Giustamm.it

Giurisprudenza
n. 4-2003 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 16 aprile 2003 n. 1990 - Pres. Schinaia, Est. De Nictolis - Ravenna (Avv. Pellegrino) c. Comune di Gallipoli (Avv.ti Sticchi Damiani e Portaluri) e Ministero dei Trasporti e delle Navigazione (Avv. Stato Spina) - (annulla in parte T.A.R. Puglia - Lecce, 7 giugno 2002, n. 2025).

1. Comune e Provincia - Sindaco - Ordinanze contingibili ed urgenti - Impugnazione in s.g. - Legittimazione attiva - Va riconosciuta in generale non solo al proprietario, ma anche a chi abbia un titolo legittimo all'utilizzo del bene interessato.

2. Giustizia amministrativa - Acquiescenza - Nozione - Individuazione - Possibilità di affermare la sussistenza dell'acquiescenza per mera presunzione - Non sussiste.

3. Giustizia amministrativa - Acquiescenza - Configurabilità - Presupposti - Individuazione.

4. Comune e Provincia - Sindaco - Ordinanze contingibili ed urgenti - Impugnazione in s.g. - Giurisdizione di merito del G.A. - Sussiste.

5. Comune e Provincia - Sindaco - Ordinanze contingibili ed urgenti - Sindacato in s.g. - Estensione.

6. Comune e Provincia - Sindaco - Ordinanze contingibili ed urgenti - Ordinanza di demolizione - Nel caso in cui la situazione di pericolo sia fronteggiabile adottando altre misure - Illegittimità.

7. Comune e Provincia - Sindaco - Ordinanze contingibili ed urgenti - Devono essere proporzionate al pericolo da fronteggiare - Adozione di ordinanze impongano un sacrificio della proprietà privata eccessivo rispetto alla salvaguardia del pubblico interesse - Illegittimità.

8. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Presupposti - Prova dell'an e del quantum del risarcimento - Necessità - Fatispecie.

1. Una ordinanza contingibile e urgente che ingiunga la demolizione di opere, sebbene formalmente diretta al proprietario delle stesse, reca un pregiudizio immediato e attuale non solo al proprietario, ma anche a chi abbia un titolo legittimo all'utilizzo delle opere medesime e riceva dunque un nocumento dalla loro demolizione; va pertanto, in linea generale, affermata la legittimazione ad impugnare una ordinanza contingibile ed urgente con la quale viene ingiunta la demolizione non solo in capo al proprietario del bene, ma anche in favore di chi vanta un titolo legale all'utilizzo del bene medesimo (alla stregua del principio è stata riconosciuta la legittimazione del gestore del compendio immobiliare interessato ad impugnare l'ordine di demolizione).

2. Sussiste acquiescenza ad un provvedimento amministrativo solo nel caso in cui ci si trovi in presenza di atti o comportamenti univoci posti liberamente in essere dal destinatario dell'atto, che dimostrino la chiara ed irrefutabile volontà dello stesso di accettarne gli effetti e l'operatività; pertanto, va esclusa la possibilità di affermare la sussistenza dell'acquiescenza per mera presunzione, non potendosi in quest'ultima ipotesi trovare univoco riscontro della volontà dell'interessato di accettare tutte le conseguenze derivanti dall'atto amministrativo (1).

3. L'acquiescenza ad un provvedimento amministrativo postula: a) la piena conoscenza del provvedimento; b) la volontà, espressa o tacita, diretta dal destinatario dell'atto verso l'autore del provvedimento, di accettarne gli effetti.

4. Sussiste la giurisdizione di merito del Giudice amministrativo, in relazione alle ordinanze contingibili e urgenti emesse dal Sindaco, quale ufficiale di Governo, a tutela dell'incolumità pubblica, in virtù del combinato disposto dell'art. 7 della L. TAR, e dell'art. 1 del T.U. n. 1958/1924, in quanto l'art. 7 della L. TAR, nel prevedere i casi di giurisdizione di merito del giudice amministrativo, richiama il citato art. 1, il quale, a sua volta, prevede la giurisdizione di merito, tra l'altro, sui «ricorsi contro i provvedimenti contingibili ed urgenti di sicurezza pubblica, emanati dal Sindaco nelle materie di edilità e di polizia locale ed in materia d'igiene pubblica, attribuite per legge ai Comuni, contro l'ordine da essi emanato, di esecuzione ei provvedimenti stessi a spese degli interessati» (2).

5. Le ordinanze contingibili e urgenti emesse dal Sindaco possono essere pienamente sindacate dal Giudice amministrativo con riferimento non solo a tutti gli aspetti concernenti la legittimità, ma anche ai profili relativi alla sufficienza ed all'attendibilità dell'attività istruttoria, ovvero alla convenienza, opportunità ed equità delle determinazioni adottate (3).

6. E' illegittima una ordinanza contingibile e urgente emessa dal Sindaco, con la quale si ingiunge la demolizione di un'opera, ove risulti che, pur essendovi situazioni di rischio, non vi era un comprovato pericolo di crollo immediato e la situazione di pericolo era rimediabile in altro modo (nella specie, con la chiusura al pubblico del compendio e con la transennatura dei corpi più fatiscenti), senza necessità di una demolizione immediata.

7. Le ordinanze contingibili e urgenti devono far fronte alle situazioni di pericolo utilizzando, ove possibile, misure che salvaguardino l'interesse pubblico con il minor sacrifico di quello privato e sono illegittime per vizio di merito se adottino misure sproporzionate, nel senso che impongono un sacrificio della proprietà privata eccessivo rispetto alla salvaguardia del pubblico interesse, raggiungibile con misure alternative.

8. Secondo il generale principio dell'onere della prova, che trova piena applicazione nell'ambito del giudizio innanzi al Giudice amministrativo avente come oggetto diritti soggettivi, chi deduce di aver subito un danno deve fornire la prova dello stesso, sia in ordine all'an sia in ordine al quantum dello stesso (nella specie, in particolare, il Cds ha rilevato che, ai fini della prova del danno conseguente alla intervenuta demolizione d'ufficio, era onere del ricorrente provare che il ripristino, senza la previa demolizione, sarebbe stato meno costoso della ricostruzione a seguito della intervenuta demolizione; in difetto di tale prova, il risarcimento non poteva essere riconosciuto).

-----------------

(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 26 ottobre 1998, n. 1544, in  Foro amm. 1998, fasc. 10, secondo cui "poiché l'acquiescenza ad un provvedimento amministrativo si verifica solo in presenza di atto o comportamenti univoci posti in essere liberamente dal destinatario dell'atto - che dimostrino la sua chiara ed irrefutabile volontà d'accettarne gli effetti e l'operatività -, non è mai configurabile un'acquiescenza per mera presunzione, perché non si può, in tal caso, trovare univoco riscontro della volontà dell'interessato di accettare tutte le conseguenze derivanti dall'atto stesso (nella specie, non è comportamento acquiescente la richiesta, da parte dell'interessato, di un mero differimento dell'atto poi impugnato)".

V. anche in questa Rivista di recente TAR Puglia-Bari, Sez. I, sent. 9 maggio 2002 n. 2269 e Cons. Stato, Sez. IV, sent. 18 marzo 2002 n. 1614.

(2-3) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 19 febbraio 1996, n. 220, in  Foro amm. 1996, 553, secondo cui "in virtù del combinato disposto dell'art. 7, l. Tar (l. 6 dicembre 1971 n. 1034); degli art. 27 e 29 n. 2 5 e 8, t.u. Cons. St. (r.d. 26 giugno 1924 n. 1054) e dell'art. 1 r.d. 26 giugno 1924 n. 1058, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo estesa al merito sui ricorsi avverso le ordinanze contingibili e urgenti di sicurezza pubblica, emanati dal sindaco nelle materie di edilità, polizia locale e igiene pubblica e dell'abitato devolute per legge ai comuni, anche ai sensi dell'art. 38 comma 2, l. 8 giugno 1990 n. 142, atti, questi, che possono perciò essere sindacati con riguardo non solo a tutti i profili di legittimità, ma pure a quelli di sufficienza e attendibilità della disposta istruttoria, nonché a quelli di convenienza, opportunità ed equità delle determinazioni adottate".

Sui presupposti per l'emissione di ordinanze contingibili ed urgenti v. di recente in questa Rivista:

C.G.A., SEZ. GIURISDIZIONALE - Sentenza 9 ottobre 2002 n. 582

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 9 ottobre 2002 n. 5423

TAR EMILIA-ROMAGNA, SEZ. DI PARMA - Sentenza 10 gennaio 2003 n. 1

TAR LIGURIA, SEZ. II - Sentenza 5 novembre 2002 n. 1077

 

 

FATTO E DIRITTO

1. Con ordinanza contingibile e urgente 18 giugno 1999, n. 85, il Sindaco del Comune di Gallipoli in relazione allo stabilimento balneare <<Lido San Giovanni>> di proprietà del demanio marittimo statale, ordinava al comandante della capitaneria di porto di Gallipoli e al direttore dell'ufficio del territorio di Lecce di provvedere:

<<entro 24 ore (.):

a predisporre ogni apprestamento atto ad impedire l'accesso alla struttura demaniale "stabilimento Balneare Lido San Giovanni" provvedendo ad apporre appositi cartelli di indicazione "PERICOLO DI CROLLO";

a transennare le parti strutturali pericolanti indicate nella relazione tecnica allegata e che qui di seguito sommariamente si riassumono: le rampe scala di accesso al blocco "A"; il ballatoio iniziale del corpo di fabbrica "B"; le "rotondine"; il ballatoio della parte iniziale del corpo "C"; i servizi igienici del corpo "C" a ridosso del ristorante - lato mare";

entro tre giorni (.):

a provvedere alla demolizione delle rampe scala di accesso al blocco "A"; del ballatoio iniziale del corpo di fabbrica "B"; delle "rotondine"; del ballatoio della parte iniziale del corpo "C" e dei servizi igienici del corpo "C" a ridosso del ristorante - lato mare">>.

Nei giorni successivi tale ordinanza veniva eseguita di ufficio.

1.1. A demolizioni già avvenute, con provvedimento 8 luglio 1999 della Capitaneria di Porto di Gallipoli, Ravenna Francesco diveniva affidatario provvisorio del Lido in questione, in esecuzione della decisione della sesta sezione del Consiglio di Stato n. 477/1999. In prosieguo, il titolo provvisorio veniva convertito in concessione quadriennale.

Con ricorso al T.A.R. per la Puglia - Lecce, notificato in data 22 luglio 1999, Ravenna Francesco impugnava l'ordinanza contingibile e urgente emessa dal Sindaco di Gallipoli, lamentando:

l'insussistenza di una situazione di pericolo imminente tale da giustificare l'esercizio del potere extra ordinem (1° motivo);

l'eccessività della misura demolitoria, eseguita di ufficio, essendo sufficiente a salvaguardare l'incolumità pubblica la transennatura delle opere pericolanti e il divieto di accesso (2° motivo);

lo sviamento di potere in relazione alla misura demolitoria, asseritamente disposta allo scopo sviato di impedire l'affidamento della gestione del Lido al Ravenna, atteso che il Comune di Gallipoli aspirava a conseguire esso stesso detta gestione.

Con il medesimo ricorso il Ravenna articolava domanda di risarcimento del danno subito a causa del ritardato affidamento della gestione del Lido e della circostanza che l'affidamento ha riguardato solo le parti del compendio ancora utilizzabili, che si sono ridotte a seguito delle demolizioni di ufficio disposte dal Comune.

2. Il T.A.R. adito, con la sentenza in epigrafe:

disattendeva l'eccezione, articolata dal Comune di Gallipoli, di difetto di legittimazione attiva del Ravenna;

riteneva parzialmente fondato il ricorso (secondo motivo) limitatamente all'ordine di demolizione contenuto nell'ordinanza contingibile e urgente;

riteneva parzialmente fondata la domanda di risarcimento del danno, limitatamente al danno emergente e con esclusione del lucro cessante;

per la quantificazione del danno emergente rimetteva gli atti all'amministrazione, in applicazione dell'art. 35, D.Lgs. n. 80/1998.

3. Avverso tale sentenza ha proposto appello integrale il Comune di Gallipoli, e appello parziale, limitatamente alla quantificazione del risarcimento del danno, il Ravenna Francesco.

4. Va anzitutto disposta la riunione dei due appelli, proposti avverso la medesima sentenza.

5. Nell'ordine logico delle questioni, vanno anzitutto esaminati il primo e il secondo motivo del ricorso del Comune di Gallipoli, con cui si ripropone l'eccezione di difetto di legittimazione attiva del Ravenna ad impugnare l'ordinanza sindacale contingibile e urgente.

Si deduce che tale ordinanza risulta emessa in data (18 giugno 1999) anteriore a quella in cui (8 luglio 1999) il Ravenna è divenuto gestore provvisorio del Lido.

L'ordinanza era pertanto diretta al proprietario del compendio, vale a dire l'amministrazione statale marittima.

Inoltre, la gestione provvisoria, in virtù del provvedimento 8 luglio 1999, era espressamente subordinata all'accettazione, da parte del gestore, del compendio nello stato di fatto in cui si trovava al momento della consegna, e dunque privo delle opere nel frattempo demolite in esecuzione dell'ordinanza. Sicché, nella specie, si sarebbe verificata l'acquiescenza del Ravenna all'ordinanza sindacale.

5.1. Tali censure vanno disattese, alla luce delle considerazioni già esposte dal T.A.R. e altresì di ulteriori notazioni.

Il Ravenna, sebbene subentrato nella gestione provvisoria del Lido in data 8 luglio 1999 - successiva alla intervenuta esecuzione dell'ordinanza contingibile e urgente - non è equiparabile ad un terzo estraneo, in quanto destinatario del giudicato del Consiglio di Stato, sez. VI, n. 477/1999, in virtù del quale vantava la legittima aspettativa a diventare titolare della gestione del Lido.

L'ordinanza contingibile e urgente che ordina la demolizione di opere, sebbene formalmente diretta al proprietario delle stesse, reca un pregiudizio immediato e attuale non solo al proprietario, ma anche a chi abbia un titolo legittimo all'utilizzo delle opere medesime, e riceva dunque un nocumento dalla loro demolizione. Pertanto va in linea generale affermata la legittimazione ad impugnare un ordine di demolizione non solo in capo al proprietario del bene, ma anche a chi vanta un titolo legale all'utilizzo del bene medesimo.

Pertanto, non può in linea di principio, nella specie, negarsi la legittimazione del gestore del compendio immobiliare a impugnare l'ordine di demolizione dello stesso.

E, invero, a prescindere dal rilievo, già svolto, che il Ravenna vantava già alla data dell'adozione dell'ordinanza una legittima aspettativa a divenire gestore del compendio, è dirimente il rilievo che il Ravenna è diventato gestore del compendio nelle more del termine per impugnare l'ordinanza de quo.

5.2. Resta da verificare se, nel caso di specie, vi fosse stata acquiescenza da parte del gestore del Lido in relazione all'ordine di demolizione.

Parte appellante pretende di desumere tale acquiescenza dalla circostanza che il gestore del Lido ha accettato il provvedimento di gestione provvisoria, contenente la clausola secondo cui il compendio si intendeva accettato nello stato di fatto in cui si trovava al momento della consegna, e dunque ormai privato delle opere nel frattempo demolite.

Tale circostanza è inidonea, ad avviso del Collegio, a comprovare l'acquiescenza avverso l'ordine di demolizione.

Invero, sussiste acquiescenza ad un provvedimento amministrativo solo nel caso in cui ci si trovi in presenza di atti o comportamenti univoci posti liberamente in essere dal destinatario dell'atto, che dimostrino la chiara ed irrefutabile volontà dello stesso di accettarne gli effetti e l'operatività; pertanto, va esclusa la possibilità di affermare la sussistenza dell'acquiescenza per mera presunzione, non potendosi in tal caso trovare univoco riscontro della volontà dell'interessato di accettare tutte le conseguenze derivanti dall'atto amministrativo (C. Stato, V, 26 ottobre 1998, n. 1544).

L'acquiescenza postula:

la piena conoscenza del provvedimento;

la volontà, espressa o tacita, diretta dal destinatario dell'atto verso l'autore del provvedimento, di accettarne gli effetti.

Nel caso di specie:

non è comprovata la piena conoscenza, alla data del subentro nella gestione del Lido, dell'ordine di demolizione;

il gestore del Lido non ha posto in essere alcun comportamento di accettazione dell'ordine di demolizione nei confronti dell'autore dello stesso, vale a dire il Sindaco di Gallipoli;

il gestore si è limitato ad accettare, nei confronti di un soggetto terzo, vale a dire il proprietario del Lido, lo stato di fatto dei beni;

l'accettazione dei beni nello stato in cui si trovavano al momento della consegna ha effetto solo nei confronti del proprietario degli stessi, ma non anche di soggetti terzi;

l'accettazione - sulla scorta di un provvedimento amministrativo che affida la gestione di un lido demaniale - dei beni effettuata dal consegnatario nei confronti del consegnante, ha effetti limitati tra le parti (vale a dire l'autore e il destinatario del provvedimento), nel senso che giova ad escludere azioni di responsabilità tra le parti, ma non esclude la possibilità, per l'accettante, di agire verso terzi autori di atti illeciti o illegittimi nei confronti di detti beni.

Per quanto esposto vanno respinti il primo e il secondo motivo dell'appello del Comune di Gallipoli.

6. Con il terzo mezzo di tale appello, si contesta il capo di sentenza che ha ritenuto parzialmente illegittima l'ordinanza contingibile e urgente, nella parte contenente l'ordine di demolizione.

Si osserva che alla luce delle risultanze della relazione tecnica, l'ordine di demolizione sarebbe stato necessitato dalla grave situazione di degrado del compendio e dalla pericolosità delle opere demolite per l'incolumità pubblica.

7. Il mezzo è infondato.

7.1. Va anzitutto circoscritta la materia del contendere.

Invero, l'ordinanza contingibile prescriveva due tipi di misure:

misure volte a transennare le opere pericolanti e a impedire l'accesso del pubblico;

misure volte a demolire le opere pericolanti specificamente individuate.

Con il primo e il secondo motivo del ricorso di primo grado sono state impugnate, rispettivamente, le prime e le seconde di tali misure.

Il T.A.R. ha accolto solo il secondo motivo del ricorso di primo grado, e respinto il primo: ha dunque ritenuto legittime le prime misure, e illegittimo il solo ordine di demolizione.

Il Ravenna non ha impugnato il capo di sentenza che ha respinto il primo motivo del ricorso di primo grado.

Sicché, costituisce ormai giudicato insindacabile la legittimità dell'ordinanza sindacale nella parte in cui ordinava di transennare le opere pericolanti e di vietare l'accesso al pubblico.

7.2. Così delimitata la materia del contendere al solo ordine di demolizione, occorre, in diritto, premettere, che in relazione alle ordinanze contingibili e urgenti emesse dal Sindaco, quale ufficiale di Governo, a tutela dell'incolumità pubblica, sussiste la giurisdizione di merito del giudice amministrativo, in virtù del combinato disposto dell'art. 7, L. TAR, e dell'art. 1, T.U. n. 1958/1924, in quanto l'art. 7, L. TAR, nel prevedere i casi di giurisdizione di merito del giudice amministrativo, richiama il citato art. 1, il quale, a sua volta, prevede la giurisdizione di merito, tra l'altro, sui <<ricorsi contro i provvedimenti contingibili ed urgenti di sicurezza pubblica, emanati dal Sindaco nelle materie di edilità e di polizia locale ed in materia d'igiene pubblica, attribuite per legge ai Comuni, contro l'ordine da essi emanato, di esecuzione ei provvedimenti stessi a spese degli interessati>> (C. Stato, V, 19 febbraio 1996, n. 220).

Pertanto tali ordinanze possono essere pienamente sindacate dal giudice amministrativo con riferimento non solo a tutti gli aspetti concernenti la legittimità, ma anche ai profili relativi alla sufficienza ed all'attendibilità dell'attività istruttoria ovvero alla convenienza, opportunità ed equità delle determinazioni adottate (C. Stato, V, 19 febbraio 1996, n. 220).

7.3. Ritenuto consentito il sindacato di merito del giudice amministrativo sulle ordinanze contingibili e urgenti, appare nel caso di specie effettivamente sussistente il vizio, dedotto con il secondo motivo del ricorso di primo grado, e riconosciuto dal T.A.R., di eccessività e sproporzione della misura demolitoria.

Invero, come emerge sia dalla relazione tecnica firmata dai tecnici del Comune, sia dalle altre relazioni tecniche trascritte nella sentenza di primo grado, lo stato di degrado del compendio necessitava senz'altro di interventi di ristrutturazione, se del caso anche con demolizioni e successive ricostruzioni, e tuttavia, pur essendovi situazioni di rischio, non vi era un comprovato pericolo di crollo immediato.

Inoltre la situazione di pericolo era rimediabile con la chiusura al pubblico del compendio e con la transennatura dei corpi più fatiscenti, senza necessità di una demolizione immediata.

Sotto il profilo del merito amministrativo, le ordinanze contingibili e urgenti devono far fronte alle situazioni di pericolo utilizzando, ove possibile, misure che salvaguardino l'interesse pubblico con il minor sacrifico di quello privato, e sono illegittime per vizio di merito se adottino misure sproporzionate, nel senso che impongano un sacrificio della proprietà privata eccessivo rispetto alla salvaguardia del pubblico interesse, raggiungibile con misure alternative.

Per quanto esposto, va respinto il terzo motivo dell'appello del Comune di Gallipoli.

8. Occorre ora passare all'esame del quarto motivo dell'appello del Comune di Gallipoli, e dell'intero appello parziale del Ravenna.

Entrambi contestano, per ragioni opposte, il capo di sentenza relativo alla condanna al risarcimento del danno.

8.1. Il Comune di Gallipoli lamenta che non vi sarebbe alcun danno risarcibile, sia per il difetto di legittimazione del Ravenna, sia per difetto oggettivo di danno, in quanto l'ordine di demolizione è stato eseguito limitatamente ad opere fatiscenti non suscettibili di recupero con interventi di manutenzione.

8.2. Dal suo canto il Ravenna lamenta che erroneamente il T.A.R. avrebbe circoscritto il danno al solo danno emergente, consistente nel costo di ripristino delle opere demolite, e non avrebbe consentito il risarcimento del lucro cessante, consistente nel ritardato inizio della gestione del lido.

Ad avviso del Ravenna anche il lucro cessante costituirebbe un danno derivante dall'illegittimo atto sindacale, con un nesso di causalità immediata e diretta.

8.3. Illegittimo sarebbe altresì il diniego, da parte del T.A.R., della rivalutazione monetaria.

9. Il capo di sentenza relativo al risarcimento del danno deve essere integralmente riformato.

E' sul punto fondato l'appello del Comune di Gallipoli e infondato quello del Ravenna.

9.1. Giova precisare che con il ricorso di primo grado si è chiesto il risarcimento di due voci di danno:

danno per asserito ritardo nel completamento del procedimento di concessione del lido, asseritamente derivante dall'ordine di demolizione;

danno per la riduzione delle opere utilizzabili, a seguito delle demolizioni eseguite dal Comune.

9.2. Secondo il generale principio dell'onere della prova, che trova piena applicazione in relazione ai diritti soggettivi, chi deduce di aver subito un danno deve fornire la prova dello stesso, sia in ordine all'an sia in ordine al quantum dello stesso.

Nel caso di specie, difetta la prova del danno risarcibile.

Si è già osservato che l'ordinanza contingibile e urgente è stata ritenuta legittima, con capo di sentenza passato in giudicato, nella parte in cui ordina che le opere poi demolite venissero transennate e rese inaccessibili.

Sicché, anche in difetto della loro demolizione, tali opere dovevano comunque rimanere transennate e inaccessibili al pubblico.

Ne deriva che non sussiste nessun danno per ritardato o mancato utilizzo delle opere che, a prescindere dalla loro demolizione o meno, non potevano esser utilizzate.

9.3. Non è nemmeno provato il ritardato affidamento della gestione del Lido quale pretesa conseguenza dell'ordine di demolizione, atteso che a fronte dell'ordine di demolizione emesso il 18 giugno 1999, l'affidamento della gestione provvisoria è avvenuto in data 8 luglio 1999.

Va ribadito che a prescindere dalla demolizione delle opere fatiscenti, l'intero complesso immobiliare necessitava, per poter essere messo in uso, di un radicale intervento di ristrutturazione, che comunque avrebbe comportato un differimento dell'inizio della gestione.

Era, semmai, onere del ricorrente Ravenna dimostrare che l'intervenuta demolizione ha comportato, per l'inizio della gestione del Lido, un differimento maggiore di quello che si sarebbe avuto nel caso di interventi di ristrutturazione senza la demolizione di ufficio, Ma tale prova non è stata mai fornita e neppure dedotta.

E' pertanto infondata la domanda di risarcimento del lucro cessante.

9.4. Quanto al preteso danno emergente, consistente nel costo di ripristino delle opere demolite, anche in relazione allo stesso manca la prova sia dell'an che del quantum.

Invero, non è contestato che le opere demolite fossero fatiscenti e necessitanti di una radicale ristrutturazione.

Dal punto di vista tecnico, tale ristrutturazione poteva avvenire o mediante demolizione e successiva ricostruzione (è noto che il T.U. edilizia e la c.d. legge obiettivo collocano nella categoria della ristrutturazione edilizia la demolizione e successiva ricostruzione) o mediante ripristino senza previa demolizione.

Al fine della prova del danno conseguente alla intervenuta demolizione d'ufficio, era onere del ricorrente provare che il ripristino senza previa demolizione sarebbe stato meno costoso della ricostruzione a seguito della intervenuta demolizione.

In difetto di tale prova, il risarcimento non può essere riconosciuto.

10. In conclusione, va accolto in parte, nei sensi suesposti, l'appello del Comune di Gallipoli, mentre va respinto l'appello del Ravenna.

La parziale reciproca soccombenza e la complessità e novità delle questioni giustificano l'integrale compensazione delle spese di lite, in relazione ad entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, previa riunione degli stessi:

accoglie in parte il ricorso n. 8242/2002;

respinge il ricorso n. 8204/2002

Spese compensate.

Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 febbraio 2003 con la partecipazione di:

Mario Egidio SCHINAIA Presidente

Sergio SANTORO Consigliere

Luigi MARUOTTI Consigliere

Carmine VOLPE Consigliere

Rosanna DE NICTOLIS Consigliere Est.

Depositata in segreteria in data 16 aprile 2003.

Copertina Stampa il documento Clicca qui per segnalare la pagina ad un amico