CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III - Parere 29 aprile 2003 n. 1075/2003 - Pres. Cortese, Est. Nocilla - Oggetto: Ministero dell'Economia e delle Finanze. Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dalla Sig.ra Gabriella Donati per l'annullamento - previa sospensione degli effetti - del provvedimento n. 25874/SF del Dipartimento provinciale del Tesoro di Pesaro e Urbino diretto al recupero del credito erariale di L. 6.485.027 accertato a suo carico per maggiori assegni percepiti dall'1 settembre 1995 al 31 agosto 2000 (esprime il parere che il ricorso straordinario debba essere accolto, salvi gli ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione).
1. Pubblico impiego - Stipendi, assegni ed indennità - Recupero di indebito - Costituisce un atto dovuto per la P.A. - Buona fede del percipiente - Nel caso in cui il sacrificio imposto sia tenue anche per le concrete modalità del recupero adottate dalla P.A. - Irrilevanza.
2. Pubblico impiego - Stipendi, assegni ed indennità - Recupero di indebito - Costituisce un atto dovuto per la P.A. - Inapplicabilità del principio nel caso in cui la P.A. si sia autolimitata in proposito.
3. Pubblico impiego - Stipendi, assegni ed indennità - Recupero di indebito - Eccessiva onerosità del recupero - Nel caso in cui sia stata prevista la rateizzazione delle somme da rimborsare - Irrilevanza.
4. Pubblico impiego - Stipendi, assegni ed indennità - Recupero di indebito - Determinazione delle somme dovute al lordo delle ritenute IRPEF - Legittimità - Ragioni.
5. Pubblico impiego - Stipendi, assegni ed indennità - Recupero di indebito - Preventivo avviso di inizio del procedimento all'interessato - Necessità - Sussiste - Ragioni - Mancanza di avviso - Illegittimità del recupero.
6. Pubblico impiego - Recupero di indebito - Preventivo avviso di inizio del procedimento all'interessato - Necessità - Sussiste - Ragioni - Conoscenza dei provvedimenti con i quali era stato disposto a suo tempo il pagamento degli emolumenti - Irrilevanza.
1. L'art. 2033 cod. civ. configura il recupero delle somme di danaro indebitamente corrisposte al pubblico dipendente come un atto dovuto da parte dell'Amministrazione, nel quale la sussistenza del pubblico interesse è in re ipsa (1); la buona fede del dipendente, d'altra parte, non costituisce causa impeditiva per l'esercizio del relativo diritto alla ripetizione, nel caso in cui risulti che l'interesse del dipendente percettore - per la tenuità del sacrificio connesso al recupero - non possa considerarsi prevalente su quello pubblico, per sua natura sempre attuale e concreto (2).
2. Il principio giurisprudenziale secondo cui il recupero delle somme indebitamente corrisposte ad un pubblico dipendente costituisce un atto dovuto, può trovare tuttavia un'eccezione nel caso in cui la P.A. si sia posta una limitazione in proposito con un provvedimento generale di autolimitazione per essa vincolante (3).
3. La possibilità di rateizzare congruamente il versamento delle somme rende le modalità di ripetizione tali da non incidere negativamente sulle esigenze di vita di chi le aveva percepite (4), onde il diritto dell'Amministrazione di ripetere quanto indebitamente erogato, ove sia stata prevista la rateizzazione, non può incontrare limitazioni nell'eccessiva onerosità del recupero per il dipendente o nel fatto che le somme dovute rappresenterebbero un importante sostegno di tipo alimentare nella condizione di un'esistenza modesta ma dignitosa.
4. Legittimamente l'Amministrazione determina le somme indebitamente percepite dal dipendente e da recuperate al lordo delle ritenute IRPEF, atteso che il diritto al rimborso dell'IRPEF, relativa agli emolumenti riconosciuti non dovuti, nasce solo al momento in cui le relative somme siano state restituite all'Erario, onde deve ritenersi impossibile che, prima del verificarsi della condizione necessaria perché nasca il diritto ad ottenere il rimborso, il provvedimento formale di accertamento del credito erariale contenga implicitamente un riconoscimento del diritto del dipendente alla restituzione dell'imposta, attraverso il calcolo della somma da restituire all'erario al netto e non al lordo dell'IRPEF; sarà l'Amministrazione finanziaria, all'atto del recupero delle somme dovute dalla ricorrente, a procedere al rimborso dell'imposta risultata non dovuta nelle forme previste dalla normativa vigente.
5. Il provvedimento di recupero di somme indebitamente corrisposte a dipendenti pubblici non sfugge all'obbligo, in capo all'Amministrazione, di dare all'interessato la comunicazione d'avviso del relativo procedimento ai sensi dell'art. 7, L. 7 agosto 1990, n. 241 (4), in modo tale da porre il soggetto destinatario del provvedimento di recupero in grado di far rilevare circostanze ed elementi tali da indurre l'Amministrazione a modificare la portata dei propri provvedimenti restrittivi, anche se questi, in ipotesi, si configurino come dovuti nell'an (5).
6. La ratio della disposizione dell'art. 7 L. n. 241 del 1990 non risiede solo nella necessità di assicurare al diretto destinatario la conoscenza dell'instaurazione del procedimento in corso, ma anche in quella di garantire, per un verso, trasparenza all'azione dell'Amministrazione e, per l'altro verso, il concreto apporto partecipativo del privato, che metta in condizione l'autorità decidente di valutare la fattispecie anche alla stregua degli interessi di parte (6) (alla stregua del principio è stata ritenuto che la conoscenza del procedimento di recupero delle somme illegittimamente corrisposte alla ricorrente non poteva desumersi dai due provvedimenti amministrativi del Provveditore agli Studi con i quali erano stati corrisposti gli emolumenti, atteso che tramite tali provvedimenti la conoscenza dell'inizio del procedimento in concreto non poteva dirsi realizzata).
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(1) Cons. Stato, Sez. VI, 3 giugno 2002, n. 3091.
(2) Cons. Stato, Sez. VI, 9 settembre 2002, n. 4571.
(3) Cfr. ad es. O.M. Pubblica istruzione 4 settembre 1991 n. 262 e successiva C.M. n. 253 del 5 settembre 1991.
(4) Cfr. C.G.A., sent. 8 luglio 2002, n. 402.
(4) T.A.R. Toscana, Sez. II, 5 febbraio 2002, n. 118.
(5) Cons. Stato, Sez. V, 19 marzo 1996, n. 283; Sez. V, 23 febbraio 2000, n. 968; Sez. VI, 8 aprile 2002, n. 1912; Sez. VI, 9 maggio 2002. n. 2516.
Non vale, del resto, obiettare che la, in quanto
(6) Cfr. C.G.A., sent. 31 maggio 2002, n. 284; T.A.R. Campania, Sez. III, 22 marzo 2002, n. 1594.
Sul recupero di emolumenti non dovuti v. di recente in questa Rivista:
TAR VENETO, SEZ. I - Sentenza 26 febbraio 2003 n. 1569
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 14 febbraio 2003 n. 811
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 9 settembre 2002 n. 5579
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 6 giugno 2001 n. 3077
CORTE DEI CONTI SEZIONI RIUNITE - Sentenza 14 gennaio 1999 n. 1/99/QM
G. RANUCCI, Questioni in tema di responsabilità degli eredi
Consiglio di Stato
Adunanza della Sezione Terza dell'8 e del 29 aprile 2003
La Sezione
Vista la relazione del 20 gennaio 2003 n. 64925, trasmessa il 27 febbraio 2003 e pervenuta alla Sezione il 13 marzo successivo, con la quale il Ministero dell'Economia e delle Finanze (Dipartimento dell'Amministrazione generale del personale e dei Servizi del Tesoro) ha chiesto il parere dl Consiglio di Stato sul ricorso in oggetto;
Esaminati gli atti ed udito il relatore ed estensore consigliere Damiano Nocilla;
Premesso
In data 25 maggio 1995 il decreto del Provveditore agli Studi di Pesaro e Urbino n. 78 riconosceva all'insegnante elementare Gabriella Donati 3 anni di servizio pre-ruolo anziché 6 a far data dal 30 settembre 1991 in applicazione dell'O.M. n. 262 del 4 settembre 1991. L'interessata rivolgeva al Provveditore istanza per l'annullamento del provvedimento in data 20 settembre 1995, istanza che veniva rigettata con nota del 17 ottobre 1995, n. 21438/B3.
Successivamente con decreto dello stesso Provveditore del 23 luglio 1997 n.106 veniva liquidato il trattamento economico in via provvisoria, senza tener conto della riduzione del riconoscimento dei servizi pre-ruolo di cui al precitato decreto n.78 del 25 maggio 1995. Con decreto n. 326 del 4 ottobre 1999 del Provveditore agli Studi di Pesaro e Urbino veniva riliquidato il trattamento economico in via provvisoria, questa volta tenendo conto di quanto disposto dal decreto del Provveditore n. 78 del 25 maggio 1995. In ordine a quest'ultimo provvedimento veniva esperito il tentativo di conciliazione, che il 19 aprile 2001 dava esito negativo.
In data 25 luglio 2001 il Dipartimento provinciale del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica con nota n. 25874/SF, notificata il 6 agosto 2001, accertava a carico dell'interessata il debito di L. 6.485.027 per maggiori assegni riscossi l'1 settembre 1995 ed il 31 agosto 2000 e l'invitava a rifondere la somma in questione. Contro quest'ultimo provvedimento la Sig.ra Gabriella Donati proponeva in data 30 novembre 2001 ricorso straordinario al Capo dello Stato, deducendo: a) violazione degli artt. 7 e 8 L. 7 agosto 1990, n. 241; b) illegittimità dell'atto presupposto (e cioè il D.P. n. 78 del 23 maggio 1995) per erronea applicazione dell'O.M. n. 262 del 4 settembre 1991; c) violazione del divieto di reformatio in peius del rapporto di pubblico impiego; d) eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità del provvedimento e per erronea rappresentazione dei fatti posti a base dello stesso; e) travisamento dei fatti ed erronea ricostruzione dell'anzianità di servizio della ricorrente. Contestualmente al ricorso veniva avanzata istanza cautelare al fine di ottenere la sospensione degli effetti del provvedimento impugnato, ai sensi dell'art. 3 L. 21 luglio 2000, n. 205.
Con la relazione citata in epigrafe l'Amministrazione controdeduceva per l'infondatezza del ricorso.
Considerato
L'art. 2033 cod. civ. configura il recupero delle somme di danaro indebitamente corrisposte al pubblico dipendente come un atto dovuto da parte dell'Amministrazione, nel quale la sussistenza del pubblico interesse è in re ipsa (Cons. Stato, VI Sez., 3 giugno 2002, n. 3091), sicchè la buona fede del dipendente stesso non costituisce causa impeditiva per l'esercizio del relativo diritto alla ripetizione dell'indebito da parte dell'Amministrazione stessa. Infatti la buona fede del percipiente non rappresenta di per sé un ostacolo al recupero di emolumenti indebitamente corrisposti. Pertanto, nonostante la percezione in buona fede, può ritenersi legittimo l'atto che disponga la ripetizione dell'indebito, quando risulti che l'interesse del dipendente percettore, per la tenuità del sacrificio - riconosciuta del resto dalla stessa interessata nel ricorso - connesso al recupero, non può considerarsi prevalente su quello pubblico, per sua natura sempre attuale e concreto (Cons. Stato, Sez. VI, 9 settembre 2002, n. 4571).
Per effetto del decreto del Provveditore di Pesaro e Urbino n. 78 del 25 maggio 1995 e del successivo decreto dello stesso Provveditore n. 326 del 4 ottobre 1999, pur dopo il tentativo di conciliazione conclusosi il 4 aprile 2001, è emerso il credito dell'Amministrazione di L. 6.485.027; conseguentemente quest'ultima non poteva operare la contestazione della percezione indebita delle somme se non successivamente all'accertamento dell'entità delle stesse in sede di conguaglio, non rilevando, peraltro, l'eventuale sussistenza della buona fede del dipendente, che doveva essere a conoscenza di aver indebitamente percepito un trattamento stipendiale più alto di quello spettantegli.
Il principio giurisprudenziale secondo cui, oramai, il recupero delle somme indebitamente corrisposte ad un pubblico dipendente costituisce un atto dovuto, può trovare tuttavia un'eccezione nel caso in cui la P.A. si sia posta una limitazione in proposito con un provvedimento generale di autolimitazione per essa vincolante (cfr. ad es. O.M. Pubblica istruzione 4.9.91 n. 262 e successiva C.M. n. 253 del 5.9.91).
Peraltro, ed in generale, come si evince dalla stessa nota del Dipartimento provinciale del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica n. 25874/SF del 25 luglio 2001, la possibilità di rateizzare congruamente il versamento delle somme rende le modalità di ripetizione tali da non incidere negativamente sulle esigenze di vita di chi le aveva percepite (Cons. giust. amm.va Regione siciliana, 8 luglio 2002, n. 402), onde il diritto dell'Amministrazione di ripetere quanto indebitamente erogato non può incontrare limitazioni nell'eccessiva onerosità del recupero per il dipendente o nel fatto che le somme dovute rappresenterebbero un importante sostegno di tipo alimentare nella condizione di un'esistenza modesta ma assolutamente dignitosa.
Quanto, infine, all'errato calcolo del debito, accertato al lordo dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, l'Amministrazione osserva correttamente che il diritto al rimborso dell'IRPEF, relativa agli emolumenti riconosciuti non dovuti, nasce solo al momento in cui le relative somme siano state restituite all'Erario, onde l'impossibilità che, prima del verificarsi della condizione necessaria perché nasca il diritto ad ottenere il rimborso, il provvedimento formale di accertamento del credito erariale contenga implicitamente un riconoscimento del diritto della ricorrente alla restituzione dell'imposta, attraverso il calcolo della somma da restituire all'erario al netto e non al lordo dell'IRPEF. Sarà l'Amministrazione finanziaria, all'atto del recupero delle somme dovute dalla ricorrente, a procedere al rimborso dell'imposta risultata non dovuta nelle forme previste dalla normativa vigente.
Tuttavia, le considerazioni suesposte non possono indurre a superare il fatto che - come esattamente messo in luce dalla giurisprudenza - "il provvedimento di recupero di somme indebitamente corrisposte a dipendenti pubblici non sfugge all'obbligo, in capo all'amministrazione, di dare all'interessato la comunicazione d'avviso del relativo procedimento" (TAR Toscana. Sez. II, 5 febbraio 2002, n. 118).
Sembra infatti alla Sezione che il disposto dell'art. 7, L. 7 agosto 1990, n. 241, non annoveri eccezioni di tipo oggettivo ad eccezione delle ipotesi espressamente previste dalla legge sul procedimento (Cass. civ. Sez. II, 4 gennaio 2002, n. 68); e del resto il soggetto destinatario del provvedimento di recupero delle somme indebitamente percette può far rilevare circostanze ed elementi tali da indurre l'amministrazione a modificare la portata dei propri provvedimenti restrittivi, anche se questi, in ipotesi, si configurino come dovuti nell'an (Cons. Stato, Sez. V, 19 marzo 1996, n.283; Sez. V, 23 febbraio 2000, n. 968; Sez. VI, 8 aprile 2002, n. 1912; Sez. VI, 9 maggio 2002. n. 2516). Non vale, del resto, obiettare che la conoscenza del procedimento di recupero delle somme illegittimamente corrisposte alla ricorrente poteva desumersi dai due provvedimenti amministrativi del Provveditore agli Studi, in quanto la ratio della disposizione dell'art. 7 L. n. 241 del 1990 non risiede solo nella necessità di assicurare al diretto destinatario la conoscenza dell'instaurazione del procedimento in corso, ma anche in quella di garantire, per un verso, trasparenza all'azione dell'Amministrazione e, per l'altro verso, il concreto apporto partecipativo del privato, che metta in condizione l'autorità decidente di valutare la fattispecie anche alla stregua degli interessi di parte (Cons. giust. amm.va Sicilia, Sez. giurisd. 31 maggio 2002, n. 284; TAR Campania, Sez. III, 22 marzo 2002, n. 1594), apporto che nel caso concreto non risulta essersi potuto realizzare.
Quest'ultima considerazione induce a ritenere che il ricorso della Sig.ra Gabriella Donati debba essere accolto, con conseguente annullamento dell'atto impugnato, ferma restando la possibilità per l'Amministrazione di riprendere l'iter del procedimento diretto al recupero delle somme indebitamente corrisposte alla medesima.
Quanto, poi, all'istanza cautelare di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato, la Sezione ritiene che sussistano ambedue i presupposti del fumus boni iuris e del danno grave ed irreparabile a carico della ricorrente, che giustificano l'adozione di un provvedimento di carattere cautelare. Di qui la necessità che la domanda venga accolta.
P.Q.M.
Esprime il parere che il ricorso straordinario in oggetto debba essere accolto, salvi gli ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione, e che debba essere altresì accolta la domanda di sospensione cautelare degli effetti del provvedimento impugnato.
L'Estensore
(Damiano Nocilla)
Il Presidente
(Roberto Cortese)
Il Segretario
(Roberto Mustafà)