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n. 12-2002 - © copyright.

TAR PIEMONTE, SEZ. I - Sentenza 21 dicembre 2002 n. 2099 - Pres. Gomez De Ayala, Est. Baglietto - Cortiplast s.p.a. (Avv.ti Ludogoroff e Aliberti) c. Comune di San Maurizio Canadese (TO) (Avv. Santilli ) - (accoglie).

1. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva del G.A. - Azione di risarcimento danni a seguito di annullamento di dichiarazione di p.u. - Rientra ex artt. 34 e 35 D.L.vo n. 80/1998 nella giurisdizione esclusiva del G.A.

2. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva del G.A. - Ex artt. 34 e 35 D.L.vo n. 80/1998 - In materia di urbanistica ed edilizia ed in particolare in materia di espropriazione per p.u. - Si estende al sindacato sul rapporto tra privato ed P.A., comprensivo anche dei comportamenti materiali di quest’ultima.

3. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva del G.A. - Ex art. 34 D.L.vo n. 80/1998 - In materia di urbanistica ed edilizia - Espropriazione per p.u. e domanda di risarcimento dei danni - Vi rientra.

4. Giurisdizione e competenza - Risarcimento dei danni - Derivanti da lesione di interessi legittimi - Risarcimento in forma specifica - A seguito dell’annullamento in s.g. della dichiarazione di p.u. - Nel caso in cui il fondo sia stato irreversibilmente trasformato - Impossibilità.

5. Giurisdizione e competenza - Risarcimento dei danni - Derivanti da lesione di interessi legittimi - Risarcimento in forma specifica - Per i procedimenti espropriativi di edilizia residenziale pubblica - Impossibilità ex art. 3, comma 1, L. 27 ottobre 1988 n. 458.

6. Espropriazione per p.u. - Accessione invertita - Momento in cui si verifica - Nel caso di procedimenti espropriativi di edilizia residenziale pubblica - Coincide con la data di immissione in possesso.

7. Espropriazione per p.u. - Accessione invertita - Ammontare del risarcimento del danno - Nel caso di occupazione usurpativa - E’ pari al valore venale del terreno - Nel caso di occupazione acquisitiva - E’ quella prevista dall’art. 3, comma 65 L. 23 dicembre 1996 n. 662.

8. Edilizia residenziale pubblica - Dichiarazione di p.u. - Annullamento in s.g. - Conseguenze - Nel caso in cui i terreni siano stati irreversibilmente trasformati - Occupazione usurpativa - Si verifica.

9. Espropriazione per p.u. - Accessione invertita - Nel caso di procedimenti espropriativi di edilizia residenziale pubblica - Ammontare del risarcimento del danno - Riferimento alla data di inizio dell’occupazione d’urgenza - Rivalutazione monetaria ed interessi legali - Spettano - Risarcimento del danno ulteriore - Va comprovato od almeno dedotto.

1. Rientra nella giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo - ai sensi degli artt. 34 e 35 D.L. vo 30 marzo 1998 n. 80, poi trasfusi nell’art. 7 L. 21 luglio 2000 n. 205, una azione con la quale un privato, a seguito dell’annullamento di un decreto di esproprio, chiede il risarcimento dei danni nei confronti della P.A. espropriante in relazione all’avvenuta occupazione acquisitiva del terreno, verificatasi a seguito dell’irreversibile trasformazione dello stesso.

2. Dagli artt. 34 e 35 del D.L. vo 30 marzo 1998 n. 80, poi trasfusi nell’art. 7 L. 21 luglio 2000 n. 205, si evince che la giurisdizione esclusiva del G.A. non si arresta al giudizio di annullamento del provvedimento amministrativo, ma si estende al sindacato sul rapporto tra privato ed Amministrazione nella sua portata più ampia, comprensivo anche dei comportamenti materiali; perlomeno di quei comportamenti materiali che danno esecuzione o sono altrimenti collegati con il provvedimento.

3. La nozione di urbanistica alla quale fa riferimento l’art. 34 del D.L.vo n. 80/1998 è ampia al punto da assorbire tutti gli aspetti dell'uso del territorio e si estende ai procedimenti di esproprio, comprensivi sia della dichiarazione di pubblica utilità, sia degli atti di occupazione d’urgenza e relativi comportamenti esecutivi; deve pertanto ritenersi che, in tutti i casi in cui esista una valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità dell’opera per la cui realizzazione sia stato promosso procedimento espropriativo conclusosi in un atto successivamente annullato, la cognizione della domanda di risarcimento danni per occupazione acquisitiva spetta al giudice amministrativo, investito di giurisdizione esclusiva in materia dalle disposizioni sopra citate (1).

4. Il risarcimento in forma specifica (riduzione in pristino dell’area mediante rimozione di quanto realizzato in base al titolo annullato) è precluso nei casi in cui alla data dell’annullamento della dichiarazione di p.u. l’area stessa abbia subito una trasformazione irreversibile in conseguenza dell’ultimazione sostanziale dell’opera pubblica programmata, costituita dalla realizzazione di tutte le sue componenti essenziali, senza che sia a tal fine necessario il suo completamento per la sua effettiva destinazione a fini pubblici (2).

5. Il risarcimento in forma specifica è in ogni caso precluso per gli interventi di edilizia residenziale pubblica, per i quali l’art. 3, comma 1, L. 27 ottobre 1988 n. 458 statuisce che «il proprietario del terreno utilizzato per finalità di edilizia pubblica, agevolata o convenzionata, ha diritto al risarcimento del danno causato da provvedimento espropriativo dichiarato illegittimo con sentenza passata in giudicato, con esclusione della retrocessione del bene»; la precisazione relativa all’esclusione della retrocessione del bene indica che, per gli interventi in discorso, l’accessione invertita si verifica comunque, anche se alla data di annullamento del decreto di esproprio l’opera non risulti ancora sostanzialmente ultimata (3).

6. Nel caso in cui sia stata annullata la dichiarazione di p.u. per un intervento di edilizia residenziale pubblica, l’accessione invertita, ai sensi dell’art. 3, comma 1 L. 27 ottobre 1988 n. 458, deve ritenersi pienamente verificata e non è necessario accertare se alla data dell’annullamento del decreto di esproprio l’opera sia stata o meno funzionalmente ultimata.

7. I criteri di risarcimento risarcimento del danno sono diversi, a seconda che si tratti di occupazione appropriativa (regolata dall’art. 3, comma 65 L. 23 dicembre 1996 n. 662, che ha aggiunto un comma 7-bis all’art. 5-bis L. 8 agosto 1992 n. 359), ovvero di occupazione usurpativa (che comporta il ragguaglio del risarcimento al pieno valore venale del bene).

8. La disposizione contenuta nell’art. 3 L. 27 ottobre 1988, n. 458, nel prevedere l’impossibilità di fare luogo alla restituzione del bene nel caso di procedimenti espropriativi riguardante l’edilizia residenziale pubblica, ha carattere speciale e non vale a derogare al principio generale per cui è occupazione usurpativa (e non appropriativa) quella che si verifica in assenza (originaria o sopravvenuta) della dichiarazione di pubblica utilità (4).

9. Nel caso di usurpazione acquisitiva di un bene destinato ad un intervento di edilizia residenziale pubblica, l’effetto acquisitivo si verifica necessariamente alla stessa data dell’occupazione d’urgenza e con riferimento ad essa deve appunto essere quantificato il valore del bene perduto da porsi a base del risarcimento (5). In tal caso la somma dovuta a titolo di risarcimento deve essere essere aggiornata a norma dell’art. 3 L. 27 ottobre 1988, n. 458, sulla base dell’inflazione monetaria sopravvenuta fino alla data della sentenza, mentre gli interessi compensativi al tasso legale (finalizzati a risarcire il pregiudizio derivante dalla mancata disponibilità immediata del denaro) devono essere calcolati, con riferimento al medesimo periodo, non sul suddetto importo rivalutato, ma, anno per anno, sul valore della somma via via rivalutata – sulla base degli indici annuali medi di svalutazione – nell’arco di tempo compreso tra l’evento dannoso e la liquidazione (6). L’ulteriore maggior danno di cui all’art. 1224 cod. civ., può essere riconosciuto solo ove sia stato provato od almeno dedotto dall’interessato.

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(1) Cons. Stato, Sez. IV, 2 giugno 2000, n. 3177 e 9 luglio 2002, n. 3819.

(2) Cons. Stato, Ad. Plen., 7 febbraio 1996, n. 1.

(3) T.A.R. Puglia – Bari, Sez. II, 29 luglio 1993, n. 291.

Nella motivazione della sentenza in rassegna si ricorda che in passato si è dubitato della legittimità di siffatto trattamento preferenziale in relazione all’art. 42, commi 2 e 3 Cost., ma la Corte cost., con sentenza 31 luglio 1990, n. 384, ha ritenuto infondata la questione sul rilievo che «il legislatore, nel contrasto fra l’interesse dei proprietari dei suoli ad ottenerne, in caso di espropriazione illegittima, la restituzione e l’interesse pubblico realizzato con l’impiego dei predetti beni per finalità di edilizia residenziale pubblica, agevolata o convenzionata, ha dato prevalenza a quest’ultimo interesse, (e che) siffatta scelta legislativa persegue una finalità, segnata da sicuri motivi d’interesse generale, compatibile con la disciplina dell’art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione, in quanto esplicazione concreta della funzione sociale della proprietà».

(4) Ha osservato in proposito il T.A.R. Piemonte che l’opinione opposta condurrebbe a risarcire in misura diversa danni derivanti da fatti lesivi identici, a seconda della natura dell’opera illecitamente realizzata (in pratica, per gli interventi di edilizia residenziale pubblica, l’occupazione usurpativa ed il conseguente risarcimento integrale non si realizzerebbero mai, comunque agisca l’Amministrazione): conclusione che è evidentemente contrastante con i principi di parità di trattamento, di buona amministrazione e di tutela della proprietà privata posti dagli artt. 3, 97 e 42 della Costituzione, e come tale deve essere evitata.

(5) T.A.R. Calabria – Catanzaro, I, 6 marzo 2002, n. 531.

(6) Cass., I civ., 5 agosto 1997, n. 7192; Cass., I civ., 3 gennaio 1998, n. 13; Cass., I, civ. 19 aprile 2002, n. 5728.

Documenti correlati:

TAR EMILIA ROMAGNA - PARMA – Sentenza 4 dicembre 2002* (afferma importanti principi in materia di: avviso di inizio del procedimento per la proroga termini della dichiarazione di p.u., giurisdizione del G.A. in materia di occupazione acquisitiva, momento in cui si verifica l’effetto acquisitivo, criteri di quantificazione dei danni, calcolo degli interessi ed applicabilità della riduzione ex art. 3, comma 65, della legge n. 662 del 1996).

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV – Sentenza 9 luglio 2002*, con commento di M. BORGO, Il Consiglio di Stato nuovamente alle prese con i fantasmi della "occupazione acquisitiva" e della "occupazione usurpativa". 

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 29 aprile 2002*, con commento di M. BORGO, Il Consiglio di Stato alle prese con i fantasmi della “occupazione acquisitiva” e della “occupazione usurpativa”.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV – Sentenza 11 aprile 2002* (il verificarsi dell’accessione invertita o l’accettazione dell’indennità di esproprio non rendono improcedibile il ricorso avverso gli atti espropriativi; la proroghe dei termini per la conclusione della procedura ablativa non possono applicarsi all’occupazione di urgenza e viceversa, attesa l’autonomia delle due fasi).

CORTE COSTITUZIONALE – Ordinanza 7 maggio 2002* (dichiara inammissibile la q.l.c. dell'art. 5-bis, comma 7-bis, del d.l. n. 333/92 nella parte in cui, secondo i giudici remittenti, esso sarebbe applicabile anche alle aree agricole).

TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. V – Sentenza 9 dicembre 2002* (sulla giurisdizione del G.A. in ordine a eventuali illeciti connessi alla emanazione ed alla esecuzione di un provvedimento di occupazione d’urgenza).

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TAR SICILIA-PALERMO, SEZ. I - Sentenza 7 ottobre 2002* (sulla giurisdizione del G.A. in ordine alle controversie di risarcimento dei danni per occupazione acquisitiva), con commento di O. CARPARELLI.

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per la condanna

del Comune di San Maurizio Canavese al risarcimento del danno conseguente all’avvenuta occupazione acquisitiva di un terreno già di proprietà della dante causa della ricorrente;

(omissis)

FATTO

Con l’atto introduttivo del presente giudizio la società ricorrente ha esposto di avere acquistato da Ozella Maria Teresa due lotti di terreno in Comune di San Maurizio Canavese oggetto di procedimento espropriativo all’epoca pendente.

Il lotto censito a N.C.T. al foglio 6, mappale 344/p, che interessa in questa sede, era stato in particolare occupato in via d’urgenza in forza di D.P.G.R. 8 agosto 1978, n. 4862, seguito da successivo provvedimento di esproprio pronunciato con D.P.G.R. 14 marzo 1979, n. 2545.

Tale ultimo provvedimento venne impugnato dalla Ozella con ricorso a questo Tribunale e poi, in appello, al Consiglio di Stato.

La ricorrente, frattanto subentrata alla Ozella, propose quindi azione dinanzi alla Corte d’Appello di Torino per ottenere la determinazione dell’indennità di espropriazione.

La Corte d’Appello, dopo aver disposto consulenza tecnica volta alla quantificazione dell’indennità, con sentenza 30 gennaio 1997, n. 169, dichiarò prescritto il credito della ricorrente relativo al mappale 344/p.

Successivamente la IV Sezione del Consiglio di Stato, con decisione 16 aprile 1997, n. 396, accolse l’appello della Ozella, annullando definitivamente il decreto di esproprio.

La ricorrente, abbandonato il giudizio volto alla determinazione dell’indennità di esproprio, chiede ora pronunciarsi condanna a carico del Comune di San Maurizio Canavese per il risarcimento del danno da occupazione acquisitiva, nella misura stabilita dall’art. 5-bis L. 8 agosto 1992, n. 359, con l’esclusione della riduzione del 40% e con l’amento del 10%.

Il Comune di San Maurizio Canavese, costituitosi in giudizio, ha controdedotto al ricorso, eccependone l’inammissibilità.

Alla pubblica udienza del 18 dicembre 2002 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Nel presente giudizio la società ricorrente chiede il riconoscimento del credito da essa vantato nei confronti del Comune di San Maurizio Canavese in relazione all’avvenuta occupazione acquisitiva di un terreno da essa acquistato in pendenza dell’impugnazione del decreto di esproprio, successivamente annullato dal Consiglio di Stato.

Il Comune di San Maurizio Canavese eccepisce il difetto di giurisdizione di questo Tribunale, ma l’eccezione non può essere condivisa.

2. La domanda di risarcimento del danno proposta dal privato proprietario del fondo espropriato è infatti soggetta all’applicazione degli artt. 34 e 35 D.L. vo 30 marzo 1998 n. 80, nel testo originario, comunque poi confermato dall’art. 7 L. 21 luglio 2000 n. 205, intervenuta a colmare la lacuna determinatasi per effetto della sentenza Corte cost. 17 luglio 2000, n. 292.

L’art. 34 devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti ed i comportamenti delle Amministrazioni Pubbliche in materia urbanistica ed edilizia; il successivo art. 35 stabilisce che il giudice amministrativo, nelle controversie rimesse alla sua giurisdizione esclusiva, dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto.

Queste disposizioni trovano entrambe applicazione al caso di specie.

La materia urbanistica comprende, a sensi dell’art. 34 comma 2 «tutti gli aspetti dell'uso del territorio» e la giurisdizione del giudice amministrativo abbraccia, oltre alla cognizione degli atti e provvedimenti, anche i comportamenti delle Amministrazioni Pubbliche.

L’ultimo comma dell’art. 34 prevede, altresi, che nulla è innovato «in ordine alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa».

Da queste disposizioni si evince che la giurisdizione esclusiva non si arresta al giudizio di annullamento del provvedimento amministrativo e che si estende al sindacato sul rapporto tra privato ed Amministrazione nella sua portata più ampia, comprensivo anche dei comportamenti materiali. Perlomeno di quei comportamenti materiali che, come si preciserà in seguito, danno esecuzione o sono altrimenti collegati con il provvedimento.

È una logica ispirata al riparto della giurisdizione mediante individuazione di blocchi di materie, già osservata nel settore del pubblico impiego privatizzato e proseguita con l’assegnazione al giudice amministrativo della giurisdizione su pubblici servizi, urbanistica ed edilizia.

La nozione di urbanistica che ritaglia tale giurisdizione esclusiva è ampia al punto da assorbire tutti gli aspetti dell'uso del territorio.

Essa si estende ai procedimenti di esproprio, comprensivi sia della dichiarazione di pubblica utilità, sia degli atti di occupazione d’urgenza e relativi comportamenti esecutivi, come confermato da due argomenti entrambi decisivi, l'uno di carattere letterale e l’altro teleologico.

Il primo argomento è quello desunto dal comma 3 dell’art. 34, che espressamente sottrae alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di indennità derivanti da atti di natura espropriativa od ablativa.

Se il Legislatore ha avvertito l’esigenza di fare questa precisazione, è innegabile che avesse intenzione di assegnare alla materia urbanistica la latitudine necessaria a coprire anche il procedimento di espropriazione. Un disegno che, peraltro, appare razionale, perché distingue due settori ben precisi: da un lato la giurisdizione del g.a. sugli atti di espropriazione e sui comportamenti connessi, che è in chiara linea di continuità con il passato e col sindacato esercitato sui provvedimenti presi in materia dall'Amministrazione; dall’altro lato la giurisdizione del g.o., che risolve questioni di diritto soggettivo puro, pronunciandosi su indennizzi dipendenti da procedure di esproprio la cui legittimità non è comunque messa in discussione.

Il secondo argomento è quello che trae forza dai legami strettissimi che esistono tra la materia urbanistica e la materia dell’espropriazione. Cosi stretti che la scelta legislativa che avesse deciso di separarli affidandoli a giudici diversi sarebbe stata palesemente irrazionale: contraria sia all’esigenza di concentrazione e coordinamento di controversie tra loro collegate, sia all’esigenza primaria che sta a base della creazione di forme di giurisdizione esclusiva, volta ad impedire la difficoltà e la confusione che al cittadino potrebbero derivare da criteri insicuri di riparto della giurisdizione in settori cruciali.

Deve quindi concludersi che, in tutti i casi in cui esista una valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità dell’opera per la cui realizzazione sia stato promosso procedimento espropriativo conclusosi in un atto successivamente annullato, la cognizione della domanda di risarcimento danni per occupazione acquisitiva spetta al giudice amministrativo, investito di giurisdizione esclusiva in materia dalle disposizioni sopra citate (Cons. St., IV, 2 giugno 2000, n. 3177 e 9 luglio 2002, n. 3819).

3. Nel merito, il presupposto della domanda all’esame del Collegio è costituito dall’avvenuta accessione invertita dell’area per cui è causa, con acquisto della relativa proprietà da parte del Comune di San Maurizio Canavese.

L’area era stata dapprima occupata d’urgenza e poi, con D.P.G.R. 14 marzo 1979, n. 2545, espropriata in favore del Comune ai fini della realizzazione di un intervento di edilizia economica e popolare.

Il decreto di esproprio era stato impugnato con ricorso a questo Tribunale e poi, in appello, al Consiglio di Stato, che, con decisione Sez. VI, 16 aprile 1997, n. 396, lo ha annullato per illegittimità derivata da quella del presupposto programma di localizzazione dell’intervento (art. 51 L. 22 ottobre 1971, n. 865), risultato affetto da un vizio procedimentale.

È noto che il risarcimento degli interessi lesi dai provvedimenti illegittimi di esproprio ed occupazione era riconosciuto anche prima delle innovazioni introdotte dal D.L.vo 31 marzo 1988, n. 80 e dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, ritenendo la giurisprudenza che l’annullamento dell’atto illegittimo valesse ad eliminare l’effetto di degradazione del diritto di proprietà al rango di interesse legittimo oppositivo e che consentisse quindi la riespansione della posizione soggettiva alla dignità di diritto soggettivo, pienamente risarcibile in quanto tale.

Il risarcimento in forma specifica (riduzione in pristino dell’area mediante rimozione di quanto realizzato in base al titolo annullato) è notoriamente precluso nei casi in cui alla data dell’annullamento l’area stessa abbia subito una trasformazione irreversibile in conseguenza dell’ultimazione sostanziale dell’opera pubblica programmata, costituita dalla realizzazione di tutte le sue componenti essenziali, senza che sia a tal fine necessario il suo completamento per la sua effettiva destinazione a fini pubblici (Cons. St., Ad. Plen., 7 febbraio 1996, n. 1).

In deroga a tale principio, per gli interventi di edilizia residenziale pubblica, l’art. 3, comma 1 L. 27 ottobre 1988 n. 458 statuisce che «il proprietario del terreno utilizzato per finalità di edilizia pubblica, agevolata o convenzionata, ha diritto al risarcimento del danno causato da provvedimento espropriativo dichiarato illegittimo con sentenza passata in giudicato, con esclusione della retrocessione del bene».

La precisazione relativa all’esclusione della retrocessione del bene indica che, per gli interventi in discorso, l’accessione invertita si verifica comunque, anche se alla data di annullamento del decreto di esproprio l’opera non risulti ancora sostanzialmente ultimata (T.A.R. Puglia – Bari, II, 29 luglio 1993, n. 291).

La giurisprudenza ha dubitato della legittimità di siffatto trattamento preferenziale in relazione all’art. 42, commi 2 e 3 Cost., ma la questione è stata ritenuta infondata sul rilievo che «il legislatore, nel contrasto fra l’interesse dei proprietari dei suoli ad ottenerne, in caso di espropriazione illegittima, la restituzione e l’interesse pubblico realizzato con l’impiego dei predetti beni per finalità di edilizia residenziale pubblica, agevolata o convenzionata, ha dato prevalenza a que-st’ultimo interesse, (e che) siffatta scelta legislativa persegue una finalità, segnata da sicuri motivi d’interesse generale, compatibile con la disciplina dell’art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione, in quanto esplicazione concreta della funzione sociale della proprietà» (Corte cost., 31 luglio 1990, n. 384).

Nel caso in esame l’accessione invertita deve pertanto ritenersi pienamente verificata, per cui non è necessario accertare se alla data dell’annullamento del decreto di esproprio l’opera fosse o meno funzionalmente ultimata.

4. Da quanto appena esposto risulta quindi provata la configurabilità del diritto della ricorrente al risarcimento del danno, conseguente all’avvenuta perdita di proprietà del fondo in questione per accessione invertita.

Quanto alla determinazione del relativo importo, deve innanzi tutto rilevarsi come il citato art. 3 L. 27 ottobre 1988, n. 458 non abbia stabilito alcun criterio speciale in materia, essendosi limitato a precisare, al suo secondo comma, che «oltre al risarcimento del danno spettano le somme dovute a causa della svalutazione monetaria e le ulteriori somme di cui all’art. 1224, secondo comma del codice civile, a decorrere dal giorno dell’occupazione illegittima».

La materia resta perciò regolata dai principi generali, che notoriamente prevedono due diversi criteri di risarcimento, a seconda che si tratti di occupazione appropriativa (regolata dall’art. 3, comma 65 L. 23 dicembre 1996 n. 662, che ha aggiunto un comma 7-bis all’art. 5-bis L. 8 agosto 1992 n. 359), ovvero di occupazione usurpativa (che comporta il ragguaglio del risarcimento al pieno valore venale del bene).

Secondo la giurisprudenza, l’occupazione usurpativa è configurabile quando manchi completamente o venga a mancare successivamente la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, così che il fenomeno risulti del tutto estraneo alla materia espropriativa, rientrando fra i comuni fatti illeciti, appunto integralmente risarcibili in applicazione dell’art. 2043 del codice civile.

In tale ipotesi l’acquisizione del bene alla mano pubblica non consegue infatti automaticamente (com’è nel caso dell’occupazione appropriativa) all’irreversibile trasformazione di esso, ma è logicamente e temporalmente successiva, e dipende da una scelta del proprietario usurpato che, rinunciando implicitamente al diritto dominicale, opta per una tutale (integralmente) risarcitoria in luogo della (pur possibile) tutela restitutoria (Cass., I civ., 28 marzo 2001, n. 4451; Cass., I civ., 12 dicembre 2001, n. 15687).

Nel caso in esame occorre considerare che, per quanto la dichiarazione di pubblica utilità fosse stata adottata con l’approvazione del programma di localizzazione ex art. 51 L. 22 ottobre 1071, n. 865, tale provvedimento è stato successivamente annullato dal Consiglio di Stato per vizio procedimentale.

In conseguenza di tale pronuncia, l’acquisto dell’area da parte del Comune è risultato del tutto estraneo a qualsiasi procedimento espropriativo (retroattivamente rimosso dal mondo del diritto), per cui non si è realizzato il fenomeno dell’occupazione appropriativa, bensi un illecito permanente, generatore di danno, per la liquidazione del quale è inapplicabile l’art. 5-bis, comma 7-bis L. 8 agosto 1992 n. 359, dovendosi invece osservare la regola generale della integralità della riparazione (Cass., I civ., 30 gennaio 2001, n. 166; Cass., I civ., 3 aprile 2002, n. 4765).

Né vale obiettare che nel caso in esame tale risarcimento non ha carattere alternativo a quello in forma specifica, comunque precluso dall’art. 3 L. 27 ottobre 1988, n. 458.

Tale ultima disposizione ha infatti carattere speciale e non vale a derogare al principio generale per cui è occupazione usurpativa (e non appropriativa) quella che si verifica in assenza (originaria o sopravvenuta) della dichiarazione di pubblica utilità.

L’opinione opposta condurrebbe del resto a risarcire in misura diversa danni derivanti da fatti lesivi identici, a seconda della natura dell’opera illecitamente realizzata (in pratica, per gli interventi di edilizia residenziale pubblica, l’occupa-zione usurpativa ed il conseguente risarcimento integrale non si realizzerebbero mai, comunque agisca l’Amministrazione): conclusione che è evidentemente contrastante con i principi di parità di trattamento, di buona amministrazione e di tutela della proprietà privata posti dagli artt. 3, 97 e 42 della Costituzione, e come tale deve essere evitata.

5. Il danno dovrà pertanto essere risarcito nelle sua integrità e la somma dovuta dovrà perciò essere ragguagliata al valore venale del bene perduto.

Quanto alla data di riferimento per la quantificazione di tale valore, pare al Collegio che essa debba essere fatta risalire a quella dell’occupazione d’urgenza, come comprovato dal disposto del secondo comma dell’art. 3 L.27 ottobre 1988, n. 458, che fa decorrere appunto da tale momento il diritto alla rivalutazione monetaria ed alle ulteriori somme di cui all’art. 1224 del codice civile.

A tale proposito non pare possa attribuirsi rilievo al fatto che, a quella data, il fondo necessariamente non aveva ancora subìto nessuna trasformazione irreversibile: poiché il risarcimento in forma specifica (e cioè la riapprensione del fondo stesso e la demolizione di quanto realizzato senza titolo) è comunque precluso dal momento in cui il fondo stesso è irreversibilmente trasformato, l’esclusio-ne della possibilità di "retrocessione" prevista dall’art. 3 L. 27 ottobre 1988, n. 458 acquista significato solo se intesa come deroga ad un principio generale.

Ed infatti, se tale esclusione fosse destinata a valere soltanto dal momento in cui il fondo è irreversibilmente trasformato, la norma sarebbe inutile, posto che in tale momento si verificherebbe comunque l’accessione invertita in base ai principi generali, che già di per sé ha effetto preclusivo della riapprensione da parte del proprietario danneggiato.

Non resta perciò che interpretare la norma nel senso sopra accennato, leggendola nel senso che, in caso di interventi di edilizia residenziale pubblica, la "retrocessione" (rectius: il risarcimento in forma specifica) è precluso anche prima della trasformazione irreversibile del fondo.

Ma in tal caso tale preclusione opera necessariamente fin dall’inizio ed ha effetto fin dall’apprensione del fondo da parte della Pubblica Amministrazione, ossia - almeno di regola – dalla data del decreto di occupazione d’urgenza.

Se però da quella stessa data il privato perde il diritto di ottenere il risarcimento in forma specifica (conservando solo il diritto al risarcimento per equivalente), deve concludersi che essa segna necessariamente anche il momento in cui sono avvenuti la perdita della proprietà del fondo ed il relativo acquisto in capo al-l’Amministrazione.

Di conseguenza, ove tale fatto sia inquadrabile in un’ipotesi di usurpazione acquisitiva di un bene destinato ad un intervento di edilizia residenziale pubblica, questa si verifica necessariamente alla stessa data dell’occupazione d’urgenza e con riferimento ad essa deve appunto essere quantificato il valore del bene perduto da porsi a base del risarcimento (T.A.R. Calabria – Catanzaro, I, 6 marzo 2002, n. 531).

6. Il risarcimento richiesto dalla ricorrente deve pertanto essere commisurato al pieno valore venale dell’area in questione (il mappale 344/p), calcolato alla data dell’acquisto della relativa proprietà da parte del Comune, che, per le ragioni più sopra esposte, deve essere fatta risalire a quella dell’occupazione d’urgenza (8 agosto 1978).

La somma risultante deve poi essere aggiornata a norma del citato art. 3 L. 27 ottobre 1988, n. 458, al fine della necessaria attualizzazione dell’espressione monetaria del debito, sulla base dell’inflazione monetaria sopravvenuta fino alla data della presente decisione, mentre gli interessi compensativi al tasso legale (finalizzati a risarcire il pregiudizio derivante dalla mancata disponibilità immediata del denaro), devono essere calcolati, con riferimento al medesimo periodo, non sul suddetto importo rivalutato, ma, anno per anno, sul valore della somma via via rivalutata – sulla base degli indici annuali medi di svalutazione – nell’arco di tempo compreso tra l’evento dannoso e la liquidazione (Cass., I civ., 5 agosto 1997, n. 7192; Cass., I civ., 3 gennaio 1998, n. 13; Cass., I, civ. 19 aprile 2002, n. 5728).

Non può invece essere riconosciuto l’ulteriore maggior danno di cui all’art. 1224 cod. civ., non avendone la ricorrente provato (né dedotto) la sussistenza.

7. Quanto alla liquidazione, il Collegio ritiene che – stante anche l’espressa domanda della ricorrente in tal senso - possa utilizzarsi il particolare procedimento previsto dall’art. 35, comma 2 D.L.vo 31 marzo 1998, n. 80.

In applicazione di tale disposizione, il Collegio affida la determinazione dell’im-porto dovuto, da liquidarsi alla luce dei criteri sopra esposti (valore venale del mappale 344/p alla data dell’8 agosto 1978, rivalutato ad oggi, ed interessi compensativi come sopra calcolati) al Responsabile del Servizio Agricoltura della Regione Piemonte.

A tal fine dovrà essere seguito il procedimento di seguito delineato:

- entro 20 giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza, la società ricorrente fornirà al Comune di San Maurizio Canavese copia di tutta la documentazione in suo possesso, utile per la valutazione in argomento;

- entro i successivi 20 giorni, decorrenti dalla scadenza del termine precedente, il Comune di San Maurizio Canavese trasmetterà al Responsabile del Servizio Agricoltura della Regione Piemonte detta documentazione, oltre a quella che ritenga di fornire di propria iniziativa, utile allo stesso scopo;

- entro i successivi 40 giorni, decorrenti dalla scadenza del termine precedente, il Responsabile del Servizio Agricoltura della Regione Piemonte redigerà la stima del risarcimento e ne darà comunicazione alle parti;

- entro i successivi 20 giorni, decorrenti dalla scadenza del termine precedente, il Comune presenterà alla società ricorrente la proposta di risarcimento, che potrà anche prevedere una rateazione del debito per non oltre tre anni, nel qual caso l’importo offerto dovrà essere aumentato degli ulteriori interessi sulla somma rivalutata ad oggi, calcolati al tasso legale e ripartiti secondo gli ordinari criteri contabili.

8. Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte - Sezione I - definitivamente pronunciandosi sul ricorso di cui in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, dichiara il diritto della ricorrente al risarcimento del danno da occupazione usurpativa in misura pari al valore venale del bene alla data dell’occupazione d’urgen-za, aumentato della rivalutazione monetaria e degli interessi, calcolati secondo i criteri di cui in motivazione.

Dispone che la relativa liquidazione venga eseguita a sensi dell’art. 35, comma 2 D.L.vo 31 marzo 1998, n. 80, secondo il procedimento pure delineato in motivazione.

Condanna il Comune di San Maurizio Canavese, in persona del Sindaco in carica, a rifondere in favore della società ricorrente le spese di giudizio nella misura di complessivi € 1.400,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Torino il 18 dicembre 2002 con l’intervento dei magistrati:

Alfredo Gomez de Ayala - Presidente

Bernardo Baglietto - I^ Referendario Estensore

Cecilia Altavista - Referendario

Il Presidente L’Estensore

f.to Gomez de Ayala f.to Baglietto

Il Direttore di Segreteria  Depositata in Segreteria a sensi di

f.to Cerrato Soave Legge il 21 dicembre 2002

Il Direttore della Sezione

f.to Cerrato Soave

Depositata il 21 dicembre 2002

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