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n. 11-2001 - © copyright.

TAR VENETO, SEZ. II – Sentenza 13 novembre 2001 n. 3699 - Pres. Trivellato, Est. Stevanato - Zanellato (Avv. Ivone Cacciavillani) c. Comune di Casale di Scodosia (Avv. Alberto Cartia) - (accoglie in parte).

1. Edilizia ed urbanistica - Concessione ed autorizzazione edilizia - Necessità - Nel caso di mutamento di destinazione d’uso senza opere edilizie - In assenza di apposita disciplina legislativa regionale - Non sussiste.

2. Edilizia ed urbanistica - Oneri di urbanizzazione - Mutamento di destinazione d’uso - Costo di costruzione - Non è dovuto - Oneri di urbanizzazione - Nel caso di maggior carico urbanistico - Conguaglio - E’ dovuto.

3. Edilizia ed urbanistica - Oneri di urbanizzazione - Mutamento di destinazione d’uso - Conguaglio degli oneri di urbanizzazione - Calcolo analitico - Necessità - Richiesta generica di una somma - Illegittimità.

1. Nel caso in cui in sede regionale non sia stata data attuazione all’art. 2, comma 60, l. 23.12.1996 n. 662 (c.d. "collegato" alla legge finanziaria per il 1997, secondo cui le Regioni debbono fissare con legge i criteri e gli indirizzi normativi in base ai quali i Comuni potranno individuare i casi in cui il mutamento di destinazione d'uso, anche senza opere, sarà soggetto a concessione oppure ad autorizzazione), il mutamento di destinazione d'uso funzionale dei singoli edifici è da ritenere libero e non soggetto nè a concessione nè ad autorizzazione edilizia (1).

2. La circostanza che le modifiche di destinazione d’uso senza opere non sono soggette a preventiva concessione o autorizzazione sindacale (fino a quando non saranno emanate le norme previste dall’art. 25, co. 4, della legge n. 47 del 1985 e dall’art. 2, comma 60, l. 23.12.1996 n. 662), non comporta l’esenzione dagli oneri di urbanizzazione (2).

Più precisamente, mentre non è dovuto il contributo afferente al costo di costruzione ex art. 6 l. n. 10 del 1977 (il quale è da riferire al dato oggettivo della realizzazione dell’edificio che giustifica l'imposizione e non è influenzabile dalle destinazioni d’uso che siano successivamente impresse all’edificio stesso), per la quota del contributo afferente agli oneri di urbanizzazione occorre avere riguardo al carico urbanistico indotto dalla realizzazione di quanto assentito, dovendosi ritenere in particolare che la modificazione della destinazione d'uso, cui è correlato un maggior carico urbanistico, comporta il pagamento della differenza tra gli oneri di urbanizzazione dovuti per la destinazione originaria e quelli, se maggiori, dovuti per la nuova destinazione impressa (3).

3. E’ illegittimo un provvedimento con il quale si richieda il conguaglio degli oneri di urbanizzazione a seguito di modificazione della destinazione d’uso sulla base di un calcolo nel quale non è chiaro se la somma rappresenti il conguaglio tra le due destinazioni d’uso, oppure se il contributo sia stato calcolato per intero, come se si trattasse di una nuova costruzione.

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(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 febbraio 2000 n. 949; id., 21 luglio 1999 n. 868; T.A.R. Lombardia, Milano, 14 maggio 1996 n. 661; T.A.R. Veneto, Sez. II, 21 marzo 1997 n. 615; id., Sez. I, 22 dicembre 1993 n. 1020.

Alla stregua del principio nella specie è stato ritenuto fondato il motivo con il quale era stato dedotto che l’intervento progettato dalla ricorrente, consistente nel mutamento senza opere della destinazione d’uso di una porzione del proprio edificio, non era soggetto ad alcun tipo di provvedimento permissivo comunale (concessione o autorizzazione).

Non è stata ritenuta rilevante la circostanza che la ricorrente aveva chiesto in precedenza la concessione edilizia per il detto intervento, dato che non per questo il Comune avrebbe dovuto avviare il relativo procedimento e concluderlo, pur se con comunicazione favorevole, essendo esclusa dal vigente ordinamento l’emanazione di qualsiasi provvedimento permissivo nel caso del mutamento di destinazione d’uso di un edificio realizzato senza opere.

(3) Cfr. in tal senso T.A.R. Lombardia, Brescia, 23 gennaio 1998 n. 34 e T.A.R. Trentino Alto Adige, Trento, 4 luglio 1990 n. 320.

(2) Ha osservato in proposito il T.A.R. Veneto che il presupposto del contributo d'urbanizzazione, da versare al momento del rilascio della concessione edilizia, non consiste nell'atto amministrativo in sé, bensì nella necessità di ridistribuire i costi sociali delle opere di urbanizzazione, facendoli gravare sugli interessati che beneficiano delle utilità derivanti dalla presenza delle opere medesime, in modo più equo per la comunità (cfr., ad es.: Consiglio di Stato, sez. V, 23 maggio 1997 n. 529).

Il cambiamento di destinazione d'uso è quindi rilevante allorquando sussiste un passaggio tra due categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, qualificate sotto il profilo della differenza del regime contributivo in ragione di diversi carichi urbanistici, ex artt. 3 e 5 D.M. 1444/68 , cosicché la circostanza che le modifiche di destinazione d’uso senza opere non sono soggette a preventiva concessione o autorizzazione sindacale (fino a quando non saranno emanate le norme previste dall’art. 25, co. 4, della legge n. 47 del 1985), non comporta l’esenzione dagli oneri di urbanizzazione e quindi la gratuità dell’operazione.

Gli interessati sarebbero altrimenti indotti a chiedere ed ottenere una concessione edilizia che sconta il pagamento di un minor contributo per il basso carico urbanistico, per poi mutare liberamente e gratuitamente la destinazione d'uso originaria senza pagare i maggiori oneri che derivano dal maggior carico urbanistico. Una tale conseguenza sarebbe evidentemente inaccettabile.

V. in argomento in questa rivista:

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - Sentenza 1 febbraio 2001 n. 4023

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 10 marzo 1999 n. 231

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 21 maggio 1999 n. 592

TAR FRIULI-VENEZIA GIULIA – Sentenza 6 dicembre 2000 n. 1301

O. CARPARELLI, Brevi note in tema di  soggetti legittimati  a richiedere la concessione edilizia

D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (in G.U. n. 245 del 20 ottobre 2001 - Suppl. Ordinario n. 239 - in vigore dal 1° gennaio 2002) - Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A).

 

 

per l'annullamento

a) del provvedimento sindacale 10.7.1993 n. prot. 92/7503, con cui sono stati comunicati i pareri favorevoli espressi dalla commissione edilizia e dal responsabile del settore igiene pubblica sull’istanza di concessione edilizia presentata dalla ricorrente per il parziale mutamento di destinazione d’uso di un edificio, da artigianale a commerciale, ed il rilascio del titolo è stato subordinato al pagamento del contributo concessorio di lire 13.760.049 e dei diritti di segreteria quantificati in lire 500.000;

b) degli atti presupposti, tra cui il parere della commissione edilizia del 16.12.1992;

nonché per l'accertamento

che le anzidette somme non sono dovute dalla ricorrente.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

visto il controricorso del Comune intimato;

viste le memorie prodotte dalla ricorrente e dall’Amministrazione;

visti gli atti tutti della causa;

uditi alla pubblica udienza del 12 ottobre 2001 (relatore il Consigliere Lorenzo Stevanato) gli avv.ti A.Sartori, in sostituzione dell’avv. I.Cacciavillani, per la ricorrente e l’avv. A.De Martin, in sostituzione dell’avv. A.Cartia, per l’Amministrazione comunale resistente.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

La ricorrente, proprietaria di un edificio in Comune di Casale di Scodosia, ha presentato domanda di concessione edilizia per il mutamento di destinazione d’uso, senza opere, da artigianale a commerciale di una porzione dell'edificio stesso.

Il rilascio del titolo è stato subordinato al pagamento del contributo concessorio di lire 13.760.049 e dei diritti di segreteria quantificati in lire 500.000.

La ricorrente sostiene che un provvedimento concessorio o autorizzatorio non era in realtà necessario e comunque censura l’illegittimità della pretesa impositiva.

A sostegno del ricorso vengono dedotti i seguenti motivi:

1) violazione di legge (art. 81 L.R. 61/85) ed eccesso di potere per difetto e falsità del presupposto, nel rilievo che il mutamento di destinazione funzionale degli edifici non è soggetto ad alcun provvedimento permissivo e conseguentemente non è soggetto ad alcun contributo concessorio;

2) violazione di legge (art. 81 L.R. 61/85) ed eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, nel rilievo che – anche ammesso che si dovesse pagare il conguaglio tra le due destinazioni – nella fattispecie è stato calcolato il contributo come se si trattasse di una nuova costruzione, né sono spiegati i criteri di calcolo del contributo;

3) violazione di legge (art. 40 L. 604/62) ed eccesso di potere per difetto di motivazione, nel rilievo che i diritti di segreteria non sono applicabili alla fattispecie.

L’intimata Amministrazione comunale, costituita in giudizio, ha pregiudizialmente eccepito che il ricorso è divenuto improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse alla decisione, in quanto la ricorrente è incorsa nella decadenza dalla concessione edilizia a seguito del mancato ritiro nel termine di 120 giorni. Nel merito, ha contestato puntualmente la fondatezza del gravame concludendo per la sua reiezione.

DIRITTO

Il presente giudizio è, in parte, di carattere impugnatorio essendo diretto contro la comunicazione del parere favorevole della commissione edilizia e del parere sanitario favorevole sull’istanza di concessione edilizia con la determinazione del contributo concessorio ed, in parte, di carattere dichiarativo, essendo stato chiesto l’accertamento che non è dovuto alcun contributo concessorio per un intervento di mutamento di destinazione d’uso solo funzionale.

Va anzitutto esaminata l’eccezione, proposta dall’Amministrazione, di improcedibilità del ricorso per sopravvenuto di difetto di interesse alla decisione, nel rilievo che la ricorrente è incorsa nella decadenza dal titolo a seguito del mancato ritiro della concessione edilizia nel termine di 120 giorni e non ha impugnato il provvedimento dichiarativo della decadenza.

L’eccezione va disattesa.

La ricorrente contesta, infatti, che fosse necessario un provvedimento permissivo per il tipo di intervento urbanistico-edilizio realizzato e conserva l’interesse alla pronuncia sia sotto questo profilo sia per l'accertamento giudiziale che non è dovuto alcun contributo concessorio per il mutamento funzionale di destinazione d’uso, indipendentemente dal rilascio del provvedimento permissivo richiesto.

Ciò premesso, col primo motivo la ricorrente deduce che il mutamento di destinazione d'uso funzionale, realizzato cioè senza opere edilizie a ciò preordinate, nella vigente normativa urbanistica è libero, in quanto svincolato dalla necessità di qualsiasi provvedimento permissivo e dunque anche dal pagamento di oneri concessori.

La censura è fondata, limitatamente al rilievo che il mutamento di destinazione d’uso degli edifici, realizzato senza opere, non è attualmente soggetto nell’ordinamento della Regione Veneto ad alcun tipo di provvedimento permissivo.

In proposito, occorre premettere che l'art. 25, ult. co., della legge statale 28 febbraio 1985 n. 47, ponendo fine alla disputa se, ed in quali limiti, il mutamento di destinazione d'uso realizzato senza opere edilizie sia soggetto al controllo urbanistico-edilizio (ossia, ai sensi della legge n. 10 del 1977, alla preventiva concessione edilizia), ha introdotto il principio che esso va sottoposto, nei casi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge regionale, a semplice autorizzazione e non a concessione edilizia.

Questa disposizione di principio recita, infatti: "La legge regionale stabilisce, altresì, criteri e modalità cui dovranno attenersi i Comuni, all'atto della predisposizione di strumenti urbanistici, per l'eventuale regolamentazione, in ambiti determinati del proprio territorio, delle destinazioni d'uso degli immobili nonché dei casi in cui per la variazione di esse sia richiesta la preventiva autorizzazione del Sindaco. La mancanza di tale autorizzazione comporta l'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 10 (ossia di quelle previste per le opere eseguite senza autorizzazione) ed il conguaglio del contributo di concessione se dovuto".

La Regione Veneto ha svolto tale principio con una norma, contenuta nell'art. 76, I co., n. 2), della L.R.V. 27/6/1985, n. 61, come modificato dalla L.R.V. 11/3/1986, n. 9, in forza della quale "L'esecuzione degli interventi di trasformazione urbanistica e/o edilizia degli immobili è soggetta al rilascio di ... un'autorizzazione onerosa, quando, senza opere a ciò preordinate, vi sia un mutamento di destinazione d'uso degli immobili, che, oltre ad essere compatibile con le caratteristiche della zona o comunque espressamente consentito dagli strumenti urbanistici, comporti la corresponsione di un contributo pari alla differenza fra la precedente e la nuova destinazione".

La legge regionale veneta ha quindi assoggettato ad autorizzazione tutti i mutamenti di destinazione d'uso, in qualsiasi parte del territorio comunale essi vengano realizzati.

Tuttavia la Corte costituzionale, con sentenza 11/2/1991 n. 73, pubblicata sulla G.U. il 20/2/1991, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di tale disposizione legislativa regionale, in quanto essa viola il principio recato dall'anzidetto art. 25, ult. co., della legge statale n. 47 del 1985.

La questione di legittimità costituzionale era stata dal T.A.R. Veneto (sez. II, ord.za 2 aprile 1990 n. 445) rimessa alla Corte, in riferimento agli artt. 117 e 5 Cost., per contrasto col citato principio contenuto nell'art. 25, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985 n. 47.

La Corte costituzionale ha osservato che, in base all’anzidetto principio recato dall’art. 25, ultimo comma, della legge statale n. 47 del 1985, il regime dell'autorizzazione al mutamento della destinazione d'uso degli edifici non è applicabile direttamente ed in via generale, ma è subordinato a preventive valutazioni d'ordine urbanistico per ambiti territoriali determinati: valutazioni demandate alle Amministrazioni comunali in sede di pianificazione urbanistica mentre alle Regioni spetta soltanto fissare (con legge) criteri ed indirizzi normativi.

L’anzidetto orientamento è stato confermato da una più recente sentenza della stessa Corte costituzionale (31 dicembre 1993 n. 498) riferita all’art. 48, comma 1, della legge della Regione Piemonte 5 dicembre 1977 n. 56.

Poiché, dopo la citata sentenza della Corte costituzionale, la norma statale di principio non è stata svolta dalla Regione Veneto con apposita legge regionale, nell'ordinamento regionale del Veneto (come in tutte le Regioni che non hanno legiferato) vale il principio che il mutamento di destinazione d'uso funzionale dei singoli edifici è in linea generale libero (salvo la disciplina più rigorosa recata dall'art. 12, co. 4, della L.R.V. n. 24 del 1985 per le zone agricole: cfr. la sentenza di questa sezione 24 giugno 1997 n. 1054).

All’epoca dell’emanazione dell’atto impugnato e della proposizione del presente ricorso, questa era la situazione giuridica vigente.

Successivamente, il suddetto art. 25, ult. co., della l. 47/85 ha subito una modifica introdotta dal "collegato" alla legge finanziaria per il 1997 (art. 2, co. 60, l. 23.12.1996 n. 662), tale per cui le Regioni dovranno fissare (con legge) criteri ed indirizzi normativi in base ai quali i Comuni potranno individuare i casi in cui il mutamento di destinazione d'uso, anche senza opere, sarà soggetto a concessione oppure ad autorizzazione.

Nell’ordinamento regionale del Veneto nemmeno la nuova norma statale di principio ha trovato finora alcuno svolgimento, cosicchè il mutamento di destinazione d'uso funzionale dei singoli edifici è tuttora libero (in questo senso, vd. ad es.: Consiglio di Stato, sez. V, 23 febbraio 2000 n. 949; id., 21 luglio 1999 n. 868; T.A.R. Lombardia, Milano, 14 maggio 1996 n. 661; T.A.R. Veneto, sez. II, 21 marzo 1997 n. 615; id., sez. I, 22 dicembre 1993 n. 1020).

Il primo motivo è pertanto fondato, nella parte in cui si deduce che l’intervento progettato dalla ricorrente, consistente nel mutamento senza opere della destinazione d’uso di una porzione del proprio edificio, non era soggetto ad alcun tipo di provvedimento permissivo comunale (concessione o autorizzazione). Anche se la ricorrente aveva chiesto la concessione edilizia, non per questo il Comune di Casale di Scodosia avrebbe dovuto avviare il relativo procedimento e concluderlo, pur se con comunicazione favorevole, essendo esclusa dal vigente ordinamento l’emanazione di qualsiasi provvedimento permissivo nel caso del mutamento di destinazione d’uso di un edificio realizzato senza opere.

E' conseguentemente fondato anche il terzo motivo con cui è stata censurata l’applicazione dei diritti di segreteria (lire 400.000) previsti per il rilascio di una concessione edilizia che, nella specie, non era affatto necessaria per il tipo di intervento che la ricorrente intendeva realizzare.

E’ invece infondata la pretesa, dedotta con lo stesso primo motivo, secondo cui non sarebbe dovuto alcun contributo concessorio ed, in sostanza, è infondata la domanda di accertamento del diritto alla gratuità del mutamento funzionale di destinazione d’uso.

A tal riguardo, tuttavia, occorre distinguere. La parte di contributo afferente al costo di costruzione (art. 6 l. n. 10 del 1977) è da riferire al dato oggettivo della realizzazione dell’edificio che giustifica l'imposizione e non è influenzabile dalle destinazioni d’uso che siano successivamente impresse all’edificio stesso.

Un ragionamento diverso va fatto, invece, per la quota del contributo afferente agli oneri di urbanizzazione, per la quale occorre avere riguardo al carico urbanistico indotto dalla realizzazione di quanto assentito.

In questo caso, la misura del carico urbanistico può essere influenzata dalle destinazioni d’uso che siano successivamente impresse all’edificio.

Una diversa utilizzazione dell'edificio rispetto a quella stabilita nella concessione edilizia determina una variazione quantitativa e qualitativa del carico urbanistico.

Il Collegio osserva, infatti, che il presupposto del contributo d'urbanizzazione, da versare al momento del rilascio della concessione edilizia, non consiste nell'atto amministrativo in sé, bensì nella necessità di ridistribuire i costi sociali delle opere di urbanizzazione, facendoli gravare sugli interessati che beneficiano delle utilità derivanti dalla presenza delle opere medesime, in modo più equo per la comunità (cfr., ad es.: Consiglio di Stato, sez. V, 23 maggio 1997 n. 529).

Dunque, anche nel caso della modificazione della destinazione d'uso, cui è correlato un maggior carico urbanistico, sussiste il presupposto che giustifica l’imposizione al titolare del pagamento della differenza tra gli oneri di urbanizzazione dovuti per la destinazione originaria e quelli, se maggiori, dovuti per la nuova destinazione impressa.

Il cambiamento di destinazione d'uso è rilevante allorquando sussiste un passaggio tra due categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, qualificate sotto il profilo della differenza del regime contributivo in ragione di diversi carichi urbanistici, ex artt. 3 e 5 D.M. 1444/68 , cosicché la circostanza che le modifiche di destinazione d’uso senza opere non sono soggette a preventiva concessione o autorizzazione sindacale (fino a quando non saranno emanate le norme previste dall’art. 25, co. 4, della legge n. 47 del 1985), non comporta l’esenzione dagli oneri di urbanizzazione e quindi la gratuità dell’operazione (cfr. in tal senso: T.A.R. Lombardia, Brescia, 23 gennaio 1998 n. 34; T.A.R. Trentino Alto Adige, Trento, 4 luglio 1990 n. 320).

Gli interessati sarebbero altrimenti indotti a chiedere ed ottenere una concessione edilizia che sconta il pagamento di un minor contributo per il basso carico urbanistico, per poi mutare liberamente e gratuitamente la destinazione d'uso originaria senza pagare i maggiori oneri che derivano dal maggior carico urbanistico. Una tale conseguenza sarebbe evidentemente inaccettabile.

Sotto tale profilo, l’azione di accertamento del diritto a non versare alcun contributo per il mutamento di destinazione d’uso è infondata, come la relativa censura dedotta con un profilo del primo motivo di ricorso.

E’ invece fondato il profilo del secondo motivo di ricorso, con cui si deduce che non sono spiegati i criteri di calcolo del contributo.

Il Collegio osserva infatti che, pur se i criteri seguiti nel calcolo del contributo non richiedono una particolare motivazione perché, una volta stabilita la consistenza del mutamento di destinazione d’uso, la determinazione del conguaglio è affidata ad un semplice calcolo aritmetico (in quanto il criterio è determinato da atti generali del Consiglio regionale o del Consiglio comunale in base agli artt. 82 e 84 L.R.V. n. 61 del 1985: si tratta, cioè, di un’operazione strettamente vincolata alle tabelle previste dai citati atti generali, in base alla legge), tuttavia nella specie lo stesso calcolo ed il suo risultato non sono affatto comprensibili. Tanto è vero che non è chiaro se la somma rappresenti il conguaglio tra le due destinazioni d’uso, oppure se il contributo sia stato calcolato per intero, come se si trattasse di una nuova costruzione. Nella memoria difensiva (pag. 6) l’Amministrazione sostiene che si tratta del conguaglio, ma dall’atto impugnato ciò non si ricava.

Invero, per quanto detto sopra, il contributo da versare concerne la sola parte afferente agli oneri di urbanizzazione, e, relativamente alla misura della differenza (conguaglio) tra quanto dovuto per la destinazione originaria e quanto dovuto per la nuova destinazione.

Il ricorso va quindi parzialmente accolto, nei sensi che precedono.

Concorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese e le competenze del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, seconda sezione, definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa, lo accoglie parzialmente, nei limiti indicati in motivazione, e per l’effetto annulla l’impugnato provvedimento sindacale e gli atti presupposti, indicati in epigrafe.

Compensa integralmente tra le parti le spese e le competenze del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, in camera di consiglio, addì 12 ottobre 2001.

Il Presidente

L'estensore

Depositata il 13 novembre 2001.

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