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n. 10-2002 - © copyright.

C.G.A., SEZ. GIURISDIZIONALE - Sentenza 9 ottobre 2002 n. 583 - Pres. Varrone, Est. Mammana - Provincia Regionale di Catania (Avv. Finocchiaro) c. Verde (Avv. Pappalardo) - (conferma T.A.R. Sicilia-Catania, Sez. III, 13 febbraio 1997, n. 215).

1. Pubblico impiego - Mansioni e funzioni - Svolgimento di mansioni superiori - Rispetto alla qualifica formalmente rivestita - Differenze retributive - Spettano - Fattispecie relativa a mansioni superiori espletate da un dipendente non sanitario ante D.L.vo n. 347/1998.

2. Pubblico impiego - Mansioni e funzioni - Svolgimento di mansioni superiori - Rispetto alla qualifica formalmente rivestita - Differenze retributive - Disciplina prevista dall'art. 29, secondo comma del DPR n. 761/1976 e dall'art. 33 del DPR n. 3/1957 - Può ritenersi legittima ove interpretata in conformità all'art. 36 Cost.

3. Pubblico impiego - Mansioni e funzioni - Svolgimento di mansioni superiori - Rispetto alla qualifica formalmente rivestita - Differenze retributive - Riconoscimento - Presupposti - Individuazione.

4. Pubblico impiego - Mansioni e funzioni - Svolgimento di mansioni superiori - Rispetto alla qualifica formalmente rivestita - Differenze retributive - Riconoscimento - Norme che escludono tale diritto - Sono da considerare eccezionali e sono di stretta interpretazione - Art. 36 Cost. - E' direttamente applicabile in materia.

1. Anche con riferimento alla normativa vigente prima del D.L.vo 29 ottobre 1998, n. 387, deve ritenersi che il pubblico dipendente il quale, per disposizione dell'Amministrazione, svolga mansioni superiori a quelle proprie della qualifica rivestita in un posto vacante della pianta organica, ha diritto alle maggiori retribuzioni previste per tali mansioni, determinandosi in tali casi una situazione illegittima, le cui conseguenze non possono ricadere sul dipendente che detta situazione non ha posto in essere (1).

2. Va riconosciuta la legittimità costituzionale dell'art. 29, secondo comma, del D.P.R. 20 dicembre 1976, n. 761 e dell'art. 33 del D.P.R. n. 3 del 1957, in relazione all'art. 36 della Costituzione, sotto il profilo che detti articoli non escludono, ma anzi impongono che siano remunerate le mansioni di fatto svolte per un periodo superiore ai novanta giorni.

3. Il riconoscimento, sotto il profilo economico, delle mansioni svolte dai dipendenti pubblici è soggetto alla verifica dei seguenti presupposti: a) la sostituzione del titolare dell'ufficio da parte dell'inferiore gerarchico deve avvenire solo in occasione di assenze non temporanee del primo; b) il posto, cui le mansioni si riferiscono, deve essere necessariamente vacante o disponibile in pianta organica; e) l'adibizione a mansioni superiori deve avvenire con formale incarico promanante dagli organi dell'amministrazione; secondo tuttavia l'orientamento di una parte della giurisprudenza (2), la mancanza di un formale provvedimento attributivo di funzioni superiori non esclude il diritto al maggiore compenso per lo svolgimento delle funzioni superiori.

4. Nel nostro ordinamento devono considerarsi aventi natura eccezionale le norme che prevedono l'esercizio di mansioni superiori per esigenze di servizio senza diritto di variazioni del trattamento economico, in quanto sussiste nel nostro ordinamento un principio costituzionalmente espresso dall'art. 36 della Costituzione, direttamente applicabile, unitamente all'art. 2126 cod.civ., anche al settore del pubblico impiego (3).

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(1) Sull'affermazione del principio per ciò che concerne in generale tutto il pubblico impiego v. Cons. Stato, sez. VI, 4 marzo 1998, n. 242; sez. V, 7 marzo 1997, n. 211; sez. VI, 18 luglio 1997, n. 1119; per il comparto sanità v. sez. V, 27 gennaio 2000, n. 398; sez. V, 25 novembre 1999, n. 1976; quest'ultima sentenza è stata emessa in riferimento all'art. 29 del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, "in via di applicazione dell'art. 36, comma 1, della Costituzione e sulla base dell'art. 2126 c.c.".

Alla stregua del principio il C.G.A. ha confermato la sentenza del T.A.R. Catania, Sez. III, con la quale l'Amministrazione provinciale di Catania era stata condannata a pagare le differenze retributive ad un dipendente che aveva svolto mansioni superiori in base a formale incarico su posto resosi vacante; le mansioni superiori erano state svolte dall'1.7.1987 fino alla data di collocamento a riposo del dipendente in questione (31.1.1991).

(2) Cons. Stato, Sez. V, 20 settembre 1994, n. 1010; Sez. V, 7 ottobre 1994, n. 1150; Sez. V, 14 marzo 1994, n. 173.

(3) V. in tal senso Cons. Stato, sez. VI, 18 luglio 1997, n. 1119.

Breve nota di

GIOVANNI VIRGA

La retribuibilità della mansioni superiori è la regola

Con la sentenza in rassegna, il C.G.A. ha affermato che anche prima del D.L.vo n. 387/1998, la retribuibilità delle mansioni superiori svolte dai pubblici dipendenti, nella ricorrenza dei presupposti prescritti, costituiva la regola generale in via di applicazione diretta dell'art. 36 Cost. e dell'art. 2126 cod.civ.

In tal modo viene superato l'orientamento restrittivo del Consiglio di Stato che finisce per negare la retribuibilità della mansioni superiori svolte ante il citato D.L.vo, a meno che non esista una apposita disciplina normativa (v. in proposito da ult. in questa Rivista Cons. Stato, sez. VI - sentenza 5 settembre 2002, n. 4490, con ampia nota di richiami; su tale sentenza v. il commento dello scrivente, La retribuibilità delle mansioni superiori svolte dai pubblici dipendenti ante D.L.vo n. 387/98 ed ivi ult. riferimenti; v. anche di recente TAR Puglia-Bari, Sez. II, n. 2377/2002, con nota di L. OLIVERI, Sostituzione, delega e mansioni superiori).

Del resto, il cennato orientamento restrittivo del Consiglio di Stato non sembra così granitico, atteso che la Sez. V del Consiglio di Stato, con recente ordinanza (13 maggio 2002, n. 2553, in questa Rivista n. 5-2002), in riferimento all'art. 36 della Costituzione, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 24, terzo comma, della legge Regione Lombardia 26 aprile 1990, n. 25, il quale in pratica prevede la non retribuibilità delle mansioni superiori, ancorché conferite su posto vacante con formale provvedimento.

Peraltro, da ultimo, anche il T.A.R. Veneto, Sez. I, con  ordinanza 3 ottobre 2002, n. 5946  (in questo numero della Rivista) ha sollevato q.l.c delle norme ante D.L.vo n. 387/98 che, secondo l'orientamento del C.d.S., non consentirebbero il riconoscimento sotto il profilo economico delle mansioni superiori svolte dai dipendenti pubblici.

Da tali ordinanze emerge una comune constatazione, ribadita con la sentenza in rassegna: e cioè che, per effetto dell'art. 36 Cost., anche prima del D.L.vo n. 387 cit., la retribuibilità delle mansioni superiori svolte da tutti i dipendenti pubblici per più di 90 giorni, costituiva la regola e le eventuali eccezioni a tale regola non solo sono da interpretare restrittivamente, ma danno luogo anche a dubbi di legittimità costituzionale.

 

FATTO

Verde Antonino con ricorso al TAR chiedeva la condanna della Provincia Regionale di Catania al pagamento delle differenze retributive tra quanto dovutogli e quanto in effetti corrispostogli, sostenendo di avere svolto dall'1.7.1987 fino al collocamento a riposo (31.1.1991) mansioni superiori a quelle proprie della sua qualifica cioè della 1A qualifica dirigenziale.

Precisava all'uopo di avere svolto le mansioni di Direttore del IV servizio, equivalente alla 2A qual. Dirigenziale, in un primo momento a causa della malattia e successivamente della morte del titolare del posto, avvenuta il 1° luglio 1989.

Nel giudizio avanti al TAR non si costituiva la Provincia Regionale di Catania.

Il TAR, con la sentenza impugnata, ha ritenuto, anche in relazione all'art. 116 c.p.c. per la mancata costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata, e quindi nel silenzio della stessa, sufficientemente provato l'espletamento delle dedotte mansioni superiori e la esistenza di atti amministrativi, costituenti idoneo titolo legittimante lo svolgimento di dette mansioni.

La sentenza impugnata, sotto tale profilo, prendeva in considerazione la nota luglio 1988, con la quale l'Assessore provinciale alla Solidarietà sociale, a cui era da fare risalire l'attribuzione dell'incarico, affermava testualmente "ritenuto opportuno (tenendo conto della lunghissima assenza per malattia del direttore di servizio dott. Maria Lombardo) affidare la responsabilità dei servizi del IX dipartimento al personale già assegnato da lungo tempo al medesimo ..... per la esperienza acquisita", nonché la nota n. 1251/1990, dello stesso Assessore con la quale prendeva atto delle funzioni di direttore del IV servizio svolto dal sig. Nino Verde sin dal luglio 1987.

Il TAR riteneva però il diritto del ricorrente alla corresponsione delle differenze salariali per le mansioni superiori svolte, limitatamente al periodo successivo al decesso della titolare del posto, circostanza che aveva determinato la vacanza del posto stesso.

Avverso detta sentenza propone appello la Provincia regionale di Catania, ritenendo erronea e carente di motivazione la sentenza impugnata di cui chiede l'annullamento.

L'appellante eccepisce la contraddittorietà della sentenza che aveva preso in considerazione, come prova dell'esercizio di mansioni superiore, le due note dell'Assessore alla Solidarietà Sociale, note che risulterebbero contraddette dal contenuto dell'ordine di servizio n. 142 del 30.10.1991, dal quale risultava che il sig. Verde aveva svolto dall'1.10.1990 sino al 31.1.1991 le funzioni connesse alla qualifica di Dirigente del 1° nucleo del IV servizio del 9° dipartimento.

Sotto il profilo di diritto l'appellante eccepiva che la sentenza non sarebbe sorretta da valida motivazione, in quanto il semplice richiamo all'art. 36 della Costituzione ed all'art. 2126 c.c. non è idoneo a poter derogare al principio sancito dall'art. 31 del DPR 10.1.1957, ribadito in dottrina e giurisprudenza, relativo alla irrilevanza dell'esercizio di mansioni superiori a quelle dovute sulla base del provvedimento di nomina.

Con ordinanza n. 3526/97 del 26.6.1997, questo CGA, respingeva la domanda cautelare della Provincia di Catania per la sospensione della esecutività della sentenza, sotto il profilo della carenza del danno grave per l'amministrazione dalla esecuzione della sentenza.

Alla pubblica udienza del 23 marzo 2000, la causa veniva trattenuta per la decisione.

DIRITTO

L'appello non è fondato e la sentenza impugnata deve essere confermata.

In ordine al primo motivo di appello si rileva la assenza di contraddizione tra le conclusioni della sentenza, che ha ritenuto comprovato l'esercizio di mansioni superiori dalle note n. 2535 del 18 luglio 1988 e n. 1251/90 dell'Assessore allo Solidarietà Sociale, e l'ordine di servizio n. 142 del 30 ottobre 1991.

Infatti tali note, provenienti da un rappresentante della Amministrazione cui era devoluta la possibilità di adibire il dipendente a diverse mansioni rispetto a quelle proprie della qualifica di appartenenza, sono state redatte la prima nel periodo di cui il ricorrente era adibito alle mansioni di Direttore del IV servizio, a causa dell'assenza per malattia del titolare, e la seconda mentre il Verde continuava in tali mansioni, dopo il decesso del titolare del posto, avvenuto il 1 ° luglio 1989.

Quindi nella prima nota è contenuta una chiara manifestazione di volontà "affidare la responsabilità di tutti i servizi del IX dipartimento" al sig. Verde, mentre nella seconda nota si prende atto della prosecuzione dell'esercizio di tali mansioni da parte dello stesso.

L'ordine di servizio n. 142 del 30.10.1991 è invece successivo al collocamento a riposo del ricorrente ed altro non è che la formalizzazione postuma del provvedimento assegnazione del sig. Verde alle mansioni di dirigente del 1° Nucleo del IV servizio del IX dipartimento, proprie della sua qualifica di primo dirigente, mansioni che il provvedimento afferma essere state assegnate da data anteriore al 1° ottobre 1990.

La formalizzazione dell'assegnazione alle mansioni proprie della qualifica di appartenenza del ricorrente, da epoca anteriore al 1° ottobre 1990, nulla toglie al contenuto delle note esaminate in sentenza, di contemporanea assegnazione del ricorrente alle mansioni superiori di direttore della IV sezione del 9° dipartimento.

La relativa censura deve essere pertanto rigettata.

In ordine al secondo motivo di appello il Collegio ritiene nel caso in specie, di non doversi discostare dalla motivazione della sentenza che si è uniformata all'orientamento giurisprudenziale che si è formato a seguito dei ripetuti interventi della Corte Costituzionale (vedansi sentenze 23 febbraio 1989 n. 57 e 19 giugno 1990 n. 296, ord. n. 408/90, sent. n. 101/95 del 22.3.95, n. 347/96 del 14.10.1996) concernenti sia il comparto sanità sia quello del pubblico impiego.

Detto orientamento, riconosce la legittimità Costituzionale dell'art. 29, secondo comma del DPR 20.12.1976 n. 761, e dell'art. 33 del DPR n. 3 del 1957, in relazione all'art. 36 della Costituzione, sotto il profilo che detti articoli non escludono, ma anzi impongono che siano remunerate le mansioni di fatto svolte per un periodo superiore ai novanta giorni.

Il cennato indirizzo ha però fissato dei presupposti rigorosi, già ritenuti necessari dalla precedente giurisprudenza, che sono:

a) la sostituzione del titolare dell'ufficio da parte dell'inferiore gerarchico deve avvenire solo in occasione di assenze non temporanee del primo;

b) il posto, cui le mansioni si riferiscono, deve essere necessariamente vacante o disponibile in pianta organica;

e) l'adibizione a mansioni superiori deve avvenire con formale incarico promanante dagli organi dell'amministrazione; sotto tale profilo deve altresì precisarsi che secondo diffusa giurisprudenza (C.S. V-20.9.94 n. 1010; C.S. V- 7.10.94 n. 1150; C.S. V- 14.3.94 n. 173), la mancanza di un formale provvedimento attributivo di funzioni superiori non esclude il diritto al maggiore compenso per lo svolgimento delle funzioni superiori.

Peraltro, all'indirizzo ermeneutico espresso dalla Corte Costituzionale, sono seguite autorevoli decisioni del giudice amministrativo, conforme ai citati criteri.

Così il C.S. sez. VI, con decisione 1119 del 18 luglio 1997, ha stabilito che nel nostro ordinamento devono considerarsi "eccezionali" le norme che abilitano all'esercizio contemporaneo di mansioni superiori per esigenze di servizio, senza diritto di variazioni del trattamento economico, in quanto "sussiste nel nostro ordinamento un principio costituzionalmente espresso dall'art. 36 della Costituzione, direttamente applicabile unitamente all'art. 2126 c.c. anche al settore del pubblico impiego".

Inoltre con varie e recenti sentenze (C.S. sez. VI n. 242 del 4.3.98; C.S. sez. V n. 211 del 7.3.97; C.S. sez. VI n. 1119 del 18.7.97, per il pubblico impiego, e, per il comparto sanità, C.S. sez. V n. 398 del 27.1.2000; C.S. sez. V n. 1976 del 25.11.1999, quest'ultimo in riferimento all'art. 29 DPR 20.12.1979 n. 761 "in via di applicazione dell'art. 36 comma 1 della Costituzione e sulla base dell'art. 2126 c.c.") hanno ritenuto che il pubblico dipendente che per disposizione dell'Amministrazione svolga mansioni superiori a quelle proprie della qualifica rivestita, in un posto vacante della pianta organica, ha diritto alle maggiori retribuzioni previste per tali mansioni, determinandosi in tali casi una situazione illegittima, le cui conseguenze non possono ricadere sul dipendente che detta situazione non ha posto in essere.

Dalle superiori premesse deriva la fondatezza della pretesa del ricorrente, nei limiti stabiliti dalla sentenza impugnata, cioè il diritto del sig. Verde alla retribuzione per le mansioni superiori svolte, limitatamente al periodo in cui il posto di dirigente del 4° servizio del 9° dipartimento si è reso vacante per decesso del titolare, e cioè dal 1° ottobre 1990.

Dalla documentazione depositata in atti risulta che il ricorrente è stato autorizzato a sostituire il dirigente del 4° servizio del 9° dipartimento, prima per l'assenza prolungata dello stesso e poi per il suo decesso, pure in base ad incarico non formale, come si può dedurre dalle note dell'Assessore alla Solidarietà del Comune, la prima di affidamento della responsabilità dei servizi del 9° dipartimento e la seconda di presa d'atto dello svolgimento in atto delle mansioni superiori.

Per tutte le superiori argomentazioni l'appello deve essere rigettato.

Ritiene il Collegio che sussistono idonee ragioni per compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, rigetta l'appello in epigrafe e conferma la sentenza del TAR Sicilia, sezione staccata di Catania, sez. 3A n. 215/97, del 25.10.1996.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Palermo dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 23 marzo 2000, con l'intervento dei signori: Claudio Varrone, Presidente, Raffaele Carboni, Paolo Turco, Raffaele Tommasini e Vittorio Mammana, estensore, componenti.

Depositata il 9 ottobre 2002.

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