TAR PUGLIA-LECCE, SEZ. I - Sentenza 2 aprile 2003 n. 1574 - Pres. Ravalli, Est. Sabatino - De Carolis e Musa (Avv.Capone) c. Ministero dell’Interno (Avv.Stato) e Ammirabile (Avv.Ancora) (respinge).
Comune e Provincia – Consiglio comunale – Scioglimento – Per dimissioni di oltre la metà dei consiglieri comunali – Ex art. 141 del T.U. ee.ll. – Nel caso di presentazione delle dimissioni, mediante un nuncius, senza firma autenticata – Nel caso in cui comunque sussistano degli elementi da cui desumere la autenticità delle firme - Legittimità.
E’ legittimo il decreto di scioglimento di un consiglio comunale, disposto ai sensi dell’art. 141 del Decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 (T.U. ee.ll.), per le dimissioni di oltre la metà dei consiglieri, ove le dimissioni stesse siano state presentante al protocollo del Comune da uno solo dei consiglieri comunali dimissionari mediante un unico foglio, sottoscritto da tutti i consiglieri dimissionari le cui firme, tuttavia, non risultino autenticate, nel caso in cui comunque sussistano vari elementi che inducano a ritenere con assoluta certezza che gli autori del documento in questione siano proprio i consiglieri comunali che lo hanno sottoscritto (1).
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(1) V. tuttavia in senso contrario Cons. Stato, Sez. I, parere 11 dicembre 2002 n. 4269, in questa Rivista n. 1/2003, secondo cui, nel caso in cui le dimissioni siano state presentate mediante un nuncius, esse, ai fini della validità, debbono essere “previamente autenticate ed in data certa e con l’indicazione (contestuale o, a sua volta, separatamente autenticata) delle generalità del soggetto incaricato di presentarle”; v. anche nello stesso senso del parere del CdS, sempre in questa Rivista, T.A.R. Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 17 gennaio 2003 n. 268, con commento di A. VITALE, Dimissioni ultra dimidium e modalità di presentazione e T.A.R. Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 20 febbraio 2003 n. n. 1010.
Nella specie invece il T.A.R. Puglia-Lecce non ha ritenuto necessario l’autentica delle firme, pur non essendo state le dimissioni presentate personalmente dai consiglieri, per “la palmare ... diretta riconducibilità agli apparenti firmatari dell’atto congiunto di dimissioni della stessa volontà di abbandonare l’organo consiliare”.
A tal fine sono state ritenute rilevanti una serie di considerazioni e circostanze, ritenute inequivoche:
1) innanzitutto, il fatto che, successivamente alla presentazione della dimissioni, i consiglieri dimissionari avevano fatto pervenire, con atto al protocollo del Comune, una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà in cui riconoscevano la paternità delle firme apposte in calce all’atto di dimissioni contestuali di cui si verte;
2) in secondo luogo, è stato rilevato che nessuna contestazione sulla veridicità delle dette firme era stata posta in essere dagli stessi consiglieri, i quali ben avrebbero potuto dolersi di una eventuale falsificazione della loro scrittura che, posta in un atto di tal genere, aveva come conseguenza la loro decadenza dall’ufficio pubblico ricoperto.
Vi erano quindi, secondo quanto affermato dal T.A.R. Puglia-Lecce, più elementi che inducevano a ritenere con assoluta certezza che gli autori del documento in questione erano proprio i consiglieri comunali, “che appaiono e sono i reali firmatari dell’atto”.
per l'annullamento, previa sospensione dell’esecuzione,
del decreto del Presidente della Repubblica del 12.10.2001, notificato il 6.11.2001 con il quale si è disposto lo scioglimento del Consiglio Comunale di Fasano, nonché di ogni altro atto comunque connesso, presupposto e/o consequenziale ed in particolare della relazione del Ministro dell’Interno del 3.10.2001;
(omissis)
RITENUTO IN FATTO
Con ricorso iscritto al n. 119 del 2000, le parti ricorrenti impugnavano il provvedimento indicato in epigrafe. A sostegno delle loro doglianze, premettevano:
- che in data 12.09.01 veniva acquisita al protocollo del Comune di Fasano una nota indirizzata al Presidente del Consiglio comunale, al Segretario comunale ed al Prefetto di Brindisi, che recava una serie di 17 nomi di Consiglieri comunali con relativa data di nascita, sotto la quale si leggeva: “con la presente comunichiamo le nostre irrevocabili dimissioni da Consiglieri comunali al Comune di Fasano, con di seguito una serie di firme, pressochè illeggibili ed in parte sovrapposte;
- che in data 14.09.01, con decreto del Prefetto di Brindisi, il Consiglio comunale di Fasano veniva sospeso;
- che con decreto del Presidente della Repubblica del 12.10.01, il Consiglio comunale di Fasano veniva sciolto.
Ritenendo del tutto illegittima la procedura, interamente basata sull’atto di dimissione dei consiglieri comunali, i ricorrenti instavano quindi per l’annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese processuali.
Si costituiva l’Avvocatura dello Stato chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
Si costituiva altresì il controinteressato Vito Ammirabile.
All’udienza del 6.02.02, l’istanza cautelare veniva respinta con ordinanza n. 129/2002.
All’udienza del 19.03.03, il ricorso è stato discusso e deciso come da separato dispositivo, pubblicato mediante depositato in cancelleria il 21.03.03.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con un unico motivo di diritto, i ricorrenti si dolgono di violazione ed errata interpretazione ed applicazione dell’art. 141 comma 1 lett. b) n. 3 del Decreto legislativo 18.08.00 n. 267, incongruità della motivazione, carenza dei presupposti di fatto e di diritto, violazione dei principi fondamentali in materia di atti amministrativi.
Secondo tale prospettazione, il documento posto alla base dell’intera procedura, ovvero l’atto di dimissioni dei 17 consiglieri comunali, non sarebbe di per sé idoneo a dimostrare l’effettiva volontà degli stessi presunti firmatari e soprattutto non potrebbe essere valutato come fatto idoneo a determinare lo scioglimento del Consiglio comunale.
Ciò sulla base della circostanza che le firme apposte sul documento sono del tutto illeggibili né sono riconducibili singolarmente a ciascuno dei presunti dimissionari. In particolare, sebbene non sia richiesto che ciascuna delle firme debba essere autonomamente autenticata, viene comunque meno, stante il tipo di documentazione, quella certezza necessaria per l’estrinsecazione di volontà che trascendono il mero livello personale per attingere la regolamentazione di vicende di schietto stampo pubblicistico e di interessi non disponibili, atteso il loro valore di rango costituzionale.
Con il controricorso, il controinteressato deduce inammissibilità del ricorso sia per la mancata notifica a tutti i firmatari del documento come pure inammissibilità per tardività, attesa la riduzione dei termini per la proposizione del ricorso, nonché per la circostanza di essere rivolto contro il decreto del Presidente della Repubblica, anziché contro il decreto prefettizio antecedente.
Deduce inoltre infondatezza nel merito, atteso il rispetto della procedura indicata dall’art. 141 del D.Lvo 267/00, per la intrinseca idoneità dell’atto di dimissioni contestuali e per la genericità della censura proposta.
Con successive memorie, rispettivamente del 18.03.03 dei ricorrenti e del 1.03.03 del controinteressato, le parti ulteriormente replicavano alle difese contrapposte.
2. Il ricorso non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
Aspetto prioritario nella risoluzione della vicenda sottoposta al Collegio è la valutazione della congruità della presentazione di formali dichiarazioni di dimissioni da parte di più Consiglieri comunali secondo le modalità realizzatesi in concreto, ovvero mediante un unico foglio, sottoscritto da più soggetti non singolarmente identificati e presentato da uno solo di questi al protocollo del Comune. La norma da valutare è il disposto dell’art. 141 del Decreto legislativo 18.08.00 n. 267, che testualmente recita, al comma 1 punto 3, tra i motivi che determinano lo scioglimento dell’ente comunale, anche la “cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia”.
Nel caso in esame, non essendovi censure in merito all’entità numerica dei dimissionari e sulla sufficienza per determinare lo scioglimento dell’organo collegiale, la valutazione andrà unicamente rivolta alla procedura di dimissioni.
A parere del ricorrente, l’atto in questione non sarebbe idoneo a dimostrare l’esistenza della reale volontà dei consiglieri comunali. Tale considerazione deriverebbe dalla circostanza della mancanza di certezza sulla loro autografia e quindi dalla incerta riconducibilità ai legittimati delle firme apposte sull’atto consegnato al protocollo comunale. Si osserva, infatti, che, stante la tipologia dell’atto, di natura genericamente politica, non sarebbero applicabili né le procedure di carattere generale sulla semplificazione dell’attività amministrativa, di cui al D.P.R. 445/00 né tantomeno il principio della libertà delle forme.
Ritiene il Collegio che il problema della valutazione dell’idoneità del documento in questione a determinare lo scioglimento del consiglio comunale di Fasano vada ricondotto all’interno della dinamica del procedimento amministrativo ed in particolare nell’area della valutazione istruttoria dei presupposti di fatto e di diritto per l’emissione del provvedimento. Infatti, la normativa invocata, ovvero l’art. 141 del D.Lvo 267/00, pur predisponendo un sistema particolare per la presentazione delle dimissioni, non snatura l’atto in sé, che rimane una dichiarazione di volontà. Ciò che invece permette la norma in questione è di dare certezza dell’effettiva presentazione nelle modalità in cui questa è avvenuta. Non ha luogo quindi la trasformazione dell’intera vicenda in un procedimento di carattere dichiarativo o addirittura certificative, come sembrerebbero richiedere i ricorrenti. Manca infatti all’atto di dimissione qualunque substrato che possa far ritenere una tale prospettiva, non essendovi all’interno profili di scienza o conoscenza che possano essere già acquisiti al patrimonio di sapere della pubblica amministrazione. Se quindi un profilo procedimentale vi è, questo appartiene ad un momento successivo alla esternazione della volontà del dimissionario, ed è quello delle modalità di raccolta e documentazione della dichiarazione ricevuta dall’ente pubblico.
Emerge allora la ratio della norma, che mira a garantire i profili di rilievo pubblicistico della dichiarazione e non quelli attinenti alla formazione del volere stesso, che non vengono qui in rilievo. I temi pubblicistici rilevanti sono quindi unicamente la presentazione formale delle dimissioni e la contestualità delle stesse: il primo attiene alla ovvia necessità che gli atti di dimissione provengano unicamente dai soggetti legittimati; la seconda alla constatazione che il subitaneo e contemporaneo venir meno della maggioranza dei consiglieri non permetta all’organo di ulteriormente funzionare. Nell’ottica della legge, ciò che emerge è allora che la circostanza delle dimissioni contemporanea dei consiglieri, nel numero necessario, venga accertato come fatto del procedimento e non sia altrimenti infirmato da altre risultanze, come avviene in relazione a qualsiasi elemento posto a base dell’emissione di un provvedimento.
Ciò permette di scindere le valutazioni, che rimangono indipendenti come si è sopra chiarito, verificando da un lato se l’amministrazione abbia correttamente acclarato l’esistenza di dichiarazioni di volontà effettivamente attribuibili ai soggetti legittimati, e dall’altro, se la procedura di partecipazione della manifestazione sia stata corretta.
Nel caso in specie, appare al Collegio come il comportamento della pubblica amministrazione sia stato corretto in relazione a ciascuno dei momenti logici citati.
In ordine al primo profilo, non si può non evidenziare come sia palmare la diretta riconducibilità agli apparenti firmatari dell’atto congiunto di dimissioni della stessa volontà di abbandonare l’organo consiliare. Militano a tale proposito una serie di considerazioni e circostanze in equivoche. Innanzi tutto, successivamente alla presentazione della dimissioni, i 17 consiglieri hanno fatto pervenire, con atto al protocollo del Comune del 4.02.02, una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà in cui riconoscevano la paternità delle firme apposte in calce all’atto di dimissioni contestuali di cui si verte. In secondo luogo, va altresì sottolineato come alcuna contestazione sulla veridicità delle dette firme sia stata posta in essere dagli stessi consiglieri, i quali ben avrebbero potuto dolersi di una eventuale falsificazione della loro scrittura che, posta in un atto di tal genere, aveva come conseguenza la loro decadenza dall’ufficio pubblico ricoperto. Vi sono cioè più elementi che inducono a ritenere con assoluta certezza che gli autori del documento in esame siano proprio i consiglieri comunali che appaiono e sono i reali firmatari dell’atto.
A parere del Collegio, e siamo al secondo profilo, a parte le considerazioni suddette della sufficienza dell’attività istruttoria della pubblica amministrazione e quindi della legittimità dell’intero procedimento, appare del tutto lineare anche la modalità di presentazione delle dimissioni, così come effettivamente avutasi.
Dalla lettura della norma appare evidente la preoccupazione del legislatore che la impossibilità di funzionamento del Consiglio comunale avvenga solo a seguito di motivi di particolare gravità, come sono quelli indicati nell’art. 141 del D.Lvo 267/00. In merito alla circostanza delle dimissioni contemporanee della metà più uno dei consiglieri, l’attenzione viene rivolta, da un lato, alla contestualità, dall’altra alla indicazione del soggetto destinatario dell’atto di dimissione. Si tutela quindi non solo la dichiarazione di volontà del singolo consigliere, ma anche la tempestività della comunicazione all’ente comunale o provinciale che deve essere posto in grado di sapere quando si realizza la fattispecie che inabilita il suo funzionamento. Sono quindi requisiti ex lege, come anche sopra evidenziato, unicamente la contestualità e la presentazione al protocollo dell’ente stesso.
Non emerge invece, come vorrebbero invece i ricorrenti, alcun ulteriore requisito di forma, atteso che, stante la locuzione “rese anche con atti separati”, viene resa evidente la possibilità che le dimissioni siano contenute in un unico atto. Nemmeno emerge un onere di presentazione personale dell’atto, tale da non permettere che tale adempimento sia delegabile a terzi. Se così fosse, essendo la dichiarazione di volontà un momento autonomo e quindi potendo essere contenuta in un atto separato, si verrebbe a creare una limitazione alle normali possibilità di svolgimento della libertà di autodeterminazione, coercibile solo a seguito di esplicite previsioni legislative.
In sintesi, l’atto di dimissioni appare del tutto idoneo a rendere palese la volontà dei consiglieri comunali ed il procedimento di partecipazione appare altresì conforme alla lettera ed alla ratio della legge. Ciò implica il riconoscimento della legittimità dell’intera procedura e dell’atto impugnato.
Le spese processuali vanno poste a carico della parte soccombente e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, prima sezione di Lecce, definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza, domanda, deduzione ed eccezione, così provvede:
1. Respinge il ricorso;
2. Condanna i
ricorrenti De Carolis Donato e Musa Vincenza in solido tra loro a rifondere alle
parti resistenti le spese del presente giudizio, che liquida rispettivamente in
favore del Ministro dell’Interno in complessivi €.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Lecce, nella Camera di Consiglio del 19.03.03.
Aldo Ravalli Presidente
Diego Sabatino Estensore
Depositata in segreteria in data 2 aprile 2003.