CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 23 novembre 2002 n. 6440 - Pres. Riccio, Est. Carinci - S.A.P.E.C. S.p.A. (Avv.ti Cancrini e Piselli) c. RU.ME.FA. S.r.l. (Avv. D'Alessandro) ed Istituto Autonomo Case Popolari di Ravenna (Avv.ti Carullo, Belli e Clarizia) - (conferma T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, Sez. II, sent. 4 febbraio 2002, n. 280).
1. Giustizia amministrativa - Appello - Notifica - Necessità - Sussiste solo per le parti che sono controinteressate rispetto all'appello.
2. Giustizia amministrativa - Appello - Notifica - Nel caso di appello proposto da un soggetto che rivestiva, nel giudizio di primo grado, la posizione di controinteressato - Notifica agli altri soggetti che, nel medesimo giudizio, rivestivano pure la posizione di controinteressati - Non occorre.
3. Giustizia amministrativa - Appello - Generalità - Riproposizione delle stesse censure proposte in primo grado - Impossibilità.
4. Contratti della P.A. - Gara - Cauzione - Mediante polizza fideiussoria rilasciata da istituto finanziario iscritto nell'elenco ex art. 106 del D.Lgs. n. 385/1993 - Esclusione - Legittimità.
5. Contratti della P.A. - Bando - Applicazione - Prevalenza del criterio formale su quello teleologico - Potere discrezionale della P.A. di apprezzare i requisiti dei soggetti partecipanti alla gara - Nel caso in cui il bando preveda tali requisiti in modo puntuale - Impossibilità.
6. Contratti della P.A. - Gara - Rispetto delle norme sui disabili previste dalla L. n. 68/1999 - Dichiarazione del legale rappresentante dell'impresa - Nel caso in cui il bando non contenga alcuna specifica prescrizione - Sufficienza -Nel caso in cui il bando prescriva la produzione di apposita certificazione - Insufficienza.
1. L'appello va notificato solo alle parti del giudizio di primo grado che siano controinteressate rispetto al suo accoglimento (1).
2. I soggetti controinteressati in primo grado, che siano pregiudicati dalla sentenza di annullamento di un atto amministrativo che era ad essi favorevole, assumono in appello la veste di parte cointeressata alla riforma della sentenza e ben possono impugnare autonomamente la pronuncia a loro sfavorevole (2). Va ritenuto conseguentemente che l'appello, allorchè sia proposto da un soggetto che in primo grado era controinteressato, non vada notificato agli altri soggetti che, nel medesimo giudizio, assumevano la veste di controinteressati e che pertanto, rispetto all'appello, sono da considerare dei cointeressati.
3. Il ricorso in appello non può consistere nella mera riproposizione delle censure che hanno costituito oggetto del giudizio di primo grado, senza una specifica contestazione delle argomentazioni che sorreggono la decisione impugnata (3).
4. Una impresa partecipante ad una gara per l'aggiudicazione di un contratto con la Pubblica amministrazione non può presentare, a titolo di cauzione, una fideiussione rilasciata da un istituto finanziario iscritto nell'elenco tenuto dal Ministero del Tesoro ai sensi dell'art. 106 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385, non sussistendo equiparazione tra istituti iscritti ai sensi di tale articolo e quelli iscritti ai sensi dell'art. 107 dello stesso decreto (4).
5. In relazione al principio dell'imperatività del provvedimento amministrativo, nell'applicazione dei bandi di gara il criterio teleologico recede di fronte al criterio formale (5), e qualora l'Amministrazione abbia autolimitato - tramite il bando stesso - la propria volontà, fissando specifici requisiti e condizioni di partecipazione alla gara, non residua alcun ambito di discrezionalità in ordine alla scelta di ammissione nel caso gli stessi non rispondano alle modalità fissate.
6. Ai fini dell'osservanza dell'obbligo di cui all'art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68, sull'assunzione dei lavoratori disabili, in mancanza di apposita norma del bando, l'autodichiarazione rilasciata in sede di gara dall'impresa è da ritenere sufficiente ai fini della partecipazione, mentre solo la vincitrice è tenuta a presentare la prevista attestazione in sede di stipulazione del contratto (6). Tali principio, tuttavia, non è applicabile nel caso in cui, con apposita clausola inserita nel bando o nel disciplinare di gara, sia stato espressamente richiesto, a pena di esclusione, che le imprese debbono produrre, già in sede di partecipazione alla gara, apposita certificazione di cui all'art. 17 della legge n. 68/99 dalla quale risulti l'ottemperanza alle norme della suddetta legge.
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(1) Cons. Stato, Sez. IV, 25 marzo 1996, n. 403.
(2) Cons. Stato, Ad.Plen., 29 ottobre 1980, n. 39; Sez. VI, 16 novembre 2000, n. 6118; Sez. VI, 28 ottobre 1999, n. 1593.
(3) Cons. Stato, Sez. V, 30 marzo 1998, n. 386; Sez. IV, 13 novembre 1995, n. 932.
(4) Cfr. da ult., Cons. Stato, Sez. V, 31 gennaio 2001, n. 355, in questa Rivista n. 1-2001.
Alla stregua del principio nella specie la Sez. V ha ritenuto legittima l'esclusione dalla gara di una ATI che, in violazione del bando, aveva prodotto una fideiussione rilasciata da un Istituto di intermediazione finanziaria iscritto nell'apposito elenco di cui all'art. 106 del citato decreto, che richiede condizioni e requisiti diversi rispetto all'iscrizione prevista dal successivo articolo, non assumendo in proposito rilievo che l'interessata avesse accompagnato la fideiussione con apposita autocertificazione, con l'espressa dichiarazione che il documento rientrava nell'applicazione dell'art. 107 dello stesso decreto.
In ogni caso, l'art. 8 del bando di gara richiedeva esplicitamente, nel caso la ditta concorrente avesse scelto la via della presentazione della fideiussione, che questa dovesse essere rilasciata "dagli intermediari finanziari di cui all'elenco speciale ex art. 107 del D.Lgs. 385/99 autorizzati dal Ministero del Tesoro", clausola che, come si rilevava dal punto 9) del disciplinare, era stata fissata a pena di esclusione.
(5) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 7 settembre 1995, n. 1227; 13 febbraio 1993, n. 250.
(6) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 17 aprile 2002, n. 2020, in questa Rivista n. 4-2002.
Nella specie la Sez. V ha rilevato che il bando di gara stabiliva, con una specifica clausola, che le concorrenti dovevano presentare non una dichiarazione del legale rappresentante, bensì di una certificazione, con la precisazione, peraltro, che l'atto doveva essere di data non anteriore a quella di pubblicazione del bando.
In tal caso risultava applicabile pertanto la generale regola secondo cui, a fronte di una clausola la cui osservanza è stata stabilita a pena di esclusione, assume prevalenza il principio dell'imperatività del provvedimento amministrativo, con la conseguenza che la dichiarazione presentata nella specie dall'ATI appellante non poteva considerarsi esaustiva rispetto alla clausola del bando, e la concorrente, quindi, andava esclusa dalla gara.
Sulla polizza fideiussoria necessaria per la costituzione della cauzione v. in precedenza in questa Rivista:
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 15 settembre 2001 n. 4831
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 31 gennaio 2001 n. 355
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 25 marzo 2002 n. 1683
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 14 maggio 2001 n. 2645
TAR SICILIA-PALERMO, SEZ. II - Sentenza 11 febbraio 2002 n. 425
Sulla dichiarazione circa il rispetto delle norme sui disabili v.:
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 6 luglio 2002 n. 3733
TAR LAZIO, SEZ. III - Sentenza 31 maggio 2002 n. 5055
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 17 aprile 2002 n. 2020
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 2 aprile 2002 n. 1806
FATTO
Con ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo per l'Emilia Romagna, la società a r.l. RU.ME.FA. ha impugnato gli atti e l'aggiudicazione definitiva dell'asta pubblica indetta dall'Istituto Autonomo Case Popolari di Ravenna per l'appalto dei lavori relativi alla costruzione di un complesso edilizio di 48 alloggi, con importo a base d'asta di L. 7.006.528.457.
Parte ricorrente esponeva che alla gara erano state ammesse due associazioni temporanee - la FMS Costruzioni a r.l. con la EDILIT s.r.l, e la Coop. General Costruzioni a r.l. con la Progresso e Lavoro - che avrebbero dovuto essere escluse. In tal modo si sarebbe avuta una media finale che l'avrebbe vista aggiudicataria.
Il Tribunale amministrativo, dopo aver disposto l'integrazione del contraddittorio, ha ritenuto fondato il ricorso e lo ha accolto, come da dispositivo pubblicato in data 25 gennaio 2002. La sentenza, pubblicata il 4 del mese successivo, ha evidenziato l'annullamento dell'ammissione alla gara delle ATI capeggiate, rispettivamente, dalla FSM Costruzioni e dalla Cooperativa Generali Costruzioni; l'annullamento dell'esclusione della RU.ME.FA. S.r.l (la cui offerta era stata ritenuta anomala dall'Amministrazione); e l'annullamento dell'aggiudicazione disposta a favore della S.A.P.E.C. S.p.A.
Quest'ultima non ha condiviso la decisione e l'ha impugnata con appello notificato in data 20 febbraio 2002 e depositato il 25 dello stesso mese. Nel gravame ha dedotto i seguenti motivi.
1) Error in judicando. In via pregiudiziale e assorbente, inammissibilità/improcedibilità del ricorso, per sopravvenuto difetto di interesse, in ragione della mancata impugnazione del provvedimento di aggiudicazione della gara: la società RU.ME.FA. ha mancato di estendere l'impugnativa al provvedimento di aggiudicazione depositato in giudizio in data 26 ottobre 2001, atto divenuto ormai inoppugnabile, e non può attribuirsi alcun rilievo alla clausola di stile formulata nel gravame, non idonea a determinare con precisione il thema decidendum. Trattandosi di provvedimento sopravvenuto e connesso, erano ammessi, semmai, motivi aggiunti, che però non sono stati proposti.
2) Error in judicando. Ancora in via pregiudiziale sull'inammissibilità/improcedibilità dell'impugnativa per carenza di interesse: una effettiva utilitas per la ricorrente poteva derivare unicamente dalla esclusione dalla gara di entrambe le Associazioni temporanee contestate. Pur essendo evidente l'infondatezza delle censure a tal proposito sollevate, il Tribunale amministrativo è sicuramente incorso in errore, non avendo dato debito rilievo a tale dirimente circostanza.
3) Error in judicando. Infondatezza nel merito delle doglianze formulate dalla RO.ME.FA., poichè l'ammissione alla gara dei due Raggruppamenti contestati si appalesa pienamente legittima, per i motivi appresso evidenziati.
A - Per quanto riguarda la fideiussione prodotta dall'ATI General Costruzioni e Progresso e Lavoro, secondo le previsioni dell'art. 8 del bando, va considerato che il documento è stato rilasciato dal Consorzio Nazionale Coopercredito Soc. Coop. a.r.l., insieme ad autocertificazione contenente l'espressa dichiarazione che le fideiussioni rilasciate da tale ente ai propri associati rientrano nell'applicazione dell'art. 107 del T.U. 385/93. Il che sta a indicare che la polizza prodotta è senz'altro idonea ad assicurare l'ammissione dell'Associazione alla gara. In ogni caso, la giurisprudenza ha più volte precisato che tra gli abilitati a rilasciare fideiussioni a garanzia dell'esatta esecuzione di opere pubbliche vanno annoverati anche gli intermediari di cui all'art. 106 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385. Priva di fondamento si appaleserebbe, inoltre, la contestazione riferita alla mancata presentazione delle referenze bancarie da parte dell'impresa mandante, atteso che l'art. 31 del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, non ne fa alcuna richiesta. Né il bando richiede che le garanzie debbano essere prodotte da ciascuna delle imprese partecipanti al Raggruppamento.
B - Per quanto concerne la posizione dell'ATI costituita FMS Costruzioni ed EDILIT, non sussiste violazione dell'art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68. La documentazione richiesta da tale articolo è diretta ad assicurare l'osservanza degli obblighi di assunzione dei disabili, e i due documenti ivi previsti integrano due distinti adempimenti afferenti a momenti diversi della procedura. Per la partecipazione alla gara era sufficiente la presentazione della sola autocertificazione, poichè l'attestato certificativo rileva solo nella fase costitutiva del rapporto contrattuale. Non potrebbe essere trascurato, peraltro, che la capogruppo dell'Associazione occupa meno di 15 dipendenti, e non era perciò tenuta a osservare l'onere in questione. La EDILIT, per giunta, ha dimostrato di essere in possesso del documento, di talchè l'eventuale incompletezza in sede di gara rileverebbe solo come mera carenza formale, sanabile in ogni momento.
Con atto depositato in data 25 marzo 2002 si è costituito in giudizio l'Istituto Autonomo delle Case Popolari di Ravenna.
A seguito dell'avvenuta pubblicazione della sentenza, la società S.A.P.E.C. ha notificato, in data 8 aprile 2002, nuovo atto con cui ha nuovamente esposto tutti i motivi di gravame, ribadendo, in sostanza, quanto in precedenza dedotto, con ulteriori più ampie argomentazioni.
Con atto depositato in data 8 aprile 2002 si è costituita in giudizio la società RU.ME.FA. che ha chiesto il rigetto dell'appello, con ogni conseguenziale statuizione.
L'appellata ha ribadito le tesi già esposte nel giudizio di primo grado, osservando, in relazione alle censure di controparte, che gli ambiti previsionali degli artt. 106 e 107 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385, sono del tutto diversi e, conseguentemente, la fideiussione prodotta dall'ATI General Costruzioni/Progresso si appalesa insufficiente a giustificare la sua ammissione alla gara, in considerazione anche delle specifiche previsioni contenute nel bando. La stessa sostiene altresì che le referenze bancarie dovevano essere presentate da ambedue le imprese costituenti l'ATI; e che l'osservanza dell'obbligo di cui all'art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68, sull'assunzione dei lavoratori disabili, andava necessariamente documentata in sede di gara da apposita certificazione e non tramite autodichiarazione.
Con memoria del 30 aprile 2002, l'Istituto Autonomo Case Popolari di Ravenna ha espresso piena adesione alle censure di parte appellante. Ha insistito sulla mancata impugnazione, nel ricorso di primo grado, dell'atto di aggiudicazione definitiva della gara, il che rivelerebbe l'improcedibilità dell'impugnativa. Ha contestato, quindi, le tesi accolte dal Tribunale amministrativo, ribadendo la piena legittimità dell'operato della Commissione nell'ammettere alla gara di appalto le due Associazioni contestate dalla originaria ricorrente, in quanto le stesse sarebbero provviste di tutti i requisiti richiesti.
Con memoria depositata in data 7 maggio 2002, la società RU.ME.FA ha ulteriormente illustrato le proprie tesi e ha altresì contestato l'ammissibilità dell'appello, in quanto non conterrebbe alcuna contestazione volta a censurare direttamente la sentenza e le valutazioni svolte dal giudice a quo. Ha inoltre eccepito la mancata notifica del gravame a tutte le parti evocate nel giudizio di primo grado, e sostiene che i rilievi di inammissibilità/improcedibilità svolti con riferimento al giudizio di primo grado sono da ritenere del tutto inconsistenti. Ha ribadito la correttezza delle argomentazioni svolte dal Tribunale amministrativo e la sicura fondatezza delle doglianze fatte valere, e ha riproposto, infine, la censura sollevata in primo grado - e in tale sede dichiarata assorbita - con cui aveva contestato violazione e falsa applicazione dell'art. 18 del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, e della pertinente previsione del bando di gara.
Anche la società appellante ha illustrato ulteriormente i motivi posti a fondamento del gravame. Con l'apposita memoria depositata in data 7 maggio 2002 si è richiamata a tutte le argomentazioni svolte e ai più recenti orientamenti giurisprudenziali. Si è soffermata, in particolare, sull'onere documentale posto dalla normativa sull'assunzione dei disabili e su ciò che concerne la produzione delle referenze bancarie, oneri che non sarebbero stati tutti osservati.
In data 1° giugno 2002 la società RU.ME.FA. ha depositato ulteriore memoria con la quale è tornata a illustrare le sue tesi difensive, insistendo nelle conclusioni già rassegnate.
Con ulteriore memoria depositata in data 4 giugno 2002 la società S.A.P.E.C. si è richiamata a recenti decisioni giurisprudenziali, e ha insistito nella richiesta di accoglimento dell'appello.
La causa è stata discussa all'udienza dell'11 giugno 2002 ed il Collegio se ne è riservata la decisione.
D I R I T T O
Come esposto in narrativa, costituisce oggetto dell'appello in esame la decisione con la quale il Tribunale amministrativo di Bologna, in accoglimento del ricorso proposto dalla società RU.ME.FA., ha annullato, in parte qua, gli atti dell'asta pubblica indetta dall'Istituto Autonomo Case Popolari di Ravenna e la conseguente aggiudicazione disposta in favore della società S.A.P.E.C..
In linea preliminare deve prendersi in considerazione l'eccezione con la quale la società RU.ME.FA., appellata nel presente giudizio, ha eccepito l'inammissibilità del gravame in quanto non conterrebbe motivi volti a contestare specificamente la sentenza di primo grado e le valutazioni svolte dal giudice a quo.
L'eccezione è infondata.
Il Collegio non ignora l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui il ricorso in appello non può consistere nella mera riproposizione delle censure che hanno costituito oggetto del giudizio di primo grado, senza contestazione delle argomentazioni che sorreggono la decisione impugnata (Cons. St., Sez. V, n. 386 del 30.3.1998; Sez. IV, n. 932 del 13.11.1995). Il caso non ricorre, però, nella situazione in esame, in cui le argomentazioni svolte e i motivi sollevati, provenendo da parte controinteressata nel giudizio di primo grado e mirando a ripristinare la validità e la correttezza degli atti assunti dall'Amministrazione, non potevano che essere diretti avverso la sentenza impugnata.
Come si riscontra dagli atti del giudizio, la società S.A.P.E.C. ha prima impugnato il dispositivo della pronuncia del TAR, con atto notificato in data 20 febbraio 2002; poi, pubblicata la sentenza, ha notificato nuovo atto, in data 3 e 4 aprile 2002, riproponendo gli stessi motivi, sia pure più ampiamente articolati.
In entrambi i casi la stessa ha svolto argomentazioni chiaramente dirette a contestare la decisione del Tribunale amministrativo, ritenuta carente in punto di fatto e in punto di diritto, nonché inficiata per mancata osservanza di norme processuali, come chiaramente si rileva dai motivi esposti e da diversi passaggi contenuti negli atti di gravame. L'eccezione dell'appellata si rivela, perciò, chiaramente inconsistente.
La stessa società ha eccepito anche l'improcedibilità dell'attuale ricorso, siccome non notificato ai soggetti nei cui confronti era stato esteso il contraddittorio in primo grado.
L'eccezione si appalesa irrilevante.
E' noto che nel giudizio d'appello sono legittimi contraddittori tutte le parti necessarie del giudizio di primo grado, ancorchè nello stesso non costituite (Cons. St., Sez. IV, n. 365 del 25.3.1996). Allorquando l'appello viene proposto sussiste, però, obbligo di notifica solo alle parti del giudizio di primo grado che siano controinteressate rispetto al suo accoglimento (Cons. St., Sez. IV, n. 403 del 25.3.1996); ma una tale situazione non si rileva nei confronti dei quattro soggetti cui si riferisce l'appellata, anche se sono stati presenti nel giudizio di primo grado.
Invero, la giurisprudenza ha ripetutamente affermato che i soggetti controinteressati in primo grado, che siano pregiudicati dalla sentenza di annullamento di un atto amministrativo che era a essi favorevole, assumono, in appello, la veste di parte cointeressata alla riforma della sentenza, e ben possono impugnare autonomamente la pronuncia a loro sfavorevole (Ad.Pl. n. 39 del 29.10.1980; Sez. VI, n. 6118 del 16.11.2000; Sez. VI, n. 1593 del 28.10.1999). E' quindi pacifico che il soggetto che propone il gravame in appello non è tenuto a notificarlo, sulla base di tale indirizzo, a coloro che rivestono - come si rileva nel caso in esame - posizione di cointeressati.
Con il primo motivo, la società S.A.P.E.C. sostiene che il Tribunale amministrativo sia incorso in errore non avendo rilevato l'inammissibilità/improcedibilità del ricorso di primo grado, perché la ricorrente non aveva provveduto a impugnare, in quella sede, nemmeno mediante la proposizione di motivi aggiunti, l'aggiudicazione definitiva della gara, atto intervenuto dopo la proposizione del ricorso e a lei noto per lo meno dal 26 ottobre 2001, data del deposito in giudizio.
Il Collegio non condivide l'assunto.
Non può essere ignorato che l'impugnazione proposta dalla società RU.ME.FA. - nei cui confronti è indirizzato l'appunto - trae origine dalla determinazione assunta dalla Commissione di gara di escludere la concorrente dal procedimento concorsuale, in quanto l'offerta da essa formulata è stata ritenuta anomala in relazione alla media delle offerte ammesse, ivi comprese quelle delle ATI capeggiate, rispettivamente, dalla FMS Costruzioni a r.l. e Coop. General Costruzioni a r.l. (che il TAR ha ritenuto, invece, dovessero essere escluse), tenuto conto del sistema automatico di calcolo previsto dal comma 1/bis dell'art. 21 della legge 11 febbraio 1994, n. 109.
La posizione di soggetto escluso è sufficiente, a parere del Collegio, a legittimare la società a impugnare gli atti della gara in modo autonomo dall'aggiudicazione definitiva, in considerazione della lesione diretta e immediata prodotta nei suoi confronti, con possibili effetti caducanti del provvedimento conclusivo del procedimento.
In ogni caso, va osservato che l'aggiudicazione definitiva della gara in argomento è intervenuta con delibera dell'A.C.E.R. 6 settembre 2001, comunicata alla società S.A.P.E.C. il 24 dello stesso mese, prima, cioè, della proposizione del ricorso notificato in data 27 settembre/1° ottobre 2001 e depositato l'8 di quest'ultimo mese (anche se la stessa aggiudicazione non era nota alla ricorrente nei suoi estremi). Non vi è ragione di ritenere, perciò, che il ricorso non fosse proposto, oltre che avverso l'aggiudicazione provvisoria, anche contro l'aggiudicazione definitiva, il cui annullamento, peraltro, è stato esplicitamente richiesto dalla ricorrente in primo grado. Non può quindi ritenersi che questa non avesse interesse alla decisione del gravame.
Con il secondo motivo l'appellante osserva che un'effettiva utilitas, per la ricorrente in primo grado, poteva derivare unicamente dall'esclusione dalla gara di entrambe le Associazioni temporanee di cui, nel gravame, era stata contestata l'ammissibilità. Pur essendo evidente l'infondatezza delle censure a tal proposito sollevate, il Tribunale amministrativo sarebbe incorso in errore, laddove non ha dato debito rilievo a tale dirimente circostanza che conduceva all'inammissibilità del ricorso.
Il rilievo non assume consistenza.
Il Tribunale amministrativo non poteva ritenere che non sussisteva interesse al ricorso, sulla base di una presunta infondatezza - anche con riferimento a una soltanto delle due associazioni concorrenti - delle censure con cui la società RU.ME.FA. aveva contestato l'ammissione delle stesse alla gara. E' indubbio che occorreva prima verificare nel merito la reale consistenza delle censure sollevate e poi stabilire, all'esito del giudizio, se permaneva, per la ricorrente, l'interesse a coltivare l'impugnativa.
Con il terzo motivo, l'appellante ha dedotto censure dirette a contestare la decisione del Tribunale amministrativo, che avrebbe errato nel ritenere non ammissibili all'asta le offerte presentate dalle ATI General Costruzioni e la Progresso e dalla FMS Costruzioni a r.l. e l'EDILIT.
Nei riguardi della prima, sostiene, in particolare, che la fideiussione prodotta in sede di gara andava certamente ritenuta rispondente ai requisiti richiesti, in quanto, sebbene rilasciata dal Consorzio Nazionale Coopercredito Soc. Coop. A r.l. - ente iscritto nell'elenco di cui all'art. 106 del D. Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 - è stata abbinata ad autocertificazione, con l'espressa dichiarazione che in tali termini il documento rientrava nell'applicazione dell'art. 107 dello stesso decreto. In ogni caso - ha aggiunto - la giurisprudenza ha più volte precisato che tra gli abilitati a rilasciare fideiussioni a garanzia dell'esatta esecuzione delle opere pubbliche vanno annoverati anche gli intermediari di cui all'art. 106 del citato decreto.
Il Collegio non condivide l'assunto.
La giurisprudenza di questo Consiglio ha più volte affermato che l'impresa partecipante a una gara per l'aggiudicazione di un contratto con la Pubblica amministrazione non può presentare, a titolo di cauzione, una fideiussione rilasciata da un istituto finanziario iscritto nell'elenco tenuto dal Ministero del Tesoro ai sensi dell'art. 106 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385, non sussistendo equiparazione tra istituti iscritti ai sensi di tale articolo e quelli iscritti ai sensi dell'art. 107 dello stesso decreto (tra le ultime, Cons. St., n. 355 del 31.1.2001).
E' pacifico che la fideiussione prodotta dall'ATI in questione è stata rilasciata da un Istituto di intermediazione finanziaria iscritto nell'apposito elenco di cui all'art. 106 del citato decreto, che richiede condizioni e requisiti diversi rispetto all'iscrizione prevista dal successivo articolo; e non assume rilievo che l'interessata abbia accompagnato la fideiussione con apposita autocertificazione, con l'espressa dichiarazione che il documento rientrava nell'applicazione dell'art. 107 dello stesso decreto. In ogni caso, l'art. 8 del bando di gara richiedeva esplicitamente, nel caso la ditta concorrente sceglieva la via della presentazione della fideiussione, che questa dovesse essere rilasciata "dagli intermediari finanziari di cui all'elenco speciale ex art. 107 del D.Lgs. 385/99 autorizzati dal Ministero del Tesoro", clausola che, come si rileva dal punto 9) del disciplinare, era stata fissata a pena di esclusione.
E' noto l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui nelle gare per l'aggiudicazione di pubblici contratti, le prescrizioni sulle formalità di presentazione delle offerte sono volte a dare rilevanza all'interesse dell'Amministrazione e a garantire la parità dei concorrenti. E' altresì noto, in relazione al principio dell'imperatività del provvedimento amministrativo, che il criterio teleologico recede di fronte al criterio formale (Cons. St., Cons. St., Sez. V, n. 1227 del 7.9.1995; n. 250 del 13.2.1993), e qualora l'Amministrazione autolimita la propria volontà, fissando - come appunto nel caso di specie - specifici requisiti e condizioni di partecipazione alla gara, non residua alcun ambito di discrezionalità in ordine alla scelta di ammissione nel caso gli stessi non rispondano alle modalità fissate.
Sulla base di tali considerazioni, l'ATI tra la General Costruzioni e la Progresso, come già ritenuto dal Tribunale amministrativo, doveva necessariamente essere esclusa dalla gara, non avendo rispettato la specifica previsione contenuta a pena di inammissibilità nelle clausole del bando.
Infondata si appalesa anche la censura con la quale l'appellante contesta la decisione del Tribunale amministrativo, laddove ha affermato che l'Istituto Autonomo Case Popolari si era posto in contrasto con le disposizioni dell'art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68, per aver ammesso alla gara l'ATI tra la FMS Costruzioni e la EDILIT, senza rilevare che le ditte non avevano prodotto regolare certificazione sull'obbligo di assunzione dei disabili.
L'art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68, stabilisce che "Le imprese sia pubbliche che private, qualora partecipino a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, sono tenute a presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l'ottemperanza alle norme della presente legge, pena l'esclusione".
Dagli atti del giudizio si rileva che entrambe le ditte componenti l'ATI in discussione hanno rilasciato l'identica dichiarazione "di essere in regola con gli obblighi di assunzione obbligatoria di cui alla legge 68/99".
La giurisprudenza di questo Consiglio, nell'interpretare la descritta disposizione, ha avuto occasione di affermare che l'autodichiarazione rilasciata in sede di gara dall'impresa può essere ritenuta sufficiente ai fini della partecipazione alla gara, mentre solo la vincitrice sarebbe tenuta a presentare la prevista attestazione in sede di stipulazione del contratto (Cons. St., Sez. V, n. 2020/02 del 17 aprile 2002). Tali indicazioni, tuttavia, non assumono rilievo nel caso in esame.
In effetti, anche qui non può ignorarsi il ricordato indirizzo giurisprudenziale secondo cui nelle gare per l'aggiudicazioni di pubblici contratti, le prescrizioni sulle formalità di presentazione delle offerte, volte a dare rilevanza all'interesse dell'Amministrazione e a garantire la parità dei concorrenti, e il principio dell'imperatività del provvedimento, assumono carattere non derogatorio laddove una formalità sia stata espressamente stabilita a pena di esclusione. Per quanto concerne la questione in argomento, il Collegio non può quindi limitarsi a interpretare la richiamata disposizione di legge, ma deve fare riferimento, esattamente come sostenuto dall'impresa appellata, alla clausola stabilita con l'art. 11 del disciplinare di gara, che richiedeva, all'imprese partecipanti, apposita "certificazione, in data non anteriore a quella di pubblicazione del presente bando, di cui all'art. 17 della legge n. 68/99 dal quale risulti l'ottemperanza alle norme della suddetta legge".
Come può vedersi, anche a proposito della disciplina del diritto al lavoro dei disabili, il bando di gara ha stabilito una specifica clausola che richiedeva, alle concorrenti, non la presentazione di una dichiarazione del legale rappresentante dell'ente, bensì di una certificazione, con la precisazione, peraltro, che l'atto dovesse essere di data non anteriore a quella di pubblicazione del bando.
Anche in tal caso, perciò, vale la ricordata regola secondo cui, a fronte di una clausola la cui osservanza è stata stabilita a pena di inammissibilità, assume prevalenza il principio dell'imperatività del provvedimento amministrativo, con la conseguenza che la dichiarazione presentata dall'ATI in argomento non può considerarsi esaustiva rispetto alla clausola del bando, e la concorrente, quindi, andava esclusa dalla gara.
Le esposte considerazioni inducono a ritenere che l'appello sia infondato. Le ulteriori censure già sollevate in primo grado e riproposte in questa sede restano assorbite.
Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso specificato in epigrafe, respinge l'appello.
Condanna l'appellante al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado, che liquida complessivamente in Euro 3.000 (tremila), da rimborsare in parti eguali in favore delle parti resistenti (Euro 1.500 per ciascuna).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma l'11 giugno 2002, dalla IV Sezione del Consiglio di Stato, riunita in camera di consiglio con
l'intervento dei seguenti signori:
Stenio RICCIO Presidente
Costantino SALVATORE Consigliere
Carmine VOLPE Consigliere
Giuseppe CARINCI Consigliere est.
Vito POLI Consigliere
Depositata in segreteria in data 23 novembre 2002.