti disponibili erano rimasti "scoperti", sicché l’eventuale giudizio di idoneità in favore del ricorrente espresso dalla nuova commissione, non avrebbe potuto cagionare pregiudizi di sorta nei confronti degli altri candidati, precedentemente nominati vincitori;

b) il decorso di un lungo lasso di tempo dalla tempestiva impugnazione di un atto amministrativo illegittimo, non può paralizzare il "... c.d. effetto ripristinatorio della sentenza del giudice amministrativo…", sul rilievo che l’utilità che dall’annullamento deve derivare al beneficiario dello stesso, consiste, sostanzialmente, nel ricondurlo nella situazione di spettanza, con la rimozione di ogni impedimento al soddisfacimento dell’interesse fatto valere.

La decisione annotata è da condividere. Nel corredo motivazionale della stessa si dà ampiamente atto del fatto che, in relazione ai delicati compiti che la commissione giudicatrice del concorso sottoposto a sindacato giurisdizionale era chiamata a svolgere, il componente ricusato poteva essere sospettato di parzialità nell’esercizio del suo potere di giudizio, in considerazione degli oggettivi riscontri emersi, in sede processuale, in ordine:

- al perdurare e, quindi, all’attualità e reciprocità della stato di inimicizia (1);

- alla circostanza secondo cui non si trattava di una situazione di inimicizia contingente, ma derivante da pregressi conflittuali rapporti, nonché da ragioni di evidente rancore e avversione, connessi, tra l’altro, a rapporti estranei alla procedura concorsuale (2);

- alla conseguente oggettiva verosimiglianza dell’insussistenza dei due requisiti, in capo al componente ricusato, della serenità d’animo, e dell’imparzialità; circostanza questa di per sé sola idonea e sufficiente a far avvertire al suddetto componente, la necessità (3) di astenersi, per l’evidente incompatibilità nella funzione pubblica da esercitare.

Si osserva, da ultimo, che anche la statuizione del T.A.R. Lazio, afferente la nomina di una nuova commissione giudicatrice, per procedere alla rivalutazione dei titoli del ricorrente (4), appare condivisibile, se si considera che non può ipoteticamente escludersi, a priori, che, nella specie, l’esito dell’intera procedura concorsuale possa essere stato anche influenzato da considerazioni di ordine soggettivo del componente ricusato, connesse proprio con il suo stato di incompatibilità.

Al riguardo, si soggiunge che, in vero, l’assenza di serenità d’animo e di imparzialità, potrebbe aver prodotto effetti tali da dare luogo non soltanto ad un giudizio immotivatamente ed eccessivamente critico e/o sfavorevole nei confronti del ricorrente, ma anche ad una valutazione eccessivamente ed immotivatamente indulgente in favore degli altri candidati.

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(1) Sui casi di astensione e ricusazione, per inimicizia, nei concorsi pubblici v. in generale Cons. Stato, Sez. VI, 25 gennaio 1974, n. 36, in CED Cass., secondo cui: "In tema di ricusazione di un membro di commissione giudicatrice di un concorso, per uno stato di inimicizia grave, è da tener presente che la dimostrazione della sua attualità (necessaria, insieme alla reciprocità, a qualificare la inimicizia stessa) assume toni di particolare delicatezza trovandosi ad incidere su un oggetto di straordinaria evanescenza qual è un atteggiamento psicologico, e va condotta, di conseguenza, con strumenti induttivi e con prove indirette che tengono ad un tempo conto delle possibili manifestazioni obiettive di tale sentimento, e del carattere del soggetto nei limiti in cui e' dato desumere dagli atti in causa; deve, pertanto, ritenersi sussistente il detto requisito dell' attualità dell'inimicizia, nonostante la lontananza del fatto da cui essa è sorta, allorchè dalla condotta delle parti sia dato desumere che essa non fu il frutto di una situazione impulsiva e comunque legata a situazioni contingenti, ma di una scelta di fondo, destinata a condizionare anche in futuro il contegno degli interessati".

(2) T.A.R. Bologna, Sez. II, 1 settembre 1992, n. 431, in I T.A.R. 1992, I, 4412, secondo cui: "La grave inimicizia, che è causa di incompatibilità, può costituire un motivo di ricusazione purché sia oggettivamente riscontrato".

(3) T.A.R. Valle D’Aosta, 10 ottobre 1979, in Foro amm., 1980, 1016, secondo cui: "Nei concorsi a pubblici impieghi, una situazione di inimicizia grave tra un candidato ed un componente della commissione giudicatrice, comporta la necessità dell’astensione del componente".

(4) T.A.R. Emilia Romagna, Sez. Parma, 21 novembre 2002, n.853, inedita per quanto consta.

(5) Cons. Stato, Sez. VI, 8 aprile 2000, n. 2045, in Foro amm., 2000, 1354, secondo cui:"Non costituiscono l’ipotesi di grave inimicizia prevista quale causa d’incompatibilità alle funzioni di componente di una commissione di concorso a ricercatore universitario (nei sensi dell’art.51, c.p.c.), le manifestazioni di disistima espresse in ambito professionale e didattico, in quanto atteggiamenti non illeciti nei rapporti scientifici, accademici e lavorativi e tali da non intaccare l’imparzialità dell’organo valutativo".

(6) Cons. Stato, Sez. VI, 10 maggio 1990, n. 512, in CED Cass., secondo cui:"Il vizio di composizione della commissione esaminatrice derivante dalla grave inimicizia tra i commissari e un candidato può essere fatto valere – ancorché sia stata proposta istanza di ricusazione non accolta – solo in sede di impugnazione dei risultati dell’esame, restando l’interesse del candidato, fino alla conclusione della procedura, un interesse eventuale, privo dei connotati della immediatezza e concretezza, che costituiscono il presupposto dell’azione processuale".

 

 

(omissis)

per l’annullamento, previa sospensione

del provvedimento di cui alla nota prot. A/2500 del 21.12.1985 con cui il Ministero della Pubblica Istruzione ha respinto l’istanza di ricusazione avanzata dal ricorrente contro il Prof. Sergio De Biase;

del provvedimento (del quale si sconoscono gli estremi) con cui il Ministro della pubblica istruzione ha approvato gli atti relativi al concorso a posti di Professore Universitario di prima fascia - gruppo n.234 – "anestesia e chirurgia orale" di cui al D.M. 24.5.1984 (pubblicato in GURI n.213 del 3.8.1984), limitatamente alla parte riguardante la valutazione dei titoli ed il giudizio concernente il ricorrente, operati dalla Commissione Giudicatrice e approvati dal Ministro, ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. 11.7.1980 n.382;

di ogni atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ivi compresi - per quanto di ragione - i verbali della Commissione Giudicatrice e gli atti del Consiglio Universitario Nazionale relativi al concorso sopra indicato.

(omissis)

FATTO

Nel 1985 il ricorrente partecipava al concorso indicato in epigrafe, aspirando alla nomina a Professore Universitario di ruolo di prima fascia.

Poiché della Commissione Giudicatrice faceva parte il Prof. Sergio De Biase che notoriamente intrattiene pessimi rapporti con il ricorrente, a cagione di un’antica e perdurante inimicizia (sfociata anche in alterchi e denunce penali), quest’ultimo trasmetteva un atto di diffida e di ricusazione contro il primo, invitandolo a dimettersi e comunque ad astenersi da ogni giudizio valutativo nei suoi confronti.

Ma con nota del 21.12.1985 il Ministero respingeva la ricusazione.

Con il primo dei ricorsi indicati in epigrafe il ricorrente ha impugnato il provvedimento di rigetto. Nel chiederne l’annullamento lamenta eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica e dal pubblico interesse, nonché violazione degli artt. 51 e 52 c.p.c., deducendo che la Commissione era irregolarmente composta per la illegittima presenza di un soggetto che era stato da lui ricusato e che avrebbe dovuto astenersi dal giudicarlo

In pendenza di giudizio il concorso è stato espletato ed il Ministero ha provveduto alla nomina dei vincitori.

Con il secondo ricorso, il ricorrente - giudicato non idoneo - ha impugnato gli atti concorsuali e la relativa graduatoria finale (nella parte che lo concerne).

Con il primo motivo di gravame lamenta la illegittimità dei predetti atti derivata dalla illegittimità dell’atto presupposto impugnato con il precedente ricorso.

Con il secondo motivo di gravame lamenta eccesso di potere per travisamento di fatto e per conseguente erronea valutazione dei titoli, nonchè difetto di motivazione per contraddittorietà, illogicità ed ingiustizia manifesta.

Con sentenza n.2048 del 20.11.1991, il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Sez.I^), riuniti i due ricorsi, ha dichiarato inammissibile il primo e rigettato il secondo.

Ma con sentenza n.559 del 26.4.1998, il Consiglio di Stato ha annullato con rinvio la predetta decisione, avendo rilevato un difetto di procedura per mancata integrazione del contraddittorio.

Riassunto il giudizio in primo grado, con ordinanza n.544/2000 il T.A.R. del Lazio (Sez.I^) ha disposto la integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i controinteressati.

Effettuate le notifiche di rito, con il ricorso in esame il ricorrente torna a chiedere l’annullamento degli atti concorsuali e della graduatoria, nella parte che lo concerne.

Lamenta, al riguardo:

eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica e dal pubblico interesse, deducendo che la Commissione era irregolarmente composta per la illegittima presenza di un soggetto che era stato ricusato e che avrebbe dovuto astenersi dal giudicare; e che pertanto il giudizio esperito nei suoi confronti è invalido (unico motivo del primo ricorso), così come lo sono - per illegittimità derivata – gli atti concorsuali e la definitiva approvazione della graduatoria (primo motivo del secondo ricorso);

eccesso di potere per travisamento di fatto e per conseguente erronea valutazione dei titoli, nonchè difetto di motivazione per contraddittorietà, illogicità ed ingiustizia manifesta, deducendo che la Commissione giudicatrice non ha esaminato con la dovuta attenzione il suo "curriculum" e le sue pubblicazioni (secondo motivo del secondo ricorso).

Ritualmente costituitisi, con memoria del 9.9.1999 i Ministeri resistenti hanno eccepito la infondatezza del ricorso chiedendone il rigetto con vittoria di spese.

Con memoria del 15.11.2000 i controinteressati intimati hanno eccepito la improcedibilità e comunque la infondatezza dei ricorsi.

Con memoria del 15.10.2002 il ricorrente ha insistito per l’accoglimento degli stessi.

All’udienza del 30.10.2002, uditi i Procuratori delle parti, i quali hanno insistito nelle rispettive richieste, deduzioni ed eccezioni, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

1. I ricorsi sono fondati.

1.1. Con l’unico mezzo di gravame del primo ricorso e con il primo motivo di gravame del secondo ricorso, ormai riuniti - motivi che possono essere trattati congiuntamente in considerazione della loro connessione argomentativa - il ricorrente lamenta eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica e dal pubblico interesse, e violazione degli artt. 51 e 52 c.p.c., nonchè invalidità derivata degli atti concorsuali e, "in parte qua", della graduatoria finale, deducendo:

che la Commissione era irregolarmente composta per la illegittima presenza di un soggetto che era stato da lui ricusato e che avrebbe dovuto astenersi dal giudicarlo; e che pertanto il giudizio esperito nei suoi confronti non è valido (unico motivo del primo ricorso riunito);

e che conseguentemente parimenti non validi sono, nella parte che lo concernono, tutti gli atti concorsuali e la graduatoria definitiva (primo motivo del secondo ricorso riunito).

La doglianza merita accoglimento.

Nell’atto di ricusazione tempestivamente trasmesso alla Commissione giudicatrice, il ricorrente aveva rappresentato:

che i rapporti fra lui ed il Prof. Sergio De Biase, componente della stessa, erano pessimi, tanto da essere sfociati, in un recente passato, in alterchi verbali ed aggressioni (anche fisiche) culminati in denunce e conseguenti procedimenti penali;

che tale situazione di grave inimicizia, sorta in seno all’ambiente professionale e per ragioni professionali (e di carriera), continuava a perdurare;

e che pertanto il predetto Prof. De Biase si trovava, nei suoi confronti, in posizione di incompatibilità all’esercizio della potestà valutativa.

A fronte di un atto di ricusazione sì puntualmente motivato in ragione di obiettivi elementi di fatto, il Prof. De Biase avrebbe dovuto, prendere atto, realisticamente e lealmente, della posizione di incompatibilità nella quale si trovava, ed astenersi dal giudicare il ricorrente; e ciò, beninteso, indipendentemente dal merito della valutazione che andava ad esprimere.

Era infatti agevolmente intuibile che la grave, antica e consolidata inimicizia esistente fra il "giudicante" ed il "giudicando" (rectius: fra il "valutante" ed il "valutando") - culminata in reciproche aggressioni, denunce ed atti giuridici contenziosi - impediva (ed avrebbe impedito) al primo di valutare il secondo con la dovuta serenità d’animo ed imparzialità.

E poiché le predette due qualità (e posizioni) psicologiche - serenità d’animo e imparzialità di giudizio - sono consustanziali con la funzione giudicante, non appare seriamente revocabile in dubbio che la valutazione espressa da chi difetti anche temporaneamente delle stesse debba essere stigmatizzata come intrinsecamente viziata per sviamento dalla causa tipica del potere di giudizio.

Ragione, questa, per la quale gli impugnati atti concorsuali non resistono, nella parte relativa al ricorrente, alla dedotta censura; e vanno pertanto annullati, con conseguente nomina di una nuova Commissione che possa procedere alla rivalutazione dei suoi titoli.

1.2. L’eccezione sollevata dai controinteressati, secondo cui il metro di giudizio di una nuova Commissione sarebbe troppo differente rispetto a quello di quindici anni fa, è inammissibile oltrecchè non condivisibile nel merito.

1.2.1. Inammissibile per difetto di interesse, in quanto nel concorso per cui è causa la maggior parte dei posti disponibili rimasero "scoperti" (solamente 65 candidati su 115 posti disponibili conseguirono l’idoneità), dal che discende che l’eventuale conseguimento dell’idoneità da parte del ricorrente non cagionerebbe pregiudizio a situazioni ormai consolidate.

1.2.2. Ed infondata in quanto l’argomento prova poco.

Ed invero, se - per un verso - nessuno può dire se l’eventuale differenza di metro di giudizio finirà per giovare al ricorrente o per pregiudicarlo; non appare - per altro verso - revocabile in dubbio:

che quest’ultimo abbia comunque diritto ad essere giudicato imparzialmente;

e che la circostanza che dalla data di tempestiva impugnazione dell’atto illegittimo sia trascorso molto tempo non può essere invocata (dall’Amministrazione o dai controinteressati) al fine di neutralizzare il c.d. "effetto ripristinatorio della sentenza del giudice amministrativo", in forza del quale l’annullamento del provvedimento deve utilmente ricondurre il beneficiario nella situazione spettantegli, eliminando - ove ciò sia concretamente possibile e salve normative sopravvenute - ogni ostacolo alla soddisfazione del suo interesse.

2. In considerazione delle superiori osservazioni, i ricorsi riuniti vanno accolti con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati, nella sola parte relativa al giudizio esperito nei confronti del ricorrente. Va conseguentemente dichiarato l’obbligo dell’Amministrazione di provvedere alla nomina di una nuova Commissione che proceda, ora per allora, alla rivalutazione dei suoi titoli.

Si ravvisano giuste ragioni per compensare le spese.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. I^, accoglie i ricorsi riuniti indicati in epigrafe; ed annulla - per quanto di ragione e per gli effetti conformativi indicati in motivazione - i provvedimenti impugnati.

Compensa le spese fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 30.10.2002.

il presidente

l’estensore

Depositata in segreteria il 26 febbraio 2003.

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