MICHELE
DIDONNA
(Avvocato)
La responsabilità precontrattuale della stazione appaltante
(note a margine di Cons. Stato, sez. V, sent. 13 novembre 2002, n. 6291 e 8 luglio 2002, n. 3796).
Nella giurisprudenza amministrativa, soprattutto la più recente in parte significativamente desunta nelle decisioni in esame, vien sovente fatto riferimento alla responsabilità precontrattuale della P.A. riferita all’attività procedimentale protesa all’aggiudicazione di un appalto (di lavori, servizi o forniture) da parte di un ente pubblico (e non) obbligato, come si conviene, all’applicazione delle norme concorsuali sull’evidenza pubblica di derivazione comunitaria [1].
In breve sintesi, le fattispecie che spesso, in ambito pubblicistico, vengono all’uopo prese in considerazione sono principalmente le seguenti:
1) il caso in cui un appalto aggiudicato provvisoriamente ad una impresa, non venga alla medesima affidato definitivamente poiché la stazione appaltante ritiene di dover annullare secondo autotutela l’aggiudicazione e tutti i pregressi atti di gara (o revocarli), a causa della imprevista ricorrenza di un sopravvenuto interesse pubblico che depone in senso confliggente all’affidamento dell’appalto nei termini come aggiudicato [2];
2) il caso in cui un appalto venga aggiudicato ed anche eseguito da parte di una ditta, la cui aggiudicazione successivamente sia accertata come illegittima dal G.A. (ad esempio, per illegittimità della esclusione della ditta ricorrente, ovvero, poiché viene accertato dal giudice che la ditta ricorrente –seconda in graduatoria- aveva essa diritto ad aggiudicarsi l’appalto in luogo della effettiva aggiudicataria).
Nonostante che la giurisprudenza in tali ipotesi si sia sforzata di ricondurre le suddette fattispecie nella tematica della responsabilità precontrattuale della P.A. appaltante, secondo lo schema delineato dagli artt.1337 e 1338 c.c., a ben vedere essa non ricorre in alcuna delle medesime ipotesi ed in tal senso si sono espressi i più recenti indirizzi del G.A. –tra cui quelli contenuti nelle decisioni in questione.
1. Nel caso di annullamento dell’aggiudicazione e di tutti gli atti della gara già celebrata, l’appalto non viene aggiudicato a nessuna impresa e semmai la stazione appaltante, ove lo ritenga aderente al pubblico interesse, potrebbe indire una rinnovazione del procedimento concorsuale (ad esempio ponendo a base d’asta prezzi differenti rispetto a quelli dedotti nella gara precedente).
In tale evenienza la ditta provvisoriamente aggiudicataria adendo il G.A. potrebbe richiedere l’accertamento dell’obbligo della P.A. a stipulare con essa il contratto di appalto ed ove tale istanza venisse accordata nulla quaestio; ma, potrebbe, ove la stipulazione del contratto non fosse percorribile, richiedere il risarcimento dei danni patiti per l’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria in precedenza decretata in proprio favore.
Orbene se il G.A., per qualche rilievo che intendesse condividere, accertasse il carattere illegittimo dell’esercizio dello ius poenitendi come praticato dalla P.A. (comunque non potendo ordinare a quest’ultima l’affidamento coattivo della gara in favore della ditta ricorrente), esso dovrebbe condannare quest’ultima al risarcimento del danno subito dall’impresa. Ma quale danno?
1.1. Certamente non il danno correlato ad una responsabilità contrattuale in quanto il contratto di appalto non è mai stato sottoscritto ed il cd. “rapporto amministrativo” [3] non si è mai trasformato in effettiva relazione negoziale.
1.2. Neppure a titolo di responsabilità precontrattuale [4] potrebbe essere condannata la P.A. renitente atteso che, nel caso di specie, non ricorrerebbe alcuno degli elementi costitutivi previsti dagli articoli 1337 e 1338 c.c. [5].
1.3. Sembra condivisibile, invece, la tesi secondo cui la P.A. dovrebbe risarcire il danno subito dall’impresa aggiudicataria della gara, consistente in quell’interesse collegato al “bene della vita” propugnato dalle S.U. nella nota decisione n. 500 del 1999, a titolo di responsabilità aquiliana secondo l’archetipo di cui all’art. 2043 c.c. [6], nella visione estensiva che al concetto di ingiustizia del danno ha apprestato il chiaro obiter contenuto nella medesima sentenza n. 500 [7]. Non limitandosi dunque alla semplice corresponsione del cd. “interesse negativo”, bensì dovendo riconoscere, ai sensi dell’art. 2056 c.c. e secondo il paradigma dell’art. 1223 c.c., sia il danno emergente che il lucro cessante (quest’ultimo quantificato anche a titolo equitativo).
1.4. A diverse conclusioni dovrebbe pervenirsi, nelle peculiari situazioni nelle quali la lex specialis di gara avesse, a monte, previsto una clausola di riserva della facoltà della stazione appaltante di non aggiudicare l’appalto per sopravvenute ragioni di pubblico interesse; infatti la giurisprudenza amministrativa, in siffatte evenienze, ha negato la ricorrenza di alcuna forma di responsabilità in capo alla P.A. -che abbia ritenuto motivatamente di servirsi di tale clausola- escludendo la ricorrenza anche della responsabilità precontrattuale atteso che, per effetto della suddetta clausola, verrebbe in radice elisa la posizione di “incolpevole affidamento” – di cui all’art.1338 c.c. - da parte della ditta partecipante alla procedura concorsuale disciplinata dalla legge di gara che, in specifico, reca –tra l’altro- la prescrizione di riserva e tutela del superiore interesse pubblico (ove beninteso il provvedimento amministrativo di non aggiudicazione risulti sorretto da un’adeguata motivazione) [8].
2. A non dissimili conclusioni dovrebbe pervenirsi nella differente casistica della seconda categoria di questioni pratiche innanzi scandita, stante la solare circostanza che nelle ipotesi in cui la stazione appaltante aggiudichi un appalto ad un’impresa e successivamente tale aggiudicazione viene dichiarata illegittima da parte del G.A., la ditta che ha subito il pregiudizio economico per non aver potuto eseguire l’appalto –nonostante ad essa legittimamente dovesse essere affidato- avrà titolo a vantare nei confronti della stazione appaltante l’equivalente risarcitorio di cui alla responsabilità, extracontrattuale, ragguagliata sia al danno emergente che al lucro cessante (art. 2056 c.c.) nella dimensione estensiva che dell’ingiustizia del danno ne ha interpretativamente apprestato la menzionata decisione n. 500 delle S.U. [9], in riferimento al contenuto dell’interesse sostanziale leso (che non è l’interesse legittimo) che risulta collegato ad un bene della vita individuato come significativo per l’ordinamento [10].
Infatti la corresponsione del solo interesse negativo proprio della responsabilità precontrattuale, sotto il profilo sostanziale, non avrebbe in alcun modo attitudine a ristorare l’effettivo pregiudizio subito dalla impresa non prescelta nell’aver perduto irreparabilmente un appalto che –in luogo di altri- aveva essa diritto ad eseguire [11]. Parimenti, al medesimo fine di proporre in tale schema la ricorrenza di ipotesi di responsabilità precontrattuale, non risultano concorrenti nella fattispecie in parola gli elementi costitutivi della disciplina di cui agli artt. 1337 e 1338 c.c. [12].
Similmente il danno patito dall’impresa non prescelta [13] non lo si potrebbe atteggiare –e dunque liquidare- a titolo di responsabilità contrattuale non essendo intervenuta la stipulazione del contratto di appalto che, al contrario, è intercorsa con altro soggetto giuridico [14] (nonostante, come ritiene di sostenere la giurisprudenza, tali soggetti non risultino del tutto estranei come nella prospettiva del neminem laedere [15]).
3. Alla luce di quanto fin qui osservato risulta chiaro che, benché nella casistica quale quella sopra analizzata, si faccia spesso utilizzo e riferimento alle questioni concernenti una –ipotetica (a questo punto)- responsabilità precontrattuale della stazione pubblica appaltante [16], nei casi di attività funzionalizzata avente ad oggetto procedure di evidenza per l’affidamento di appalti pubblici, è ben evidente che gli ambiti nei quali essa in concreto potrà significativamente esplicarsi risultano per lo più ridotti a casi di scuola, potendosi oggi rinvenire l’unica nicchia di operatività di tale istituto giuridico nelle fattispecie avente ad oggetto procedure di trattativa privata –seppur preceduta da cd. confronto concorrenziale- (che nella presente trattazione, per comprensibili ragioni, non sono state prese in considerazione) poiché in esse verrebbero in essere semplici comportamenti materiali posti in essere da parte della stazione appaltante e pertanto a tali ipotesi –apertamente non problematiche- condivisibilmente risulterebbero de plano estensibili le norme –e le logiche- sottese agli artt. 1337 e 1338 c.c., attesa l’indole iure privatorum dell’agire in tali circostanze della P.A. [17].
Infatti il nocciolo duro della presente tematica sarebbe costituito dalla convivenza di istituti giuridici di derivazione privatistica (in presenza dei quali, come è noto, nella prospettiva tradizionale possono ricorrere soltanto posizioni di diritto soggettivo) con i vari esiti a cui giunge l’attività funzionalizzata (in questo caso tesa alla scelta del contraente) della pubblica amministrazione.
3.1. Non potrebbe in conclusione sottacersi che la tematica della responsabilità precontrattuale della P.A. negli ultimi tempi ha perso notevole rilievo per effetto dei recenti interventi legislativi che hanno attribuito la cognizione piena al G.A., in linea generale, sul risarcimento del danno [18], ma anche –e soprattutto- per la nuova prospettiva che le S.U. hanno conferito al novero del danno risarcibile [19], nel paradigma atipico dell’art. 2043 c.c., estendendone la portata applicativa alla lesione di ogni bene (o interesse sostanziale) che risulta meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico (cfr. art. 1322, comma 2 c.c.), spostando, agli effetti finali, il peso della rilevanza giuridica dalla posizione soggettiva oggetto di tutela, al carattere significativo del bene oggetto di protezione.
Beni ed interessi giuridici
[20] tra i quali, per quel che interessa il
presente esame, verrebbero ricompresi quelli che, in ambito privatistico,
presiedono alla disciplina della responsabilità precontrattuale di cui agli artt.
1337
[1] Le cc.dd. “amministrazioni aggiudicatrici” indicate negli articoli di esordio dei testi legislativi nazionali (legge n. 109/1994, D.lgs. n. 358/1992, Dd.lgs. n. 157 e 158 del 1995 e s.m.i.).
[2] Ad esempio per eccessiva onerosità del prezzo di aggiudicazione rispetto ai valori di mercato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 18 settembre 2002, n. 4751, in questa Rivista con nota M. PERIN), ovvero per sopravvenuta inutilità –inopportunità- dell’affidamento esterno per approvvigionamento della fornitura o del servizio in economia (Idem, 12 settembre 2001, n. 4776, in Idem).
[3] “O contatto sociale tra amministratore e amministrato”: v. Cons. Giust. Amm. Sic., ord. 8 maggio 2002, n. 267, rel. Turco, in questa Rivista.
[4] Con il riconoscimento del cd. “interesse negativo” alle spese effettivamente sopportate ed alle chances contrattuali per tal ragione perdute.
[5] Lo “svolgimento delle trattative”, la “formazione del contratto”, etc..
[6] Ora anche dell’art. 35 del D.lgs. n. 80/1998 e della nuova formulazione dell’art.7, comma 3, della legge n. 1034/1971.
[7] Quel che, in sostanza, ha compiuto la Suprema Corte è stato, come è noto, di estendere la portata applicativa della disciplina dell’illecito aquiliano (ampliando lo scenario dei beni risarcibili), ma non ha riconosciuto risarcibilità alla tematica dell’interesse legittimo che, anzi, negli intendimenti del legislatore, implicitamente desumibili dalla tecnica legislativa del riparto per materia, appare deputata ad estinguersi (in ossequio vieppiù all’orientamento comunitario).
[8] Si veda recentemente, in questa Rivista, Cons. Stato, sez. V, 13 novembre 2002, n. 6291, benché essa non abbia fatto, espressamente, riferimento alla elisione dell’incolpevole affidamento di cui s è fatto cenno nel testo.
[9] Comunque non potendosi discettare in termini di risarcibilità dell’interesse legittimo, bensì di risarcibilità di interessi materiali collegati, sotto il profilo sostanziale, a beni della vita che risultano rilevanti secondo l’ordinamento giuridico, seppur possono –ancora- essere veicolati in giudizio mercé il sistema tradizionale di legittimazione attiva apprestato dalla posizione soggettiva di interesse legittimo.
[10] Recentemente in tal senso si veda, in questa Rivista, Cons. Stato, sez.V, 8 luglio 2002, n. 3796.
[11] “Bene della vita” consistente nella libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost. in connessione con il principio di eguaglianza incluso nell’art. 2 della medesima Carta., in correlazione alla cd. “isola di immunità” della P.A. a cui espressamente hanno alluso le Sezioni unite.
[12] Si veda precedente nota 5.
[13] Si contempli tale evenienza, oggi, con riferimento alla disciplina approntata dall’art. 14 della D.lgs. n. 190/2002, in materia di grandi opere strategiche.
[14] Di tal ché risulterebbe ben arduo configurare per un medesimo appalto due interlocutori contrattuali della P.A. che neppure risultano legati da un vincolo temporaneo di associazione, sebbene uno dei due contratti ex post di accerti come illegittimo (comunque non nullo e, dunque, magari annullabile con limitato effetto ex nunc).
[15] Cons. Stato, sez. V, 8 luglio 2002, n. 3796 e Cons. Giust. Amm. Sic., ord. 8 maggio 2002, n. 267, entrambe in questa Rivista.
[16] Nonostante a tale tematica non possa negarsi il fascino che esercita sugli operatori del diritto.
[17] Per tali fattispecie, cfr. da ultimo, in questa Rivista, Cons. Stato, sez. V, 12 settembre 2001, n. 4776, che conferma TAR Lombardia, Milano, sez. III, 31 luglio 2000, n.5130.
[18] Non solo nell’ambito della giurisdizione esclusiva ratione materiae, ma anche nella cognizione generale di legittimità ai sensi del 3° comma del riformulato art. 7 della legge n. 1034/1971.
[19] Non riconoscendo la risarcibilità, in linea generale, dell’interesse legittimo, ma operando una scelta che, a parere di chi scrive, è ancor più rivoluzionaria.
[20] Cfr. nota 11.