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n. 5-2002 - © copyright.

TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. III – Sentenza  10 maggio 2002 n. 2652 - Pres. de Leo, Est. Caponigro - M. (Avv. Grasso) c.  Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale (Avv.ra distr. Stato) - (accoglie).

1. Pubblico impiego - Equo indennizzo - Riconoscimento - Oggetto del giudizio - Riguarda non solo il rapporto di causalità tra attività lavorativa e infermità, ma anche gli effetti invalidanti della infermità stessa.

2.  Pubblico impiego - Equo indennizzo - Riconoscimento - Parere del C.P.P.O. - Natura - Obbligo di prendere in considerazione il parere espresso dalla C.M.O. - Sussiste - Motivazione circa le ragioni per le quali il C.P.P.O. ha disatteso il parere espresso dalla C.M.O. - Necessità - Fattispecie.

3. Atto amministrativo - Discrezionalità tecnica - Nozione - Individuazione - Differenze rispetto al merito amministrativo.

4. Atto amministrativo - Discrezionalità tecnica - Sindacato del G.A. - Estensione - Verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo - Possibilità.

1. In materia di equo indennizzo e pensione privilegiata ordinaria, il provvedimento dell’amministrazione ha alla sua base una valutazione più complessa di quella necessaria per l’accertamento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio agli altri effetti per i quali tale accertamento rileva, non dovendosi soltanto appurare se l’infermità trovi origine nell’evento legato all’attività lavorativa, ma anche se e in quale misura essa abbia dato luogo ad un effetto invalidante (1).

2. Il parere del C.P.P.O. rappresenta  un momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi dagli altri organi precedentemente intervenuti nel procedimento finalizzato alla liquidazione dell’equo indennizzo (2); in particolare, il parere medico-legale reso dalla CMO nel corso del procedimento tendente al riconoscimento della causa di servizio costituisce  un elemento di conoscenza e di giudizio di cui il C.P.P.O. deve tener conto, unitamente agli altri elementi forniti dall’amministrazione e dal richiedente, onde poter esprimere la propria conclusiva valutazione sulla ricorrenza di tutti i presupposti di legge per la liquidazione della prestazione richiesta (3). E’ pertanto illegittimo il provvedimento con il quale si rigetta una istanza di equo indennizzo, nel caso in cui il C.P.P.O. abbia disatteso immotivatamente il parere espresso dalla C.M.O. (4)

4. La discrezionalità tecnica è distinta dal merito amministrativo e ricorre quando l’amministrazione, per provvedere su un determinato oggetto, deve applicare una norma tecnica cui una norma giuridica conferisce rilevanza diretta o indiretta (5).

5. Il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici può svolgersi non soltanto in base al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’autorità amministrativa, ma anche sulla base della verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo, atteso che non è l’opinabilità degli apprezzamenti tecnici dell’amministrazione che ne determina la sostituzione con quelli del giudice, ma la loro inattendibilità per l’insufficienza del criterio o per il vizio del procedimento applicativo. Il riconoscimento o il diniego della dipendenza di infermità da causa di servizio rientrano in tale quadro concettuale.

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(1) Cfr. Cons. Stato, IV, 9 febbraio 1998, n. 231.

(2) Cfr. Cons. Stato, IV, 22 giugno 2000, n. 3541; Cons. Stato, IV, 6 giugno 1997, n. 616.

(3) Cfr. Cons. Stato, IV, 3 giugno 1997, n. 594.

(4) Secondo il TAR Campania quindi il CPPO, in presenza di un giudizio medico legale reso da un organo tecnico sia pure in un procedimento, ove ritenga di non condividerlo, deve esplicitare chiaramente ed esaustivamente le ragioni del proprio dissenso.

In senso diverso si è tuttavia orientata una parte della giurisprudenza: v. per tutte TAR LAZIO, SEZ. II BIS – Sentenza 3 febbraio 2001 n. 867; TAR LAZIO, SEZ. I - Sentenza 2 novembre 2000 n. 8868, entrambe in questa rivista Internet.

Nella specie, mentre la CMO, nel relativo procedimento, aveva giudicato l’infermità dipendente da causa di servizio in quanto l’interessato “per molto tempo ha svolto servizio gravoso particolarmente stressante, in modo continuativo, fattore causa e concausa nel determinismo dell’infermità in G.D.”, il CPPO, ai fini dell’equo indennizzo, aveva espresso parere negativo considerato che l’infermità “esiti di intervento per applicazione di by-pass aortocoronarico per pregressa cardiopatia ischemica” non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio, come ritenuto dall’amministrazione. Il Comitato, tuttavia, non aveva fornito alcuna indicazione sulle circostanze di fatto valutate e sul percorso logico seguito per formulare il suddetto parere, onde ques’ultimo, secondo il T.A.R. Campania  era da ritenere illegittimo per difetto di motivazione.

(5) Cons. Stato, Sez. IV, 9 aprile 1999, n. 601.

Documenti correlati:

Sull’equo indennizzo:

TAR LAZIO, SEZ. II BIS – Sentenza 3 febbraio 2001 n. 867

TAR LAZIO, SEZ. I - Sentenza 2 novembre 2000 n. 8868

T.A.R. PIEMONTE, SEZ. II - Sentenza 17 giugno 1999, n. 404

Sulla nuova disciplina prevista in materia dal DPR n. 461/2001:

P. VIRGA, Non tutti i nodi sono stati sciolti dal nuovo decreto sull’equo indennizzo* (osservazioni a margine del D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461, in G.U. n. 5 del 7 gennaio 2002).

Sulla discrezionalità tecnica:

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – Decisione 5 marzo 2001 n. 1247

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE, 21 gennaio 1999, con nota di M. PROTTO.

G.SAPORITO, Consulenze tecniche e discrezionalità.

L. IEVA, Valutazioni tecniche e decisioni amministrative.

 

per l'annullamento

del provvedimento del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 17.7.95 nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale comunque lesivo degli interessi del ricorrente.

(omissis)

FATTO

Il ricorrente, all’epoca dipendente dell’Ufficio Provinciale del Lavoro e della Massima Occupazione, ha avanzato il 9 ottobre 1989 istanza per ottenere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità “cardiopatia ischemica, angina prevalentemente da sforzo”, anche ai fini dell’equo indennizzo.

Successivamente, il 10 maggio 1990, ha rappresentato l’aggravamento dell’infermità essendo stato sottoposto ad intervento chirurgico di “duplice by pass coronarico”.

La Commissione Medica Ospedaliera dell’Ospedale militare di Caserta (in seguito denominata CMO) ha giudicato l’infermità “esiti di intervento per applicazione di by pass aortocoronarico per pregressa cardiopatia ischemica” dipendente da causa di servizio ed ascrivibile, ai fini dell’equo indennizzo, alla 4^ categoria tab. A nella misura massima.

Sulla base del parere sfavorevole del Consiglio di amministrazione e ritenuto di conformarsi ad esso, però, l’amministrazione intimata, con decreto del 14 luglio 1994, non ha riconosciuto l’infermità come dipendente da causa di servizio, facendo salvo il parere del Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie (in seguito denominato CPPO) in merito a detto riconoscimento ai fini della corresponsione dell’equo indennizzo.

Avverso il provvedimento del 17 luglio 1995 con cui il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, sulla base del parere sfavorevole emesso dal CPPO nella seduta del 22 marzo 1995, ha negato la corresponsione dell’equo indennizzo, il sig. Manna ha proposto il presente ricorso articolato nei seguenti motivi:

1. Violazione art. 3 della L. 241/90. Eccesso di potere per difetto di motivazione del provvedimento impugnato.

L’amministrazione non avrebbe motivato sul perché sia giunta a negare la dipendenza dell’infermità da causa di servizio.

2. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto. Eccesso di potere per violazione di norme tecniche sulla valutazione della dipendenza da causa di servizio delle infermità denunziate. Difetto di motivazione.

Per il riconoscimento della causa di servizio sarebbe sufficiente che il servizio sia stato anche solo concausa del manifestarsi dell’evento morboso.

L’amministrazione intimata ha contestato la fondatezza delle censure dedotte ed ha concluso per il rigetto del ricorso.

L’istanza di tutela cautelare è stata respinta con ordinanza n. 966 pronunciata nella camera di consiglio del 15 novembre 1995.

All’udienza pubblica del 18 aprile 2002, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

Con il primo motivo d’impugnativa, il ricorrente ha dedotto l’illegittimità dell’atto dal fatto che l’amministrazione avrebbe sic et simpliciter escluso la dipendenza dell’infermità da causa di servizio senza fornire alcuna motivazione.

In proposito, il Collegio osserva in via preliminare che l’amministrazione, nel procedimento finalizzato alla liquidazione dell’equo indennizzo, di fronte all’istanza del dipendente, ha l’obbligo di acquisire il solo parere del CPPO e, ove permangano in capo ad essa margini di dubbio, ha facoltà di interpellare il Collegio medico legale presso il Ministero della Sanità o presso il Ministero della Difesa ai sensi dell’art. 178 DPR 1092/1973.

Pertanto, in tale procedimento, l’amministrazione non dispone di due pareri tecnici (della CMO e del CPPO), di eguale valore da valutare al fine di assumere le proprie determinazioni e fra i quali scegliere, motivatamente, ove essi siano di segno opposto (ex multis: Cons. Stato, V, 29 maggio 2000, n. 3089; Cons. Stato, IV, 6 giugno 1997, n. 616; Cons. Stato, IV, 6 febbraio 1995, n. 74).

Viceversa, mentre la CMO è l’organo tecnico che l’amministrazione ha l’obbligo di interpellare nel procedimento preordinato ad accertare la dipendenza dell’infermità da causa di servizio, nel secondo procedimento, finalizzato alla liquidazione dell’equo indennizzo, l’unico organo consultivo legittimato ad intervenire è, invece, il CPPO.

Il parere medico-legale reso dalla CMO nel corso del primo procedimento costituisce, quindi, un elemento di conoscenza e di giudizio di cui il CPPO deve tener conto, unitamente agli altri elementi forniti dall’amministrazione e dal richiedente, onde poter esprimere la propria conclusiva valutazione sulla ricorrenza di tutti i presupposti di legge per la liquidazione della prestazione richiesta (ex multis: Cons. Stato, IV, 3 giugno 1997, n. 594).

Infatti, in tema di equo indennizzo e pensione privilegiata ordinaria, il provvedimento dell’amministrazione ha alla base una valutazione più complessa di quella necessaria per l’accertamento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio agli altri effetti per i quali tale accertamento rileva, non dovendosi soltanto appurare se l’infermità trovi origine nell’evento legato all’attività lavorativa, ma anche se e in quale misura essa abbia dato luogo ad un effetto invalidante (ex multis: Cons. Stato, IV, 9 febbraio 1998, n. 231).

A tale scopo interviene il parere del CPPO che, su un piano generale, svolge una funzione consultiva medico-legale volta a verificare nel merito l’operato delle singole Commissioni Mediche Ospedaliere al fine di garantire la tutela dell’interesse del singolo e, nel contempo, quella altrettanto importante dell’erario (in tal senso la sentenza della Corte costituzionale n. 209/1996).

Il parere del CPPO rappresenta, quindi, un momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi dagli altri organi precedentemente intervenuti (ex multis: Cons. Stato, IV, 22 giugno 2000, n. 3541; Cons. Stato, IV, 6 giugno 1997, n. 616).

Peraltro, l’amministrazione, prima di assumere a fondamento della propria determinazione il parere reso dal CPPO, è tenuta a verificare se esso sia stato formulato sulla base di una compiuta conoscenza di tutti gli elementi di giudizio che erano stati sottoposti all’esame dell’organo consultivo, primo fra gli altri il parere della CMO, e se non sia affetto da macroscopici vizi logici o da un palese travisamento dei fatti (ex multis: Cons. Stato, IV, 19 aprile 2001, n. 2367; Cons. Stato, IV, 3 giugno 1997, n. 594; Cons. Stato, IV, 6 febbraio 1995, n. 74).

Di talché, l’obbligo del clare loqui, quando l’amministrazione si limita a recepire sic et simpliciter il parere, incombe non su di essa ma sul CPPO che, in presenza di un giudizio medico legale reso da un organo tecnico sia pure in un precedente procedimento, ove ritenga di non condividerlo, deve esplicitare chiaramente ed esaustivamente le ragioni del proprio dissenso.

Nel caso all’attenzione di questo Tribunale, come indicato nella ricostruzione del fatto, l’amministrazione ha negato il riconoscimento dell’infermità come dipendente da causa di servizio sulla base del parere sfavorevole del Consiglio di amministrazione, sia pure in presenza di un parere favorevole della CMO, facendo salvo il parere del CPPO in merito a detto riconoscimento ai fini della corresponsione dell’equo indennizzo.

Ciò posto, il Collegio evidenzia che, mentre la CMO, nel relativo procedimento, ha giudicato l’infermità dipendente da causa di servizio in quanto l’interessato “per molto tempo ha svolto servizio gravoso particolarmente stressante, in modo continuativo, fattore causa e concausa nel determinismo dell’infermità in G.D.”, il CPPO, nella seduta n. 94 del 22 marzo 1995, ai fini dell’equo indennizzo, ha espresso parere negativo considerato che l’infermità “esiti di intervento per applicazione di by-pass aortocoronarico per pregressa cardiopatia ischemica” non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio, come ritenuto dall’amministrazione.

Il Comitato, però, non ha fornito alcuna indicazione sulle circostanze di fatto valutate e sul percorso logico seguito per formulare il suddetto parere.

Di qui, considerato che il decreto impugnato si è limitato ad uniformarsi al parere del CPPO, la sussistenza dell’invocato vizio di difetto di motivazione.

2. Con il secondo motivo d’impugnativa, il ricorrente, nell’evidenziare che il servizio prestato ha contribuito allo scaturire o all’aggravarsi delle infermità denunziate, ha proposto una doglianza che involge questioni relative alla discrezionalità tecnica.

Sul punto, il Collegio osserva in primo luogo che, in sede di giudizio di legittimità, è preclusa al giudice amministrativo soltanto la diretta valutazione dell’interesse pubblico concreto relativo all’atto impugnato e cioè la diretta valutazione del merito dell’atto amministrativo.

La discrezionalità tecnica è, invece, altra cosa dal merito amministrativo e ricorre quando l’amministrazione, per provvedere su un determinato oggetto, deve applicare una norma tecnica cui una norma giuridica conferisce rilevanza diretta o indiretta (Cons. Stato, IV, 9 aprile 1999, n. 601).

L’applicazione di una norma tecnica può comportare valutazione di fatti suscettibili di vario apprezzamento quando contenga concetti indeterminati o comunque richieda apprezzamenti opinabili.

Il concetto di opinabilità è diverso da quello di opportunità e la questione di fatto, che attiene ad un presupposto di legittimità del provvedimento amministrativo, non si trasforma, soltanto perché opinabile, in una questione di opportunità, anche se è antecedente o successiva ad una scelta di merito.

Di talché, aderendo all’autorevole orientamento giurisprudenziale citato, il Collegio è dell’avviso che il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici può svolgersi non soltanto in base al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’autorità amministrativa, ma anche sulla base della verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo, atteso che non è l’opinabilità degli apprezzamenti tecnici dell’amministrazione che ne determina la sostituzione con quelli del giudice, ma la loro inattendibilità per l’insufficienza del criterio o per il vizio del procedimento applicativo.

Il riconoscimento o il diniego della dipendenza di infermità da causa di servizio rientrano in tale quadro concettuale.

Nel caso di specie, peraltro, il parere recepito dall’autorità procedente non è espressione né di criteri insufficienti né di vizi del procedimento applicativo.

Infatti, il CPPO non ha negato la dipendenza da causa di servizio perché ha escluso in astratto ogni efficienza causale o concausale dell’attività lavorativa stressante nel determinismo dell’infermità contratta, ma per l’assenza di un preciso nesso di causalità, come ritenuto dall’amministrazione

Ne consegue che la censura di cui al secondo motivo non merita di essere condivisa.

3. In conclusione, la fondatezza del primo motivo d’impugnativa determina la fondatezza del ricorso che va di conseguenza accolto, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti che l’amministrazione vorrà adottare in merito nel rispetto delle indicazioni sopra esposte.

4. Sussistono, peraltro, giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Terza Sezione di Napoli, accoglie il ricorso in epigrafe nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il decreto impugnato.

Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 18 aprile 2002.

Dott. Giovanni de Leo  Presidente

Dott. Roberto Caponigro Estensore

Depositata il 10 maggio 2002.

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