TAR EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA, SEZ. I – Sentenza 4 ottobre 2002 n. 1417
- Pres. Perricone, Est. Calderoni - Franchini (Avv.ti F. Ruggio e D. Ponzo) c. Ministero dell’Interno e Questore di Modena (Avv. Stato M. Zito) - (accoglie).1. Autorizzazione e concessione - Licenza di P.S. - Diniego o revoca - Autorità di polizia - Ha un lato potere discrezionale in ordine ai provvedimenti relativi.
2. Atto amministrativo - Procedimento - Comunicazione di avvio - Ex art. 7 L. n. 241/90 - Necessità - Nel caso di provvedimenti discrezionali o nel caso di provvedimenti di autotutela - Sussiste.
3. Autorizzazione e concessione - Licenza di P.S. - Revoca - Preventiva comunicazione di avvio del procedimento - Necessità - Sussiste.
4. Autorizzazione e concessione - Licenza di P.S. - Sospensione - Nel caso in cui siano state indicate le ragioni di urgenza - Preventiva comunicazione di avvio del procedimento - Necessità - Non sussiste - Revoca della licenza - Preventiva comunicazione - Necessità - Sussiste in ogni caso.
5. Atto amministrativo - Procedimento - Comunicazione di avvio - Ex art. 7 L. n. 241/90 - Necessità - Orientamento secondo cui non occorre comunicazione di avvio ove risulti che l’esito del procedimento non sarebbe stato differente - Non può essere condiviso.
6. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Derivanti da lesione di interessi legittimi - Presupposti - Dimostrazione dell'effettivo danno patrimoniale subìto e del nesso eziologico con i provvedimenti illegittimi annullati - Necessità - Sussiste.
1. Le disposizioni di cui agli artt. 8-13 del T.U. 18 giugno 1931, n. 773, in materia di licenze di pubblica sicurezza, configurano un sistema nell'ambito del quale si deve riconoscere all'Autorità di P.S. una sfera di ampia discrezionalità in ordine al diniego od alla revoca delle licenze od autorizzazioni ivi contemplate (1).
2. L'obbligo di dare comunicazione dell'avvio del procedimento, imposto all'Amministrazione dall'art. 7 L. 7 agosto 1990 n. 241, sussiste: a) nei casi in cui sia previsto uso di discrezionalità amministrativa, sia essa «pura» o «tecnica», in relazione ai quali il privato può certamente dare il suo valido apporto (2); b) nell’ipotesi di esercizio del potere di autotutela, sotto forma di ritiro di un precedente provvedimento (3).
3. L’adozione di atti di revoca delle licenze di P.S. va preceduta - a pena di illegittimità - da apposita comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo ex art. 7 L. 7 agosto 1990 n. 241, tenuto conto anche del fatto che il T.U. 18 giugno 1931, n. 773, non disciplina in alcun modo il procedimento finalizzato all'adozione del detto provvedimento di revoca (4).
4. La mancata osservanza delle formalità garantistiche di cui all’art. 7 L. 7 agosto 1990 n. 241 può essere giustificata, ove si manifestino esigenze cautelari e di urgenza che vanno adeguatamente esternate, solo ove venga emanato un atto di effettiva sospensione a termine della licenza di P.S. Le medesime esigenze non possono, viceversa, legittimare l'omissione dell'adempimento nel caso in cui debba essere adottato un provvedimento di immediata revoca della licenza di P.S. e cessazione dell’attività, il quale, invece, va assunto in contraddittorio con il titolare.
5. Non può essere condiviso l’orientamento di una parte della giurisprudenza più recente secondo cui la violazione dell'obbligo di dare comunicazione dell'avvio del procedimento non dà luogo all’annullamento dell’atto finale, ove risulti che l’esito del procedimento non sarebbe stato differente anche se vi fosse stata la partecipazione dell’interessato (5).
6. Deve essere respinta la domanda di risarcimento del danno che non sia accompagnata dalla dimostrazione dell'effettivo danno patrimoniale subìto e del nesso eziologico con i provvedimenti illegittimi annullati in sede giudiziale (6).
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(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, sent. 28 marzo 1990, n. 221; T.A.R. Lazio, Sez. I, 20 novembre 1990, n. 1116; T.A.R. Toscana, 3 febbraio 1996, n. 59.
(2) Cfr. C.G.A., 29 novembre 1999, n. 617; 9 giugno 1998, n. 400; 26 aprile 1996, n. 110; Cons. Stato, Sez. VI, 19 novembre 1996, n. 1603 e 16 gennaio 1997, n. 57; Sez. V, 13 novembre 1995, n. 1562 e 19 marzo 1996, n. 283.
(3) Cons. Stato, Sez. VI, 27 maggio 1998, n. 832 e Sez V, 22 maggio 2001, n. 2823; C.G.A., 20 aprile 1998, n. 242.
(4) Cfr. T.A.R. Campania-Napoli, Sez. III, 19 luglio 2001, n. 3446; T.A.R. Lombardia-Milano, 24 maggio 2000, n. 3620; T.A.R. Liguria, II Sez., 28 gennaio 1997 n. 14.
(5) Nella motivazione della sentenza in rassegna si dà atto che secondo un recente orientamento giurisprudenziale di alcuni TT.AA.RR. (cfr. ad es. TRGA Bolzano, 12 febbraio 2002, n. 81; 27 maggio 2002, n. 245 e da ult. 12 agosto 2002 n. 379, in questa Rivista n. 7/8-2002) e di alcune Sezioni del Consiglio di Stato (v. Consiglio di Stato, Sez. V, 22 maggio 2001, n. 2823, in questa Rivista n. 5/2001; Sez. V, 21 gennaio 2002, n. 343, Sez. IV, 20 febbraio 2002, n. 1003 e Sez. IV, 5 marzo 2002, n. 1325), la comunicazione di avvio del procedimento ha finalità sostanziali e non meramente formali, con la conseguenza che la violazione di tale obbligo non dà luogo all’annullamento dell’atto, ove risulti che l’esito del procedimento non sarebbe stato differente anche se vi fosse stata la partecipazione dell’interessato.
Il T.A.R. Emilia-Romagna, tuttavia, trova maggiormente convincente l’orientamento, recentemente espresso dalla VI Sezione del Consiglio di Stato (sentenze 29 maggio 2002 n. 2984 e 8 aprile 2002 n. 1901, entrambe pubblicate in questa Rivista, n. 6/2002 e n. 4/2002), secondo cui:
-"l'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento si fonda sulla duplice esigenza, da un lato, di porre i destinatari dell'azione amministrativa in grado di far valere i propri diritti di accesso e di partecipazione e, dall’altro, di consentire all'amministrazione di meglio comparare gli interessi coinvolti e di meglio perseguire l'interesse pubblico principale, a fronte degli altri interessi pubblici e privati eventualmente coinvolti" (Cons. Stato, sez. IV, 25 settembre 1998, n. 569);
- "la detta comunicazione incide sulla sufficienza della motivazione, in quanto, mentre consente agli interessati di presentare memorie scritte e documenti, nel contempo, impone all’amministrazione l'obbligo di valutare i contributi presentati dai partecipanti (art. 10 lett. b) l. n. 241/90). Ne consegue che l'adeguatezza dell'istruttoria si valuta anche nella misura in cui i destinatari siano stati messi in condizione di contraddire" (Cons. Stato, Ad. Plen., 15 settembre 1999, n. 14).
In particolare il T.A.R. Emilia condivide l’orientamento espresso con la richiamata decisione n. 2984/02, la quale ha affermato che:
- "pur condividendosi l’approccio sostanzialistico dato dalla giurisprudenza in materia, non può tuttavia ritenersi - almeno per i procedimenti caratterizzati da un’elevata discrezionalità - che il vizio derivante dall’omissione di comunicazione dell’avvio del procedimento non sussista nei casi in cui l’interessato non abbia dimostrato in giudizio che la sua partecipazione al procedimento avrebbe determinato un esito diverso; richiedere infatti al ricorrente di dimostrare in concreto che la sua partecipazione al procedimento avrebbe determinato un diverso esito svuota la portata innovativa dell’istituto della partecipazione, dato che, in tal modo, si arriverebbe a rendere sempre irrilevante il motivo di ricorso: il diverso esito del procedimento finirebbe per dipendere unicamente dalla fondatezza degli ulteriori motivi di ricorso, con conseguente impossibilità di accoglimento";
- "in procedimenti caratterizzati da un’elevata discrezionalità risulterebbe estremamente difficile, per il giudice amministrativo, valutare se l’apporto partecipativo e collaborativo del privato sarebbe stato (in concreto) tale da determinare una diversa ponderazione comparativa dell’interesse particolare in relazione all’interesse primario";
- "ogni diversa interpretazione condurrebbe a privare di tutela giurisdizionale i <c.d. interessi procedimentali>; al contrario, la giustiziabilità di tali interessi (e, quindi, dei procedimenti illegittimi) da un lato consente la piena tutela del cittadino, dall’altro persegue, indirettamente, anche l’interesse pubblico al corretto esercizio del potere da parte della P.a.".
(6) Cons. Stato, Sez. VI, 14 gennaio 2000, n. 244.
per l’annullamento
del provvedimento del Questore di Modena 6 giugno 2001, di revoca di licenza di P.S., nonché della nota della Squadra Mobile 5.6.2001, ivi richiamata;
per l’accertamento
del diritto alla conclusione dei procedimenti che hanno subito un arresto procedimentale;
per il risarcimento
dei danni subiti;
(omissis)
FATTO E DIRITTO
I. Avverso il provvedimento questorile in epigrafe, di revoca e ritiro della licenza di agenzia d’affari, parte ricorrente deduce, mediante un unico ed articolato motivo di ricorso, le censure di:
violazione degli articoli 2, 3 e 7 legge n. 241 del 1990, per illegittimo arresto procedimentale, difetto di motivazione ed omessa comunicazione dell’avvio del procedimento;
violazione del principio di non colpevolezza di cui all’art. 27 Cost.;
violazione degli artt. 11, 115, 131, 219, 221 bis del T.U.L.P.S. e dell’art. 204 del relativo Regolamento di esecuzione, eccesso di potere sotto diversi profili, sviamento, contraddittorietà, non ricorrendo i presupposti di legge per procedere alla revoca dell’autorizzazione di Polizia;
violazione del combinato disposto di cui agli artt. 17 quater T.U.L.P.S. e 20, commi 1-2 e 24, commi 1-3 legge n. 689 del 1981.
Il ricorrente propone altresì una domanda risarcitoria ed una di accertamento del proprio diritto alla conclusione, ai sensi dell’art. 2 legge 241/90, dell’anzidetto e presupposto procedimento sanzionatorio ex lege 689/1981.
II. Con Ordinanza 11 luglio 2001, n. 571, questa Sezione accoglieva la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato, avanzata in ricorso, con la seguente motivazione:
"la finalità cautelare enunciata dal provvedimento impugnato risulta contraddetta dall’adozione di un provvedimento definitivo di revoca dell’autorizzazione, anziché – ad esempio – di sospensione della medesima;
ciò stante ed in considerazione della natura di provvedimento di secondo grado, concretamente adottato, si rende indispensabile l’osservanza delle garanzie procedimentali stabilite dall’art. 7 della legge 241/1990".
III. A distanza di pochi giorni (20 luglio 2001), si costituiva in giudizio il Questore di Modena, dimettendo documentazione e contestando la fondatezza delle censure avversarie.
IV. Infine, all’odierna pubblica udienza la causa è passata in decisione.
V.1. Circa il vizio procedimentale, dedotto dal ricorrente e rilevato in fase cautelare dalla Sezione, l’Amministrazione replica richiamandosi, in primo luogo, all’indirizzo giurisprudenziale, secondo cui l’obbligo di dare comunicazione di avvio del procedimento sussiste soltanto quando, in relazione alle ragioni che giustificano l’adozione del provvedimento, la comunicazione stessa apporti una qualche utilità all’azione della P.A.
L’argomento difensivo non convince il Collegio, in quanto fa leva su di un principio, in sé condivisibile ed in altre occasioni condiviso anche da questo T.A.R. (cfr. Sezione staccata di Parma 28 gennaio 1999, n. 60), ma che non può, tuttavia, trovare applicazione nella fattispecie.
V.2. Invero, il provvedimento impugnato fa espresso richiamo, tra gli altri, agli articoli 10 e 11 del T.U.L.P.S., di cui riporta anche talune espressioni letterali: ebbene, la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, Sez. IV, sent. n. 221 del 28.03.1990; T.A.R. Lazio, Sez. I, 20 novembre 1990, n. 1116; T.A.R. Toscana, 3 febbraio 1996, n. 59) è concorde nel ritenere che le disposizioni di cui agli artt. 8-13 T.U. 18 giugno 1931 n. 773 configurino un sistema, nell'ambito del quale si deve riconoscere all'Autorità di P.S. una sfera di discrezionalità in ordine al diniego, o alla revoca, delle licenze o autorizzazioni ivi contemplate.
Altrettanto concorde è la giurisprudenza nell’affermare che l'obbligo di dare comunicazione dell'avvio del procedimento, imposto all'Amministrazione dall'art. 7 L. 7 agosto 1990 n. 241, sussiste proprio:
a) nei casi in cui sia previsto uso di discrezionalità amministrativa, sia essa «pura» o «tecnica», in relazione ai quali il privato può certamente dare il suo valido apporto (Cfr. Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 29 novembre 1999, n. 617, 9 giugno 1998, n. 400, 26 aprile 1996, n. 110; Cons. Stato, VI Sez. 19 novembre 1996, n. 1603 e 16 gennaio 1997, n. 57, V Sez. 13 novembre 1995, n. 1562 e 19 marzo 1996, n. 283);
b) nell’ipotesi di esercizio del potere di autotutela, sotto forma di ritiro di un precedente provvedimento (Cons. Stato, Sez. VI, 27 maggio 1998, n. 832 e Sez V, 22 maggio 2001, n. 2823; Cons. Giust. Amm. Reg. Sic. 20 aprile 1998, n. 242).
Ed allora, il cerchio, per così dire, si chiude quando si tratti specificamente della revoca delle licenze di P.S., non potendo la giurisprudenza altro che ribadire, per effetto della convergente applicazione dei due canoni appena enunciati, la necessità della comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo ex art. 7 L. 7 agosto 1990 n. 241, anche in considerazione del fatto che il T.U. 18 giugno 1931 n. 773 non disciplina in alcun modo il procedimento finalizzato all'adozione del detto provvedimento di revoca (Cfr. T.A.R. Napoli, Sez. III, 19 luglio 2001, n. 3446; T.A.R. Milano, 24 maggio 2000, n. 3620; T.A.R. Liguria, II Sez., 28 gennaio 1997 n. 14).
V.3. Ne consegue che, nel caso in esame, la suddetta comunicazione andava effettuata, in quanto il destinatario dell’atto di revoca ben avrebbe potuto utilmente interloquire, in contraddittorio procedimentale con la P.A., circa il venir meno delle "condizioni oggettive e soggettive previste dalla normativa vigente per esercitare legittimamente l’attività", desunto dal Questore dall’apertura di un procedimento penale e di un procedimento amministrativo sanzionatorio a carico del ricorrente.
VI. Con un secondo argomento, l’Avvocatura dello Stato sostiene, poi, che il Questore avrebbe fatto uso della facoltà concessa dall’art. 7 legge 241/90 e fa, quindi, leva sulle medesime ragioni di urgenza e necessità (funzione anticriminalità e tutela del consumatore) enunciate nell’atto 6 giugno 2001.
Al riguardo, il Collegio non può che riconfermare l’avviso espresso nella menzionata Ordinanza n. 571/2001 di questa Sezione, circa l’intima contraddittorietà sussistente tra finalità cautelare dichiarata nel provvedimento e definitività della misura repressiva assunta (id est: revoca, in luogo della sospensione della licenza).
In materia di autorizzazioni di polizia, il Consiglio di Stato (ad es. Sez. IV, 12 aprile 1995, n. 241) ha, infatti, messo in evidenza l’ontologica differenza che intercorre tra sospensione e revoca di detti titoli, laddove la funzione cautelare perseguita postula l’adozione di un provvedimento (sospensione), i cui effetti devono necessariamente esaurirsi entro un arco temporale predeterminato ed essere reversibili; risultando, viceversa, illegittima, l’adozione, ai medesimi fini, di un provvedimento dagli effetti permanenti ed irreversibili, quale una revoca, non importa se solo sostanziale e non anche formale.
In conclusione, la mancata osservanza delle formalità garantistiche di cui al predetto art. 7 sarebbe stata giustificata, alla stregua delle medesime esigenze cautelari e di urgenza addotte dal Questore di Modena, solo ove fosse stato emanato un atto di effettiva sospensione a termine della licenza.
Le medesime esigenze non possono, viceversa, legittimare un provvedimento di immediata revoca della licenza di P.S. e cessazione dell’attività, assunto in assenza di contraddittorio procedimentale con il titolare.
Col che, anche la seconda ragione "esimente" invocata dalla difesa dell’Amministrazione non può essere condivisa, risultando così priva di giustificazione alcuna la mancata comunicazione, al ricorrente, dell’avvio del procedimento di revoca.
VII.1 Quanto agli effetti riconducibili alla violazione del suddetto obbligo di comunicazione da parte del Questore, il Tribunale non ignora l’orientamento presente nella giurisprudenza del giudice amministrativo di I (cfr. ad es. TRGA Bolzano, 12.2.2002, n. 81 e 27.5.2002, n. 245) e II grado (Consiglio di Stato, Sez. V, 22.5.2001, n. 2823, Sez. V, 21.1.2002, n. 343, Sez. IV, 20.2.2002, n. 1003 e Sez. IV, 5.3.2002, n. 1325), secondo cui la comunicazione di avvio ha finalità sostanziali e non meramente formali, con la conseguenza che la violazione di tale obbligo non dà luogo all’annullamento dell’atto, ove risulti che l’esito del procedimento non sarebbe stato differente anche se vi fosse stata la partecipazione dell’interessato.
VII.2. Il Collegio trova, tuttavia, maggiormente convincente l’orientamento, recentemente espresso dalla VI Sezione del Consiglio di Stato (Sentenze 29 maggio 2002 n. 2984 e 8 aprile 2002 n. 1901), che
a) in primo luogo puntualizza l’istituto de quo nei termini seguenti:
"l'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento si fonda sulla duplice esigenza, da un lato, di porre i destinatari dell'azione amministrativa in grado di far valere i propri diritti di accesso e di partecipazione e, dall’altro, di consentire all'amministrazione di meglio comparare gli interessi coinvolti e di meglio perseguire l'interesse pubblico principale, a fronte degli altri interessi pubblici e privati eventualmente coinvolti (Cons. Stato, sez. IV, 25 settembre 1998, n. 569";
"la detta comunicazione incide sulla sufficienza della motivazione, in quanto, mentre consente agli interessati di presentare memorie scritte e documenti, nel contempo, impone all’amministrazione l'obbligo di valutare i contributi presentati dai partecipanti (art. 10 lett. b) l. n. 241/90). Ne consegue che l'adeguatezza dell'istruttoria si valuta anche nella misura in cui i destinatari siano stati messi in condizione di contraddire (Cons. Stato, Ad. Plen., 15 settembre 1999, n. 14)".
b) e, soprattutto con la decisione n. 2984/02, sviluppa ulteriori argomentazioni che suscitano l’adesione del Collegio, quali:
"pur condividendosi l’approccio sostanzialistico dato dalla giurisprudenza in materia, non può tuttavia ritenersi - almeno per i procedimenti caratterizzati da un’elevata discrezionalità - che il vizio derivante dall’omissione di comunicazione dell’avvio del procedimento non sussista nei casi in cui l’interessato non abbia dimostrato in giudizio che la sua partecipazione al procedimento avrebbe determinato un esito diverso; richiedere infatti al ricorrente di dimostrare in concreto che la sua partecipazione al procedimento avrebbe determinato un diverso esito svuota la portata innovativa dell’istituto della partecipazione, dato che, in tal modo, si arriverebbe a rendere sempre irrilevante il motivo di ricorso: il diverso esito del procedimento finirebbe per dipendere unicamente dalla fondatezza degli ulteriori motivi di ricorso, con conseguente impossibilità di accoglimento";
"in procedimenti caratterizzati da un’elevata discrezionalità risulterebbe estremamente difficile, per il giudice amministrativo, valutare se l’apporto partecipativo e collaborativo del privato sarebbe stato (in concreto) tale da determinare una diversa ponderazione comparativa dell’interesse particolare in relazione all’interesse primario";
"ogni diversa interpretazione condurrebbe a privare di tutela giurisdizionale i <c.d. interessi procedimentali>; al contrario, la giustiziabilità di tali interessi (e, quindi, dei procedimenti illegittimi) da un lato consente la piena tutela del cittadino, dall’altro persegue, indirettamente, anche l’interesse pubblico al corretto esercizio del potere da parte della P.a.".
Coerente è, a questo punto, la conclusione della sentenza n. 2984/02 che attribuisce alla "fondatezza del motivo procedimentale" (consistente, per l’appunto, nella violazione dell’art. 7 legge 241/90) forza autonoma e sufficiente a confermare l’annullamento - disposto dal Giudice di primo grado - del provvedimento impugnato, ritenendo assorbiti i motivi riproposti in appello.
VII.3. Analogamente anche, nel caso di specie, l’accertata omissione della comunicazione di avvio del procedimento è sufficiente ex se (oltre che per i riflessi vizi di difetto di motivazione e di istruttoria che reca seco e che sono stati puntualmente dedotti dal ricorrente) a determinare l’accoglimento della domanda impugnatoria proposta con il ricorso e l’annullamento del decreto in epigrafe, con conseguente assorbimento delle ulteriori censure dedotte.
VIII.1. Deve, invece, essere disattesa la consequenziale domanda risarcitoria avanzata dal ricorrente, alla stregua del consolidato principio giurisprudenziale (per tutte, Cons. Stato, Sez. VI, 14 gennaio 2000, n. 244), secondo cui deve essere respinta la domanda di risarcimento del danno che non sia accompagnata dalla dimostrazione dell'effettivo danno patrimoniale subìto e del nesso eziologico con i provvedimenti illegittimi annullati in sede giudiziale, dimostrazione che il ricorrente non ha qui fornito.
VIII.2. La domanda di accertamento del diritto alla conclusione del procedimento sanzionatorio presupposto risulta, a sua volta, inammissibile sotto concorrenti profili processuali (divieto di ricorso cumulativo) e sostanziali (trattasi di procedimento speciale ex lege 689/1981, fornito di propri strumenti di tutela giudiziale ed al quale non si applica l’art. 2 legge 241/90).
IX. Alla stregua delle suesposte considerazioni, delle domande proposte con il presente ricorso va accolta solo quella impugnatoria, con conseguente annullamento del provvedimento in epigrafe; mentre vanno respinte le ulteriori e rispettive azioni di accertamento e risarcimento.
Anche in considerazione di tale esito della controversia, le spese e competenze di giudizio possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo per l’Emilia-Romagna, Sezione I, ACCOGLIE la domanda impugnatoria proposta con il ricorso in epigrafe ed annulla il provvedimento del Questore di Modena in data 6 giugno 2001.
Respinge le ulteriori domande.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna, il 20 giugno 2002.
f.to Bartolomeo Perricone Presidente
f.to Giorgio Calderoni Cons.rel.est.
Depositata in Segreteria in data 4 ottobre 2002.