TAR SICILIA-CATANIA, SEZ. I – Sentenza 25 novembre 2002 n. 2261 - Pres. Delfa, Est. Chinè - A.T.I. C.E.A. S.r.l. - Mondello Francesco (Avv. Tigano) c. Comune di S. Angelo di Brolo (Avv. Parmaliana) e A.T.I. Alessandro - Arcobaleno (Avv. Caldarera) - (accoglie il ricorso ma respinge la domanda di risarcimento dei danni).
1. Contratti della P.A. - Aggiudicazione - Base di calcolo - Importo degli oneri di sicurezza - Va dedotto dall’importo complessivo a b.a. - Ragioni.
2. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva del G.A. - In materia di appalti pubblici - Ex art. 33 del D.L.vo n. 80/1998 - Si estende anche alla sorte del contratto stipulato in seguito ad aggiudicazione illegittima - Riferimento alla disciplina derogatoria recata dall’art. 14 del d. lgv. n. 190/2002 - Possibilità per il G.A. di condannare la P.A. all’esecuzione in forma specifica anche nel caso in cui sia stato già stipulato il contratto di appalto - Per i lavori pubblici non compresi nella previsione dell’art. 14 cit. - Sussiste.
3. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Derivanti dalla lesione di interessi legittimi - Presupposti e condizioni - Presupposto della colpa - Nozione.
4. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Derivanti dalla lesione di interessi legittimi - Nel caso in cui l’errore dell’amministrazione sia da ritenere "scusabile" - Non spetta - Fattispecie.
1. Ai sensi dell’art 31, 2° comma, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, da interpretarsi alla luce del d.l.vo 14 agosto 1996, n. 494, deve ritenersi che la procedura concorrenziale di selezione del contraente della pubblica amministrazione debba avvenire con riferimento ad offerte depurate dei costi per la sicurezza, atteso che gli oneri di sicurezza costituiscono una voce economica neutra, la quale non incide in alcun modo sulla selezione del contraente, in quanto connessa alla tutela di valori insopprimibili, quali la salute e la sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro; il seggio di gara, quindi, in sede di aggiudicazione, deve decurtare l’importo complessivo a base d’asta dell’importo degli oneri di sicurezza ed a tale differenza rapportare le singole offerte (1).
2. Dall’art. 14 del d.l.vo 20 agosto 2002, n. 190, attuativo della delega contenuta nella legge 21 dicembre 2001, n. 443 concernente la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale (secondo cui «in applicazione delle previsioni dell’art. 2, comma 6, delle direttive 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, la sospensione o l’annullamento giurisdizionale della aggiudicazione di prestazioni pertinenti alle infrastrutture non determina la risoluzione del contratto eventualmente già stipulato dai soggetti aggiudicatori; in tal caso il risarcimento degli interessi o diritti lesi avviene per equivalente, con esclusione della reintegrazione in forma specifica»), può desumersi, in negativo, per tutti gli appalti di lavori pubblici non interessati da tale norma, che:
a) il giudice amministrativo, munito in materia di giurisdizione esclusiva, conosce anche della sorte del contratto stipulato in seguito ad aggiudicazione illegittima;
b) tale contratto non è annullabile per vizio del consenso ovvero per incapacità della pubblica amministrazione, bensì è travolto automaticamente dall’annullamento giudiziale dell’aggiudicazione;
c) dal normale effetto caducante del contratto conseguente all’annullamento dell’aggiudicazione discende il diritto del ricorrente, ove ne sussistano tutti i presupposti, alla reintegrazione in forma specifica, coincidente con la condanna dell’amministrazione ad un facere specifico consistente nella stipula del contratto di appalto con la parte vittoriosa in giudizio;
d) l’avvenuta conclusione del contratto di appalto in seguito all’aggiudicazione illegittima non è normalmente circostanza ostativa alla reintegrazione in forma specifica (2).
3. Il risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi, laddove tale danno discenda da un’attività provvedimentale, non può prescindere dall’accertamento della colpa dell’amministrazione responsabile, da accertarsi mediante una penetrante indagine riferita non già all’elemento soggettivo del singolo funzionario agente, bensì alla pubblica amministrazione intesa come apparato. In tale ottica la colpa sussiste ogni qualvolta l’adozione del provvedimento illegittimo sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e di buona amministrazione, che si pongono quali limiti esterni della discrezionalità.
4. Non può condannarsi la P.A. al risarcimento del danni derivanti da lesione di interessi legittimi nel caso in cui l’errore in cui essa sia incorsa sia da ritenere «scusabile», tale dovendosi intendere l’errore in cui sia incorsa la P.A. stessa per una equivoca formulazione legislativa della norma applicata ovvero per indirizzi giurisprudenziali oscillanti, ovvero ancora per la particolare complessità della fattispecie esaminata (3).
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(1) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 23 gennaio 2002, n. 393, in Foro amm. CDS n. 1/2002, 68, secondo cui “in tema di appalto di opere pubbliche, gli oneri per la sicurezza costituiscono un elemento economico che non fa parte dell'offerta; infatti questa, composta da prezzi sui quali per la concorrenzialità insita nella gara l'offerente pratica un ribasso, non può contenere un prezzo che per legge non è ribassabile e quindi, essendo corrisposto in misura invariabile a chiunque risulti aggiudicatario, non costituisce elemento di confronto e di scelta del contraente”.
Come lealmente si da atto nella parte motiva della sentenza in rassegna, l’interpretazione dell’art. 31, 2° comma, della legge n. 109/94, secondo cui i piani di sicurezza formano parte integrante del contratto di appalto ed i relativi oneri «vanno evidenziati nei bandi di gara e non sono soggetti a ribasso d’asta», ha dato luogo in passato a contrasti giurisprudenziali, a tutt’oggi non ancora definitivamente risolti.
In materia sono emersi due principali orientamenti, corrispondenti a due letture alternative del dato normativo.
Secondo un primo orientamento, cui aveva aderito in passato lo stesso T.A.R. Sicilia-Catania (v. T.A.R. Sicilia - Catania, sez. I, 29 marzo 2001 n. 711; v. anche T.A.R. Umbria 31 agosto 2000, n. 726), gli oneri per la sicurezza, configurando costi generali aggiuntivi che l’impresa deve affrontare in attuazione di espressa previsione normativa, devono essere analiticamente indicati dalla stazione appaltante nel bando di gara e, in assenza di esplicite previsioni di segno diverso del bando o della schema dell’offerta, ricompresi nel prezzo contenuto nell’offerta.
In senso diametralmente opposto si è pronunciato di recente il Consiglio di Stato (sez. IV, 23 gennaio 2002, n. 393, cit.), secondo cui gli oneri per la sicurezza non possono integrare l’offerta giacché, trattandosi di una voce di prezzo non soggetta per legge a ribasso, non possono costituire un elemento di confronto e di scelta del contraente. Ne consegue che la procedura concorrenziale di selezione del contraente della pubblica amministrazione deve avvenire con riferimento ad offerte depurate dei costi per la sicurezza ovvero deve avere come base d’asta un importo complessivo dal quale siano state previamente sottratti i predetti costi.
Tale lettura del dato normativo, ad opinione del T.A.R. Sicilia-Catania (che in questo senso ha abbandonato il precedente orientamento espresso con la menzionata sentenza n. 711/2001) è quella che meglio risponde alla ratio dell’art. 31, 2° comma, della legge n. 109/94.
Con quest’ultima innovativa disposizione, il legislatore ha inteso evitare che gli oneri connessi agli obblighi di sicurezza, così come risultanti dal piano di sicurezza di cui all’art. 12 del d. lgv. 494/96, possano subìre gli effetti negativi derivanti dalla concorrenzialità della procedura di selezione del contraente, e quindi essere coinvolti in una corsa al ribasso che avrebbe l’effetto indesiderato di tradursi in un aumento dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori. Su questa strada il legislatore ha deciso, da un lato, di imporre l’evidenziazione dei costi per la sicurezza nei bandi di gara mediante un’autonoma voce di costo, dall’altro di stabilire che tale voce non è soggetta a ribasso.
Calcolare la media dei ribassi tenendo conto dell’importo complessivo a base d’asta, senza averlo previamente depurato dell’importo dei costi per la sicurezza, equivarrebbe quindi ad una chiara elusione della norma, la quale stabilisce il divieto di ribasso per tali costi. Ciò in quanto le singole offerte dei concorrenti non possono comprendere una voce di costo non soggetta a ribasso e, quindi, non confrontabile in sede di selezione.
In altri termini dal divieto di ribasso discende una duplice conseguenza pratica: il prezzo cui rapportare le singole offerte deve essere depurato dei costi di sicurezza e le singole offerte non possono tenere conto di detti costi. E ciò perché trattasi, come si è detto, di una voce economica neutra, la quale non incide in alcun modo sulla selezione del contraente, in quanto connessa alla tutela di valori insopprimibili, quali la salute e la sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro.
(2) Ha osservato in proposito il T.A.R. Catania che con l’art. 14, 2° comma, del d. lgv. 20 agosto 2002, n. 190, attuativo della delega contenuta nella legge 21 dicembre 2001, n. 443 concernente la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale, il legislatore nazionale, facendo uso di una facoltà riconosciutagli dalle direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE, ha ivi introdotto una chiara disciplina derogatoria avente carattere speciale, essendo applicabile ai soli appalti di cui all’art. 1 del d. lgv. n. 190/2002. E ciò al fine piuttosto esplicito di impedire che la caducazione automatica del contratto in seguito all’annullamento dell’aggiudicazione, la quale può ovviamente intervenire anche dopo molto tempo dalla stipula, possa pregiudicare irrimediabilmente l’esigenza di celere realizzazione delle infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale.
Ma nel fare ciò ha fornito una interpretazione autentica della normativa previgente derogata, ed in particolare dell’art. 6, 1° comma, della legge 21 luglio 2000 n. 205, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, e dell’art. 35, 1° comma, del d. lgv. 31 marzo 1998, n. 80 nella parte in cui attribuisce al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, il potere di disporre il risarcimento del danno anche mediante reintegrazione in forma specifica.
In applicazione del principio affermato nella massima nella specie è stato ritenuto che il contratto di appalto concluso nelle more del giudizio rimaneva travolto dall’annullamento giurisdizionale della aggiudicazione. Si tratta, secondo quanto rilevato dal T.A.R. catanese, di un effetto automatico della sentenza demolitoria dell’atto presupposto, che il giudice amministrativo deve limitarsi ad accertare con pronuncia sul punto meramente dichiarativa.
(3) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 agosto 2001, n. 4239; sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3169; T.A.R. Campania - Napoli, sez. II, 7 febbraio 2002, n. 733; T.A.R. Sardegna 23 febbraio 2000, n. 171; T.A.R. Lombardia - Milano, sez. II, 12 aprile 2000, n. 2793; T.A.R. Sicilia - Catania, sez. I, 12 febbraio 2000; T.A.R. Lombardia - Milano, sez. III, 23 dicembre 1999, n. 5049.
In applicazione del principio il T.A.R. Catania ha ritenuto scusabile l’errore in cui era incorso il seggio di gara nel caso di specie giacché, al momento dell’aggiudicazione, tenuto conto della obiettiva equivocità del dato normativo, non sussisteva alcuna certezza in ordine al corretto significato da riconoscere all’art. 31, 2° comma, d. lgv. n. 109/94 per ciò che riguarda il calcolo della media percentuale dei ribassi.
Sull'art. 14 del D.L.vo 20 agosto 2002, n. 190, v. in questa Rivista:
DECRETO LEGISLATIVO 20 agosto 2002, n. 190 (in G.U. n. 199 del 26 agosto 2002 - S. O. n. 174) - Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale.
R. DE SIMONE, Brevi riflessioni sulla portata innovativa dell’art. 14, decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, in www.giustamm.it, n. 11-2002.
M. BASILE, Brevi note sul decreto legislativo 20 agosto 2002 n. 190 - nuove disposizioni processuali in materia di appalti pubblici (semplificazione o caos?), www.giustamm.it, n. 11-2002.
C. VOLPE, Risoluzione delle controversie e norme processuali nella legge obiettivo. Alcune considerazioni sugli artt. 12 e 14 del d.lgs. 20 agosto 2002, n. 190 in www.giustamm.it, n. 10-2002.
A. PAGANO, Alcune considerazioni sulle norme processuali in materia di infrastrutture di cui al d.l.vo 20 agosto 2002, n. 190, in www.giustamm.it, n. 9-2002.
M. DIDONNA, Il nuovo ruolo – determinante – del fattore temporale nel processo amministrativo in materia di oo.pp alla luce dell’art. 14 del D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, in www.giustamm.it, n. 9-2002.
G. SAPORITO, Le limitazioni al potere cautelare del giudice amministrativo in materia di appalti di oo.pp. e di espropriazioni per p.u., in www.giustamm.it, n. 7/8-2002.
Sulla risarcibilità degli interessi legittimi v. l'apposita pagina di approfondimento.
per l’annullamento
- del verbale di gara del 30.01.2001, con il quale è stata pronunciata l’aggiudicazione a favore della controinteressata dell’appalto relativo ai "Lavori di costruzione rete fognante nelle zone S. Silvestro, Scarapulli, S. Antonino - versante Est.";
- del precedente verbale di gara del 26.01.2001;
- del verbale aggiuntivo del 1°.02.2001, con il quale è stata confermata la predetta aggiudicazione;
- dell’eventuale atto di approvazione della predetta aggiudicazione e di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso, ivi compreso, ove occorra ed in parte qua, il bando di gara pubblicato sul Bollettino appalti Regione Sicilia del 23.10.2000;
- del contratto stipulato dal Comune di S. Angelo di Brolo con la controinteressata in data 26.06.2002;
per la condanna
del Comune di S. Angelo di Brolo al risarcimento dei danni, anche mediante reintegrazione in forma specifica.
(omissis)
FATTO
Con il ricorso epigrafato la C.E.A. S.r.l., in proprio e nella qualità di capogruppo dell’a.t.i. C.E.A. S.r.l. - Mondello Francesco, impugnava, chiedendone la sospensione in via cautelare, l’aggiudicazione a favore della a.t.i. Alessandro - Arcobaleno dell’appalto relativo ai "Lavori di costruzione rete fognante nelle zone S. Silvestro, Scarapulli, S. Antonino - versante Est.", del precedente verbale di gara del 16.01.2001, del verbale aggiuntivo del 1°.02.2001 con cui è stata confermata la predetta aggiudicazione e di qualsiasi atto, anche non conosciuto, presupposto, consequenziale o comunque connesso, ivi compreso il bando di gara. Avanzava, inoltre, domanda di risarcimento, anche in forma specifica, dei danni subiti e subendi a cagione degli atti e dei comportamenti illegittimi posti in essere dall’amministrazione, ai sensi dell’art. 35 del d. lgv. n. 80/98.
La ricorrente evidenziava che il bando del pubblico incanto, da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso, prevedeva un importo a base d’asta di lire 5.300.000.000 e che "la stima dei costi per dare attuazione al piano di sicurezza è di lire 16.155.000; tale importo, non soggetto a ribasso d’asta, è da ritenere compreso nell’importo dei lavori e nei suoi prezzi".
Nella seduta del 26.01.2001 il presidente della commissione di gara iniziave le procedure per il calcolo delle percentuali di ribasso, determinando la media dei ribassi tenendo conto unicamente dell’importo a base d’asta, giacché si decideva di attribuire la somma prevista per il piano di sicurezza (lire 16.155.000) esclusivamente in aggiunta all’offerta della impresa risultata aggiudicataria. Si perveniva, così, a calcolare una media percentuale dei ribassi pari a 0,7259% e ad aggiudicare l’appalto alla controinteressata, la cui offerta, pari ad un ribasso percentuale dello 0,72588%, maggiormente si avvicinava per difetto alla media predetta.
Con successivo verbale aggiuntivo del 1°.02.2001, il seggio di gara provvedeva a rettificare talune offerte di imprese partecipanti, individuando una nuova media dei ribassi, pari allo 0,72620%, confermando, però, nel merito l’aggiudicazione alla a.t.i. Alessandro - Arcobaleno.
Con ordinanza in data 20.03.2001, confermata dal C.G.A.R.S. in data 13.04.2001, questo Tribunale respingeva la richiesta di sospensione del provvedimento impugnato.
Presentando motivi aggiunti, depositati il 16.07.2002, la ricorrente impugnava il contratto stipulato dal Comune di S. Angelo di Brolo con la controinteressata in data 26.06.2002.
Alla pubblica udienza del 5.11.2002, uditi i difensori delle parti costituite, il ricorso veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Con il ricorso principale e con i motivi aggiunti viene sottoposta al vaglio del Collegio sostanzialmente un’unica questione, inerente la rilevanza da attribuire agli oneri per la sicurezza previsti dal bando in sede di calcolo della media dei ribassi.
Più nel dettaglio la ricorrente ha censurato l’operato del seggio di gara, il quale ha provveduto a determinare la media dei ribassi ritenendo compreso l’importo indicato per gli oneri di sicurezza nelle singole offerte delle imprese partecipanti al pubblico incanto, mentre avrebbe dovuto, alternativamente, decurtare tale importo dal prezzo di gara oppure aggiungerlo a tutti i prezzi offerti dalle imprese.
In quest’ottica ha impugnato il verbale di aggiudicazione, denunciando la violazione della previsione del bando e dell’art 31, 2° comma, della legge 11 febbraio 1994 n. 109, da interpretarsi alla luce del d. lgv. 14 agosto 1996 n. 494.
A dimostrazione dell’interesse a ricorrere deduceva che, ove il seggio di gara avesse seguito uno di tali metodi alternativi di calcolo della media delle offerte, essa ricorrente si sarebbe aggiudicata l’appalto.
La censura, ad un attento esame, appare fondata.
Non ignora il Collegio che l’interpretazione dell’art. 31, 2° comma, della legge n. 109/94, secondo cui i piani di sicurezza formano parte integrante del contratto di appalto ed i relativi oneri <<vanno evidenziati nei bandi di gara e non sono soggetti a ribasso d’asta>> ha dato luogo in passato a contrasti giurisprudenziali, a tutt’oggi non ancora definitivamente risolti. In materia sono emersi due principali orientamenti, corrispondenti alle due letture alternative del dato normativo fornite dalle parti nel presente giudizio.
Secondo un primo orientamento, cui ha aderito in passato anche questo Tribunale (v. T.A.R. Sicilia - Catania, sez. I, 29.03.2001 n. 711; T.A.R. Umbria 31.08.2000, n. 726), gli oneri per la sicurezza, configurando costi generali aggiuntivi che l’impresa deve affrontare in attuazione di espressa previsione normativa, devono essere analiticamente indicati dalla stazione appaltante nel bando di gara e, in assenza di esplicite previsioni di segno diverso del bando o della schema dell’offerta, ricompresi da ciascuna impresa partecipante alla procedura nel prezzo contenuto nell’offerta. A tale orientamento ha prestato adesione l’amministrazione resistente nel caso de quo, laddove ha calcolato la media dei ribassi con riferimento al prezzo complessivo a base d’asta indicato nel bando, senza tenere conto dell’importo previsto per gli oneri di sicurezza.
In senso diametralmente opposto si è pronuciato di recente il Consiglio di Stato (C.d.S., sez. IV, 23.01.2002, n. 393), secondo cui gli oneri per la sicurezza non possono integrare l’offerta giacché, trattandosi di una voce di prezzo non soggetta per legge a ribasso, non possono costituire un elemento di confronto e di scelta del contraente. Ne consegue che la procedura concorrenziale di selezione del contraente della pubblica amministrazione deve avvenire con riferimento ad offerte depurate dei costi per la sicurezza ovvero deve avere come base d’asta un importo complessivo dal quale siano state previamente sottratti i predetti costi, così come puntualmente individuati nella lex specialis.
Tale lettura del dato normativo, condivisa dal Collegio, è quella che meglio risponde alla ratio dell’art. 31, 2° comma, della legge n. 109/94. Con quest’ultima innovativa disposizione il legislatore ha inteso evitare che gli oneri connessi agli obbighi di sicurezza, così come risultanti dal piano di sicurezza di cui all’art. 12 del d. lgv. 494/96, possano subìre gli effetti negativi derivanti dalla concorrenzialità della procedura di selezione del contraente, e quindi essere coinvolti in una corsa al ribasso che avrebbe l’effetto indesiderato di tradursi in un aumento dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori. Su questa strada il legislatore ha deciso, da un lato, di imporre l’evidenziazione dei costi per la sicurezza nei bandi di gara mediante un’autonoma voce di costo, dall’altro di stabilire che tale voce non è soggetta a ribasso.
Se questo è l’obiettivo perseguito dal legislatore, è evidente che una condotta del seggio di gara come quella tenuta nel caso di specie non permette alla disposizione normativa di cogliere nel segno. Ed invero, calcolare la media dei ribassi tenendo conto dell’importo complessivo a base d’asta così come indicato nel bando, senza averlo previamente depurato dell’importo dei costi per la sicurezza, equivale ad una chiara elusione della norma, la quale stabilisce il divieto di ribasso per tali costi. Ciò in quanto le singole offerte dei concorrenti non possono comprendere una voce di costo non soggetta a ribasso e, quindi, non confrontabile in sede di selezione. In altri termini dal divieto di ribasso discende una duplice conseguenza pratica: il prezzo cui rapportare le singole offerte deve essere depurato dei costi di sicurezza e le singole offerte non possono tenere conto di detti costi. E ciò perché trattasi, come si è detto, di una voce economica neutra, la quale non incide in alcun modo sulla selezione del contraente, in quanto connessa alla tutela di valori insopprimibili, quali la salute e la sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro. E’ questa la ragione per cui tale voce è comunque rimborsata integralmente dall’amministrazione committente all’impresa aggiudicataria.
In sintesi, il seggio di gara, per fare corretta applicazione dei superiori principi, avrebbe dovuto decurtare l’importo complessivo a base d’asta (lire 5.300.000.000) dell’importo degli oneri di sicurezza (lire 16.155.000), ed a tale differenza rapportare le singole offerte. Tale modus procedendi sarebbe stato peraltro conforme alla previsione del bando che, seppure con espressione non priva di ambiguità, stabiliva che l’importo dei costi di sicurezza, <<non soggetto a ribasso d’asta, è da ritenersi compreso nell’importo dei lavori e dei suoi prezzi>>.
Dall’accertata illegittimità dell’operato del seggio di gara consegue l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’aggiudicazione a favore della controinteressata, di cui ai verbali di gara del 30.01.2001 e 1°.02.2001.
2. Per mezzo dei motivi aggiunti la ricorrente censura la stipulazione del contratto successiva all’aggiudicazione, evidenziando l’illegittima condotta dell’amministrazione che, incurante della diffida notificatagli ed a distanza di circa un anno e mezzo dall’aggiudicazione stessa, ha concluso il contratto di appalto con l’aggiudicataria.
Nel dettaglio, la ricorrente denuncia la violazione dei principi di correttezza e buona fede che devono ispirare la condotta dell’amministrazione nell’ambito di procedure di evidenza pubblica, giacché il Comune resistente è addivenuto alla conclusione del contratto nonostante, mediante alcuni bandi relativi a procedure analoghe pubblicati in pendenza di giudizio, avesse dimostrato di condividere la fondatezza delle ragioni di ricorso.
La ricorrente, per quanto qui rileva, precisa che la impugnazione del contratto viene proposta <<in via cautelativa>>, ove il Tribunale non ritenesse di aderire alla tesi, per la verità già recepita da una parte della giurisprudenza amministrativa, dell’automatica caducazione del contratto in seguito all’annullamento dell’aggiudicazione.
Osserva il Collegio che, nonostante tale questione sia tuttora oggetto di acceso dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza, dai più recenti interventi legislativi possono essere desunte indicazioni precise per una soluzione ermeneutica finalmente definitiva.
E’ noto che per un primo indirizzo, sostenuto a più riprese dalla Cassazione (cfr. ex multis 8.04.1996, n. 4269), i vizi degli atti amministrativi precedenti la stipulazione del contratto della pubblica amministrazione, trattandosi di atti relativi al processo di formazione della volontà ovvero inerenti la capacità e la volontà del soggetto pubblico, comportano la sola annullabilità del contratto, deducibile, in via d’azione o eccezione, esclusivamente da quest’ultimo. Di qui l’inammissibilità di domande provenienti dal contraente privato ovvero da terzi partecipanti alla procedura di evidenza pubblica, in quanto l’art. 1441 c.c. attribuisce la legittimazione ad agire per l’annullamento del contratto alla sola parte nel cui interesse l’invalidità è prevista dalla legge.
Sono finanche evidenti le conseguenze negative sul piano della giustizia sostanziale derivanti da tale orientamento, in quanto l’impresa avente titolo per vincere la gara che agisca vittoriosamente per l’annullamento dell’aggiudicazione alla controinteressata, laddove sia stato medio tempore concluso il contratto, non avrà strumenti per rimuovere quest’ultimo e dovrà accontentarsi di una tutela risarcitoria laddove ne sussistano i presupposti.
In senso diametralmente opposto si è di recente mossa la giurisprudenza amministrativa che, seppure in modo non univoco (in senso contrario v. T.A.R. Puglia - Lecce, sez. II, 28.02.2001, n. 746; T.A.R. Lombardia - Milano, sez. III, 11 dicembre 2000, n. 7702), ha sostenuto l’automatica caducazione del contratto come effetto diretto dell’annullamento, giurisdizionale o in via di autotutela, dell’aggiudicazione (v. C.d.S., sez. VI, 14.01.2000, n. 244; T.A.R. Campania - Napoli, sez. I, 20.08.2001, n. 3865; T.A.R. Lazio, sez. II, 4.09.1996, n. 1663). Alla tesi ha aderito, da ultimo, anche la Corte di Cassazione, seppure con pronuncia allo stato rimasta isolata (v. Cass. 9.01.2002, n. 193).
Tale ipotesi ricostruttiva è stata sovente ancorata alla nozione civilistica di nullità, giacché si è detto che l’annullamento dell’aggiudicazione determinerebbe la mancanza del consenso delle parti rilevante ai sensi degli artt. 1325 n. 1) e 1418, 2° comma, c.c. Sul piano degli effetti ne consegue la rilevabilità d’ufficio del vizio da parte del giudice e la possibilità di tutela reintegratoria in forma specifica per il ricorrente che abbia ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione (sempreché non ricorrano i presupposti ostativi dell’ art. 2058, 2° comma, c.c.).
Seppure la nozione di nullità (c.d. strutturale) per difetto di consenso mal si addica ad un effetto caducatorio sopravvenuto quale è quello derivante dall’annullamento dell’aggiudicazione, in quanto l’accordo tra le parti esiste ma subisce gli effetti negativi della mancanza sopravvenuta di un atto presupposto, è certo che il legislatore nazionale, davanti alle due possibili ipotesi ricostruttive, dell’effetto viziante ovvero caducante del contratto conseguente all’annullamento dell’aggiudicazione, ha recentemente fornito indicazioni precise nel senso della correttezza di quest’ultima ricostruzione dogmatica.
Invero con l’art. 14, 2° comma, del d. lgv. 20 agosto 2002, n. 190, attuativo della delega contenuta nella legge 21 dicembre 2001, n. 443 concernente la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale, si è stabilito che <<in applicazione delle previsioni dell’art. 2, comma 6, delle direttive 89/665/CEE del Consigli, del 21 dicembre 1989, 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, la sospensione o l’annullamento giurisdizionale della aggiudicazione di prestazioni pertinenti alle infrastrutture non determina la risoluzione del contratto eventualmente già stipulato dai soggetti aggiudicatori; in tal caso il risarcimento degli interessi o diritti lesi avviene per equivalente, con esclusione della reintegrazione in forma specifica>>. Il legislatore nazionale, facendo uso di una facoltà riconosciutagli dalle direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE, ha ivi introdotto una chiara disciplina derogatoria avente carattere speciale, essendo applicabile ai soli appalti di cui all’art. 1 del d. lgv. n. 190/2002. E ciò al fine piuttosto esplicito di impedire che la caducazione automatica del contratto in seguito all’annullamento dell’aggiudicazione, la quale può ovviamente intervenire anche dopo molto tempo dalla stipula, possa pregiudicare irrimediabilmente l’esigenza di celere realizzazione delle infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale.
Ma nel fare ciò ha fornito una interpretazione autentica della normativa previgente derogata, ed in particolare dell’art. 6, 1° comma, della legge 21 luglio 2000 n. 205, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, e dell’art. 35, 1° comma, del d. lgv. 31 marzo 1998, n. 80 nella parte in cui attribuisce al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, il potere di disporre il risarcimento del danno anche mediante reintegrazione in forma specifica.
Dalla norma di chiara matrice derogatoria contenuta nell’art. 14 del d. lgv. n. 190/2002 può pertanto desumersi, in negativo, che: a) il giudice amministrativo, munito in materia di giurisdizione esclusiva, conosce anche della sorte del contratto stipulato in seguito ad aggiudicazione illegittima; b) tale contratto non è annullabile per vizio del consenso ovvero per incapacità della pubblica amministrazione, bensì è travolto automaticamente dall’annullamento giudiziale dell’aggiudicazione (in tal senso muove il riferimento testuale ad una vicenda risolutiva, che, nonostante l’atecnicismo della terminologia legislativa, è certamente compatibile con quell’effetto caducante già sostenuto da parte giurisprudenza amministrativa); c) dal normale effetto caducante del contratto conseguente all’annullamento dell’aggiudicazione discende il diritto del ricorrente, ove ne sussistano tutti i presupposti, alla reintegrazione in forma specifica, coincidente con la condanna dell’amministrazione ad un facere specifico consistente nella stipula del contratto di appalto con la parte vittoriosa in giudizio; d) l’avvenuta conclusione del contratto di appalto in seguito all’aggiudicazione illegittima non è normalmente circostanza ostativa alla reintegrazione in forma specifica.
L’effetto caducante derivante dall’annullamento dell’aggiudicazione è inoltre quello che, oltre a soddisfare integralmente le ragioni del ricorrente in ossequio al precetto costituzionale di cui all’art. 24 Cost., meglio garantisce l’applicazione del principio concorrenziale sotteso alla disciplina comunitaria concernente le procedure di scelta del contraente delle pubbliche amministrazioni, impedendo che ad eventuali violazioni delle regole dell’evidenza corrisponda una risposta inefficace dell’ordinamento, tenuto conto della sostanziale impermeabilità che la teorica dell’efficacia viziante attribuisce al contratto di fronte all’annullamento dell’aggiudicazione. Simili deroghe al diritto comunitario non possono essere tollerate dal diritto vivente, se non laddove si rinvengano espresse previsioni derogatorie provenienti dallo stesso legislatore sovranazionale (ci si riferisce, esemplificativamente, all’art. 2, comma 6, delle direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE).
Trasponendo tali principi al presente giudizio, ne consegue che il contratto di appalto concluso in data 26.06.2002 tra il Comune di S. Angelo di Brolo e la controinteressata rimane travolto dall’annullamento giurisdizionale della aggiudicazione, di cui ai verbali del 30.01.2001 e 1°.02.2001. Trattasi di un effetto automatico della sentenza demolitoria dell’atto presupposto, che il giudice amministrativo deve limitarsi ad accertare con pronuncia sul punto meramente dichiarativa.
3. Può a questo punto essere esaminata la domanda risarcitoria formulata dall’a.t.i. CEA S.r.l. - Mondello Francesco sia con il ricorso introduttivo, sia con i motivi aggiunti. Quest’ultima chiede, in via principale, che il danno venga riparato in forma specifica, attraverso l’ordine all’amministrazione di stipulare il contratto di appalto con essa ricorrente; in via subordinata, che il giudicante condanni l’amministrazione al risarcimento per equivalente e, in ogni caso, che venga liquidato il c.d. danno da ritardo.
Osserva il Collegio che la domanda risarcitoria, sia essa riferita alla reintegrazione in forma specifica ovvero alla riparazione per equivalente, non può nella specie essere accolta per carenza dell’elemento soggettivo della colpa dell’amministrazione.
E’ noto che secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite della Cassazione (Cass. S.U. 22.07.1999 n. 500) il risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi, laddove tale danno discenda da un’attività provvedimentale, non può prescindere dall’accertamento della colpa dell’amministrazione responsabile, da accertarsi mediante una penetrante indagine riferita non già all’elemento soggettivo del singolo funzionario agente, bensì alla pubblica amministrazione intesa come apparato. In tale ottica la colpa sussisterebbe ogni qualvolta l’adozione del provvedimento illegittimo sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e di buona amministrazione, che si pongono quali limiti esterni della discrezionalità.
Attualizzando questi principi e stigmatizzando una perfetta equivalenza fra attività illegittima ed illecita, la giurisprudenza amministrativa, sulle orme di autorevole dottrina, è giunta ad isolare specifiche ipotesi in cui deve essere eccezionalmente esclusa la colpa dell’amministrazione, coincidenti con la nozione - ormai piuttosto ricorrente sui repertori - di <<errore scusabile>>. Tale diritto vivente è ormai unanime nell’individuare una causa di esclusione della colpevolezza ogni qualvolta l’amministrazione abbia errato sulla base di una equivoca formulazione legislativa della norma applicata ovvero di indirizzi giurisprudenziali oscillanti ovvero, ancora, della particolare complessità della fattispecie esaminata (cfr. C.d.S., sez. V, 6.08.2001, n. 4239; C.d.S., sez. IV, 14.06.2001, n. 3169; T.A.R. Campania - Napoli, sez. II, 7.02.2002, n. 733; T.A.R. Sardegna 23.02.2000, n. 171; T.A.R. Lombardia - Milano, sez. II, 12.04.2000, n. 2793; T.A.R. Sicilia - Catania, sez. I, 12.02.2000; T.A.R. Lombardia - Milano, sez. III, 23.12.1999, n. 5049).
Su questa via nessun dubbio può residuare in ordine alla scusabilità dell’errore in cui è incorso il seggio di gara nel caso di specie giacché, al momento dell’aggiudicazione, tenuto conto della obiettiva equivocità del dato normativo, non sussisteva alcuna certezza in ordine al corretto significato da riconoscere all’art. 31, 2° comma, d. lgv. n. 109/94 per ciò che riguarda il calcolo della media percentuale dei ribassi. A conferma di ciò è sufficiente considerare che le rare pronunce giurisprudenziali all’epoca esistenti, talune anche di questo Tribunale, avevano accolto proprio l’interpretazione adottata dall’amministrazione.
Nè a diverse conclusioni può condurre l’argomento, a più riprese sostenuto negli scritti difensivi della ricorrente, secondo cui la colpa dell’amministrazione troverebbe conferma nel fatto che quest’ultima, a distanza di pochi mesi dall’aggiudicazione impugnata, ha pubblicato alcuni bandi di gara nei quali è stato inserito una meccanismo di computo degli oneri di sicurezza assolutamente identico a quello proposto nel ricorso ed accolto dal Collegio. E’ qui sufficiente rilevare che l’atto ritenuto lesivo per gli interessi della ricorrente è l’aggiudicazione alla controinteressata, che è intervenuta, per stessa ammissione della ricorrente, prima della pubblicazione dei bandi di gara, per così dire, innovativi. La successiva condotta della pubblica amministrazione che ne emerge è tutt’altro che improntata a colpa, in quanto è logico ritenere che l’ente committente abbia inteso correttamente uniformare la propria opera ai più recenti indirizzi che andavano emergendo in sede giurisprudenziale e di dibattito dottrinario.
Nè, infine, può essere ravvisata una colpa in capo all’amministrazione per non avere quest’ultima annullato l’aggiudicazione in autotutela, giacché, come è ormai pacifico, tale provvedimento richiede non soltanto la mera illegittimità dell’atto annullato, bensì l’esistenza di un interesse pubblico concreto e attuale al ritiro dell’atto illegittimo.
Conclusivamente la domanda risarcitoria appare infondata e pertanto non può essere accolta.
4. La novità delle questioni affrontate costituisce giusto motivo di compensazione integrale di spese, diritti ed onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - Sezione staccata di Catania - Sez. I. - accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla l’aggiudicazione a favore dell’a.t.i. Alessandro - Arcobaleno di cui ai verbali di gara del 30.01.2001 e 1°.02.2001.
Dichiara l’avvenuta caducazione del contratto di appalto fra il Comune di S. Angelo di Brolo e l’a.t.i. Alessandro - Arcobaleno in conseguenza dell’annullamento dell’aggiudicazione.
Respinge la domanda di risarcimento dei danni formulata dalla ricorrente.
Compensa integralmente spese, diritti ed onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Catania, nella camera di consiglio del 5-18 novembre 2002.
L’Estensore Il Presidente
Depositata nella Segreteria del T.A.R.- Sez. di Catania il 25 novembre 2002.