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Giurisprudenza
n. 6-2002 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 29 maggio 2002 n. 2984 - Pres. Giovannini, Est. Chieppa - Ministero per i beni e le attività culturali e Soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici di Brescia (Avv.ra Gen. Stato) c. Schmidl (Avv.ti O. Sivieri e A. Gianolio) e Comune di Gardone Riviera (n.c.) - (conferma T.A.R. Lombardia-Brescia, n. 109/2001).

1. Ambiente - Autorizzazione paesaggistica - Annullamento in sede statale - Termine di 60 giorni - Ex art. 82, comma 9, D.P.R. n. 616/77 - Riguarda la sola adozione del provvedimento di annullamento.

2. Ambiente - Autorizzazione paesaggistica - Annullamento in sede statale - Termine di 60 giorni - Ex art. 82, comma 9, D.P.R. n. 616/77 - Inapplicabilità alla comunicazione del provvedimento di annullamento - Obbligo di dare tempestiva comunicazione - Sussiste - Inosservanza di tale obbligo - Conseguenze - Responsabilità del funzionario.

3. Atto amministrativo - Procedimento - Comunicazione di avvio - Ex art. 7 della L. n. 241/90 - Natura e funzione - Individuazione - Inosservanza - Si riflette sulla motivazione e sulla completezza dell'istruttoria.

4. Atto amministrativo - Procedimento - Comunicazione di avvio - Ex art. 7 della L. n. 241/90 - Omissione - In presenza di atto equipollente ovvero nel caso in cui lo scopo della partecipazione del privato sia stato comunque raggiunto o manchi l'utilità della comunicazione all'azione amministrativa - Non determina l'illegittimità dell'atto finale.

5. Atto amministrativo - Procedimento - Comunicazione di avvio - Ex art. 7 della L. n. 241/90 - Omissione - Dimostrazione in giudizio che la partecipazione al procedimento avrebbe determinato un esito diverso - Non occorre.

6. Ambiente - Autorizzazione paesaggistica - Annullamento in sede statale - Obbligo di dare comunicazione dell'inizio del procedimento - Sussiste.

7. Ambiente - Autorizzazione paesaggistica - Annullamento in sede statale - Obbligo di dare comunicazione dell'inizio del procedimento - Non può ritenersi assolto in presenza di un atto equipollente alla comunicazione di avvio del procedimento.

1. Il termine di 60 giorni di cui all'art. 82, comma 9, del D.P.R. n. 616/77 (ora art. 151, comma 4, del D. Lgs. n. 490/99), assegnato al Ministro per i Beni Culturali e Ambientali per l'annullamento dell'autorizzazione paesaggistica, ancorché perentorio, attiene al solo esercizio del potere di annullamento, restando estranea alla previsione normativa l'ulteriore fase della comunicazione o notificazione del provvedimento di annullamento (1).

2. La circostanza che il termine perentorio di 60 giorni previsto dall'art. 82, comma 9, del D.P.R. n. 616/77 (ora art. 151, comma 4, del D. Lgs. n. 490/99) deve intendersi riferito al solo esercizio del potere di annullamento non esonera l'Amministrazione statale dall'obbligo di dare tempestiva comunicazione all'interessato del provvedimento di annullamento, con conseguente responsabilità dell'Amministrazione stessa per eventuali danni, derivanti da un ingiustificato e considerevole ritardo nel dare comunicazione dell'intervenuto annullamento (2).

3. L'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento ex art. 7 della L. 241/90 si fonda sulla duplice esigenza, da un lato, di porre i destinatari dell'azione amministrativa in grado di far valere i propri diritti di accesso e di partecipazione e, dall'altro, di consentire all'amministrazione di meglio comparare gli interessi coinvolti e di meglio perseguire l'interesse pubblico principale, a fronte degli altri interessi pubblici e privati eventualmente coinvolti (3); a tal fine, la detta comunicazione incide sulla sufficienza della motivazione, in quanto, mentre consente agli interessati di presentare memorie scritte e documenti, nel contempo, impone all'amministrazione l'obbligo di valutare i contributi presentati dai partecipanti (art. 10 lett. b) l. n. 241/90). Ne consegue che l'adeguatezza dell'istruttoria va valutata anche nella misura in cui i destinatari siano stati messi in condizione di contraddire (4).

4. L'obbligo di dare comunicazione dell'avvio del procedimento previsto dall'art. 7 della L. n. 241/90 non può essere applicato meccanicamente e formalisticamente, dovendosi ritenere che il vizio derivante dall'omissione di comunicazione non sussiste nei casi in cui lo scopo della partecipazione del privato sia stato comunque raggiunto (5), manchi l'utilità della comunicazione all'azione amministrativa (6) o vi sia comunque un atto equipollente alla formale comunicazione (7).

5. Pur condividendosi l'approccio sostanzialistico dato dalla giurisprudenza in materia, non può tuttavia ritenersi - almeno per i procedimenti caratterizzati da un'elevata discrezionalità - che il vizio derivante dall'omissione di comunicazione dell'avvio del procedimento non sussista nei casi in cui l'interessato non abbia dimostrato in giudizio che la sua partecipazione al procedimento avrebbe determinato un esito diverso; richiedere infatti al ricorrente di dimostrare in concreto che la sua partecipazione al procedimento avrebbe determinato un diverso esito svuota la portata innovativa dell'istituto della partecipazione, dato che, in tal modo, si arriverebbe a rendere sempre irrilevante il motivo di ricorso: il diverso esito del procedimento finirebbe per dipendere unicamente dalla fondatezza degli ulteriori motivi di ricorso, con conseguente impossibilità di accoglimento dell'impugnazione per il solo di vizio di omessa comunicazione (8).

6. Anche in applicazione degli artt. 4 e 9 del D.M. 13 giugno 1994 n. 495 (Regolamento del Ministero dei beni culturali ed ambientali di attuazione delle disposizioni della Legge n. 241/90), deve ritenersi che l'Amministrazione statale sia obbligata, a pena di illegittimità, a comunicare al privato l'avvio del procedimento di annullamento di una autorizzazione paesaggistica rilasciata in sede regionale, allo scopo di consentire all'interessato di avvalersi degli strumenti di partecipazione e di accesso previsti dalla legge n. 241/90 (9).

7. Nell'ambito del procedimento di annullamento di un nulla osta paesaggistico, la eventuale presenza di un atto equipollente alla comunicazione di avvio del procedimento non esonera l'amministrazione dei beni culturali e ambientali dal predisporre in via generale un meccanismo procedurale che assicuri il raggiungimento dello scopo di consentire all'interessato la chiara percezione dell'avvio della nuova fase, in modo di porlo nell'effettiva possibilità di interloquire nell'anzidetta ulteriore fase procedimentale (10).

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(1) V. per tutte, Cons. Stato, Sez. VI, n. 2069/99, n. 2073/99; Sez. IV, n. 1734/98; Sez. V, n. 963/97; v. anche Ad. Plen., sent. n. 20/99.

Alla stregua del principio è stato ritenuto che nella specie era stato rispettato il termine di 60 giorni, atteso che la competente Soprintendenza aveva ricevuto l'autorizzazione con la relativa documentazione in data 18-5-2000 ed il provvedimento di annullamento è stato adottato in data 17-7-2000 e, quindi, nel rispetto del prescritto termine di 60 giorni, benché poi comunicato successivamente.

(2) Non configge con l'esposto principio, secondo la Sez. VI, il Decreto Dirigenziale del 18 dicembre 1996, con cui il Direttore Generale dell'Ufficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici ha delegato, in alcune ipotesi, alle soprintendenze territorialmente competenti i poteri di annullamento delle autorizzazioni ex art. 7 della legge n. 1497/1939 ed ha previsto che i provvedimenti adottati dovranno essere comunicati agli interessati entro il temine perentorio di cui all'art. 1 della legge n. 431/85 (60 giorni).

Quest'ultima disposizione, infatti, secondo la Sez. VI, deve essere interpretata quale norma interna, con cui l'amministrazione ha inteso dare direttive al proprio personale ancora più rigorose rispetto a quelle previste dalla norma primaria, proprio per assicurare la tempestiva comunicazione dei provvedimenti adottati.

La disposizione stessa non può certamente confliggere, o interpretare, la norma primaria, che, invece, prevede che il provvedimento di annullamento sia solo adottato nel temine di 60 giorni e, quindi, assume una valore meramente interno (organizzativo) all'amministrazione con la conseguenza che la violazione del termine per la comunicazione del provvedimento di annullamento non rende illegittimo detto provvedimento, ma comporta, nel caso, la responsabilità dei funzionari inadempienti.

(3) Cons. Stato, Sez. IV, 25 settembre 1998, n. 569.

Ha ricordato la Sez. VI con la sentenza in rassegna che in fondo il termine trasparenza deriva da trans parere, far apparire, ossia lasciar vedere, lasciar conoscere, far partecipare i cittadini, farli interloquire con l'amministrazione, che deve così operare in trasparenza ed istruire i procedimenti con maggiore completezza grazie anche all'apporto dei privati.

La partecipazione del privato, oltre a soddisfare il criterio di trasparenza, consente di deflazionare il contenzioso (in attuazione del principio di economicità) e di rendere maggiormente efficace l'azione della P.a., in modo da conseguire gli obiettivi pubblici, meglio chiariti anche grazie al contributo dei privati. La comunicazione di avvio di procedimento è strumentale a tutto ciò.

(4) Cons. Stato, Ad. Plen., 15 settembre 1999, n. 14.

(5) Nel senso di ritenere che il vizio derivante dall'omissione di comunicazione dell'avvio del procedimento non sussista nei casi in cui lo scopo della partecipazione del privato sia stato comunque raggiunto v. Cons, Stato, IV, n. 3/96.

(6) Cons. Stato, Sez. V, n. 283/96.

(7) Cons. Stato, Sez. VI, n. 2069/99.

(8) V. in senso opposto da ult. TAR SICILIA-CATANIA, SEZ. I - Sentenza 15 aprile 2002*, in questa Rivista Internet n. 4/2002 (secondo cui l'interventore necessario pretermesso, per ottenere l'annullamento in s.g., ha l'onere di dimostrare l'incidenza causale che il suo intervento avrebbe avuto sul provvedimento finale).

Ha osservato la Sez. VI con la sentenza in rassegna che in procedimenti caratterizzati da un'elevata discrezionalità risulterebbe estremamente difficile, per il giudice amministrativo, valutare se l'apporto partecipativo e collaborativo del privato sarebbe stato (in concreto) tale da determinare una diversa ponderazione comparativa dell'interesse particolare in relazione all'interesse primario.

Sicuramente in ordine ad atti aventi carattere integralmente vincolato ed in caso di non contestazione dei fatti, che ne costituiscono il presupposto, alcuna utilità avrebbe la partecipazione del destinatario. Ma in una fattispecie, quale quella di annullamento dell'autorizzazione paesaggistica, in cui l'amministrazione, pur nei limiti di un giudizio di legittimità, deve verificare se la valutazione di compatibilità ambientale costituisca una deroga al vincolo esistente, appare evidente che la partecipazione del privato sarà, comunque, utile ai fini di una migliore valutazione del caso.

(9) Cfr., Cons. Stato, Sez. VI, n. 2069/99.

V. anche Cons. Stato, Sez. VI, n. 909/2000, secondo cui, in mancanza di un atto di comunicazione dell'avvio della nuova fase, il destinatario del provvedimento di autorizzazione non è neanche in grado di conoscere il preciso momento di perfezionamento o di integrazione dell'efficacia dell'atto autorizzatorio, decorrendo il termine di sessanta giorni solo dal momento in cui perviene all'amministrazione statale la documentazione completa . Con la stessa sentenza è stato affermato che non può non condividersi l'esigenza di assicurare al destinatario del provvedimento la possibilità di interloquire tempestivamente nella ulteriore fase di verifica ministeriale della legittimità dell'autorizzazione, evidenziando come l'apporto del privato possa essere particolarmente utile anche per la stessa amministrazione.

Ha osservato la Sez. VI con la sentenza in rassegna l'obbligo di dare comunicazione dell'inizio del procedimento di annullamento del nulla osta paesaggistico è previsto in particolare dal regolamento del Ministero dei beni culturali ed ambientali di attuazione delle disposizioni della Legge n. 241/90 (D.M. 13 giugno 1994 n. 495).

L'art. 4 di tale D.M. prevede infatti espressamente la comunicazione dell'avvio del procedimento da parte del responsabile, facendo salve solo ragioni di impedimento derivanti da esigenze di celerità; la comunicazione deve indicare il nominativo del responsabile e l'unità organizzativa competente (v. art. 9).

La Sez. VI ha ricordato inoltre che di recente la Corte Costituzionale (con sent. n. 437/2000), richiamando il principio di leale cooperazione tra Stato e Regione, ha ritenuto che come la Regione è soggetta all'obbligo di comunicare immediatamente le rilasciate autorizzazioni di cui all'art. 7 della L. 29 giugno 1939 n. 1497 e di trasmettere la relativa documentazione (con decorrenza del termine per l'intervento statale), cosi lo Stato deve essere tenuto all'obbligo di dare, alla stessa Regione (avente specifica competenza nella materia in base a statuto), tempestiva notizia che il riesame controllo di mera legittimità sta dando avvio ad una procedura (di secondo grado) per l'annullamento della autorizzazione.

I principi affermati dalla Consulta appaiono pienamente applicabili anche ai rapporti tra autorità ministeriale e soggetti privati (v. anche sul punto Corte Cost., sentenza n. 383/1996, del pari richiamata dalla sentenza in rassegna).

(10) Cons. Stato, Sez. VI, n. 4546/2000.

Ha osservato la Sez. VI che, in mancanza di un meccanismo, previsto in via generale, per tutti i procedimenti di verifica delle autorizzazioni paesaggistiche il rispetto dell'obbligo della comunicazione resta condizionato ad eventi incerti (non potendo certo l'amministrazione confidare nella presenza di atti equipollenti, peraltro non sempre provenienti dall'amministrazione stessa) e non assicura il generalizzato rispetto dell'obbligo di comunicare l'inizio del procedimento.

In materia di partecipazione al procedimento amministrativo v. in generale in questa Rivista:

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 29 aprile 2002 n. 2280

T.A.R. SICILIA-CATANIA, SEZ. I - Sentenza 15 aprile 2002 n. 624

CONSIGLIO DI STATO, SEZ VI - Sentenza 8 aprile 2002 n. 1901

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 20 febbraio 2002 n. 1031

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 13 dicembre 2001 n. 6238

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 22 maggio 2001 n. 2823

CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA GENERALE - Parere 29 marzo 2001 n. 4/2001

CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA - Sentenza 15 settembre 1999 n. 14

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI, 16 aprile 1998, n. 515, con nota di G. Rizzo

T.A.R. SICILIA-CATANIA, SEZ. III - Sentenza 22 marzo 1999 n. 410

M. ALESIO, Il giusto procedimento espropriativo secondo gli orientamenti dell'Adunanza Plenaria.

S. TENCA, Comunicazione di avvio del procedimento ed attività vincolata della p.a.

G. RIZZO, Ancora sulla partecipazione del privato al procedimento di imposizione di vincolo.

In materia di annullamento in sede statale di autorizzazione paesaggistica v.:

CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA - Sentenza 14 dicembre 2001 n. 9, con nota di G. BACOSI

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Decisione  4 settembre 2001 n. 4639, con nota di G. COSSU.

TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. IV - Sentenza 26 febbraio 2001 n. 900, con nota di A. BIAMONTE.

CORTE COSTITUZIONALE - Sentenza 25 ottobre 2000 n. 437

CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI - Sentenza 14 luglio 1999 n. 956

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 3 novembre 1999 n. 1693

 

FATTO

Con il ricorso in appello in epigrafe il Ministero per i beni e le attività culturali e la Soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici di Brescia hanno chiesto l'annullamento della sentenza n. 109/2001 con la quale il Tar della Lombardia, sezione di Brescia, ha ricors propost da Schmidl Karl Heinz avverso il decreto n. 59 del 17-7-2000, con cui il Soprintendente di Brescia ha annullato l'autorizzazione n. 686 del 16-5-2000, rilasciata a Schmidl Karl Heinz dal Comune di Gardone Riviera ai sensi dell'art. 151 del D. Lgs. n. 490/99 per la realizzazione di un edificio residenziale in località "Le Baite".

L'appello viene proposto per i seguenti motivi:

1) erronea applicazione dell'art. 7 della legge n. 241/90, non sussistendo alcun obbligo di comunicare alle parti l'avvio del procedimento di annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche, rilasciate ai sensi dell'art. 151 del D. Lgs. n. 490/99;

2) erronea applicazione dell'art. 151 del D. Lgs. n. 490/99, dovendo il provvedimento di annullamento essere solo adottato e non anche comunicato entro il termine perentorio di sessanta giorni.

L'appellato si è costituito in giudizio, chiedendo la reiezione dell'appello e riproponendo i motivi assorbiti in primo grado.

All'odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.1. Con l'impugnata sentenza il Tar della Lombardia, sezione di Brescia, ha accolto il ricorso proposto avverso il citato provvedimento di annullamento di autorizzazione paesaggistica, ritenendo fondati i motivi relativi alla violazione dell'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento e alla illegittimità dell'impugnato decreto per essere questo stato comunicato oltre il termine di sessanta giorni, previsto dall'art. 151 del D. Lgs. n. 490/99.

Con riferimento a tale ultima questione si rileva che il motivo di appello, proposto dall'amministrazione, è fondato.

Secondo il Tar, il termine di 60 giorni, previsto dall'art. 82, comma 9, del D.P.R. n. 616/77 (ora art. 151 del D. Lgs. n. 490/99) per l'esercizio del potere di annullamento di autorizzazione paesaggistica, ha natura perentoria e riguarda anche la notifica o la comunicazione del provvedimento di annullamento, trattandosi di atto recettizio e non essendo ragionevole che i privati, destinatari di autorizzazioni ex art. 7 della legge n. 1497/39, si possano trovare, per un tempo teoricamente illimitato, nella situazione incerta, derivante da una non tempestiva comunicazione del provvedimento di annullamento.

Si osserva che, come rilevato anche dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (sent. n. 20/99), costituisce orientamento giurisprudenziale ormai consolidato che il termine di 60 giorni, di cui all'art. 82, comma 9, del D.P.R. n. 616/77 (ora art. 151, comma 4, del D. Lgs. n. 490/99), assegnato al Ministro per i beni Culturali e Ambientali per l'annullamento dell'autorizzazione paesaggistica, ancorché perentorio, attiene al solo esercizio del potere di annullamento, restando estranea alla previsione normativa l'ulteriore fase della comunicazione o notificazione (cfr. fra tutte, Cons. Stato, VI, n. 2069/99, n. 2073/99; IV, n. 1734/98; V, n. 963/97).

Nella specie, la competente Soprintendenza ha ricevuto l'autorizzazione con la relativa documentazione in data 18-5-2000 ed il provvedimento di annullamento è stato adottato in data 17-7-2000 e, quindi, nel rispetto del prescritto termine di 60 giorni, benché poi comunicato successivamente.

1.2. La Sezione ritiene, pertanto, di non discostarsi dal consolidato orientamento sul punto ed osserva che non sono giustificati i timori del giudice di primo grado relativi all'irragionevolezza del fatto che i privati, destinatari di autorizzazioni ex art. 7 della legge n. 1497/39, si possano trovare, per un tempo teoricamente illimitato, nella situazione incerta, derivante da una non tempestiva comunicazione del provvedimento di annullamento.

Infatti, il riferimento del termine perentorio di 60 giorni al solo esercizio del potere di annullamento non esonera l'amministrazione dall'obbligo di dare tempestiva comunicazione all'interessato del provvedimento di annullamento con conseguente responsabilità per eventuali danni, derivanti da un ingiustificato e considerevole ritardo nel dare comunicazione dell'intervenuto annullamento.

Alla luce delle suesposte considerazioni deve essere letto lo stesso Decreto Dirigenziale del 18-12-96, con cui il Direttore Generale dell'Ufficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici ha delegato, in alcune ipotesi, alle soprintendenze territorialmente competenti i poteri di annullamento delle autorizzazioni ex art. 7 della legge n. 1497/1939 ed ha previsto che i provvedimenti adottati dovranno essere comunicati agli interessati entro il temine perentorio di cui all'art. 1 della legge n. 431/85 (60 giorni).

Infatti, la disposizione deve essere interpretata quale norma interna, con cui l'amministrazione ha inteso dare direttive al proprio personale ancora più rigorose rispetto a quelle previste dalla norma primaria, proprio per assicurare la tempestiva comunicazione dei provvedimenti adottati.

La disposizione non può certamente confliggere, o interpretare, la norma primaria, che, invece, prevede che il provvedimento di annullamento sia solo adottato nel temine di 60 giorni e, quindi, assume una valore meramente interno (organizzativo) all'amministrazione con la conseguenza che la violazione del termine per la comunicazione del provvedimento di annullamento non rende illegittimo detto provvedimento, ma comporta, nel caso, la responsabilità dei funzionari inadempienti.

2.1 Con ulteriore motivo le amministrazioni appellanti contestano l'applicabilità al procedimento in questione della disposizione di cui all'art. 7 della legge n. 241/90, rilevando che il privato è già edotto in virtù di legge che il procedimento contempla una fase successiva a quella comunale

Il motivo è infondato.

Come è noto, sulla questione relativa alla sussistenza dell'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento di annullamento di autorizzazione paesaggistica si aperto un contrasto giurisprudenziale tra la tesi che nega l'applicabilità della disposizione e la tesi favorevole alla sussistenza dell'obbligo di comunicazione.

Con le pronunce più recenti la Sezione ha affermato che, quanto meno in applicazione del D.M. 13-6-94 n. 495, l'amministrazione statale è obbligata a comunicare al privato l'avvio del procedimento di annullamento allo scopo di consentire all'interessato di avvalersi degli strumenti di partecipazione e di accesso, previsti dalla legge n. 241/90 (cfr., Cons. Stato, VI, n. 2069/99).

Con successiva decisione la Sezione ha anche rilevato che, in mancanza di un atto di comunicazione dell'avvio della nuova fase, il destinatario del provvedimento di autorizzazione non è neanche in grado di conoscere il preciso momento di perfezionamento o di integrazione dell'efficacia dell'atto autorizzatorio, decorrendo il termine di sessanta giorni solo dal momento in cui perviene all'amministrazione statale la documentazione completa (cfr. Cons. Stato, VI, n. 909/2000).

Nella stessa sentenza è stato affermato che non può non condividersi l'esigenza di assicurare al destinatario del provvedimento la possibilità di interloquire tempestivamente nella ulteriore fase di verifica ministeriale della legittimità dell'autorizzazione, evidenziando come l'apporto del privato possa essere particolarmente utile anche per la stessa amministrazione.

Affermata in astratto la sussistenza dell'obbligo dell'amministrazione dei beni culturali di comunicare al privato l'avvio del procedimento di annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche, nelle citate pronunce della Sezione si è verificato in concreto il rispetto di tale obbligo, tenendo comunque presente che la giurisprudenza ha chiarito che la disposizione di cui al citato art. 7 non può essere applicata meccanicamente e formalisticamente, dovendosi escludere il vizio nei casi in cui lo scopo della partecipazione del privato sia stato comunque raggiunto (Cons, Stato, IV, n. 3/96), manchi l'utilità della comunicazione all'azione amministrativa (Cons. Stato, V, n. 283/96) o vi sia comunque un atto equipollente alla formale comunicazione (Cons. Stato, VI, n. 2069/99).

La Sezione ha anche precisato che la eventuale presenza di un atto equipollente alla comunicazione di avvio del procedimento non esonera l'amministrazione dei beni culturali e ambientali dal predisporre in via generale un meccanismo procedurale, che assicuri il raggiungimento dello scopo di consentire all'interessato la chiara percezione dell'avvio della nuova fase, in modo di porlo nell'effettiva possibilità di interloquire nell'anzidetta ulteriore fase procedimentale. In mancanza, infatti, di un meccanismo, previsto in via generale, per tutti i procedimenti di verifica delle autorizzazioni paesaggistiche il rispetto dell'obbligo della comunicazione resta condizionato ad eventi incerti (non potendo certo l'amministrazione confidare nella presenza di atti equipollenti, peraltro non sempre provenienti dall'amministrazione stessa) e non assicura il generalizzato rispetto dell'obbligo, che questa Sezione ha riconosciuto sussistere (Cons. Stato, VI, n. 4546/2000).

2.2. La Sezione ritiene di confermare la sussistenza dell'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento di annullamento di autorizzazione paesaggistica.

Il potere di annullamento, attribuito al Ministro per i beni culturali ed ambientali dall'art. 82, ultimo comma, del D.P.R. n. 616/1977 (oggi art. 151 del D. Lgs. n. 490/99), è, infatti, esercitato in una successiva fase endoprocedimentale, che ha natura di secondo grado e che è di competenza di un diverso organo rispetto a quello che ha rilasciato l'autorizzazione.

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 383/1996, ha ritenuto sussistente l'obbligo, di cui all'art. 7 della Legge n. 241/90, anche per le successive ed autonome fasi endoprocedimentali, con la sola esclusione dell'ipotesi, che non ricorre nel caso di specie, in cui la fase successiva sia dovuta all'iniziativa dell'interessato.

Ha rilevato la Corte che "l'amministrazione è tenuta a predisporre un meccanismo procedurale, che assicuri il raggiungimento dello scopo di consentire all'interessato la chiara percezione dell'avvio della nuova fase, in modo di porlo nell'effettiva possibilità di interloquire nell'anzidetta ulteriore fase procedimentale".

Detti principi sono stati ribaditi recentemente dalla Corte Costituzionale proprio con riferimento al procedimento in questione in sede di conflitto di attribuzione, proposto nei confronti dello Stato dalla Regione autonoma della Valle d'Aosta (Corte Cost. n. 437/2000).

La Corte Costituzionale, richiamando il principio di leale cooperazione tra Stato e Regione, ha ritenuto che come la Regione è soggetta all'obbligo di comunicare immediatamente le rilasciate autorizzazioni di cui all'art. 7 della L. 29 giugno 1939 n. 1497 e di trasmettere la relativa documentazione (con decorrenza del termine per l'intervento statale), cosi lo Stato deve essere tenuto all'obbligo di dare, alla stessa Regione (avente specifica competenza nella materia in base a statuto), tempestiva notizia che il riesame controllo di mera legittimità sta dando avvio ad una procedura (di secondo grado) per l'annullamento della autorizzazione.

I principi affermati dalla Consulta appaiono pienamente applicabili anche ai rapporti tra autorità ministeriale e soggetti privati proprio alla luce delle ulteriori considerazioni espresse dalla Corte nella citata sentenza: "la semplice comunicazione può consentire alla Regione (cosi come tale possibilità non può essere esclusa per il soggetto titolare della autorizzazione) di fornire - se crede opportuno - eventuali ulteriori elementi, documenti o delucidazioni, tenuto conto dei termini perentori per l'esercizio del potere di annullamento dell'autorizzazione da parte dello Stato e, a sua volta, di informare il soggetto titolare della stessa autorizzazione (rilasciata dalla medesima Regione, con conseguenti eventuali responsabilità) dei rischi di iniziare o proseguire i lavori oggetto di autorizzazione regionale, efficace ed operante pure in pendenza del termine per l'annullamento."

La Corte Costituzionale ha infine sottolineato che "l'anzidetto esercizio del potere di annullamento statale delle autorizzazioni paesistiche come espressione di sistema di concorrenza di poteri, realizzato non attraverso un atto complesso o una intesa, costituisce sempre una fase di secondo grado (rispetto ad una autorizzazione regionale perfetta ed efficace), nella quale vi è possibilità di introdurre - d'ufficio o su iniziativa dei soggetti portatori di interessi qualificati - documentazione ed elementi di fatto ulteriori rispetto all'istruttoria regionale. Questa speciale fase di secondo grado si caratterizza per l'autorità (statale) diversa da quella di primo grado (regionale), con un diverso responsabile del procedimento (argomentando anche da D.M. 13 giugno 1994 n. 495, art. 9 e tabella A) con poteri anche istruttori. Soprattutto la differenziazione si rileva nella discrezionalità propria di tale potere di annullamento statale, il cui esercizio e messa in moto d'ufficio (anche se ha per presupposto necessario, per la decorrenza del termine, la trasmissione di copia della autorizzazione regionale con la relativa documentazione) non è mai assolutamente dovuto o vincolato, ma è sempre eventuale e collegato alla valutazione discrezionale di esigenze « di estrema difesa del vincolo paesistico ».

2.3. Si osserva inoltre che la comunicazione dell'avvio del procedimento è strumentale alla partecipazione del destinatario dell'atto al procedimento stesso, dovendo essere indicati l'amministrazione procedente, l'oggetto ed il responsabile del procedimento e l'ufficio, presso cui si può prendere visione degli atti.

Le due fasi (la prima di competenza delle Regioni o dei Comuni e la seconda di competenza del Ministro o dei Soprintendenti delegati), sebbene connesse, hanno una tale diversità sotto il profilo dei soggetti competenti che gli elementi relativi alla prima fase, conosciuti dal privato, sono del tutto diversi da quelli inerenti la seconda fase, destinata a svolgersi presso uffici statali e che non è dovuta all'iniziativa dell'interessato, che è solo edotto della sua eventualità.

In un procedimento, quale quello in esame, l'omissione della comunicazione non consente al destinatario dell'atto neanche di conoscere le concrete modalità di svolgimento dell'ulteriore fase.

Viene così negata ogni possibilità di interloquire con l'amministrazione procedente, in aperto contrasto con i principi di trasparenza e pubblicità, introdotti dalla legge n. 241/90.

Il destinatario del provvedimento di autorizzazione paesaggistica, infatti, non conosce quale sia l'ufficio, che procede al controllo di legittimità dell'autorizzazione e non ha quindi la possibilità né di prendere visione degli atti, né di presentare memorie ed osservazioni (si deve tenere presente che, come nel caso di specie, molte competenze sono state delegate dal Ministro alle Soprintendenze, ma che, trattandosi di atti interni, il privato non è tenuto a conoscere l'esistenza della delega).

Nel procedimento in questione, la mancanza di tale comunicazione assume particolare rilievo, in quanto l'eventuale esercizio del potere di annullamento comporta un evidente pregiudizio per il soggetto interessato, tenuto conto che l'autorizzazione paesaggistica e' immediatamente valida ed efficace (come affermato anche dalla Corte Costituzionale in contrasto con Cons. Stato, Ad. Plen. n. 9/2001) e consente il rilascio delle previste concessioni edilizie e la realizzazione delle opere assentite e che gli effetti dell'eventuale annullamento retroagiscono al momento del rilascio dell'atto autorizzatorio.

Il privato può, in ipotesi, confidare nel decorso del termine di 60 giorni senza venire a conoscenza di eventuali eventi interruttivi del termine o di eventuali ritardi nella trasmissione dell'autorizzazione alla Soprintendenza.

Si ricorda che, per costante giurisprudenza, il termine inizia a decorrere nel momento in cui l'autorizzazione e la relativa documentazione giungono in modo completo alla Soprintendenza.

Ad esempio, in caso di incompletezza della documentazione, l'apporto partecipativo del privato può assumere particolare valore per l'accelerazione della procedura, che è nell'interesse sia del privato che dell'amministrazione procedente.

Infatti, l'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento si fonda sulla duplice esigenza, da un lato, di porre i destinatari dell'azione amministrativa in grado di far valere i propri diritti di accesso e di partecipazione e, dall'altro, di consentire all'amministrazione di meglio comparare gli interessi coinvolti e di meglio perseguire l'interesse pubblico principale, a fronte degli altri interessi pubblici e privati eventualmente coinvolti (Cons. Stato, sez. IV, 25 settembre 1998, n. 569).

A tal fine, la detta comunicazione incide sulla sufficienza della motivazione, in quanto, mentre consente agli interessati di presentare memorie scritte e documenti, nel contempo, impone all'amministrazione l'obbligo di valutare i contributi presentati dai partecipanti (art. 10 lett. b) l. n. 241/90). Ne consegue che l'adeguatezza dell'istruttoria si valuta anche nella misura in cui i destinatari siano stati messi in condizione di contraddire (Cons. Stato, Ad. Plen., 15 settembre 1999, n. 14).

2.4. Il principale argomento posto a fondamento della tesi contraria alla sussistenza dell'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento, è costituito dal fatto che il procedimento ha inizio su istanza del privato, che è già edotto, in virtù di legge, dell'esistenza di una seconda fase di competenza del Ministro per i beni culturali ed ambientali, che si pone quale continuazione della fase che ha condotto al rilascio dell'autorizzazione. (Cons. Stato, VI, n. 771/94 e n. 963/95).

Al riguardo, si osserva che le citate sentenze della Corte Costituzionale hanno chiarito che non può escludersi l'obbligo della comunicazione per il solo fatto che si tratti di sequenza procedimentale, da ricollegarsi ad altra precedente fase del procedimento, dovendo invece il destinatario dell'atto essere notiziato dell'avvio del procedimento ogni volta che l'amministrazione intenda emanare un atto di secondo grado di annullamento o revoca di precedente provvedimento.

Non si ritiene decisiva la circostanza che il privato, quando presenta la domanda di concessione edilizia, è già edotto, in virtù di legge, che il procedimento contempla un'eventuale seconda fase, di competenza di diverso organo, che può sfociare nell'annullamento del nulla osta.

Difatti, se il legislatore avesse ritenuto sufficiente a garantire l'intervento del privato nelle varie fasi del procedimento la semplice previsione di dette fasi in disposizioni di legge, non avrebbe introdotto in via generale l'obbligo di comunicazione, di cui all'art. 7 della legge n. 241/90.

Inoltre, come già rilevato in precedenza, l'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento è strumentale all'indicazione degli elementi di cui all'art. 8 della legge n. 241/90.

La semplice presunzione ex lege di conoscenza della esistenza di un'eventuale seconda fase non consente certo al privato di apprendere quale sia l'ufficio competente a provvedere e presso cui può prendere visione degli atti e presentare memorie ed osservazioni e chi sia il responsabile del procedimento.

2.5. Sulla base delle precedenti considerazioni deve anche escludersi che trattandosi di un controllo di sola legittimità da parte della Soprintendenza alcun apporto potrebbe dare il destinatario dell'atto, in quanto o il provvedimento è legittimo ed allora non sarà annullato, o è viziato ed in quel caso verrà annullato a prescindere dalle argomentazioni, che può apportare il privato.

Tale ragionamento risulta infondato e svilisce il ruolo partecipativo del destinatario dell'atto in tutti quei procedimenti non estesi al merito della controversia.

Innanzi tutto, come già rilevato in precedenza, il privato può contribuire allo svolgimento del procedimento di secondo grado nei termini previsti, supplendo o stimolando l'amministrazione in caso di ritardi od omissioni nella trasmissione della autorizzazione e della relativa documentazione da parte dell'ente, che ha concesso l'autorizzazione.

Anche nell'esame di legittimità del provvedimento di autorizzazione l'apporto del privato, tramite memorie, osservazioni e documenti, può essere particolarmente utile, soprattutto se si tiene conto che la Soprintendenza può annullare l'autorizzazione paesaggistica anche per il vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti o per sviamento in caso di una valutazione di compatibilità ambientale, che si traduca in un'oggettiva deroga al vincolo esistente (cfr., Cons. Stato, VI, n. 600/90, n. 828/91 e n. 849/93).

Appare, quindi, chiaro che, pur trattandosi di una verifica di sola legittimità, il privato può certamente apportare elementi utili ai fini della valutazione dell'eventuale travisamento dei fatti o sviamento, presenti nel provvedimento di autorizzazione.

2.6. Pur condividendo l'approccio sostanzialistico dato dalla giurisprudenza in detta materia, questo Collegio ritiene che richiedere al ricorrente di dimostrare in concreto che la sua partecipazione al procedimento avrebbe determinato un diverso esito svuota la portata innovativa dell'istituto della partecipazione (si arriverebbe a rendere sempre irrilevante il motivo di ricorso: il diverso esito del procedimento finirebbe per dipendere unicamente dalla fondatezza degli ulteriori motivi di ricorso con conseguente impossibilità di accoglimento dell'impugnazione per il solo di vizio di omessa comunicazione).

In procedimenti caratterizzati da un'elevata discrezionalità risulterebbe estremamente difficile, per il giudice amministrativo, valutare se l'apporto partecipativo e collaborativo del privato sarebbe stato (in concreto) tale da determinare una diversa ponderazione comparativa dell'interesse particolare in relazione all'interesse primario.

Sicuramente in ordine ad atti aventi carattere integralmente vincolato ed in caso di non contestazione dei fatti, che ne costituiscono il presupposto, alcuna utilità avrebbe la partecipazione del destinatario.

Ma in una fattispecie, quale quella in esame, in cui l'amministrazione, pur nei limiti di un giudizio di legittimità, deve verificare se la valutazione di compatibilità ambientale costituisca una deroga al vincolo esistente, appare evidente che la partecipazione del privato sarà, comunque, utile ai fini di una migliore valutazione del caso.

Ogni diversa interpretazione condurrebbe a privare di tutela giurisdizionale i "c.d. interessi procedimentali"; al contrario, la giustiziabilità di tali interessi (e, quindi, dei procedimenti illegittimi) da un lato consente la piena tutela del cittadino, dall'altro persegue, indirettamente, anche l'interesse pubblico al corretto esercizio del potere da parte della P.a..

Nella titolarità di una posizione di interesse legittimo, quale situazione giuridico soggettiva a carattere materiale e preesistente alla lesione, rientra anche la titolarità di una serie di situazioni, rilevanti nel corso del procedimento, la cui lesione è tutelabile in sede giurisdizionale in tutti quei casi, in cui il bene, oggetto del potere amministrativo, possa essere, in ipotesi, conseguito dal ricorrente a seguito della ridiscussione del rapporto controverso (ossia della rinnovazione, ove consentito, delle fasi procedimentali, svoltesi in modo illegittimo).

Riconducendo in tal modo i "c.d. interessi procedimentali" all'interno degli interessi legittimi e verificando la sussistenza dell'interesse ad agire, si evita comunque il rischio di un allargamento della tutela processuale ad ipotesi di astratto interesse alla legalità dell'azione amministrativa.

2.7. Come rilevato in precedenza, l'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento di annullamento dell'autorizzazione paesaggistica è anche espressamente previsto dal regolamento del Ministero dei beni culturali ed ambientali di attuazione delle disposizioni della Legge n. 241/90 (D.M. 13-6-94 n. 495).

L'art. 4 del citato D.M. prevede espressamente la comunicazione dell'avvio del procedimento da parte del responsabile, facendo salve solo ragioni di impedimento derivanti da esigenze di celerità (che non ricorrono nel caso di specie); la comunicazione deve indicare il nominativo del responsabile e l'unità organizzativa competente (v. art. 9).

Nella tabella A, allegata al D.M., sono indicati i singoli procedimenti, cui il decreto si applica, ed i relativi termini per la conclusione del procedimento.

Tra di essi è incluso, al punto 4), anche il procedimento di annullamento delle autorizzazioni paesistiche, cui pertanto si applicano tutte le disposizioni del regolamento.

In relazione al motivo per cui l'amministrazione resistente ritiene non applicabile l'art. 7 della Legge n. 241/90 a detto procedimento (in quanto promosso su originaria iniziativa di parte), si rileva (pur ritenendo l'infondatezza dell'assunto) che il regolamento si applica sia ai procedimenti promossi d'ufficio, sia a quelli su iniziativa di parte (vedi art. 1) e che espressamente è stata prevista la suddetta comunicazione anche per i procedimenti ad iniziativa di parte (art. 3, comma 3), con una disposizione ancora più garantista rispetto la prevalente interpretazione dell'art. 7 della L. n. 241/90, che esclude invece l'obbligo di comunicazione quando il procedimento sia iniziato su domanda di parte.

L'obbligo della comunicazione, quindi, oltre a derivare dalla legge, è anche sancito da una specifica disposizione regolamentare, espressamente applicabile al procedimento in questione, disattesa dall'amministrazione resistente.

2.8. Peraltro, la Sezione, pur in relazione alla sussistenza dell'obbligo di comunicazione per il diverso procedimento di imposizione del vincolo indiretto di cui all'art. 21 L. 1089/1939, ha evidenziato il superamento di una visione elitaria ed autoritaria dell'amministrazione, che compie in solitudine scelte, che il cittadino è destinato a subire (Cons. Stato, VI, n. 515/98).

Nella sentenza viene valorizzata l'introduzione ad opera della Legge n. 241/90 di un nuovo metodo procedurale, "che l'amministrazione è tenuta a seguire ogni qualvolta intraprenda un'azione amministrativa, a prescindere dal fatto che questa azione si sviluppi in una serie di fasi finalizzate all'emanazione di un determinato provvedimento".

Viene anche evidenziato come sia riduttivo il discorso sull'utilità o meno della partecipazione del privato, in quanto "la nuova forma - procedimento prevede la partecipazione procedimentale non tanto (e non solo) in funzione di mero apporto conoscitivo del privato per una scelta più consapevole dell'amministrazione, ovvero in funzione collaborativa per garantire situazioni soggettive, la quale si esprime con osservazioni e memorie, quanto invece come mezzo per concorrere alle scelte dell'amministrazione, anche nell'ipotesi di interessi "forti", definiti in sede legislativa".

Successivamente anche l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha valorizzato la portata innovativa dell'entrata in vigore dell'art.. 7 L. 7 agosto 1990 n. 241; norma che ha innestato nell'attività amministrativa un elemento di riqualificazione di grande rilievo civile, consistente nell'introduzione nel procedimento amministrativo della cultura della dialettica processuale, per cui alla prassi della definizione unilaterale del pubblico interesse, oggetto, nei confronti dei destinatari di provvedimenti restrittivi, di un riserbo ad excludendum già ostilmente preordinato a rendere impossibile o sommamente difficile la tutela giurisdizionale, è subentrato il sistema della democraticità delle decisioni e della accessibilità dei documenti amministrativi, in cui l'adeguatezza dell'istruttoria si valuta anzitutto nella misura in cui i destinatari sono stati messi in condizione di contraddire. (Cons. Stato, Ad. Plen., 15 settembre 1999, n. 14).

I suesposti principi assumono un evidente portata generale e non possono non applicarsi anche al procedimento in esame.

La scelta di non comunicare ai diretti interessati l'avvio del procedimento di annullamento dell'autorizzazione paesaggistica appare, infatti, propria della vecchia concezione dell'amministrazione, che la citata sentenza del Consiglio di Stato ha evidenziato (amministrazione - autorità in contrapposizione all'amministrazione - servizio, cui si ispira la normativa vigente).

Nonostante siano trascorsi diversi anni dall'entrata in vigore della Legge n. 241/90, si deve rilevare che uno dei principi cardine, quello della trasparenza nell'azione della pubblica amministrazione fatica ad essere recepito compiutamente.

In fondo trasparenza è trans parere, far apparire, ossia lasciar vedere, lasciar conoscere, far partecipare i cittadini, farli interloquire con l'amministrazione, che deve così operare in trasparenza ed istruire i procedimenti con maggiore completezza grazie anche all'apporto dei privati.

La partecipazione del privato, oltre a soddisfare il criterio di trasparenza, consente, infatti, di deflazionare il contenzioso (in attuazione del principio di economicità) e di rendere maggiormente efficace l'azione della P.a., in modo da conseguire gli obiettivi pubblici, meglio chiariti anche grazie al contributo dei privati.

La comunicazione di avvio di procedimento è strumentale a tutto ciò.

2.9. Nel caso di specie, l'amministrazione non ha provato di aver inviato alcuna comunicazione dell'avvio del procedimento all'appellato.

Infatti, il fax del 22-6-2000 indicato dall'amministrazione appellante è privo di alcuna prova dell'invio e della ricezione da parte dell'appellato ed anzi i documenti prodotti dimostrano il solo invio dello stesso al Comune e non anche all'interessato.

Peraltro, non risulta essere stato adottato alcun atto equipollente alla comunicazione, tenuto anche conto che lo stesso appellato ha sostenuto di non aver avuto conoscenza neanche dell'autorizzazione rilasciata, che non gli è stata comunicata (sul punto l'amministrazione nulla ha controdedotto).

L'impugnato provvedimento di annullamento risulta quindi essere stato emanato in violazione dell'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento, previsto in via generale dall'art. 7 della legge n. 241/90 e, in particolare, dal D.M. n. 495/1994.

3. In conclusione, l'appello deve essere , seppur con motivazione parzialmente diversa, restando comunque assorbiti i motivi riproposti in appello, attesa la fondatezza del motivo procedimentale di cui sopra.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta,

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 22-1-2002 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Giorgio Giovannini Presidente

Sergio Santoro Consigliere

Pietro Falcone Consigliere

Domenico Cafini Consigliere

Roberto Chieppa Consigliere Est.

Depositata in segreteria il 29 maggio 2002.

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