TAR PIEMONTE, SEZ. II - Sentenza 7 dicembre 2002 n. 2050 - Pres. Calvo, Est. Massari - Consorzio Ravennate delle Cooperative di Produzione e Lavoro e Cooperativa B. Cellini (Avv.ti Grilli e Casavecchia) c. Azienda Ospedaliera S. Croce e Carle di Cuneo (Avv. Gallo) - (accoglie).
1. Contratti della P.A. - Gara - Esclusione - Perché la dichiarazione circa l’inesistenza di condanne penali è risultata mendace - Riferimento ad un decreto penale di condanna ex art. 459 c.p.p. per violazione di norme antinfortunistiche - Illegittimità.
2. Contratti della P.A. - Gara - Esclusione - Requisito della affidabilità morale e professionale - E’ indeterminato - Valutazione specifica dei reati ascritti agli interessati - Necessità - Sussiste.
3. Contratti della P.A. - Gara - Esclusione - Per esistenza di decreto penale di condanna ex art. 459 c.p.p. - Apprezzamento discrezionale della P.A. in ordine alla rilevanza della condanna penale - Motivazione adeguata in ordine all’incidenza della condanna penale sul vincolo fiduciario da instaurare con l’Amministrazione - Obbligo - Sussiste.
4. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Derivanti da lesione di interessi legittimi - Nel caso di annullamento in s.g. di un atto per difetto di motivazione - Non può essere riconosciuto - Ragioni.
1. E’ illegittima l’esclusione di un’impresa da una gara di appalto di lavori pubblici disposta perché la dichiarazione di inesistenza di condanne penali è risultata mendace, a seguito della riscontrata esistenza di un decreto penale di condanna ex art. 459 c.p.p. definitivo (nella specie per violazione di norme antinfortunistiche).
2. La stessa indeterminatezza dei concetti di affidabilità morale e professionale, a cui è legato l’effetto espulsivo da una gara di appalto di lavori pubblici, comporta necessariamente l’esercizio, da parte dell’Amministrazione appaltante, di un potere discrezionale di valutazione dei reati ascritti agli interessati, del quale si deve dar contezza con idonea e congrua motivazione; ciò vale in particolare nel caso di decreto penale di condanna ex art. 459 c.p.p., atteso che in tale ipotesi l’applicazione della pena, che avviene eccezionalmente in assenza del contraddittorio con l’imputato, può avvenire esclusivamente per reati di particolare tenuità che comportano l’irrogazione di una pena pecuniaria, anche se inflitta in sostituzione di pena detentiva (1).
3. Affinchè possa legittimamente escludersi un’impresa da una gara pubblica, non è sufficiente l’accertamento, in capo al soggetto interessato, dell’esistenza di una condanna, atteso che la normativa in materia richiede una valutazione da parte dell’amministrazione ai fini di verificare, attraverso un apprezzamento discrezionale, che deve essere adeguatamente motivato, l’incidenza della condanna sul vincolo fiduciario da instaurare attraverso il contratto con l’Amministrazione stessa, senza che tale apprezzamento possa ritenersi compiuto per implicito attraverso la semplice enunciazione delle fattispecie di reato alle quali si riferisce la condanna (2).
4. Non può condannarsi la P.A. al risarcimento dei danni derivanti da lesione di interessi legittimi nel caso in cui l'annullamento in s.g. dell'atto illegittimo sia stato pronunciato per difetto di motivazione, atteso che in tale ipotesi, in linea di principio, sussiste il potere/dovere per l'Amministrazione di esercitare nuovamente il potere amministrativo sulla base delle indicazioni della sentenza, di guisa che non può dirsi positivamente realizzato quel giudizio prognostico sulla spettanza del bene della vita per cui si agisce che, secondo l’insegnamento della Corte di cassazione (sent. n. 500/1999), costituisce l'operazione logica necessaria anteriormente alla pronuncia di accoglimento della domanda risarcitoria (3).
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(1) Cfr. T.A.R. Sicilia-Palermo, Sez. II, 23 dicembre 2000, n. 1980, secondo cui "Nelle gare per l’aggiudicazione di contratti pubblici, all’Amministrazione è demandato il compito di apprezzare se eventuali condanne riportate nel certificato del casellario giudiziale possono implicare un qualche vulnus alla moralità professionale del soggetto partecipante alla gara, attraverso la motivata valutazione, in concreto, della natura, della gravità e della rilevanza del reato";
(2) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 30 gennaio 1998, n. 125, secondo cui "è necessario, ai fini dell’esclusione da una gara di appalto, una discrezionale valutazione dell’Amministrazione, insindacabile in sede giudiziale se non mediante la dimostrazione della sussistenza di vizi logici ovvero dell’erronea rappresentazione dei fatti, in ordine alla rilevanza di una condanna penale, subita dall’imprenditore partecipante alla gara stessa".
(3) Per riferimenti in materia si fa rinvio all'apposita pagina di approfondimento.
Sull'esclusione dalla gara per condanne penali v. da ult. in questa Rivista:
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – Sentenza 12 ottobre 2002 n. 5523
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 6 giugno 2002 n. 3183
TAR LIGURIA, SEZ. II – Sentenza 15 aprile 2002 n. 432
V. anche in materia di concorsi da ult.:
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III - Parere 19 febbraio 2002 n. 1854/01
Commento di
OTTAVIO CARPARELLI
Sull’illegittimità dell’esclusione da una gara di appalto per omessa dichiarazione dell’esistenza di un decreto penale di condanna ex art. 459 c.p.p.
Con la sentenza in rassegna il T.A.R. Torino ha affrontato nuovamente (1) la questione delle cause di esclusione dalle gare di appalto di lavori pubblici, con particolare riferimento all’esistenza, a carico dei concorrenti, di condanne penali non dichiarate dai medesimi concorrenti in sede di partecipazione.
Nel caso in commento l’Organo giurisdizionale ha emesso declaratoria di illegittimità del provvedimento adottato dalla P.A. di esclusione della ricorrente.
Detto provvedimento negativo era stato emesso perché, da un lato, era risultato che, nei confronti del legale rappresentante della cooperativa non ammessa, era stato pronunciato decreto penale di condanna, ex art. 459 c.p.p., per violazione delle norme antinfortunistiche, e, dall’altro, che dell’esistenza di tale decreto penale era stata omessa l’indicazione alla stazione appaltante, al momento di partecipazione alla gara.
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Per una più agevole comprensione della vicenda, appare comunque utile evidenziare, brevemente, quanto appresso.
L’Azienda Ospedaliera S. Croce e Carle di Cuneo indiceva, con bando pubblicato nei termini di legge, pubblica gara per l’affidamento dei lavori di costruzione del nuovo corpo di fabbrica adibito a servizi operatori, di poliambulatorio, centrale di sterilizzazione, spogliatoio autorimessa e centrali tecnologiche.
La cooperativa ricorrente, in sede di presentazione della domanda di partecipazione, dichiarava, producendo la documentazione richiesta dal bando ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 75, co. 1°, del D.P.R. n. 554/99, l’inesistenza di sentenze di condanna e/o di altri ostacoli alla partecipazione alla procedura concorsuale.
Successivamente, a seguito dei necessari controlli effettuati dall’Azienda Ospedaliera, veniva invece riscontrata l’esistenza di un decreto penale di condanna ex art. 459 c.p.p., definitivo, emesso in precedenza nei confronti del legale rappresentante della cooperativa ricorrente, per la violazione delle norme antinfortunistiche ex D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547.
Conseguentemente, la P.A., in virtù dell’omessa indicazione di tale decreto penale di condanna, adottava determinazione di esclusione della cooperativa istante dalla procedura concorsuale.
L’esclusa reagiva impugnando il provvedimento dell’Azienda appaltante, tra l’altro e sostanzialmente, per difetto di motivazione, in merito alla rilevanza del decreto penale ai fini dell’affidabilità morale e professionale necessarie per essere ammessa alla procedura concorsuale.
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Nel caso esaminato, la P.A. ha posto a base del provvedimento di esclusione l’accertata esistenza, nei confronti della ditta istante di decreto penale di condanna non opposto e divenuto, pertanto, definitivo.
Oggetto del procedimento penale conclusosi con il suindicato decreto penale era la violazione di alcune disposizioni del T.U. in materia di prevenzione infortuni, ex d.p.r. 27 aprile 1955 n. 547 (2).
Il T.A.R. adìto, nell’accogliere il gravame, ha considerato, precipuamente, che il provvedimento di esclusione dalla gara, in effetti, era viziato sotto il profilo del difetto di motivazione, ex art.3, l.n.241/1990, non potendo la P.A., in tali casi, limitarsi ad accertare l’esistenza di una condanna penale, dovendo invece motivare sia in ordine alla rilevanza della condanna ai fini dell’affidabilità morale e professionale del concorrente, sia in relazione all’incidenza negativa di tale condanna sul vincolo fiduciario con il possibile futuro contraente.
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Di interesse, a parere di chi scrive, nel provvedimento giurisdizionale che si annota, i due punti motivazionali appresso indicati:
1) il Collegio, innanzitutto, diversamente da quanto affermato di recente dalla Sezione I del medesimo Organo giurisdizionale (che ne aveva fornito pressoché la nozione), ha affermato che - a Suo avviso - i concetti di affidabilità morale e professionale devono considerarsi come connotati da una sfera di indeterminatezza;
2) movendo da tale affermazione, ha chiarito, che proprio alla stregua di tale indeterminatezza, incombe sulla P.A., in ogni caso, l’onere di effettuare un’approfondita valutazione, al fine di verificare se la condanna emessa nei confronti del partecipante alla procedura concorsuale, è tale da incidere sul vincolo fiduciario che sarà instaurato con l’aggiudicatario; quindi, è necessario, secondo i Giudici amministrativi piemontesi, porre a base del successivo eventuale provvedimento di esclusione dalla gara, adeguata motivazione, ex art.3, l.n.241/1990, che dia conto della rilevanza del reato per cui è stato emesso decreto penale di condanna, e dell’omessa indicazione, in sede di partecipazione a gara, del medesimo, in relazione alla lesione dei valori costituiti dall’affidabilità morale e professionale del concorrente.
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La sentenza non può che condividersi, sotto i seguenti specifici profili:
I) il procedimento speciale costituito dal procedimento per decreto penale ex artt.459 e segg. c.p.p., presuppone, da una parte, l’esistenza di un processo, e, dall’altra, pur culminando con un provvedimento giurisdizionale assimilabile alla sentenza di condanna, ha luogo quando il pubblico ministero ritiene che nei confronti dell’imputato debba applicarsi esclusivamente una pena pecuniaria, anche se inflitta in sostituzione di una pena detentiva;
II) la motivazione del provvedimento di esclusione deve essere adeguata, e le valutazioni della P.A. a base della stessa appprofondite, proprio in ragione del fatto che il procedimento speciale di cui innanzi si svolge in assenza di contraddittorio, essendo, evidentemente, già acquisita agli atti del processo penale una prova rilevante e fondata; sicché la P.A. non può limitarsi al mero accertamento dell’esistenza di una condanna penale, e nemmeno ritenere essenziale l’aver rilevato il mendacio posto in essere dalla concorrente, ma dovrà avere verosimilmente riguardo al nomen juris del reato contestato, al fine di accertare la sussistenza di elementi effettivamente ostativi alla partecipazione alla gara del soggetto nei cui confronti è stato emesso decreto penale di condanna, perché contrastanti con i valori tutelati dall’art.75 del D.P.R. 554/99.
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Non può tralasciarsi, da ultimo, che il Collegio, ancorché abbia accolto il gravame, ha ritenuto di rigettare la domanda risarcitoria pure avanzata dalla cooperativa ricorrente; ha motivato tale statuizione ponendo a presidio della stessa due ragioni:
a) ha osservato il T.A.R. Piemonte che, ove a seguito dell’accoglimento del gravame dovesse risultare aggiudicataria dell’appalto l’impresa insorta, il "… bene della vita …" per la cui tutela la medesima impresa ha agito in giudizio è ripristinato in forma specifica; pertanto, non v’è luogo a riconoscimento di pretese patrimoniali e/o risarcitorie di sorta;
b) il motivo alla cui stregua il gravame è stato considerato suscettibile di accoglimento, è quello del difetto di motivazione, viziante il provvedimento di esclusione dalla gara; sicché - ha chiarito l’Organo giurisdizionale - l’accoglimento di una simile censura comporta il potere dovere di esercitare, da parte della P.A., attività rinnovatoria, da svolgere avuto riguardo al tenore del giudicato, e conformandosi ad esso; il che esclude la possibilità di formulare positivamente, allo stato, un giudizio prognostico sull’effettiva spettanza del "… bene della vita…" e, quindi, di effettuare quell’operazione logica che, secondo la Suprema Corte (3), è necessaria e preventiva alla pronuncia di accoglimento della domanda risarcitoria (4) (5).
Note:
(1) V. in prec. T.A.R. Piemonte, Sez. I, 13 novembre 2002, n. 1857, in questa Rivista n.11-2002, pag. http://www.giustamm.it./private/tar/tarpiem1_2002-11-13.htm.
(2) "Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro", in G.U., 12 luglio 1955, n. 158.
(3) Cass.Civ., SS.UU., 22 luglio 1999, n. 500, in questa Rivista n. 7-1999, pag. http://www.giustamm.it/corte/casssu_1999-500.htm.
(4) V. T.A.R. Puglia Bari, Sez. I, 17 maggio 2001, n.1764, in Giust. civ., 2001, I, 3158; v. anche T.A.R. Puglia Bari, Sez.II, 17 gennaio 2000, n. 169, in Foro It., 2000, III, 481.
(5) T.A.R. Puglia Lecce, Sez. I, 16 novembre 1999, n.1179, in I T.A.R. 2000, I, 375.
per l'annullamento,
previa sospensione dell’esecuzione
- della deliberazione del Commissario dell'Azienda ospedaliera S. Croce e Carle di Cuneo in data 21 agosto 2002, n. 909 che ha escluso le società ricorrenti dalla gara a pubblico incanto per l’appalto dei lavori di costruzione del nuovo corpo di fabbrica adibito a servizi operatori, di poliambulatorio, centrale di sterilizzazione, spogliatoio, autorimessa e centrali tecnologiche;
- della nota 22 agosto 2002 n. 22273 con cui l'Azienda ospedaliera comunicava al ricorrente la suddetta esclusione;
- della nota 19 luglio 2002 n. 19885 con cui l'Azienda ospedaliera richiedeva chiarimenti alla Cooperativa B. Cellini circa il decreto penale G.I.P. di Prato del 6 maggio 1991;
- di ogni altro atto presupposto, consequenziale o connesso con quelli impugnati, ivi compresi i verbali di gara e i relativi atti di approvazione, l'aggiudicazione provvisoria, l'aggiudicazione definitiva ove intervenuta, il verbale di consegna dei lavori, il contratto e quant'altro allo stato non noto al ricorrente;
e per la condanna
dell’Amministrazione intimata al risarcimento del danno in forma specifica mediante riammissione alla gara ed assegnazione dell’appalto alla ricorrente ed in subordine attraverso il risarcimento per equivalente.
(omissis)
FATTO
Con bando pubblicato nei termini di legge l'Azienda ospedaliera S. Croce e Carle di Cuneo indiceva una gara d’appalto per l'affidamento dei lavori di costruzione del nuovo corpo di fabbrica adibito a servizi operatori, di poliambulatorio, centrale di sterilizzazione, spogliatoio, autorimessa e centrali tecnologiche.
Il disciplinare di gara prevedeva il deposito di una dichiarazione attestante fra l'altro: "a) di non trovarsi, indicandole specificamente, nelle condizioni previste dall'articolo 75, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f), g), h) del DPR n. 554/99;
b) che non sono state pronunziate nei propri confronti sentenze di condanna con il beneficio della non menzione nei certificati del casellario giudiziario richiesto dai privati ovvero di irrogazione della pena su richiesta;
c) che nei propri confronti non sono state emesse sentenze ancorché non definitive relative a reati che precludono la partecipazione alle gare d'appalto".
Il Consorzio Ravennate e la Cooperativa B. Cellini partecipavano alla gara in forma di raggruppamento temporaneo di imprese da costituire, producendo tutta la documentazione richiesta, ivi comprese le autocertificazioni attestanti l’inesistenza di sentenze di condanna e di altri ostacoli alla partecipazione all'appalto questione.
Nel luglio 2002 la Cooperativa Cellini riceveva dall'ente appaltante la nota, in data 19 luglio 2002 n. 19885, con la quale si chiedevano chiarimenti su un decreto penale non dichiarato.
A tale nota veniva risposto evidenziando l’irrilevanza dell’annotazione di detto decreto ai fini della partecipazione alla gara.
Peraltro, con la nota del 22 agosto 2002, impugnata, il Consorzio Ravennate riceveva la comunicazione che con determinazione del Commissario dell’Azienda ospedaliera S. Croce e Carle di Cuneo in data 21 agosto 2002, n. 909 l’A.T.I. Consorzio Ravennate Cooperative di Produzione e Lavoro e Cooperativa B. Cellini era stata esclusa dalla gara in quanto il legale rappresentante della Cooperativa Cellini aveva omesso di indicare un decreto penale subito nel giugno 1991 per una lieve violazione al T.U. unico relativo alla prevenzione infortuni, DPR 27 aprile 1955 n. 547.
Contro gli atti sopraindicati ricorrono le società in intestazione chiedendone l’annullamento, previa sospensione, con vittoria di spese e deducendo i motivi che seguono:
- Violazione di legge con riferimento all'articolo 75 del DPR n. 554/1999, nonché per via traslata, dagli artt. 125, 459 e seguenti, 529 e seguenti del c.p.p..
Eccesso di potere violazione della lex specialis, contraddittorietà, irragionevolezza, errore sul presupposto, difetto di istruttoria.
Violazione dell'articolo 3 della legge 241/90 ed eccesso di potere per illogica motivazione.
Assumono le ricorrenti che l’art. 75 del DPR n. 554/1999, per quanto qui interessa, indica, tra le ipotesi che possono determinare l’esclusione dalle procedure concorsuali per l’affidamento dei pubblici appalti e l’impossibilità di stipulare i relativi contratti, esclusivamente l’aver riportato "sentenza di condanna passata in giudicato, oppure di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, per reati che incidono sull’affidabilità morale e professionale", senza che si faccia menzione alcuna della diversa fattispecie, disciplinata dagli artt. 459 e segg. c.p.p., di condanna conseguita per effetto decreto penale.
Tale modalità di conclusione del processo penale, seppure conducente all’applicazione di una pena nei confronti del reo, deve ritenersi ontologicamente diversa da quelle indicate nell’art. 75 appena citato, dal momento che essa, oltre a potersi utilizzare solo nell’ipotesi in cui il giudice per le indagini preliminari ritenga applicabile un pena pecuniaria, anche se inflitta in sostituzione di pena detentiva, viene applicata in assenza di contraddittorio e senza che la condanna contenga, dal punto di vista soggettivo l’affermazione della penale responsabilità dell’interessato.
Nello stesso senso si esprime sostanzialmente il disciplinare di gara senza che possa consentirsi un’interpretazione estensiva delle norme de quo stanti le gravose conseguenze che comporta in ordine alla preclusione all’accesso ai pubblici appalti.
Ne consegue che, seguendo fedelmente le indicazioni del bando, il legale rappresentante della ricorrente cooperativa ha affermato l’inesistenza a proprio carico di pregiudizi penali in tal senso rilevanti.
Per contro l’Amministrazione intimata non ha fornito alcuna indicazione in merito alla rilevanza del decreto penale in parola ai fini dell’affidabilità morale e professionale dell’impresa interessata, avuto anche riguardo alla speciale tenuità della fattispecie di reato ascritta al legale rappresentante della ditta.
Con ricorso per motivi aggiunti, tempestivamente notificato, la parte ricorrente ha dedotto un ulteriore motivo di doglianza:
- Eccesso di potere per violazione del principio dell’affidamento nonché del principio di massima concorrenza.
La lex specialis predisposta dall’Amministrazione appaltante è, ad avviso delle ricorrenti, così dettagliata e univoca nelle sue affermazioni da aver creato nelle dichiaranti il legittimo affidamento sulla necessità di redigere autocertificazioni secondo una formulazione che imponeva di tener conto unicamente delle sentenze di condanna passate in giudicato, oppure di applicazione della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata opponendosi all’accoglimento del gravame.
Con ordinanza n. 883/02, depositata il 4 ottobre 2002, veniva accolta la domanda incidentale di sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato e contestualmente fissata l’udienza di discussione del merito del gravame.
Alla pubblica udienza del 20 novembre 2002 i procuratori delle parti hanno insistito nelle proprie tesi ed il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
E’ stato impugnato l’atto, in epigrafe precisato, con cui l’Azienda ospedaliera S. Croce e Carle di Cuneo ha escluso le società ricorrenti dalla gara a pubblico incanto per l’appalto dei lavori di costruzione del nuovo corpo di fabbrica adibito a servizi operatori, di poliambulatorio, centrale di sterilizzazione, spogliatoio, autorimessa e centrali tecnologiche.
L’Amministrazione resistente ha proceduto alla contestata esclusione a causa della violazione, da parte del legale rappresentante della Cooperativa B. Cellini, della norma del disciplinare di gara che prevedeva l’obbligo per le imprese concorrenti di dichiarare che non sono state pronunziate nei propri confronti sentenze di condanna con il beneficio della non menzione nei certificati del casellario giudiziario richiesto dai privati ovvero di irrogazione della pena su richiesta delle parti (artt. 444 e segg. c.p.p.) e che nei propri confronti non sono state emesse sentenze, ancorché non definitive, relative a reati che precludono la partecipazione alle gare d'appalto.
Infatti, a fronte della dichiarazione resa nel senso appena precisato dal legale rappresentante della Cooperativa B. Cellini, sig. Stefano Ciacci, l’Amministrazione sanitaria, esperiti i necessari controlli, riscontrava che a carico del medesimo era stato pronunciato, in data 6 maggio 1991, da parte del G.I.P. di Prato, un decreto penale di condanna all’ammenda di £. 250.000, non opposto e divenuto perciò definitivo, per violazione delle norme antinfortunistiche.
Le società ricorrenti lamentano che la stazione appaltante abbia proceduto illegittimamente in considerazione sia dell’inequivoco disposto dell’art. 75 del DPR n. 554/99, pedissequamente ripreso dal bando di gara, e del conseguente affidamento così ingenerato in capo ai soggetti obbligati alla dichiarazione de quo, sia dell’obbligo sussistente in capo all’Amministrazione di valutare la gravità del reato ascritto all’interessato e alla sua incidenza sull’affidabilità morale e professionale dell’impresa coinvolta.
L’argomentazione è meritevole di essere condivisa.
Si osserva in proposito che la stessa indeterminatezza dei concetti di affidabilità morale e professionale a cui è legato l’effetto espulsivo di cui parte ricorrente di duole in questa sede comporta necessariamente l’esercizio, da parte dell’Amministrazione aggiudicante, di un potere discrezionale di valutazione dei reati ascritti agli interessati.
Ciò tanto più se si considera che, nell’ipotesi di cui all’art. 459 c.p.p., l’applicazione della pena, che avviene eccezionalmente in assenza del contraddittorio con l’imputato, può avvenire esclusivamente per reati di particolare tenuità che comportano l’irrogazione di una pena pecuniaria, anche se inflitta in sostituzione di pena detentiva.
Da ciò consegue, altresì, che non è sufficiente l'accertamento in capo al soggetto interessato di una condanna penale, giacché il dettato normativo richiede una valutazione da parte dell'amministrazione ai fini di verificare, attraverso un apprezzamento discrezionale che deve essere adeguatamente motivato, l'incidenza della condanna sul vincolo fiduciario da instaurare attraverso il contratto con l’Amministrazione stessa, senza che tale apprezzamento possa ritenersi compiuto per implicito attraverso la semplice enunciazione delle fattispecie di reato alle quali si riferisce la condanna.
In tale senso già si era pronunciata la giurisprudenza, sia pure con riferimento alla normativa pregressa di analogo tenore, affermando la necessità, ai fini dell'esclusione da una gara di appalto, di una discrezionale valutazione dell'Amministrazione, insindacabile in sede giudiziale se non mediante la dimostrazione della sussistenza di vizi logici ovvero dell'erronea rappresentazione dei fatti, in ordine alla rilevanza di una condanna penale, subita dall’imprenditore partecipante alla gara stessa (Cons. Stato, sez. VI, 30 gennaio 1998, n. 125).
L’assunto viene ribadito anche con riferimento alla normativa in vigore confermando che, nelle gare per l'aggiudicazione di contratti pubblici, all'Amministrazione è demandato il compito di apprezzare se eventuali condanne riportate nel certificato del casellario giudiziale possono implicare un qualche vulnus alla moralità professionale del soggetto partecipante alla gara, attraverso la motivata valutazione, in concreto, della natura, della gravità e della rilevanza del reato (TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 23 dicembre 2000, n. 1980).
Ne consegue che l’Amministrazione era tenuta a motivare con riferimento alla rilevanza del fatto omissivo – di per se non determinante in relazione all’affidamento creato dalla formulazione letterale della norma di cui sopra – e all’incidenza della condanna sul vincolo fiduciario da instaurare attraverso il contratto con l’Amministrazione stessa. Nel caso di specie il sig. Ciacci risulta condannato ad un’ammenda di £. 250.000 per la violazione degli artt. 18 e 328 del Testo unico delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, approvato con D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 che disciplinano, rispettivamente, l’uso delle "scale semplici portatili" e le verifiche periodiche in materia di "impianti di messa a terra".
Nessuna indicazione è contenuta nel provvedimento impugnato in ordine all’incidenza di tali fatti sui valori tutelati dall’art. 75 del DPR n. 554/99.
Né può semplicemente ritenersi che a sostituire la valutazione di cui trattasi possa intervenire la semplice constatazione del mendacio in cui secondo l’Amministrazione sarebbe incorsa la società ricorrente, attesa l’inequivoca formulazione della lex specialis di gara che può avere indubbiamente ingenerato nel dichiarante un legittimo affidamento in ordine alle circostanze di cui fare menzione nella dichiarazione stessa.
Per le ragioni esposte il ricorso deve quindi essere accolto con il conseguente annullamento degli atti impugnati.
Quanto alla domanda di risarcimento del danno, essa deve essere respinta sulla base di un duplice ordine di considerazioni: da un lato, come sostiene la ricorrente, nell'ipotesi in cui l'Amministrazione, a seguito dell'annullamento del provvedimento impugnato, aggiudicasse il contratto d'appalto alla ricorrente medesima, essa vedrebbe ripristinato in forma specifica il bene della vita per la cui tutela agisce in giudizio; dall'altro, prima ancora della realizzazione di tale evenienza, è sufficiente rilevare che l'annullamento per difetto di motivazione comporta, in linea di principio, il potere/dovere per l'Amministrazione di esercitare nuovamente il potere amministrativo sulla base delle indicazioni della sentenza, di guisa che non può dirsi, al momento, positivamente realizzato quel giudizio prognostico sulla spettanza del bene della vita per cui si agisce che, secondo l’insegnamento della Corte di cassazione, costituisce l'operazione logica necessaria anteriormente alla pronuncia di accoglimento della domanda risarcitoria (Cass. sez. un., 22 luglio 1999 n. 500).
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte - 2^ Sezione – accoglie il ricorso in epigrafe indicato e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Respinge la domanda di risarcimento del danno.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Torino, nella camera di consiglio del 20 novembre 2002, con l'intervento dei signori:
Giuseppe Calvo Presidente
Bernardo Massari Primo referendario, estensore
Mariangela Caminiti Referendario
Il Presidente L’Estensore
f.to Calvo f.to Massari
Depositata in segreteria in data 7 dicembre 2002.