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Giurisprudenza
n. 3-2002 - © copyright.

TAR LAZIO, SEZ. I BIS – Sentenza 20 marzo 2002 n. 2294 - Pres. Mastrocola, Est. Politi - Tomio (Avv.ti Carozzo e Contaldi) c. Ministero della Difesa (Avv.ra Stato) – (accoglie).

1. Militare e militarizzato - Dispensa dal servizio di leva - Ex 100 del D.P.R. n. 237/64 - In favore del responsabile diretto e determinante dell’impresa familiare - Finalità della norma - Individuazione.

2. Militare e militarizzato - Dispensa dal servizio di leva - Ex 100 del D.P.R. n. 237/64 - In favore del responsabile diretto e determinante dell’impresa familiare - Presupposti - Potenziale pericolo per la vita dell'azienda - Sufficienza - Disponibilità di altri redditi da parte del nucleo familiare - Irrilevanza.

3. Militare e militarizzato - Dispensa dal servizio di leva - Ex 100 del D.P.R. n. 237/64 - In favore del responsabile diretto e determinante dell’impresa familiare - Diniego - Motivato in modo apodittico e senza alcuna concreta valutazione dei presupposti - Illegittimità.

4. Militare e militarizzato - Dispensa dal servizio di leva - Ex 100 del D.P.R. n. 237/64 - In favore del responsabile diretto e determinante dell’impresa familiare - Presupposti - Inesistenza di altri familiari idonei - Valutazione in concreto - Necessità.

1. La dispensa dal servizio di leva di cui all'art. 100 del D.P.R. 14 febbraio 1964 n. 237 (come sostituito dall'art. 7 della l. 24 dicembre 1986 n. 958), trova la sua giustificazione nella insostituibilità dell'arruolato nella vita economica del nucleo familiare direttamente o indirettamente (col venir meno dell'elemento fondamentale dell'impresa familiare), per cui attraverso la dispensa il legislatore ha inteso assicurare tutela non solo al nucleo familiare, ma anche all'impresa, in una prospettiva che non può ritenersi limitata a garantire un minimo di entrate, ma che appare estesa alla garanzia di un'efficiente gestione delle imprese.

2. Il titolo ad ottenere la dispensa dal servizio di leva di cui all'art. 100 del D.P.R. 14 febbraio 1964 n. 237 sussiste quando il servizio militare sia potenzialmente in grado di mettere in pericolo la vita dell'azienda, anche se nella famiglia esistano altri redditi diversi da quello derivante dalla gestione dell'impresa stessa, presupponendo la norma non la sola esistenza fisica di altri familiari, ma il possesso, da parte degli stessi, dell'effettiva e concreta capacità di condurre l'impresa o di esercitare proficuamente un'attività economica (1).

3. Nel respingere una domanda di dispensa dal servizio di leva ex art. 100 del D.P.R. 14 febbraio 1964 n. 237 (come sostituito dall'art. 7 della l. 24 dicembre 1986 n. 958), in assenza di documentati riscontri, l'Amministrazione militare non può limitarsi a confutare apoditticamente la sussistenza del requisito della "responsabilità diretta e determinante della conduzione di impresa familiare", attesa l'evidente illegittimità di una determinazione che siffatta qualità si limiti a negare senza offrire alcun conforto motivazionale (2).

4. La condizione dell'inesistenza di altri familiari in grado di condurre l'azienda, cui fa riferimento l’art. 100, lett. c), del D.P.R. 237/64, va valutata con riguardo alla specifica capacità manageriale dell'imprenditore, e non già alla mera sussistenza dei requisiti psico-fisici che possono rendere gli altri familiari idonei a svolgere un lavoro (3). In particolare, la valutazione dell'"idoneità" di altro componente del nucleo familiare ai fini della "sostituibilità" dell'arruolato nella conduzione aziendale ex art. 100, lett. c), del D.P.R. 237/64 non può risolversi nell'astratta postulazione di una generica "capacità", ma deve, concretamente, dar conto della specifica attitudine professionale ed imprenditoriale di tale soggetto ai fini della prosecuzione dell'attività di impresa.

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(1) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 1999 n. 741; T.A.R. Sicilia - Palermo, 23 maggio 2000 n. 1068; T.R.G.A Trentino Alto Adige, Trento, 16 maggio 2000 n. 170 e 9 novembre 1999 n. 384; T.A.R. Puglia - Lecce, 10 maggio 2000 n. 2384.

(2) Cfr., in termini, T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, 3 luglio 2000 n. 686; T.A.R. Piemonte, sez. I, 24 luglio 1997 n. 574.

(3) Cfr. T.A.R. Puglia-Bari, sez. I, 12 gennaio 2001 n. 114; C.G.A., 28 marzo 1997 n. 21.

Secondo il T.A.R. Lazio, in particolare, la dispensa dal servizio militare di leva trova la sua giustificazione nella insostituibilità dell'arruolato nella vita economica del nucleo familiare, per cui attraverso la prevista concedibilità della dispensa si è inteso assicurare tutela non solo al nucleo familiare, ma all'impresa stessa, in una prospettiva che non può ritenersi limitata ad assicurare un minimo di entrate, ma che appare estesa alla garanzia di una efficiente gestione del complesso aziendale (v. in tal senso T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 7 marzo 2001 n. 2061).

In materia di dispensa dal servizio di leva v. in questa Rivista:

CONSIGLIO DI STATO - SEZ. III - Parere 9 gennaio 2001 n. 1915*

T.A.R. PUGLIA - BARI - SEZ. I – Sentenza 25 gennaio 2001 n. 230*

T.A.R. PUGLIA - BARI - SEZ. I – Sentenza 25 gennaio 2001 n. 229*

 

 

per l'annullamento

del provvedimento cartolina precetto del Ministero della Difesa, Comando Militare Distretto di Torino, con cui il ricorrente è tenuto a presentarsi in data 19 marzo 1994 presso l'Ente di addestramento di Cuneo, Bgt. "Mondovì" per rendere il servizio militare di leva, in conseguenza del provvedimento del Ministero della Difesa, Direzione Generale Leva, prot. n. LEV/423445/REA/4 in data 2 luglio 1994, con il quale è stata respinta la domanda presentata dal ricorrente stesso il 24 settembre 1993, volta ad ottenere la dispensa dal compiere la ferma di leva ai sensi dell'art. 100 del D.P.R. 237/64;

nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale, con particolare riferimento alla comunicazione LEV/423445/REA/4.

(omissis)

FATTO

Espone preliminarmente il ricorrente - coltivatore diretto - di essere titolare ed unico gestore di un'azienda agricola per l'allevamento di bovini e bufalini e per la produzione di latte crudo.

Soggiunge di aver presentato, in data 24 settembre 1993, istanza per la dispensa dal servizio di leva, ai sensi dell'art. 100 del D.P.R. 237/64.

Avverso il provvedimento ministeriale di reiezione dell'anzidetta richiesta - e la conseguenziale cartolina precetto - deduce ora i seguenti argomenti di doglianza:

Violazione di legge, con riferimento all'art. 100 del D.P.R. 14 febbraio 1964 n. 237, come sostituito dall'art. 7 della l. 24 dicembre 1986 n. 958. Eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti, travisamento dei fatti, illogicità, carenza di istruttoria e difetto di motivazione.

Viene in primo luogo rilevato come l'assenza del ricorrente, conseguente alla prestazione del servizio di leva, si dimostra suscettibile di arrecare grave pregiudizio all'azienda agricola della quale l'interessato è titolare e conduttore.

A fronte di tale preliminare rilievo, viene contestata la motivazione con la quale la resistente Amministrazione ha respinto la richiesta di dispensa, segnatamente per quanto concerne il riferimento, ivi contenuto, alla presenza di congiunti del ricorrente in grado di provvedere alle esigenze connesse alla conduzione dell'azienda di cui sopra.

In particolare, difetterebbero in capo al padre del ricorrente - che ha sempre ed unicamente svolto l'attività di disegnatore meccanico ed è menomato in conseguenza di un infortunio che lo ha privato dell'uso di una mano - le necessarie conoscenze e capacità ai fini della conduzione dell'azienda agricola; né altri componenti della famiglia sarebbero in grado, sia pure temporaneamente, di provvedere alle relative incombenze.

Conclude la parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

L'Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha eccepito l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa.

La domanda di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, dalla parte ricorrente proposta in via incidentale, è stata da questo Tribunale accolta con ordinanza n. 2719, pronunziata nella Camera di Consiglio del 14 novembre 1994.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 25 febbraio 2002.

DIRITTO

1. Ad integrazione di quanto indicato in narrativa, giova precisare che l'odierno ricorrente, con istanza del 24 settembre 1993, ha chiesto di essere ammesso alla dispensa dal compimento del servizio di leva in quanto "responsabile diretto e determinante di azienda agricola".

Con l'impugnato decreto in data 2 luglio 1994, il Ministero della Difesa respingeva l'anzidetta richiesta, in quanto:

"in famiglia vi sono altri familiari, compresi fra i diciotto ed i sessanta anni, in grado di condurre l'azienda: in particolare, il padre Cesare, 56enne, pensionato";

"dalla documentazione prodotta l'iscritto, coltivatore diretto, non risulta responsabile diretto e determinante della conduzione dell'azienda agricola".

2. Va innanzi tutto appurata la fondatezza, in fatto, della circostanza da ultimo indicata, alla stregua della documentazione prodotta dalle parti in giudizio.

Rileva, in tal senso, la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà resa dal ricorrente in data 21 settembre 1993, nella quale l'interessato dichiara "di essere titolare di azienda agricola e di essere responsabile diretto e determinante dell'azienda".

Rilevano, parimenti:

la certificazione I.N.P.S. - sede di Pinerolo, in data 13 dicembre 2001;

la dichiarazione rilasciata dalla Confcoltivatori il 22 settembre 1993;

l'attestazione della Unità Socio-Sanitaria n. 23 - Servizio veterinario in data 18 gennaio 1993;

dalle quali è dato evincere, con carattere di univoca concludenza, la qualità di "titolare" di azienda agricola in capo al sig. Tomio Alberto, come del resto espressamente confermato anche dal Distretto Militare principale di Torino - Ufficio reclutamento, con atto in data 15 ottobre 1993.

Né può altrimenti ritenersi che, in assenza di documentati riscontri, l'Amministrazione possa limitarsi a confutare apoditticamente la sussistenza del requisito della "responsabilità diretta e determinante della conduzione di impresa familiare", attesa l'evidente illegittimità di una determinazione che siffatta qualità si limiti a negare senza offrire alcun conforto motivazionale (cfr., in termini, T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, 3 luglio 2000 n. 686; T.A.R. Piemonte, sez. I, 24 luglio 1997 n. 574).

3. Quanto sopra preliminarmente osservato, deve escludersi la condivisibilità dell'assunto - a fondamento dell'avversata determinazione - secondo cui l'interessato non rivestirebbe la qualità di "responsabile diretto e determinante della conduzione dell'azienda agricola" e vi sarebbero altri congiunti - in particolare, il padre del ricorrente - in grado di condurre l'azienda stessa.

Nel ribadire come l'esclusa configurabilità, in capo all'odierno ricorrente, della "responsabilità diretta e determinante" non trovi documentale conferma negli atti acquisiti al giudizio (dai quali, come precedentemente sottolineato, è invece dato evincere la titolarità, in capo al ricorrente, dell'azienda di che trattasi), va poi osservato che l'affermata idoneità di altri congiunti del Tomio ai fini della conduzione dell'azienda, lungi dall'essere dimostrata, si risolve piuttosto in una petizione di principio priva di concreti ed obiettivi riscontri.

Va in argomento rammentato come la giurisprudenza - la quale ha avuto reiteratamente modo di soffermarsi sull'ambito di concreta applicabilità delle disposizioni di cui all'art. 100 del D.P.R. 14 febbraio 1964 n. 237 e successive modificazioni ed integrazioni - abbia rilevato come, ai sensi dell'art. 100, lett. c) del citato D.P.R. (come sostituito dall'art. 7 della l. 24 dicembre 1986 n. 958), la dispensa dal servizio di leva trova la sua giustificazione nella insostituibilità dell'arruolato nella vita economica del nucleo familiare direttamente o indirettamente (col venir meno dell'elemento fondamentale dell'impresa familiare), per cui attraverso la dispensa il legislatore ha inteso assicurare tutela (non solo al nucleo familiare, ma anche) all'impresa, in una prospettiva che non può ritenersi limitata a garantire un minimo di entrate, ma che appare estesa alla garanzia di un'efficiente gestione delle imprese; il titolo ad ottenere la dispensa sussistendo, pertanto, quando il servizio militare sia potenzialmente in grado di mettere in pericolo la vita dell'azienda, anche se nella famiglia esistano altri redditi diversi da quello derivante dalla gestione dell'impresa stessa, presupponendo la norma non la sola esistenza fisica di altri familiari, ma il possesso, da parte degli stessi, dell'effettiva e concreta capacità di condurre l'impresa o di esercitare proficuamente un'attività economica (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, 23 maggio 2000 n. 1068; T.R.G.A Trentino Alto Adige, Trento, 16 maggio 2000 n. 170 e 9 novembre 1999 n. 384; T.A.R. Puglia, Lecce, 10 maggio 2000 n. 2384; Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 1999 n. 741).

Se è vero che la nozione di conduzione di impresa in posizione di responsabilità diretta e determinante - cui fa riferimento l'art. 100, lett. c), del D.P.R. 237/64 ai fini della dispensa dalla ferma di leva - investe nel suo complesso l'intera attività aziendale ed identifica compiti di indirizzo, gestione, sorveglianza, verifica dei risultati che si configurano essenziali per il mantenimento dell'assetto di impresa e per il conseguimento dell'utile economico (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I-bis, 26 settembre 2001 n. 7773), deve allora rilevarsi che la condizione dell'inesistenza di altri familiari in grado di condurre l'azienda va valutata con riferimento alla specifica capacità manageriale dell'imprenditore, e non già alla mera sussistenza dei requisiti psico-fisici che possono rendere idonei a svolgere un lavoro (T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 12 gennaio 2001 n. 114; C.G.A.R.S., 28 marzo 1997 n. 21).

In altri termini, la dispensa dal servizio militare di leva trova - come precedentemente sottolineato - la sua giustificazione nella insostituibilità dell'arruolato nella vita economica del nucleo familiare, per cui attraverso la prevista concedibilità della dispensa si è inteso assicurare tutela non solo al nucleo familiare, ma all'impresa stessa, in una prospettiva che non può ritenersi limitata ad assicurare un minimo di entrate, ma che appare estesa alla garanzia di una efficiente gestione del complesso aziendale (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 7 marzo 2001 n. 2061).

Se, quindi, la valutazione dell'"idoneità" di altro componente del nucleo familiare ai fini della "sostituibilità" dell'arruolato nella conduzione aziendale non può risolversi nell'astratta postulazione di una generica "capacità", ma deve, concretamente, dar conto della specifica attitudine professionale ed imprenditoriale di tale soggetto ai fini della prosecuzione dell'attività di impresa, non può esimersi il Collegio dal rilevare come le considerazioni in tale senso esplicitate nella motivazione dell'avversato provvedimento non sfuggano a censura.

Dalla documentazione acquisita emerge infatti, con concludente chiarezza, che il padre dell'odierno ricorrente non è in possesso degli specifici requisiti atti ad argomentare in capo a quest'ultimo piena attitudine alla sostituzione dell'arruolato nella conduzione dell'impresa, trattandosi di pensionato la cui attuale attività lavorativa si sostanzia nella collaborazione all'impresa di disegni meccanici della quale è titolare la sorella dell'odierno ricorrente, Tomio Elisabetta.

Né da altri rilievi documentali - dei quali, comunque, l'Amministrazione militare non ha fornito indicazione alcuna - è dato evincere che il padre del ricorrente sarebbe, per specifiche e comprovabili attitudini professionali, effettivamente in grado di poter sostituire l'arruolato nella conduzione dell'impresa agricola della quale quest'ultimo è titolare.

Alla stregua di quanto osservato, la determinazione impugnata si dimostra dunque inficiata sotto un duplice profilo, rappresentato:

dall'esclusa configurabilità, in capo all'odierno ricorrente, della qualità di responsabile diretto e determinante nella conduzione di azienda agricola, invece dimostrata dagli atti acquisiti al giudizio;

dalla sostenuta esistenza di altro soggetto - il padre dell'interessato - in grado di sostituire il sig. Tomio Alberto nella conduzione dell'impresa stessa; affermazione alla quale non ha fatto seguito alcuna esplicitazione motivazionale atta ad asseverare la consistenza di tale affermazione (segnatamente, con riguardo all'ambito applicativo della disposizione ex art. 100 del D.P.R. 237/64, il quale - come precedentemente sottolineato - postula non già la mera esistenza fisica di altri familiari, bensì il possesso, da parte degli stessi, della effettiva e concreta capacità di condurre l'impresa o di esercitare proficuamente un'attività economica).

Rilevata dunque la fondatezza delle censure dedotte dalla parte ricorrente avverso l'impugnata determinazione di diniego di dispensa, dispone il Collegio - in accoglimento della presente impugnativa - l'annullamento degli atti con quest'ultima gravati.

Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sezione I-bis - accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l'effetto, annulla gli atti con esso impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 25 febbraio 2002, con l’intervento dei signori giudici

Dr. Cesare MASTROCOLA - Presidente

Dr. Bruno Rosario POLITO - Consigliere

Dr. Roberto POLITI - Consigliere, estensore

Depositata il 20 marzo 2002.

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