Giustamm.it

Giurisprudenza
n. 5-2002 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Ordinanza 13 maggio 2002 n. 2553 - Pres Elefante, Est. Pullano - Azienda Sanitaria USSL n. 1 - Varese (Avv.ti Tedeschi e Manzi) c. BARISI (Avv. Romeo) - (solleva questione di legittimità costituzionale in relazione all'appello proposto avverso la sentenza del T.A.R. Lombardia 13 luglio 1995, n. 960).

Pubblico impiego - Dipendenti AUSL - Mansioni e funzioni - Mansioni superiori svolte - Disciplina prevista dall'art. 24, comma 3°, L. reg. Lombardia n. 25/1990 - Questione di legittimità costituzionale - Nella parte in cui finisce per non considerare retribuibili le mansioni superiori svolte su posti vacanti - Va sollevata.

Va sollevata, in riferimento all'art. 36 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 24, terzo comma, della legge Regione Lombardia 26 aprile 1990, n. 25, il quale in pratica afferma il principio della non retribuibilità delle mansioni superiori, ancorché conferite su posto vacante con formale provvedimento e in conformità a quanto previsto da una specifica disposizione di legge (1).

---------------------------------

(1) Come si legge nella motivazione dell'ordinanza in rassegna, la q.l.c. è stata sollevata anche in considerazione dell'orientamento più volte espresso dalla Corte Costituzionale in ordine alla problematica della retribuibilità delle mansioni superiori svolte dal dipendente pubblico proprio del settore sanitario (v. sent. Corte Cost. 23.2.1989 n. 57; 19.6.1990 n. 296; 31.3.1995 n. 101 e ord. nn. 908/1988; 408/1980 e 337/1993).

La Sez. V, pur non ignorando i più recenti principi elaborati in materia dall'Adunanza plenaria v. dec. 18.11.1999 n. 22; 28.1.2000 n. 10; 23.2.2000 n. 11) in relazione alla previsione di cui all'art. 56 del d.lvo 3.2.1993 n. 29 (peraltro, entrato in vigore successivamente ai fatti di cui alla controversia oggetto del giudizio), afferma che nella specie sussistono seri dubbi in ordine alla compatibilità della disposizione regionale con l'esigenza, desumibile dall'art. 36 della Costituzione, ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato, non potendosi, d'altra parte, ritenere che la previsione di mantenere le indennità connesse alla funzione soddisfino detta esigenza; trattasi, infatti, di compensi accessori spettanti per particolari oneri connessi alla funzione quali, ad es., la partecipazione all'ufficio di direzione (v. art. 20 L.R. 7.1.1986 n. 1), che sono nettamente distinti (anche nella prassi contrattuale) dal trattamento fondamentale previsto per la qualifica.

Il contrasto con l'art. 36 Cost., secondo la Sez. V, appare, poi, ancor più evidente e grave ove si tenga conto del fatto che la disposizione di cui trattasi integra una deroga a tempo indeterminato del principio della proporzionalità della retribuzione al lavoro prestato.

Inoltre, il sostanziale divieto di retribuire le mansioni superiori assume anche carattere di irragionevolezza, tenuto conto che il legislatore regionale ha individuato i presupposti per il legittimo espletamento di dette mansioni negando, però, il corrispondente trattamento economico.

In materia di retribuibilità o meno delle mansioni superiori nel campo del p.i. v. in questa Rivista:

CORTE COSTITUZIONALE - Ordinanza 10 aprile 2002* (nel dichiarare infondata la q.l.c. dell'art. 33 del T.u. imp. civ. Stato, afferma che il divieto di retribuire le mansioni superiori non opera nei casi di copertura di posto temporaneamente vacante).

CORTE COSTITUZIONALE - Ordinanza 22 aprile 1999 n. 146

CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA - Sentenza 18 novembre 1999 n. 22

CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA - Sentenza 28 gennaio 2000 n. 10

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 28 giugno 2001 n. 3543

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 9 novembre 2000 n. 5982

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 20 ottobre 2000 n. 5650

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 9 novembre 1999 n. 1857

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 9 novembre 1999 n. 1849

TRIBUNALE DI TRIESTE, SEZIONE CIVILE - Ordinanza 13 agosto 1999

TRIBUNALE DI TRIESTE - Sentenza 29 settembre 2000 n. 403

G. VIRGA, La retribuibilità delle mansioni superiori ...

L. OLIVERI, Breve addenda alla questione della retribuibilità delle mansioni superiori

C. DE MARCO, In tema di retribuibilità delle mansioni superiori  svolte dai pubblici dipendenti

Sulla nuova disciplina in materia v.:

DECRETO LEGISLATIVO 30 marzo 2001, n. 165

 

FATTO e DIRITTO

La Sig.ra Silvana Barisi ha prestato servizio presso la USSL/1-Varese sino al 16.8.1992 nella posizione funzionale di assistente sociale coordinatore (VII livello retributivo).

Dal 7.6.1982 al 16.8.1992 (data di cessazione del rapporto), con ripetuti atti deliberativi, è stata incaricata di svolgere le funzioni di responsabile provvisorio del servizio di assistenza sociale.

In prossimità del suo collocamento a riposo ha chiesto che le fosse riconosciuto, ai soli fini economici, il livello apicale corrispondente alle mansioni di fatto svolte.

La domanda è stata respinta con delibera n. 409 del 9.7.1972 dell'Amministratore straordinario della USSL, in considerazione di quanto disposto dall'art. 24, terzo comma, della legge della Regione Lombardia n. 25 del 26.4.1990, che aveva consentito al personale che già ricopriva le funzioni di responsabile del servizio di assistenza sociale di continuare ad esercitarle, mantenendo, però, la posizione funzionale e il trattamento economico di cui era titolare e riconoscendo allo stesso il diritto alle sole indennità connesse all'esercizio delle funzioni superiori.

La sig.ra Barisi con ricorso dinanzi al TAR per la Lombardia, ha chiesto l'accertamento ed il riconoscimento del suo diritto alla retribuzione e relative indennità corrispondenti alle superiori mansioni conferitele, previo annullamento della delibera n. 409 del 9.7.1992, denunciando la violazione del principio dell'adeguamento retributivo in relazione alla qualità delle prestazioni svolte, discendente dall'art. 36 della Cost. e dall'art. 29, secondo comma, del d.P.R. n. 761 del 1979, da tempo pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza relativa al pubblico impiego sanitario a seguito delle sentenze della Corte Cost. 23.2.1989 n. 57 e 19.6.1990 n. 296.

La USSL, costituitasi in giudizio, ha eccepito l'intervenuta prescrizione quinquennale di parte delle somme pretese ed ha illustrato i motivi di infondatezza della domanda.

Il TAR con la sentenza impugnata ha accolto il ricorso, sulla base delle seguenti argomentazioni: a) con specifico riferimento all'impiego sanitario, la giurisprudenza è univoca nel riconoscere il diritto del dipendente alla variazione del trattamento economico per le superiori mansioni svolte, qualora queste di protraggano oltre il periodo di sessanta giorni nell'anno solare; b) il diritto alla retribuzione per lo svolgimento delle mansioni superiori deriva dall'art. 36 della Costituzione e, pertanto, le norme che negano tale diritto, se regolamentari, vanno disapplicate, se di legge (nella specie, la legge regionale), vanno sottoposte al vaglio della Corte Costituzionale, a meno che non siano suscettibili di essere interpretate in modo conforme ai principi costituzionali; c) da una lettura dell'art. 24, terzo comma, della L.R. n. 25 del 1990, allineata al precetto costituzionale, deriva che non possono intendersi per indennità connesse all'esercizio delle funzioni i soli trattamenti accessori, ma, che, con il termine indennità, il legislatore regionale si è voluto riferire proprio alle misure differenziali tra qualifica di appartenenza e quella ricoperta in virtù di reiterati incarichi, mentre il richiamo al trattamento economico riguarda la sola posizione stipendiale formalmente connessa alla qualifica di appartenenza; d) il diritto alle prestazioni patrimoniali, quando la pretesa economica sia stata contestata dall'amministrazione, si prescrive in dieci anni e non in cinque.

Per l'annullamento della sentenza ha proposto appello la USSL con il quale ha dedotto: 1) la violazione dell'art. 24, terzo comma, della L.R. 26.4.1990 n. 25, in relazione all'art. 12 delle preleggi, in quanto la norma sarebbe stata interpretata in modo contrario alla sua stessa lettera; 2) la violazione dell'art. 29, secondo comma, del d.P.R. 20.12.1979, in relazione all'art. 97 della Costituzione, in quanto la giurisprudenza, sarebbe ferma nel ritenere: a) che la pretesa del pubblico dipendente ad una retribuzione superiore a quella attribuitagli dalla normativa applicabile non può fondarsi sull'art. 36 della Cost.; b) che il passaggio a funzioni superiori non può avvenire in violazione della regola del concorso, la quale trova fondamento nell'art. 97 della Cost.; c) che in assenza di posto nella pianta organica dell'ente non sono configurabili le funzioni connesse.

In via subordinata, l'appellante ha ribadito l'eccezione di parziale prescrizione del credito relativo alle differenze retributive rivendicate.

La Sig. Barisi con la memoria di costituzione ha chiesto la reiezione dell'appello, richiamando le tesi difensive esposte in primo grado e condivise dal TAR e, in subordine, ha insistito sulla sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 24, terzo comma, della legge regionale.

In prossimità dell'udienza di trattazione del ricorso entrambe le parti hanno depositato ulteriore memoria.

All'esito di detta udienza il Collegio ha ritenuto di accogliere parzialmente l'appello della USSL, riformando, per l'effetto, la sentenza del TAR limitatamente al riconoscimento del diritto della originaria ricorrente alle differenze retributive per il periodo dal 7.6.1982 all'1.4.1991, in cui la stessa aveva svolto le mansioni superiori con formale incarico, ma su un posto inesistente in pianta organica, considerato che detto posto è stato istituito solo con delibera del 2.4.1991, e si è riservato di disporre con separata ordinanza la remissione degli atti alla Corte Costituzionale per la verifica della legittimità dell'art. 24, terzo comma, della legge della Regione Lombardia n. 25 del 26.4.1990.

Con la presente ordinanza viene, pertanto, sciolta la suddetta riserva, considerata la evidente rilevanza della questione per la definitiva decisione della controversia e la sua non manifesta infondatezza.

L'appello della USSL andrebbe, infatti, respinto anche per la parte concernente la pretesa relativa alle differenze retributive per il periodo che va dalla data di approvazione (con delibera n. 181 del 2.4.1991) dell'ampliamento della pianta organica della USSL - con la quale è stato istituito il posto di dirigente responsabile del servizio di assistenza sociale, con posizione funzionale apicale - alla data del collocamento a riposo della sig.ra Barisi, in quanto, pur essendo stata la stessa formalmente incaricata di svolgere le mansioni superiori su un posto vacante, il riconoscimento del diritto al trattamento retributivo apicale è precluso del disposto del più volte menzionato art. 24, terzo comma, della L.R. n. 25 del 1990.

Tale norma - alla quale, per la chiarezza della sua lettera, non è possibile attribuire alcun altro senso, se non quello fatto palese dal significato delle parole - prende atto della situazione di fatto esistente presso le USSL lombarde (concernente lo svolgimento delle mansioni di responsabile del servizio di assistenza sociale da parte di personale non in possesso della necessaria qualifica apicale, il cui affidamento si era, tuttavia, reso necessario, in quanto il servizio in questione era già da tempo operativo, essendo stato istituito con la L.R. 11.4.1980 n. 39 e riorganizzato con la L.R. 7.1.1986 n. 1) e, in attesa dello svolgimento dei concorsi per la copertura dei posti di dirigente responsabile del servizio di assistenza sociale di nuova istituzione nella pianta organica, consente al personale, che abbia già svolto per almeno tre anni le funzioni di responsabile del servizio di assistenza sociale, di continuare a svolgerle "mantenendo la posizione funzionale ed il trattamento economico di cui è titolare nonché le indennità connesse all'esercizio di dette funzioni".

In pratica afferma il principio della non retribuibilità delle mansioni superiori, ancorché conferite su posto vacante con formale provvedimento e in conformità a quanto previsto da una specifica disposizione di legge.

Al riguardo, ritiene il Collegio che, anche in considerazione dell'orientamento più volte espresso dalla Corte Costituzionale in ordine alla problematica della retribuibilità delle mansioni superiori svolte dal dipendente pubblico proprio del settore sanitario (v. sent. Corte Cost. 23.2.1989 n. 57; 19.6.1990 n. 296; 31.3.1995 n. 101 e ord. nn. 908/1988; 408/1980 e 337/1993) e pur non ignorando i più recenti principi elaborati in materia dall'Adunanza plenaria di questo Consiglio (v. dec. 18.11.1999 n. 22; 28.1.2000 n. 10; 23.2.2000 n. 11) in relazione alla previsione di cui all'art. 56 del d.lvo 3.2.1993 n. 29 (peraltro, entrato in vigore successivamente ai fatti di cui alla presente controversia), nella specie, sussistano seri dubbi in ordine alla compatibilità della disposizione regionale con l'esigenza, desumibile dall'art. 36 della Costituzione, ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato, non potendosi, d'altra parte, ritenere che la previsione di mantenere le indennità connesse alla funzione soddisfino detta esigenza; trattasi, infatti, di compensi accessori spettanti per particolari oneri connessi alla funzione quali, ad es., la partecipazione all'ufficio di direzione (v. art. 20 L.R. 7.1.1986 n. 1), che sono nettamente distinti (anche nella prassi contrattuale) dal trattamento fondamentale previsto per la qualifica.

Il contrasto con il menzionato precetto costituzionale appare, poi, ancor più evidente e grave ove si tenga conto del fatto che la disposizione di cui trattasi integra una deroga a tempo indeterminato del principio della proporzionalità della retribuzione al lavoro prestato.

Inoltre, il sostanziale divieto di retribuire le mansioni superiori assume anche carattere di irragionevolezza, tenuto conto che il legislatore regionale ha individuato i presupposti per il legittimo espletamento di dette mansioni negando, però, il corrispondente trattamento economico.

Per le ragioni esposte deve essere, quindi, disposta la sospensione, in parte qua, del giudizio e la remissione degli atti alla Corte costituzionale.

P.Q.M.

Visti gli artt. 134 della Cost., 1 della legge costituzionale 9.2.1948 n. 1 e 23 della L. 11.3.1953 n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 36 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 24, terzo comma, della legge della Regione Lombardia 26.4.1990 n. 25;

Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;

Sospende, in parte qua, il giudizio;

Dispone che a cura della Segreteria l'ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Presidente della Giunta Regionale della Lombardia e comunicata al Presidente del Consiglio regionale della Lombardia.

Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato, Sezione quinta, nella Camera di Consiglio del 29 gennaio 2002.

Il Presidente: f.to Agostino Elefante

Il Consigliere est.: f.to NicolinaPullano

Depositata il 13 maggio 2002.

Copertina Clicca qui per segnalare la pagina ad un amico