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n. 6-2003 - © copyright.

T.R.G.A., SEDE DI TRENTO - Sentenza 8 maggio 2003 n. 168 - Pres. Numerico, Est. Flaim - Colla (Avv. ti Canestrini e Lorenzi) c. Comune di Borgo Valsugana (Tn) (Avv. De Pretis) - (respinge).

1. Circolazione stradale - Viabilità - Divieto di pubblico transito - Imposto con ordinanza sindacale nei confronti di una mulattiera - Per ragioni di sicurezza e di tutela della pubblica incolumità - Contemperamento dell’interesse degli utenti all’uso pubblico della mulattiera, ed a raggiungere la zona divenuta assolutamente inaccessibile a seguito del divieto di transito - Mediante la realizzazione ex novo di una viabilità alternativa - Legittimità.

2. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Per lesione di interessi legittimi - Domanda - Nel caso dell’impossibilità oggettiva del proprietario di raggiungere la propria abitazione - A seguito del divieto assoluto di transito imposto con ordinanza sindacale, per ragione di tutela della pubblica incolumità, sull’unica mulattiera di accesso all’immobile - Ove il proprietario dell’abitazione non abbia impugnato detta ordinanza in sede giurisdizionale - Inammissibilità.

3. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Per lesione di interessi legittimi - Domanda - Nel caso dell’impossibilità oggettiva del proprietario di raggiungere la propria abitazione - A seguito del divieto assoluto di transito imposto con ordinanza sindacale, per ragione di tutela della pubblica incolumità, sull’unica strada (“mulattiera”) di accesso all’immobile - Ove la P.A. abbia tempestivamente avviato lavori pubblici di realizzazione di una nuova strada, e di un percorso alternativo per raggiungere la zona medesima - Non può essere accolta.

4. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Per lesione di interessi legittimi - Domanda - Colpa della P.A. - Nel caso in cui non sia ravvisabile inerzia nel suo comportamento - Insussistenza - Non può essere accolta.

1. E’ legittima un’ordinanza con cui il Sindaco di un comune, in ragione della particolare conformazione, e dei vistosi cedimenti creatisi nella sede stradale, disponga - per ragioni di sicurezza e tutela della pubblica incolumità - il divieto assoluto di transito relativamente ad una “mulattiera” già destinata all’uso pubblico, e, conseguentemente, l’impossibilità di raggiungere una determinata zona del territorio, nel caso in cui la P.A. abbia tempestivamente attivato, al fine di garantire la viabilità alternativa, il procedimento amministrativo per la realizzazione di una nuova strada (con diverso tracciato), ed abbia pressoché ultimato i lavori per raggiungere la zona divenuta inaccessibile a seguito dell’imposto divieto di transito.

E’, pertanto, legittimo il comportamento di un comune che, al fine di migliorare la viabilità per l’accesso ad un determinata località del proprio territorio, opti - nell’ambito della suo potere discrezionale – per la soluzione di elaborare e realizzare ex novo una nuova strada pubblica per il raggiungimento della medesima località, e non di effettuare lavori di manutenzione di un vecchio percorso stradale (mulattiera) già esistente e divenuto pericoloso per l’incolumità pubblica. E ciò a maggior ragione quando detta opzione risulti ragionevole e corretta, in quanto, per un verso, sorretta da idonee valutazioni in termini di maggiore sicurezza e stabilità garantite dal nuovo percorso stradale, e, per altro verso, finalizzata al raggiungimento del miglioramento, in generale, della viabilità.

2. Deve essere dichiarata inammissibile, e, pertanto, non può essere accolta, la domanda di risarcimento del danno avanzata innanzi al G.A. nei confronti di un ente locale, nel caso in cui l’istante abbia fondato la stessa esclusivamente sull’asserita impossibilità di accedere all’abitazione di sua proprietà, e di provvedere alla ristrutturazione della stessa, determinata dal divieto di transito, imposto con ordinanza del Sindaco – per ragioni di tutela della pubblica incolumità - sull’unica strada (“mulattiera”) di accesso all’immobile medesimo, ove il ricorrente non abbia provveduto ad impugnare tempestivamente, in sede giurisdizionale, l’ordinanza sindacale medesima (1).

3. Non può essere accolta la domanda di risarcimento del danno avanzata innanzi al G.A. nei confronti di un ente locale, nel caso in cui, da un lato, la stessa sia esclusivamente fondata sull’asserita impossibilità dell’istante di provvedere alla ristrutturazione di un immobile di sua proprietà, determinata dal divieto di transito, imposto – per ragioni di tutela della pubblica incolumità - sull’unica strada (“mulattiera”) di accesso all’immobile medesimo con ordinanza del Sindaco rimasta non impugnata, e, dall’altro, il comune, senza inerzia, abbia tempestivamente provveduto ad avviare e pressoché ultimare lavori pubblici di realizzazione di una nuovo tracciato stradale alternativo, per garantire l’accesso alla medesima zona di ubicazione dell’immobile, prima interdetta al pubblico transito.

4. Non può configurarsi alcuna colpa in capo alla P.A., e, pertanto, non può essere accolta la domanda di risarcimento del danno avanzata innanzi al G.A. nei confronti di un ente locale, nel caso in cui, pur avendo l’ente imposto il divieto assoluto di transito - per ragioni di tutela di pubblica incolumità - sull’unica “mulattiera” di accesso ad un’abitazione privata e reso inaccessibile detta abitazione, abbia, senza inerzia, provveduto ad adottare gli atti amministrativi finalizzati alla realizzazione di opere pubbliche per la creazione di viabilità alternativa ai fini dell’accesso, tra gli altri, all’immobile medesimo (2).

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(1) Cons. Stato, Sez. VI, 18.6.2002 n. 3338; e Sez. IV, 15.2.2002 n. 952; Cons. Stato, Adunanza Plenaria, Sentenza 26 marzo 2003, n.4, in questa Rivista n.3-2003.

(2) Ha osservato, in particolare, il T.R.G.A. Trentino Alto Adige:

 “Il fatto che, nelle more, la posizione del ricorrente non abbia ottenuto concreta soddisfazione - essendo stato, di fatto, a lui impedito l’accesso alla propria abitazione - non può inquadrarsi in termini di situazione giuridica necessariamente “risarcibile”.

L’accertamento del danno presuppone, come la Corte di Cassazione ha affermato (nella fondamentale e storica pronunzia SS.UU. n. 500 del 22.7.1999 nonchè in quella, per così dire “integrativa” -in quanto nascente dalla medesima controversia Vitali c/ Comune di Fiesole,- emessa dalla I sez. civile, n. 157 del 10.1.2003), la sussistenza di tutti i profili indicati all’art. 2043 c.c., tra i quali l’elemento soggettivo (quanto meno della “colpa”) del soggetto che avrebbe causato, con la propria azione od omissione, il danno “ingiusto”.

Sul punto la Cassazione ha avuto modo di chiarire – abbattendo il muro ed il dogma dell’irrisarcibilità degli interessi legittimi, prima che venisse compiuta dal legislatore del 2000 la scelta di “concentrare” in un unico giudice questioni di legittimità e questioni risarcitorie -, che, anche nella logica della responsabilità extracontrattuale della PA, è pur sempre necessario che sia rinvenibile un danno “ingiusto” causato e correlato ad un comportamento soggettivamente rilevante e, quanto meno, caratterizzato da colpa (nell’azione o nell’inerzia) da parte dell’apparato pubblico.

Nel caso di specie il danno patito non può qualificarsi ingiusto, in quanto non è correlato (e non è dipeso) ad alcuna posizione di inerzia colposa del Comune”.

Commento di

OTTAVIO CARPARELLI

Sul risarcimento del danno da asserita lesione del diritto di accedere

alla propria residenza, per ragioni di pubblico interesse.

(nota a T.R.G.A., SEDE DI TRENTO, sentenza 8 maggio 2003 n. 168)

1. Il fatto.

Il ricorrente, residente in località “Ronera” del Comune di Borgo Valsugana (Tn), nel 1996 segnalava all’ente locale la mancanza di una rete viaria idonea a consentire l’agevole accesso alla predetta località, ove era ubicata l’abitazione di sua proprietà; pertanto, nello stesso anno, chiedeva al Sindaco del nominato comune che la P.A. volesse attivarsi per la costruzione di una nuova strada di collegamento con il paese.

L’accesso alla zona di ubicazione dell’abitazione di proprietà dell’istante, era infatti garantito, anche con mezzi, unicamente da una c.d. vecchia “mulattiera”.

Sennonché il Sindaco, in considerazione delle sopravvenute condizioni di estrema precarietà (vistosi cedimenti della sede stradale) di tale “mulattiera”, nel novembre 2000 emetteva ordinanza di divieto assoluto di transito sulla medesima, per ragioni di sicurezza e di tutela della pubblica incolumità.

A detto provvedimento monocratico conseguiva, in via di fatto, l’impossibilità oggettiva per il ricorrente di raggiungere, con mezzi, la propria abitazione.

Detta ordinanza non veniva impugnata dall’istante in sede giurisdizionale.

Dopo l’adozione da parte del Sindaco dell’ordinanza di divieto assoluto di transito afferente la “mulattiera”, il Comune di Borgo Val Sugana, dava concretamente avvio, senza ritardo, al procedimento amministrativo finalizzato alla realizzazione di una nuova strada di collegamento tra la località Ronera (ivi compresa la zona di ubicazione dell’abitazione del ricorrente), ed il centro del paese.

Nel marzo 2002, il ricorrente, non essendo ancora ultimati gli avviati lavori pubblici di realizzazione della nuova ed alternativa viabilità, inoltrava istanza allo stesso Comune affinché l’ente locale provvedesse, comunque, al ripristino della vecchia “mulattiera”, unica strada per accedere al terreno di sua proprietà, ove insisteva l’abitazione.

 Detta istanza veniva motivata, tra l’altro, con la necessità di provvedere alla ristrutturazione dell’abitazione medesima.

Successivamente, l’istante, proponeva ricorso giurisdizionale innanzi al T.R.G.A. Trentino Altro Adige, con cui chiedeva, per un verso, l’accertamento del diritto al risarcimento del danno (quantificato in Euro 51.645,68), asseritamente patito, da un lato, per l’impossibilità di raggiungere, se non a piedi, la propria abitazione, e, quindi, per l’asserita lesione del diritto di proprietà correlata all’impossibilità di godere del proprio immobile, e, per l’altro, alla stregua dell’impossibilità di provvedere alla ristrutturazione della medesima; e ciò con riguardo al periodo dal dicembre 2002 sino all’attualità; chiedeva, altresì, che l’Organo giurisdizionale adìto pronunciasse condanna nei confronti della P.A. al ripristino della “mulattiera” preesistente, quale unica via di accesso, allo stato, alla località “Ronera”, ove era ubicata la propria abitazione.

Il T.A.R. adito ha respinto il ricorso giurisdizionale.

2. Le questioni in diritto.

All’attenzione del TAR adìto sono state sottoposte le seguenti problematiche:

a) se può ritenersi fondata un’azione di risarcimento del danno c.d. pura, promossa innanzi al G.A. dal proprietario di un’abitazione privata, cui sia stato - con ordinanza sindacale emanata per ragioni di tutela della pubblica incolumità, correlate allo stato di dissesto della strada - oggettivamente impedito, per circa un biennio, l’accesso con mezzi al proprio immobile, a seguito dell’imposizione del divieto di transito assoluto sull’unica strada (nella specie “mulattiera”), utilizzabile per accedere all’abitazione medesima; senza che il proprietario abbia preventivamente impugnato in sede giurisdizionale, ai fini dell’annullamento, la suddetta ordinanza sindacale;

b) se può configurarsi, ex art. 2043 c.c., la responsabilità della P.A. proprietaria di una strada (nella specie “mulattiera”) già destinata all’uso pubblico, nel caso in cui l’ente locale proprietario della medesima, nonostante l’impedimento determinato nei confronti del proprietario di un’abitazione di accedere alla stessa per circa due anni, conseguente al divieto assoluto di transito imposto sulla “mulattiera”, abbia optato, nell’ambito della propria legittima discrezionalità, per l’elaborazione progettuale e la realizzazione di un nuovo tracciato alternativo, ed abbia “omesso” di provvedere al ripristino della vecchia e precaria viabilità preesistente;

c) se può configurarsi, ex art. 2043 c.c., la responsabilità, per inerzia della P.A., e, quindi, per colpa della stessa, nel caso in cui l’ente locale proprietario di una mulattiera già destinata al pubblico transito - interdetta, per ragioni di pubblica incolumità, all’uso carrabile della collettività, con l’oggettiva e conseguente impossibilità di raggiungere anche abitazioni private - abbia, successivamente all’imposizione del divieto di transito, concretamente avviato, senza ritardo, e pressoché portato a termine il procedimento amministrativo complesso (progettazione, espropriazione, ecc.), e i relativi lavori di esecuzione di una viabilità alternativa alla mulattiera medesima.

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Si ritiene che, in relazione all’azione di accertamento e alla domanda di risarcimento del danno, inoltrate con il gravame, nel percorso motivazionale posto a base della decisione segnalata, assumano particolare rilievo alcune affermazioni dell’Organo giurisdizionale.

 Quest’ultimo ha chiarito, innanzitutto, che:

a) l’istanza risarcitoria, nella specie, non era, ab origine, suffragata da seri elementi di fondatezza; in vero, non poteva revocarsi in dubbio che, lo stesso istante, aveva piena consapevolezza delle oggettive difficoltà di accesso alla sua abitazione, preesistenti all’ordinanza del Sindaco di imporre il divieto assoluto di transito, emanata alla stregua dell’accertata esistenza (dissesto del fondo stradale della “mulattiera”) di gravi pericoli minaccianti l’incolumità dei cittadini; e che, ciònonostante, aveva deciso, imprudentemente, non solo di trasferire nella località divenuta definitivamente inaccessibile la propria residenza, ma anche di dare inizio ai lavori di ristrutturazione dell’immobile di proprietà, rendendo autonomamente e spontaneamente necessario l’uso di veicoli (il Collegio, sul punto, non ha tralasciato di stigmatizzare, a chiare lettere, la diligenza insita nel comportamento di altri residenti nella medesima zona, che, invece, avevano preferito attendere l’ultimazione dei lavori di realizzazione della nuova viabilità, prima di procedere al risanamento degli edifici di loro proprietà).

A tale riguardo, si evidenzia subito che, ad avviso di chi scrive, in merito alla questione risarcitoria oggetto della decisione annotata, può assumere rilievo anche il fatto che, comunque, secondo costante giurisprudenza, l’ordinamento giuridico appresta, in favore del proprietario del fondo intercluso (nella specie divenuto tale per un determinato arco di tempo), o che venga a trovarsi in situazione di fatto a questa assimilabile, anche altri strumenti di tutela:

“Il proprietario di un fondo può sempre chiedere che sia costituito un passaggio necessario sul fondo del vicino, quando prova che, sebbene egli abbia accesso dalla via pubblica, non può tuttavia avvalersene per lo stato di impraticabilità e pericolosità in cui ella si trova; né il vicino può opporre l’anteriore uso della via disagevole, essendo riservato al giudice del merito di ricercare, in rapporto allo stato attuale della strada e all’uso che deve farsene in futuro, se la domanda risponda alle esigenze dell’agricoltura e dell’industria. L’interesse legittimo di servirsi della strada conferisce bensì al cittadino la facoltà di rivolgere alla P.A. l’istanza diretta ad ottenere che essa provveda alla manutenzione, riparazione e persino all’ampliamento della strada, ma detta facoltà - idonea soltanto a stimolare un’attività discrezionale della P.A. e non già pretenderne l’attuazione - non può costituire impedimento all’azione del privato diretta ad ottenere la servitù di passaggio” (Cass. Civ.,Sez.II, 8 luglio 1964 n.1799; in CED Cass., rv 302566).

b) deve considerarsi sostanziale acquiescenza ad un provvedimento amministrativo, la scelta del soggetto asseritamente leso dallo stesso, di non impugnarlo tempestivamente, con la conseguente implicita accettazione e condivisione delle determinazioni di natura sostanziale contenute nel medesimo provvedimento; nella specie, il T.R.G.A. Trentino Alto Adige, non avendo il ricorrente impugnato l’ordinanza con cui il Sindaco aveva imposto il divieto assoluto di transito sulla c.d. “mulattiera”, ha ritenuto che l’istante condivideva ed accettava, sostanzialmente, la determinazione della P.A. di realizzare una viabilità nuova ed alternativa rispetto alla “mulattiera” medesima.

  Con calibrato esercizio del sindacato giurisdizionale, il T.R.G.A. adìto ha innestato su tale questione, quella della c.d. “pregiudiziale amministrativa”, richiamando testualmente e seguendo il piu’ recente orientamento del Massimo Consesso della Giustizia amministrativa, e, quindi, dell’A.P., secondo cui, definitivamente, la pronuncia di annullamento, per illegittimità, dell’atto amministrativo ritenuto lesivo, è necessariamente pregiudiziale rispetto alla richiesta di risarcimento del danno; a tal proposito, ha chiarito ed aggiunto che, nella specie: “… in base all’orientamento giurisprudenziale richiamato ed evidenziato, la domanda del ricorrente (di risarcimento) deve essere dichiarata inammissibile, in quanto il principio di certezza delle situazioni giuridiche e della necessaria previa tempestiva impugnazione dei provvedimenti amministrativi ritenuti lesivi, impone l’impossibilità, per il g.a. di disapplicare, in via incidentale, un atto amministrativo puntuale, ritenendolo illegittimo, a soli fini risarcitori, senza provvedere, in carenza di impugnazione principale, al suo annullamento”.

  In altri termini, il T.R.G.A. del Trentino, seguendo le regole proprie del giudizio di legittimità, tra cui quella del divieto per il G.A. di disapplicare l’atto amministrativo, ha respinto il gravame ritenendo inammissibili le azioni di accertamento e di risarcimento dei danni; e ciò sul rilievo che le stesse erano state esperite dal ricorrente senza la pregiudiziale tempestiva impugnazione dell’ordinanza sindacale di divieto di transito, essendo, evidentemente, l’accertamento preventivo dell’illegittimità di quest’ultima, elemento costitutivo della relativa fattispecie sostanziale.

 c) Il Collegio ha osservato che alcun fondamento poteva riconoscersi alla posizione del ricorrente, correlata alla richiesta di intervento del Comune di Borgo Val Sugana, per il ripristino della c.d. vecchia “mulattiera”.

   Ha supportato tale osservazione esprimendo un giudizio di ragionevolezza e correttezza, anche sotto il profilo della convenienza economica, della scelta dell’ente locale resistente - non affetta da manifeste illogicità - di realizzare di un nuovo tracciato alternativo alla mulattiera, atteso che la nuova strada avrebbe presentato evidentemente, proprio sotto il profilo dell’interesse pubblico, maggiori garanzie di sicurezza e stabilità, nonché di funzionalità.

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 Da ultimo, non può non ribadirsi che il T.A.R. adìto, con congruo percorso argomentativo, dando atto della concreta e non lenta progressione dell’azione amministrativa, finalizzata alla realizzazione della viabilità alternativa alla c.d. “mulattiera”, ha ritenuto che, nel caso sindacato, fosse oggettivamente impossibile configurare, in capo alla P.A., una responsabilità idonea a far insorgere un’obbligazione risarcitoria; e ciò ha fatto, per un verso, attribuendo precipua rilevanza al determinismo causale della condotta tenuta, nella specie, dal ricorrente, e, per altro verso, escludendo il configurarsi di inerzia ingiustificata in capo alla P.A.

 In dettaglio, ha chiarito e ritenuto dirimente che l’istante, con coscienza (consapevolezza delle preesistenti precarie condizioni del fondo stradale della c.d. “mulattiera”) e volontà (accettazione dell’ordinanza sindacale di divieto assoluto di transito, anche sotto il profilo dell’omessa relativa tempestiva impugnazione) - che, come noto, costituiscono i due presupposti dell’elemento soggettivo, a titolo di dolo o colpa, individuabili in capo ad un soggetto la cui condotta sia idonea ad interrompere il nesso di causalità - ha osservato un comportamento tale da autolimitare, spontaneamente ed autonomamente, in disparte gli effetti dell’azione della P.A, il godimento del suo diritto di proprietà sull’abitazione.

 Dal tenore della motivazione della decisione in rassegna, sembra potersi evincere, inoltre, che, secondo il Collegio, la P.A., nella specie, abbia fatto, invece, tutto il possibile per evitare, o quanto meno, per limitare considerevolmente - a tal punto da annullarli in radice - gli effetti asseritamente dannosi dell’azione dell’ente locale, lamentati dal ricorrente.

 I Giudici amministrativi trentini, valutando, risolutamente, che nel torno di tempo di circa due anni dall’ordinanza di divieto assoluto di transito imposto sulla “mulattiera”, il Comune di Borgo Val Sugana aveva dato avvio e portato pressoché a termine, con la realizzazione quasi integrale dei lavori della nuova viabilità, il relativo procedimento amministrativo complesso, hanno escluso, in via assoluta, che la P.A., nella fattispecie sindacata, fosse rimasta inerte.

E, sul punto, hanno anche ritenuto di chiarire che l’assenza di inerzia assume, già di per se, rilievo autonomo, sotto il profilo della carenza dell’elemento oggetto del comportamento, e che l’insussistenza di inerzia nell’agire dei pubblici apparati, non può non tradursi nell’assenza di colpa in capo alla P.A. (nella specie asseritamente coincidente con l’aver limitato la possibilità del ricorrente di accedere con mezzi all’abitazione di proprietà).

 Nonostante, come noto, la giurisdizione esclusiva del G.A. in materia non si estenda al merito amministrativo, il T.A.R. adìto, nella specie, spingendosi un po’ più verso l’esame di profili prossimi al merito dell’azione amministrativa, da un lato non ha ravvisato alcuna inerzia ingiustificata nel comportamento della P.A. e, dall’altro, ha ritenuto ragionevole ed economicamente valida nonché caratterizzata da connotati squisitamente pubblicistici, la scelta operata dal Comune di Borgo Valsugana, e, per l’effetto, ha respinto il ricorso proposto.

3. Brevi conclusioni.

Non appare superfluo ricordare, innanzitutto, che l’attività di realizzazione di un tracciato stradale ex novo, ovvero l’allargamento e la mera sistemazione di uno già esistente di proprietà di un comune (mutamento delle sue caratteristiche dimensionali, strutturali e funzionali), trova realizzazione nell’ambito degli obblighi di sistemazione, manutenzione e conservazione previsti dagli artt.16, l. 20 marzo 1865 n.2248 all. F), 5, r.d. 15 novembre 1923 n.2506, e 14 vigente C.d.S. e determina una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale, con conseguente impatto sia ambientale che urbanistico, e, pertanto, richiede, da parte della P.A. procedente, un’attenta e discrezionale valutazione preventiva, in considerazione della molteplicità degli interessi privati e pubblici coinvolti.

Con riguardo alla decisione che si annota, appare utile ricordare, altresì, che per “mulattiera” si intende, di norma, una strada, generalmente di montagna, con fondo naturale e acciottolato, così chiamata perché di frequente percorsa da muli o altri animali da soma. Trattasi, in particolare, di strada di modeste dimensioni, normalmente praticabile soltanto a piedi, caratterizzata da terreno sassoso o argilloso, che, a seguito di precipitazioni meteoriche, rimane non facilmente percorribile anche per più giorni successivi al termine delle precipitazioni medesime (si pensi, analogamente, a titolo esemplificativo, e con prudente accostamento, alle antiche trazzere della Sicilia, ed ai vecchi tratturi della Puglia).

Ebbene, proprio alla stregua della definizione di “mulattiera”, non può non osservarsi che, verosimilmente, l’interesse pubblico alla sistemazione della stessa - come rappresentato dal ricorrente nel caso sindacato, che si è doluto dell’impossibilità di raggiungere con mezzi la propria abitazione - potrebbe non essere stato considerato, dal T.A.R. adìto, nella specie, così intenso da giustificare uno stringente controllo e/o sindacato da parte del G.A. sul corretto esercizio del potere discrezionale esercitato dalla P.A. in materia di scelte afferenti, in generale, la realizzazione di nuove opere pubbliche, e, in particolare, la viabilità.

Anzi, per vero, più precisamente, detto interesse pubblico avrebbe avuto maggiori chance di essere ritenuto più forte, e, quindi, meritevole di maggiore attenzione da parte della P.A. e del G.A., ove fosse stato riferito anche a motivazioni inerenti la necessità di valorizzare la c.d. viabilità silvopastorale, di valore storico, costituita, appunto, dalla c.d. “mulattiere”; nel senso che, detta tipologia di strade (come, appunto le trazzere e i tratturi) appare da tutelare - nel senso di manutenerle salvaguardando il loro stato naturale - non soltanto in relazione al miglioramento dell’accessibilità ai pascoli o alle superfici forestali o ai cespiti immobiliari cui conducono, ma anche per ragioni di opportunità connesse alla valorizzazione di tali manufatti, fortemente legati ai luoghi in cui sono inseriti, e costituenti, pertanto, patrimonio storico-culturale degli stessi.

Nella specie, il ricorrente ha posto a base del gravame non l’interesse pubblico sotto lo specifico profilo innanzi descritto, ma si è limitato a rimarcare l’obbligo della P.A. di provvedere alla sistemazione della “mulattiera”, all’unico ed esclusivo scopo, di natura privatistica, se non proprio egoistica, di tutelare il proprio diritto a raggiungere la sua proprietà, per eseguire i lavori di ristrutturazione della medesima.

Ebbene, non può revocarsi in dubbio che il contenuto del diritto di proprietà consiste, ex art. 832 c.c., nell’esclusività e nella pienezza della facoltà di godimento e di disposizione del bene, e lo jus aedificandi rappresenta l’espressione più significativa di tale facoltà di godimento.

Né può sottacersi che alla residenza intesa come situazione di fatto (“res facti”), coincidente con la volontà di un soggetto di stabilirla volontariamente e liberamente in un determinato luogo, corrisponde una situazione di diritto costituzionalmente garantita. In vero, il trasferimento libero e volontario, in qualsiasi parte del territorio nazionale, della propria residenza è assicurato a ciascun cittadino dal relativo diritto, primario ed assoluto, tutelato dalla Costituzione (art.16) (I).

Dunque, non può escludersi che il proprietario possa trarre dalla sua proprietà qualsiasi utilità che abbia come presupposto la residenza nella stessa, e sia potenzialmente coincidente, ex art.840 c.c., anche con la mera necessità della sua conservazione (nel caso in esame sub specie di ristrutturazione).

Ma, al riguardo, come noto, da un lato, in favore del proprietario venuto a trovarsi in una situazione assimilabile a quella di un lotto intercluso, l’ordinamento giuridico appresta diversi strumenti di tutela, e, dall’altro, la P.A. gode di ampia - anzi secondo alcune pronunce amplissima - discrezionalità nella determinazione dei criteri e delle soluzioni, rispettivamente da seguire e per cui optare, ai fini della realizzazione di un’opera pubblica (II), (III), (IV), (V), (VI), (VII), (VIII), (IX).

Facendo applicazione al caso deciso ed alla sentenza in commento, dei principi affermati con le pronunce indicate, sembra di poter evidenziare che la P.A., nella specie, abbia sufficientemente ponderato e contemperato gli interessi pubblici e privati configgenti, atteso che, pur avendo imposto un peso ed un limite così grave (divieto di transito) nei confronti dell’istante, a tal punto da rendere inaccessibile l’unica strada (c.d. “mulattiera”) che conduceva alla sua proprietà, si è tempestivamente attivata per realizzare una viabilità alternativa, idonea a garantire comunque l’accesso all’immobile di proprietà del ricorrente.

A tal proposito, sembra utile aggiungere quanto appresso. Si ritiene che l’Organo giurisdizionale adìto abbia rigettato l’istanza risarcitoria, anche sul rilievo che il comportamento tenuto dal ricorrente non poteva essere considerato ossequioso del principio di leale e corretta cooperazione tra cittadino e P.A.; più in dettaglio, sul presupposto che il ricorrente non aveva, evidentemente, armonizzato, sotto il profilo temporale, la propria scelta di stabilire la propria residenza in quella determinata zona, e, dunque, di provvedere alla ristrutturazione della propria abitazione, con le esigenze di pubblico interesse afferenti il nuovo assetto urbanistico e viario individuato dall’ente locale, ed ormai in via di completa realizzazione.

Da tale angolo visuale, la decisione del T.A.R. appare corretta, se, tra l’altro, si considera, per quanto di ragione, che, di recente, la giurisprudenza amministrativa (X), in occasione di un ricorso in materia di accesso, ex artt. 22 e segg.l.n.241/1990, agli atti amministrativi dell’ANAS, afferenti proprio opere pubbliche di miglioramento della viabilità, ha riconosciuto la rilevanza della situazione giuridica sottesa, ed ha ordinato alla medesima società l’ostensione degli atti in favore del cittadino accedente; e ciò sul rilievo che, avendo quest’ultimo conseguito dal competente ente locale l’atto di assenso edificatorio per la realizzazione di un box interrato privato, proprio in prossimità dei lavori di ampliamento di una sede stradale, aveva manifestato l’esigenza di conoscere gli atti progettuali dell’ANAS, proprio al fine di coordinare ed armonizzare, sotto il profilo temporale, i lavori privati di costruzione del box, con quelli di viabilità pubblica, già intrapresi dalla summenzionata società.

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In senso prudentemente critico, si osserva che, nel caso di specie, rimane, in ogni caso, il dato incontrovertibile che il “bene della vita” anelato dal ricorrente (tutela del diritto di passaggio con mezzi su quella specifica “mulattiera”, in quello specifico determinato momento temporale, per accedere alla propria abitazione) non è stato integralmente riconosciuto dalla P.A., ma è stato dalla stessa sostituito, in un piu’ lungo arco di tempo, con uno diverso ed alternativo.

Sotto tale specifico profilo, non può escludersi a priori ed in assoluto che una qualche responsabilità della P.A. potrebbe anche profilarsi, con particolare riguardo all’eventuale ipotesi in cui la sospensione dei lavori di realizzazione ex novo della viabilità alternativa, da ultimo disposta dalla P.A. - per quanto emerge dalla motivazione del provvedimento giurisdizionale - dovesse immotivatamente prolungarsi oltre i termini previsti per la consegna dell’opera pubblica (nuovo tracciato stradale).

In tal caso, infatti, potrebbe configurarsi un’eccessiva ed ingiustificata compressione dell’esercizio del diritto primario ed assoluto alla residenza ex art.16 Cost.

Ma, si ritiene che, in tal caso, detta responsabilità potrebbe essere apprezzata esclusivamente in termini di un eventuale concorso colposo imputabile all’apparato pubblico, nella causazione delle suddette conseguenze negative dannose (limitazione del godimento del diritto di proprietà ex art.832 c.c.), valendo, come noto, tale concorso a ridurne la quantificazione in misura proporzionale.

Al riguardo, non può tralasciarsi di evidenziare che il ricorrente, per quanto risulta dalla motivazione della sentenza, aveva chiesto sia l’ammissione della prova testimoniale, che l’ammissione di una consulenza tecnica di ufficio finalizzata, quest’ultima, a quantificare i costi necessari per l’esecuzione delle opere pubbliche di ripristino della c.d. “vecchia mulattiera”, al fine di assicurarne il legittimo uso alla collettività.

Pertanto, il preventivo accertamento istruttorio, anche in sede giurisdizionale, dell’eventuale concorso di cause colpose si sarebbe potuto configurare come rilevante, per l'indagine sull'accertamento del nesso di causalità, ai fini della prova, atteso che, nel concorso, la condotta della P.A. avrebbe potuto determinare l'evento con un nesso di causalità autonomo rispetto alla concomitante condotta imprudente tenuta, nella specie, dal ricorrente.

Si vuole dire che, verosimilmente, talune perplessità permangono in ordine al fatto che comportamento ineccepibile e lineare da parte della P.A., nella specie, sarebbe stato, quello di programmare e realizzare - sempre nell’ambito della propria legittima ed ampia discrezionalità - al contempo e senza ritardo, anche opere pubbliche finalizzate, da un lato, a consentire, comunque, il transito sulla c.d. “mulattiera”, ripristinando le naturali caratteristiche funzionali della stessa, sia pure nei limiti dei lavori strettamente necessari alla tutela della pubblica incolumità, e, dall’altro, il completamento e, quindi, il miglioramento della viabilità generale della zona interessata, con la costruzione, ex novo, del percorso stradale alternativo.

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In conclusione, si ritiene di evidenziare, in particolare, che il provvedimento giurisdizionale in commento, conferma ed attribuisce precipuo rilievo all’orientamento secondo cui, ai fini della proposizione di una fondata azione risarcitoria nei confronti della P.A., è necessario che l’istante faccia valere le proprie ragioni, anche eventualmente in sede giurisdizionale, con riguardo ad ogni singolo ed autonomo provvedimento amministrativo, ed a ciascun segmento procedimentale posti in essere dalla medesima P.A., in ordine allo stesso rapporto sostanziale.

Rispetto a ciascuna fase procedimentale attivata dalla P.A., è doveroso, dunque, da parte di chi intende tutelare, anche in sede risarcitoria, un interesse protetto dall’ordinamento - sempre tenendo conto dell’interesse pubblico coinvolto - dare avvio, preventivamente e tempestivamente, a quelle azioni che possano garantire, ex ante, la reintegrazione in forma specifica della posizione giuridica soggettiva asseritamente lesa (XI).

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I) L'esercizio del diritto di trasferire in qualsiasi parte del territorio nazionale la propria residenza, pur riflettendo un fatto volontario, trattandosi di un diritto primario ed assoluto tutelato dalla costituzione (art. 16), legittima ex se il recesso dal contratto di locazione ai sensi dell'art. 59, n. 1 l. 27 luglio 1978, n. 392 e, pertanto, non occorre prova, da parte del locatore, di particolari ragioni atte a giustificare la richiesta dell'immobile né la derivazione della stessa da una situazione di grave disagio, salvo restando il potere-dovere del giudice del merito di indagare sulla serietà di siffatta determinazione al fine di verificare se il proposito di trasferimento sia fittizio o dettato dallo scopo di eludere le leggi, nel qual caso incombe al conduttore l'onere di provare la maliziosità della ragione addotta dal locatore (Cass. Civ., 1 aprile 1987, n. 3128; Rass. Equo Canone, 1987, 240);

II) L’amministrazione è l’unica titolare della potestà di valutare se un’opera viaria prevista in variante sia o meno preferibile rispetto a quella già contemplata dagli strumenti urbanistici vigenti; pertanto, non sono ammissibili i motivi che mirino ad ottenere il riesame da parte del giudice amministrativo di questioni di mera opportunità che non incidono sulla legittimità dell’azione amministrativa (Cons.Stato, sez.IV, 19 aprile 2000, n.2355; in CED Cass);

III) La discrezionalità (e la conseguente insindacabilità da parte del giudice ordinario) dei criteri e dei mezzi con i quali l’amministrazione realizza e mantiene un’opera pubblica trovano un limite nell’obbligo dell’amministrazione medesima di osservare, a tutela dell’incolumità dei cittadini e dell’integrità del loro patrimonio, le specifiche disposizioni di legge e di regolamento disciplinanti quelle attività, nonché le comuni norme di diligenza e prudenza, così che all’inosservanza di dette disposizioni e norme consegue la ineludibile responsabilità dell’amministrazione per i danni arrecati a terzi. E’, in particolare, configurabile, a carico della p.a., una responsabilità ex art.2051 c.c. in relazione a beni, demaniali o patrimoniali, non soggetti ad uso generale e diretto della collettività (come, nella specie, la rete fognaria comunale), i quali consentano, per effetto della loro limitata estensione territoriale, un adeguata attività di vigilanza e di controllo da parte dell’ente a tanto preposto. (Cass. Civ., sez. I, 26 gennaio 1999, n.674; in Mass., 1999);

IV) La delibera comunale con la quale viene scelta la localizzazione di un ponte e dei relativi tracciati stradali, è espressione della discrezionalità tecnica lasciata all’amministrazione nel perseguimento dei suoi interessi; pertanto, tale attività è censurabile, sotto il profilo dell’idoneità della scelta e della congruità della determinazione assunta, soltanto per erroneità ed illogicità manifesta (C.f.r.: C.d.S., Sez.IV, 2.11.1992, n.940) (Cons.Stato, sez. IV, 7 marzo 1997, n.212; in CED Cass.);

V) L’ubicazione dell’opera pubblica, dovendo rispondere a caratteristiche di ordine tecnico imposte dal progetto, è sempre espressione di discrezionalità tecnica al termine di attività istruttoria non necessariamente documentata ed a fronte della quale un onere di motivazione può essere determinato soltanto dalla segnalazione da parte dell’interessato di una soluzione che sia per lui di minor pregiudizio. (Cons. Stato, sez. VI, 24 agosto 1996, n.1072; in Giur. It., 1997, III, 1, 72).

VI) La realizzazione o meno di un’opera pubblica, come pure la scelta delle relative modalità tecniche, rientra in un amplissimo ambito di discrezionalità della amministrazione non censurabile in sede di sindacato di legittimità; in ogni caso non potrebbe essere affermato, a carico della p.a. l’obbligo di procedere alla esecuzione di una determinata opera pubblica, trattandosi di compito riservato alla autonoma valutazione degli organi di amministrazione attiva. (TAR Umbria, 22 giugno 1994, n.425; Rass.Giur.Umbra, 1995, 272, con nota di MERCATI);

VII) La discrezionalità con cui la p.a. gode nelle modalità di esecuzione di un’opera pubblica, non la esonera dall’osservanza delle comuni norme di prudenza e diligenza imposte dal principio del neminem laedere la cui violazione comporta il riconoscimento ai terzi lesi in un diritto soggettivo di un’azione risarcitoria esperibile dinanzi al giudice ordinario. (Cass. Civ., 6 dicembre 1988, n.6635; in Giur.It., 1989, I, 1, 1364);

VIII) La p.a. ha il potere di stabilire in modo discrezionale i criteri e i mezzi secondo cui un’opera pubblica (nella specie: una strada) dev’essere eseguita, ed entro tale ambito il giudice ordinario non può svolgere indagini onde stabilire se siano stati convenientemente apprezzati i bisogni e gli interessi della collettività, e scelti i mezzi idonei per soddisfarli; tuttavia, la detta discrezionalità trova un limite nel dovere d’osservanza delle leggi in materia e delle comuni norme di prudenza e diligenza imposte dal principio del neminem laedere; pertanto, il giudice ordinario ben può svolgere i relativi accertamenti, intesi non già a censurare un’attività discrezionale della p.a. ma a rilevarne un illecito, e se dall’inosservanza di esse tali norme siano derivati danni a terzi, la p.a. è tenuta a rispondere ex art. 2043 c.c.. (Cass. Civ., 27 gennaio 1981, n.605; in Mass., 1981);

IX) Il modo come la p.a. procede alla costruzione e manutenzione della strada non è sindacabile da parte del cittadino; tuttavia tale discrezionalità trova sempre i suoi limiti nella osservanza di norme di legge e di regolamento, nonché in quelle di comune prudenza, alla cui osservanza la stessa p.a. è pur sempre tenuta con la conseguenza che essa è responsabile se dall’opera pubblica al cittadino deriva un danno. (App. Catanzaro, 31 marzo 1979; in Riv. Fin. Loc., 1981, 78);

X) TAR LOMBARDIA-MILANO, SEZ. II - Sentenza 5 marzo 2003*, in questa Rivista n. 3-2003;  v. in arg. anche da ult. TAR LAZIO, SEZ. II - Sentenza 12 marzo 2003*, in questa Rivista n.3-2003, secondo cui:  ”E’ illegittima una delibera con cui il consiglio comunale, in accoglimento di specifica istanza di alcuni privati frontisti, deliberi l’autorizzazione allo spostamento, in altro sito, del tracciato di una strada vicinale destinata all’uso pubblico, e la sdemanializzazione della stessa, senza effettuare un autonomo e imparziale accertamento a tutela del superiore interesse pubblico connesso all’uso della medesima strada da parte dei proprietari di altri fondi limitrofi, e da parte della generalità indistinta degli utenti (alla stregua del principio, è stata annullata, in virtù di ricorso giurisdizionale proposto da una proprietaria di un terreno limitrofo – con affaccio sulla strada vicinale - una delibera del consiglio comunale del Comune di Corchiano, con cui, su istanza di alcune altre parti private, era stato autorizzato lo spostamento del tracciato della strada vicinale destinata all’uso pubblico, e la sdemanializzazione della stessa; e ciò solo sulla base della relazione tecnica fornita dal perito di parte dei richiedenti la sdemanializzazione - controinteressati - e senza che l’ufficio tecnico comunale avesse presentato una propria relazione in proposito, autonoma ed imparziale, atta a verificare compiutamente i presupposti di fatto e gli interessi in gioco) ed anche TAR LIGURIA, SEZ. II - Sentenza 10 marzo 2003* in questa Rivista n.3-2003, secondo cui:  “E’ illegittima un’ordinanza con cui il Sindaco di un comune, senza rispettare il principio di logicità e senza specificare gli interessi tutelati, con il provvedimento monocratico, disponga tout court il divieto assoluto di transito a tutti i veicoli in una strada vicinale destinata all’uso pubblico, genericamente motivato con riferimento alla richiesta di alcuni abitanti frontisti, alle caratteristiche strutturali della via ed alla necessità di evitare danneggiamenti alla strada stessa, asseritamente di interesse storico-archeologico (alla stregua del principio, è stata annullata un’ordinanza con cui il Sindaco del Comune di Lerici aveva vietato la circolazione dei veicoli su strada vicinale - avente caratteristiche di percorso agricolo, con pavimentazione di terra e sassi, occasionalmente usato solo dai proprietari frontisti con piccoli mezzi agricoli - sul rilievo che, dalla motivazione del provvedimento, non poteva evincersi il nesso tra gli interessi specificamente tutelati dall’Amministrazione e le ragioni della radicale limitazione della percorrenza nei confronti degli utenti, con particolare riguardo alla necessità di limitare l’impatto umano nell’area).

XI) TAR LAZIO, SEZ. III - Sentenza 14 gennaio 2003, in questa Rivista n. 1-2003, con nota di commento.

 

(omissis)

per l’accertamento

del danno subìto dal ricorrente, equitativamente quantificato in ricorso in Euro 51.645,68 (o quello minore o maggiore che sarà valutato dal giudice), per l’impedito accesso alla propria abitazione, sita in località “Ronera” del Comune di Borgo, con conseguente condanna del Comune al pagamento delle relative somme;

nonché

per ottenere il ripristino della mulattiera preesistente, unica via di accesso alla loc. Ronera,

il tutto previo accertamento dell’illegittimità/illiceità del comportamento e del provvedimento di divieto di transito imposto dal Comune di Borgo Valsugana (atto non impugnato) –ordinanza del Sindaco del 28.11.2000, rettificata il 18.12.2001-.

(omissis)

F A T T O

Il sig. Colla è proprietario di una abitazione in località “Ronera”, nel Comune di Borgo Valsugana, risanata con concessione edilizia del 17.3.1995 n. 9163, alla quale l’unico accesso, con mezzi, era reso possibile, fino all’adozione dell’ordinanza sindacale del 28.11.2000 di divieto al transito (non impugnata), solo percorrendo una vecchia “mulattiera”.

Lo stato e le condizioni di tale via erano tali, in particolare per la sua conformazione e per i vistosi cedimenti che si erano creati nella sede stradale, da costringere il Sindaco, nel novembre 2000, ad imporre, per ragioni di sicurezza, il divieto di transito, onde evitare problemi alla pubblica incolumità.

Il ricorrente, peraltro, già precedentemente, con richiesta del 22.5.1996, evidenziava la mancanza di una rete viaria minimale di accesso alla località e chiedeva al Sindaco la costruzione di una strada di collegamento, in modo da consentire un agevole collegamento al paese.

E, sotto questo aspetto, va, fin d’ora, rilevato che la scelta del soggetto di trasferire in località “Ronera” la propria residenza –dal 27.8.1993- e di risanare l’edificio non poteva prescindere da quel dato di fatto preesistente:

l’oggettivo riscontro di una situazione, pacificamente rilevabile, di difficile accesso (tramite una vecchia mulattiera), con conseguente personale valutazione di queste speciali circostanze (ai fini delle relative scelte compiute dal soggetto privato).

Sussisteva, in sostanza, in capo al ricorrente la piena consapevolezza della assenza di un collegamento agevole e sicuro per l’accesso alla località.

Nonostante ciò il proprietario ha deciso di trasferirvi la residenza ed intraprendere i lavori di risanamento dell’edificio di sua proprietà.

I proprietari di altre case nella frazione (come afferma lo stesso ricorrente nella lettera cofirmata del 22.5.1996) hanno, invece, effettuato una diversa scelta, di attendere, per procedere alla ristrutturazione degli edifici, la realizzazione della nuova strada, la sola opera che avrebbe potuto rendere certo, agevole e sicuro l’accesso alla località (sia con i materiali necessari che con i mezzi).

A causa di tale situazione di insicurezza il Sindaco, con ordinanza del 28.11.2000, imponeva il divieto di transito sulla vecchia mulattiera (ordinanza modificata successivamente, il 18.12.2001, solo per quanto concerne l’individuazione catastale del terreno, p.f. 4612 e non 4673 C.C. Borgo).

Seguiva corrispondenza fra il legale del ricorrente e l’Amministrazione comunale (depositata in giudizio).

L’interessato, liberamente valutando la particolare situazione, ha ritenuto di non impugnare (allora) il provvedimento sindacale di imposizione del divieto di transito.

Con nota del 27.3.2002, ricevuta il 29.3, l’interessato chiedeva al Comune il ripristino della vecchia mulattiera, in considerazione del mancato concreto inizio dei lavori della programmata nuova strada di accesso.

Con ricorso notificato il 5-8/7/2002 e depositato il successivo 24.7, il sig. Romano COLLA ha richiesto:

A) il risarcimento dei danni subìti per il mancato accesso alla propria abitazione, sita in località “Ronera”, quantificati equitativamente in ricorso in Euro 51.645,68 (o quello minore o maggiore ritenuto dal giudice), con conseguente condanna del Comune al pagamento delle relative somme,

B) nonchè il ripristino della preesistente mulattiera di accesso alla loc. Ronera,

il tutto previo accertamento dell’illegittimità/illiceità del comportamento e del provvedimento di divieto di transito (ordinanza del Sindaco del 28.11.2000, rettificata il 18.12.2001 con la conseguente apposizione, sull’unica via di accesso, di due segnali stradali di divieto) sulla mulattiera, imposto dal Comune di Borgo Valsugana (atto non impugnato).

Il ricorrente ha chiesto l’accertamento del diritto al risarcimento e la condanna al relativo pagamento nonché il ripristino della vecchia mulattiera, col favore delle spese, deducendo i seguenti motivi di gravame:

1) violazione di legge per mancato rispetto dell’obbligo di manutenzione della strada, imposto dall’art. 28 all. F della L. 20.3.1865 n. 22485 (rectius n. 2248), dall’art. 5 del R.D. n. 2056 (rectius n. 2506) del 15.11.1923, nonché dall’art. 14 del Codice della Strada, D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 – diritto all’indennizzo e/o risarcimento per la lesione del diritto di proprietà (per privazione dell’accesso a seguito della limitazione o soppressione del transito sulla mulattiera) – sussistenza di un diritto al godimento del proprio immobile, con diritto di pretendere che sia garantito e riservato un accesso sulla pubblica via – insufficienza ed irrilevanza della possibilità del raggiungimento dell’abitazione a piedi;

2) eccesso di potere per travisamento ed erronea interpretazione dei fatti – omesso intervento del Comune sulla vecchia mulattiera - violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione- sussistenza di un danno ingiusto rispetto ad una posizione di interesse giuridicamente rilevante – illegittima privazione del godimento di un bene della vita per colpevoli carenze organizzative e di funzionamento della PA.

In relazione alla quantificazione del danno (quantificato in Euro 51.645,68) la difesa del ricorrente lo rapporta al valore locativo dell’immobile di cui il proprietario è stato sostanzialmente privato, in quanto la compressione o limitazione del godimento è stata sopportata dal titolare con suo personale disagio o sacrificio, o, alternativamente, nella diversa somma che il giudice vorrà determinare in via equitativa o con ricorso ad altri parametri.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione resistente, contestando, con memoria, sia l’ammissibilità delle domande di risarcimento del danno (“in forma specifica” per il ripristino della mulattiera e “per equivalente” in relazione ai pretesi danni conseguenti al ritardato ripristino del collegamento viario) per carenza dei presupposti (insussistenza del comportamento inerte e omessa preventiva impugnazione della presupposta ordinanza sindacale di chiusura al traffico della mulattiera), sia, comunque, la fondatezza del gravame per difetto dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa.

In particolare la difesa del Comune ha sostenuto che sussistevano motivazioni di sicurezza, fondate nella necessaria e imprescindibile tutela dell’ incolumità dei terzi, tali da giustificare l’adozione del provvedimento di divieto di transito.

Inoltre, dall’iter amministrativo descritto, in relazione all’attivazione del procedimento complesso di realizzazione di una nuova strada (con diverso tracciato), nelle sue diverse fasi –progettazione, finanziamento, espropriazione, contratto di appalto, ecc.-, la posizione del Comune, lungi dal dimostrarsi inerte, testimonierebbe come l’Amministrazione si sia tempestivamente attivata per la costruzione di una nuova via di accesso alla località “Ronera”, giunta, ora, ormai alla fase finale di concreta realizzazione (posto che la recentissima sospensione dei lavori del 12.11.2002 è stata imposta dal maltempo e dalla stagione invernale, ma si riferisce a lavori già consegnati il 3.7.2002 e che avrebbero dovuto concludersi in 150 giorni, quindi in naturale scadenza al 29.11.2002, salvi gli effetti della detta sospensione). Nel corso del 2003, la nuova strada sarà, comunque, terminata e percorribile.

Con ulteriore memoria depositata in vista dell’udienza di merito il ricorrente insisteva per l’accoglimento del ricorso, chiedendo l’assunzione dei mezzi di prova per testi, indicandoli nominativamente, e formulando i relativi capitoli, precisando che dal dicembre 2000 egli è costretto a percorrere a piedi il tratto di mulattiera per circa 2 km per poter raggiungere la propria abitazione (oltretutto impraticabile nei mesi invernali).

Veniva, infine, richiesta dal ricorrente, nella memoria conclusiva, anche C.T.U. volta a determinare i costi necessari per l’esecuzione degli interventi di ripristino della vecchia mulattiera al fine di garantirne la percorribilità.

Alla pubblica udienza del 21.2.2003, previo deposito di note di replica da parte della difesa dell’Amministrazione (inerenti la superfluità di alcuni capitoli di prova, già provati documentalmente e l’inconferenza di altri, formulando, comunque, precisa istanza di essere ammessa a prova contraria mediante altri testi, nominativamente indicati, relativamente a specifiche circostanze e situazioni), i procuratori delle parti hanno chiesto porsi il ricorso in decisione, insistendo nelle rispettive conclusioni.

 D I R I T T O

In sostanza il ricorrente lamenta che il Comune di Borgo Valsugana, violando l’obbligo di sistemare, mantenere e conservare la mulattiera che collegava la loc. Ronera alla rete viaria del Comune di Borgo, ed adottando un provvedimento che ne sanciva il divieto di transito, avrebbe leso il suo diritto di proprietà, precludendogli il godimento della propria abitazione.

Di qui la richiesta risarcitoria formulata, in via del tutto autonoma, senza onere, si sostiene in ricorso, della previa e tempestiva impugnazione del provvedimento –ordinanza sindacale del 28 novembre 2000-.

L’assunto non può essere condiviso.

Innanzitutto il Collegio ritiene di dover chiarire che la posizione dell’odierno ricorrente, che ha ritenuto di non impugnare, a suo tempo, l’ordinanza che imponeva il divieto di transito, in quanto sostanzialmente condivideva (ed accettava) la scelta dell’Amministrazione di realizzare una “nuova” via di accesso alla località, si riflette, inevitabilmente, in termini di acquiescenza rispetto a quel provvedimento (di divieto di transito) adottato dal Sindaco.

La dibattuta e complessa problematica della c.d. pregiudiziale di annullamento rispetto alla declaratoria di risarcimento e della relativa possibilità o meno di avanzare richieste risarcitorie in via autonoma, cioè in mancanza di previa impugnazione del provvedimento lesivo, trova dei punti fermi e chiari in recentissime pronunzie del Consiglio di Stato (cfr. CS, VI, del 18.6.2002 n. 3338 e sez. IV del 15.2.2002 n. 952), dove è stata affermata, previo approfondito esame, la necessarietà della preventiva tempestiva impugnazione del provvedimento amministrativo, che solo se ritenuto illegittimo in via principale (e non anche in via incidentale, stante la mancata possibilità da parte del giudice amministrativo di disapplicazione di atti puntuali), può dar luogo, sussistendo gli altri elementi di cui al 2043 c.c., all’eventuale risarcimento dei danni; tale accertamento è stato concepito anche dal legislatore della riforma (art. 7, punto c, della L. 205 del 21.7.2000, che ha riformulato l’art. 35 del D.Lgs. 80 del 31.3.1998 e l’art. 7 3° comma della L. 1034/1971) in termini consequenziali (“il TAR, nell’ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali”).

Tale orientamento, espressamente assunto dal Consiglio di Stato nel 2002 (a sezioni semplici) è stato ampiamente condiviso anche dalla recentissima Adunanza Plenaria –est. Schinaia-, che con la pronunzia n. 4 del 26.3.2003 (la questione era stata rimessa dal C.G.A.R.S., con ordinanza n. 316 del 11.6.2002), ha espressamente stabilito che la “pronuncia di annullamento è pregiudiziale rispetto alla richiesta di risarcimento del danno, secondo un indirizzo consolidato di questo Consiglio che ora va ribadito, riconoscendosene la fondatezza per la sua piena aderenza alla ratio della riforma, culminata con la legge 205 del 2000 che ha portato il legislatore ad attribuire al giudice amministrativo in via generale la cognizione anche sul risarcimento del danno, senza alcuna distinzione tra giurisdizione generale di legittimità e giurisdizione esclusiva…….Una volta concentrata presso il giudice amministrativo la tutela impugnatoria dell’atto illegittimo e quella risarcitoria conseguente, non è possibile l’accertamento incidentale da parte del giudice amministrativo della illegittimità dell’atto non impugnato nei termini decadenziali al solo fine di un giudizio risarcitorio e che l’azione di risarcimento del danno può essere proposta sia unitamente all’azione di annullamento che in via autonoma, ma che è ammissibile solo a condizione che sia impugnato tempestivamente il provvedimento illegittimo e che sia coltivato con successo il relativo giudizio di annullamento, in quanto al giudice amministrativo non è dato di poter disapplicare atti amministrativi non regolamentari”.

Nel caso di specie il ricorrente ha, sostanzialmente, prestato acquiescenza (al provvedimento che ha imposto il divieto di transito), “accettando” la volontà dell’Amministrazione, che era quella di coltivare una nuova soluzione (alternativa) di accesso alla località, con la previsione di realizzazione di una diversa opera pubblica, avente un differente tracciato (costruzione di una nuova strada -in luogo della sistemazione della vecchia via-, che avrebbe garantito maggiore sicurezza e stabilità), ritenendo (liberamente) di non impugnare il provvedimento, che oggi si asserisce lesivo, che imponeva il divieto di transito sull’unica via di accesso al tempo esistente (la vecchia mulattiera).

Sul punto, in base all’orientamento giurisprudenziale richiamato ed evidenziato, la domanda del ricorrente (di risarcimento) deve essere dichiarata inammissibile, in quanto il principio di certezza delle situazioni giuridiche e della necessaria previa tempestiva impugnazione dei provvedimenti amministrativi ritenuti lesivi, impone l’impossibilità, per il g.a. di disapplicare, in via incidentale, un atto amministrativo puntuale, ritenendolo illegittimo, a soli fini risarcitori, senza provvedere, in carenza di impugnazione principale, al suo annullamento.

In ordine, poi, all’altro profilo prospettato (omesso intervento manutentivo della preesistente mulattiera) la posizione del ricorrente, che richiede l’intervento del Comune al ripristino della vecchia via, non può riconoscersi fondata, in quanto:

-rientra nella discrezionalità della PA valutare quali siano gli interventi più appropriati nella realizzazione delle opere pubbliche (nel caso in esame realizzazione di un nuovo tracciato, in luogo del ripristino della vecchia via);

-la scelta concretamente effettuata dal Comune, che ha optato per l’elaborazione di un nuovo tracciato, risulta ragionevole e corretta, in quanto sorretta da idonee valutazioni in termini di esigenze di sicurezza e di stabilità, e finalizzata al raggiungimento di un migliore risultato (opera finale maggiormente funzionale e rispondente agli irrinunciabili criteri di incolumità).

Sul punto, quindi, la scelta di non intervenire con interventi provvisori di ripristino della vecchia mulattiera (che avrebbero determinato, in modo inutile, l’impegno di risorse rispetto ad un’opera che, con l’attivazione della nuova strada, sarebbe stata totalmente abbandonata) si rivela logica e sorretta da valutazioni economiche ragionevoli.

L’ ulteriore profilo che va, infine, esaminato, in quanto astrattamente rilevante, ad un livello diverso (cioè non più in termini esclusivamente provvedimentali, ma come eventuale “comportamento” omissivo dannoso e colpevole), è se il successivo concreto comportamento assunto dal Comune –che si traduce però, anche, nell’adozione di atti e provvedimenti- in merito alla concreta esecuzione di tale opera (nuova strada), possa riconoscersi connotato da “inerzia” e, come tale, inquadrato in termini di colpa (e precisamente in termini di comportamento assunto successivamente, cioè dopo l’emanazione del divieto di transito).

Dall’ampia documentazione depositata a cura della difesa del Comune si evince chiaramente che sono state poste in essere dall’Amministrazione, nei tempi tecnici, le diverse fasi del procedimento complesso volto alla realizzazione della nuova opera viaria.

In particolare risulta che, dopo l’ordinanza sindacale di chiusura al traffico del 28 novembre 2000, determinata e giustificata, come si è detto, dalla necessità di tutela della pubblica incolumità, in quanto l’accesso tramite la vecchia mulattiera (affetta da vistosi segni di cedimento) era da considerarsi totalmente insicuro (decisione rispetto alla quale non può porsi alcun profilo risarcitorio, per omessa impugnazione), il Comune:

-ha depositato il “progetto esecutivo” dei lavori di realizzazione della nuova strada di collegamento tra il maso Ronera e la strada di Onea-Ronchi, redatto dall’ing. Debortoli (cfr. avviso, a firma del Sindaco, del 3.5.2001, per la proposizione delle osservazioni, trattandosi di progetto che, una volta approvato, avrebbe reso l’opera di pubblica utilità, urgente ed indifferibile);

-ha avviato la procedura espropriativa per la realizzazione della strada di collegamento (cfr. avviso del 26.7.2001 notificato ai proprietari delle aree coinvolte);

-ha chiesto al Servizio Espropriazioni della Provincia Autonoma di Trento l’emissione del decreto di autorizzazione all’esecuzione del Piano delle espropriazioni (cfr. istanza del Vice-Sindaco del 26.7.2001 e successiva determinazione dirigenziale provinciale del 15.4.2002 n. 168, la quale ha previsto l’inizio lavori entro 1 anno e la loro ultimazione entro il 15.12.2003);

-ha chiesto al Servizio Espropriazioni della Provincia Autonoma di Trento l’emissione della determinazione di occupazione anticipata (cfr. istanza dell’8.5.2002 e successiva determinazione dirigenziale provinciale n. 287 del 4.6.2002);

-ha affidato la realizzazione dell’opera, con contratto di appalto n. 257 del 6.6.2002, all’impresa Boccher Luciano & snc (cfr. verbale di consegna ed inizio lavori del 3.7.2002, con assegnazione di un termine di 150 giorni per l’esecuzione).

In sostanza la progettazione dell’opera risulta essere stata affidata, già precedentemente all’emissione del divieto di transito, all’ing. Paolo Debortoli, il quale aveva presentato il progetto esecutivo per la realizzazione della nuova strada di collegamento nell’agosto 1999 (lunghezza nuovo tracciato ml. 583,85, per un costo totale dell’ intervento di Lire 670.000.000).

La realizzazione del tracciato della nuova strada, così come previsto nel progetto, imponeva, però, anche una variante al PRG comunale (cfr. variante generale dell’ottobre 2000), che è stata approvata dalla Giunta Provinciale il 6.7.2001 e 28.12.2001.

La scelta di tale tracciato, ritenuto decisamente preferibile rispetto ad altre 3 ipotesi esaminate, è stato il frutto di una “verifica attenta e scrupolosa eseguita dal progettista insieme all’autorità forestale e comunale, verificando tutte le possibili alternative che il territorio poteva consentire, considerando l’acclività dei pendii, la situazione geologica e idrogeologica della zona” (cfr. la dettagliata relazione tecnica comparativa, redatta dall’ing. Debortoli il 21.1.2003).

In sostanza lo sviluppo procedimentale che è stato attuato, a vari livelli, -su iniziativa del Comune- dimostra, anche nei tempi, come l’autorità comunale non sia assolutamente rimasta inerte in merito alla problematica ed all’esigenza di programmare e realizzare il nuovo collegamento, ma ha attivato (e portato a conclusione) il complesso procedimento per la sua realizzazione.

L’assenza di inerzia (già autonomamente rilevante come carenza dell’elemento oggettivo del comportamento) si traduce nell’assenza di colpa in ordine alla contestata mancanza (provvisoria, nelle more della nuova realizzazione) di accesso con mezzi all’abitazione di proprietà del ricorrente.

In relazione alla scelta di non intervenire, con interventi di manutenzione, sulla preesistente mulattiera, la posizione assunta dal Comune. come si è già detto, è pienamente condivisibile se si considera che, a causa dei vistosi cedimenti della vecchia sede stradale, non era ipotizzabile un intervento di ripristino meramente provvisorio, essendo la caratteristica della strada (affetta da instabilità strutturale) tale da non consentire la realizzazione di modifiche parziali che garantissero la pubblica incolumità.

In definitiva la scelta dell’autorità comunale di coltivare i procedimenti per la realizzazione della nuova strada, di imporre il divieto di transito sulla vecchia mulattiera e di non effettuare alcun intervento di ripristino di questa (in considerazione dei costi e dei tempi) si presenta ragionevole ed economicamente valida (e comunque non viziata da macroscopiche illogicità), in quanto fondata sulla dimostrata sussistenza di esigenze di interesse pubblico prevalente (alla sicurezza ed all’economicità).

Il fatto che, nelle more, la posizione del ricorrente non abbia ottenuto concreta soddisfazione –essendo stato, di fatto, a lui impedito l’accesso alla propria abitazione- non può inquadrarsi in termini di situazione giuridica necessariamente “risarcibile”.

L’accertamento del danno presuppone, come la Corte di Cassazione ha affermato (nella fondamentale e storica pronunzia SS.UU. n. 500 del 22.7.1999 nonchè in quella, per così dire “integrativa” -in quanto nascente dalla medesima controversia Vitali c/ Comune di Fiesole,- emessa dalla I sez. civile, n. 157 del 10.1.2003), la sussistenza di tutti i profili indicati all’art. 2043 c.c., tra i quali l’elemento soggettivo (quanto meno della “colpa”) del soggetto che avrebbe causato, con la propria azione od omissione, il danno “ingiusto”.

Sul punto la Cassazione ha avuto modo di chiarire –abbattendo il muro ed il dogma dell’irrisarcibilità degli interessi legittimi, prima che venisse compiuta dal legislatore del 2000 la scelta di “concentrare” in un unico giudice questioni di legittimità e questioni risarcitorie-, che, anche nella logica della responsabilità extracontrattuale della PA, è pur sempre necessario che sia rinvenibile un danno “ingiusto” causato e correlato ad un comportamento soggettivamente rilevante e, quanto meno, caratterizzato da colpa (nell’azione o nell’inerzia) da parte dell’apparato pubblico.

Nel caso di specie il danno patito non può qualificarsi ingiusto, in quanto non è correlato (e non è dipeso) ad alcuna posizione di inerzia colposa del Comune.

In conclusione il ricorso va respinto.

Ricorrono, peraltro, giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese di giudizio.

P.QM.

il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino - Alto Adige, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 236/2002, lo respinge.

Spese del giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Trento, nella Camera di Consiglio del 21 febbraio 2003, con l’intervento dei Magistrati:

dott. Paolo Numerico Presidente

dott. Grazia Flaim Consigliere estensore

dott. Lamberto Ravagni Consigliere

Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno 8 maggio 2003.

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