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Giurisprudenza
n. 6-2002 - © copyright.

TAR PUGLIA - BARI, SEZ. I - Sentenza 9 maggio 2002 n. 2269 - Pres. Ferrari, Est. Fantini - Villa Igea - Casa di cura privata prof. Brodetti S.r.l. (Avv. V. Caputi Jambrenghi) c. Regione Puglia (Avv. L. Volpe), Di Cillo (n.c.), Nuova Clinica San Francesco S.r.l. (Avv. P. Medina), Casa di cura San Francesco S.n.c. (Avv. G. Gentile) e Azienda Sanitaria Locale Foggia/3 (n.c.) – (dichiara inammissibile il ricorso).

1. Giustizia amministrativa – Acquiescenza – Nozione – Individuazione.

2. Giustizia amministrativa – Acquiescenza – Nei confronti di atti in corso di formazione – Configurabilità.

3. Atto amministrativo – Procedimento – Responsabilità "da contatto" della P.A. – Derivante dall’obbligo di diligenza che grava sulla P.A. stessa – Configurabilità – Estensione del principio anche nei confronti dei privati – Necessità – Conseguenze - Esistenza di un obbligo di buona fede "a danno del privato" ed acquiescenza nei confronti degli atti infraprocedimentali.

1. Si ha acquiescenza in tutti i casi in cui, nel comportamento del ricorrente, siano rinvenibili elementi che si pongano in contraddizione o, comunque, in rapporto di non coerenza con la proposizione del gravame (1).

2. Nella nuova ed attuale dimensione dell'Amministrazione "partecipata" (con tale espressione facendosi riferimento non solo al tema, ovviamente centrale, della partecipazione procedimentale, ma, in una accezione più lata, ad ogni rapporto di comunicazione tra Amministrazione e privato relativo ad un problema che impegna l’azione amministrativa ed interessa un determinato soggetto), deve ritenersi configurabile un’acquiescenza preventiva nei confronti di atti in corso di formazione (2).

3. Una volta riconosciuta sussistente una responsabilità della P.A. "da contatto" (3), che si fonda su di un preciso onere di diligenza che grava sulla P.A. e che la rende garante del corretto sviluppo del procedimento e della sua legittima conclusione, appare al contempo necessario, se non altro per coerenza e e per assicurare l'efficienza del sistema, valorizzare detto obbligo di buona fede anche nei confronti del privato e ritenere che anche su quest’ultimo grava un obbligo correttezza; tale obbligo di correttezza rileva anche in termini di acquiescenza al successivo provvedimento.

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(1) Nella motivazione della sentenza in rassegna si dà atto che l’istituto della acquiescenza non ha trovato ancora non perspicua delineazione sistematica, essendo privo, nel diritto amministrativo, di un ancoraggio di diritto positivo, che viene comunque da alcuni autori rinvenuto nella norma dell’art. 329 del c.p.c., dettata in materia di impugnazioni.

Si rileva inoltre che, sebbene emerga in dottrina la consapevolezza che l’acquiescenza, pur provocando effetti processuali (id est : l’inammissibilità del ricorso) ha implicazioni di diritto sostanziale, peraltro ne rimane incerta la natura, come è chiaramente testimoniato dalla pluralità delle teorie formulate (che configurano l’istituto in esame in termini di "rinuncia al diritto di impugnazione", ovvero di "accettazione del provvedimento amministrativo", od ancora, senza pretesa alcuna di esaustività, come "dismissione dell’interesse legittimo").

In materia di acquiescenza v. da ult. in questa Rivista: Cons. Stato, Sez. IV – sent. 18 marzo 2002 n. 1614; TAR Veneto, Sez. I – sent. 16 marzo 2002 n. 1097; TAR Puglia-Lecce, Sez. I - sent. 17 gennaio 2000 n. 21.

(2) In senso contrario, come lealmente si dà atto nella motivazione della sentenza in rassegna, è la giurisprudenza prevalente (v. per tutte  Cons. Stato, Sez. V, 26 ottobre 1998, n. 1540), la quale ritiene che, dovendosi considerare l’acquiescenza come una rinuncia (espressa o tacita) al ricorso, essa non è configurabile nei confronti di un provvedimento amministrativo non ancora emanato.

(3) Sulla responsabilità "da contatto" cfr. T.A.R. Puglia - Bari, Sez. I, 17 maggio 2001, n. 1761, in questa Rivista Internet, n. 6/2001 nonché Cons. Stato, Sez. VI, 6 agosto 2001, n. 4239; v. in argomento da ult. C.G.A. – ord. 8 maggio 2002 n. 267, ivi, n. 5/2002; sulla responsabilità precontrattuale della P.A. v., sempre in questa Rivista,  Cons. Stato, Sez. V – Sentenza 12 settembre 2001; TAR Abruzzo - Pescara - Sentenza 6 luglio 2001* e TAR Lombardia – Milano, Sez. III, 31 luglio 2000*, nonchè P. BISCONTI, Note in tema di responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione.

L’obbligo di diligenza che grava sulla P.A. nell’ambito del procedimento, secondo il T.A.R. Puglia, deve essere anche esteso nei confronti dei privati.

Ciò impone a questi ultimi di attenersi in modo conseguenziale al proprio comportamento tenuto nel corso del procedimento, o comunque nei precedenti contatti non occasionali intervenuti con l’Amministrazione, salvo ad evidenziarsi una condizione di errore o di ignoranza del privato.

E, così come del resto espressamente codificato in altri ordinamenti, risulta di agevole comprensione che il primo effetto dell’applicazione del principio di buona fede "a danno del privato" è proprio quello della preclusione dell’azione giurisdizionale che risulti in contrasto con il comportamento precedentemente tenuto. Questo obbligo di coerenza che la correttezza impone al privato che si rapporta con l’Amministrazione rileva dunque in termini di acquiescenza al successivo provvedimento.

 

 

F A T T O

Con atto notificato nei giorni 27/11/01 e seguenti e depositato il successivo 12/12 Villa Igea - Casa di cura privata prof. Brodetti s.r.l., corrente in Foggia, ha impugnato la determinazione del Dirigente del Settore Sanità dell’Assessorato alla Sanità e Servizi Sociali della Regione Puglia prot. n. 421 del 24/9/01, avente ad oggetto "autorizzazione alla Nuova Clinica San Francesco S.r.l. di Foggia per l’esercizio della Casa di cura San Francesco S.n.c. di Salatto Rocco e c. di Foggia. Conferma accreditamento transitorio. Adempimenti conseguenti", chiedendo altresì la condanna dell’Amministrazione regionale al risarcimento del danno ai sensi degli artt. 33 e 35 del D.lgs. n. 80/1998, da determinarsi in misura equitativa nella differenza tra il fatturato dell’anno 2000 e quello realizzato nell’anno in corso.

Premette di essere struttura sanitaria privata operante nel territorio di Foggia, in concorrenza con la "Clinica San Francesco S.n.c. di Salatto Rocco e c." e con "Villa Serena", tutte già convenzionate e transitoriamente accreditate con deliberazione di G.R. n. 974/96.

Rappresenta che l’atto impugnato accredita la Nuova Clinica San Francesco S.r.l., abilitando un nuovo soggetto sanitario privato risultante da una sostanziale fusione delle due predette concorrenti.

Ed infatti in sede di liquidazione della "Casa di cura privata San Francesco S.n.c." si è avuta la cessione del compendio aziendale in favore della "Casa di cura Nuova Clinica San Francesco S.r.l.", compagine sociale in cui sono confluiti i soci della disciolta Casa di Cura San Francesco S.n.c. e della struttura sanitaria Villa Serena.

La nuova clinica ha subito richiesto alla Regione Puglia l’autorizzazione all’esercizio delle attività sanitarie in accreditamento con il S.S.N. con decorrenza 1/8/01, in prosecuzione dell’attività erogata fino al 31/7/01 dalla Casa di cura San Francesco S.n.c., per un numero di complessivi 50 posti letto.

Con il provvedimento dirigenziale impugnato l’odierna controinteressata è stata autorizzata, in quanto acquirente della Casa di cura San Francesco S.n.c., all’esercizio delle tipologie e prestazioni sanitarie presso la Casa di cura cedente.

Deduce a fondamento del ricorso il seguente articolato motivo di diritto :

1) Violazione di legge : artt. 8 e ss. del D.lgs. n. 502/92, nel testo introdotto con il D.lgs. 19/6/1999, n. 229, in riferimento alle LL.RR. n. 36/1984, n. 51/1985, n. 5/1991 e n. 21/2000. Incompetenza.

2) Eccesso di potere : difetto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà, travisamento dei fatti, erronea presupposizione, carente motivazione (anche in violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90) e sviamento.

3) Eccesso di potere per contrasto con le circolari regionali prot. n. 24/24804/112/18 del 2/12/1999 e prot. n. 24/12640/116/18 del 7/6/1999.

4) Illegittimità derivata dall’illegittimità della deliberazione di G.R. n. 2491 del 29/6/1998 per i motivi dedotti sub nn. 1, 2 e 3.

Il provvedimento gravato si fonda sulla relazione del dirigente responsabile dell’Ufficio 18, in cui si dà atto della "successione societaria" fra la Clinica San Francesco S.n.c. e la Nuova Clinica San Francesco S.r.l., nonché della richiesta di quest’ultima di "subentro" nell’accreditamento riconosciuto al precedente gestore. L’accoglimento di siffatta richiesta è stata dal responsabile valutata positivamente, anche in applicazione della delibera n. 2491 del 29/6/98 della G.R.

In definitiva, il provvedimento impugnato si fonda sulla convinzione giuridica che la cessione del compendio aziendale comporti ex se il passaggio dell’acquirente nella titolarità sia dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività sanitaria, sia dell’accreditamento in regime provvisorio goduto dal "cedente" in virtù del convenzionamento con il S.S.N. ex lege n. 833/78.

Sennonché l’assunto appare erroneo.

A) La riforma sanitaria del ‘92, fondata sul principio della libera scelta da parte del cittadino - utente, è articolata sull’autorizzazione comunale all’esercizio dell’attività sanitaria (subordinata al possesso di requisiti minimi strutturali, tecnologici ed organizzativi), e sull’accreditamento regionale (che sostituisce il convenzionamento ex lege n. 833/78) ed è subordinato alla previa accettazione del sistema di remunerazione a prestazione sulla base di tariffe predeterminate dalla Regione. Nelle more dell’entrata a regime del nuovo sistema, le prestazioni sanitarie sono erogate mediante accreditamento provvisorio, situazione che evidentemente privilegia i titolari di strutture già convenzionate con il S.S.N. alla data di entrata in vigore del D.lgs. n. 502/92 (cioè all’1/1/93).

B) Nel caso di specie, si intende esonerare la Nuova Clinica San Francesco S.r.l. dall’obbligo dell’autorizzazione comunale e dell’accreditamento regionale nel presupposto che questa sia acquirente di una struttura già di proprietà e già gestita da soggetto autorizzato e convenzionato.

C) Non può eludersi l’art. 8 del D.lgs, n. 229/99, che ha introdotto nel corpo del D.lgs. n. 502/92 la norma di cui all’art. 8/ter, secondo cui l’autorizzazione è prescritta per la trasformazione, anche nella titolarità, di strutture già esistenti.

A livello di normativa regionale, va poi ricordato che la L.R. n. 51/1985 impone il requisito della coincidenza tra soggetto gestore e soggetto titolare dell’autorizzazione all’esercizio, vietando, all’art. 2, la cessione a qualunque titolo dell’autorizzazione.

D) Sotto distinto profilo, la nuova società acquirente non può giovarsi dell’accreditamento provvisorio riconosciuto alla società cedente, in conformità di quanto riconosciuto dall’Assessorato regionale alla Sanità con la circolare prot. n. 24/12640/116/18 del 7/6/99, alla stregua della quale "non sono consentite modificazioni soggettive di soggetti accreditati successivamente all’entrata in vigore del sistema di transitorio accreditamento di cui all’art. 6, VI comma, della legge n. 724/94, facendo salve le trasformazioni intervenute nel periodo intertemporale dall’1/11/1993".

E) L’illegittimità della determinazione impugnata si desume anche alla stregua del precedente di questo T.A.R., Sez. I, espresso con la sentenza n. 1400/2001, la quale, muovendo dal presupposto che l’autorizzazione sanitaria è rilasciata sia ob personam, sia ob rem (guardando cioè sia ai requisiti soggettivi, che a quelli oggettivi), ha affermato che la L.R. n. 51/1985 è improntata al principio della necessaria coincidenza fra la gestione della casa di cura e la titolarità dell’autorizzazione all’esercizio.

Appare altresì insostenibile l’ulteriore assunto dell’Amministrazione, espresso nella nota dirigenziale 13/11/01 (inviata in riscontro alla nota della ricorrente in data 5/10/01), secondo cui l’accreditamento opererebbe come qualità "oggettiva" che inerirebbe alla struttura, piuttosto che al soggetto che gestisce la struttura stessa.

Irrilevante appare anche l’ulteriore considerazione secondo cui nel caso di specie sarebbe inapplicabile l’art. 6, V comma, della L.R. n. 5/1991, non vertendosi in presenza di una vendita, ma di una liquidazione giudiziaria, riveniente dalla situazione di amministrazione straordinaria e connessa gestione commissariale dell’impresa, atteso che la norma da ultimo indicata fa riferimento a "mutamenti di titolarità delle convenzioni attualmente in atto", senza contemplare eccezione di sorta.

Si sono costituiti in giudizio la Regione Puglia, la Casa di cura San Francesco S.n.c. in liquidazione, nonché la Nuova Clinica San Francesco S.r.l., eccependo con diffuse argomentazioni l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, nonché per acquiescenza, e comunque la sua infondatezza nel merito.

All’udienza del 20/2/2002 la causa è stata trattenuta in decisione.

D I R I T T O

In linea preliminare deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso che viene sollevata dall’Amministrazione resistente e dalle controinteressate sotto una pluralità di distinti, seppur connessi, profili, riconducibili essenzialmente alla carenza di interesse a ricorrere, nonché all’acquiescenza.

A) Con riguardo alla carenza di interesse, deducono le parti resistenti che Villa Igea non potrebbe giovarsi dell’eventuale annullamento dell’impugnato provvedimento di conferma dell’accreditamento provvisorio a favore della Nuova Clinica San Francesco S.r.l., atteso che, quand’anche ciò comportasse l’"eliminazione dal mercato" di un concorrente, il tetto di spesa, già determinato con deliberazione del D.G. dell’A.S.L. FG/3 n. 151 del 14/11/2001 con riferimento alla "spesa storica", non consentirebbe alla stessa la remunerazione del maggiore numero di prestazioni potenzialmente richiestele.

L’eccezione di carenza di interesse, nei termini ora prospettati, non sembra invero suscettibile di positiva valutazione, in quanto è difficilmente contestabile, sul piano dell’utilità concreta, che dall’eliminazione, nel limitato bacino di utenza della zona di Foggia, di un soggetto erogatore di servizi in diretta concorrenza derivi, a favore della struttura ricorrente, un incremento (o per lo meno la certezza di un non decremento) delle prestazioni, siano queste rese in regime di accreditamento, ovvero anche a totale carico del privato.

Quanto meno non può dubitarsi, pur nella complessità del contesto giuridico di riferimento, che sussista un interesse strumentale, diretto a rimettere in discussione il rapporto amministrativo controverso, mediante la rimozione del provvedimento impugnato, suscettibile in via eventuale di concludersi con un nuovo provvedimento (più) favorevole al ricorrente all’esito della riedizione dell’attività amministrativa.

B) Diversa pregnanza assume l’eccezione di inammissibilità fondata sul presupposto dell’acquiescenza preventiva prestata dalla ricorrente Villa Igea al provvedimento impugnato di conferma dell’autorizzazione e dell’accreditamento provvisorio in favore della Nuova Clinica San Francesco S.r.l..

Allegano in particolare la Regione Puglia e le controinteressate che la ricorrente Casa di cura prof. Brodetti S.r.l., nel corso del procedimento di liquidazione della Casa di cura San Francesco S.n.c., svoltasi mediante pubblica gara, presentava con atto del 15/6/01 la propria offerta di acquisto, per un importo di lire 2.600.000.000, poi risultato incongruo.

Preliminarmente, peraltro, con nota del 22/5/01, il dr. Salatto, socio di riferimento di Villa Igea, aveva richiesto all’Assessorato alla Sanità della Regione Puglia chiarimenti, tra l’altro, in ordine alla cedibilità dell’accreditamento provvisorio in favore della struttura cessionaria; con nota prot. n. 24/14550/116/18 in data 5/7/2001 l’Ufficio 18 del predetto Assessorato precisava che "la chiusura della fase di liquidazione della Casa di cura San Francesco comporterà l’autorizzazione e la conferma dell’accreditamento transitorio in capo al nuovo soggetto titolare ai sensi degli artt. 6 e 7 della L.R. n. 21/2000 ...". Proprio in forza delle garanzie ricevute in merito dall’Amministrazione regionale l’odierna ricorrente si determinava a partecipare alla gara; inoltre con nota di chiarimenti in data 3/7/01, indirizzata al Liquidatore della S.n.c. Clinica San Francesco, la stessa precisava che soggetto acquirente sarebbe stata la G. H. Hospital S.r.l., indicando quest’ultima come soggetto subentrante nell’accreditamento.

Un tale comportamento rileverebbe dunque come acquiescenza (od accettazione) tacita nei confronti del provvedimento successivamente adottato negli stessi termini preannunciati con la citata nota del 5/7/01, e condivisi dalla ricorrente in fase pregiudiziale, non potendosi ipotizzare un interesse a ricorrere secundum eventum.

L’eccezione appare al Collegio meritevole di positiva valutazione.

E’ nota invero la non perspicua delineazione sistematica dell’istituto dell’acquiescenza, privo, nel diritto amministrativo, di un ancoraggio di diritto positivo, che viene dunque rinvenuto nella norma dell’art. 329 del c.p.c., dettata in materia di impugnazioni.

In particolare, sebbene emerga in dottrina la consapevolezza che l’acquiescenza, pur provocando effetti processuali (id est : l’inammissibilità del ricorso) ha implicazioni di diritto sostanziale, peraltro ne rimane incerta la natura, come è chiaramente testimoniato dalla pluralità delle teorie formulate (che configurano l’istituto in esame in termini di "rinuncia al diritto di impugnazione", ovvero di "accettazione del provvedimento amministrativo", od ancora, senza pretesa alcuna di esaustività, come "dismissione dell’interesse legittimo").

A fronte di tale incertezza dogmatica si riscontra, peraltro, nell’applicazione pratica, il ricorso all’acquiescenza in tutti i casi in cui, nel comportamento del ricorrente, siano rinvenibili elementi che si pongano in contraddizione, o comunque in rapporto di non coerenza con la proposizione del gravame.

Ora, nel caso di specie, è indubbio che il comportamento tenuto da Villa Igea - casa di cura privata prof. Brodetti S.r.l. nella fase di liquidazione della Casa di cura San Francesco S.n.c., ed obiettivizzato in una corrispondenza con l’Amministrazione regionale dal contenuto consultivo, non sia coerente con le censure dedotte mediante il presente ricorso giurisdizionale.

Né vale a sminuire tale contraddizione l’assunto, espresso dalla ricorrente nella memoria depositata il 4/2/02, secondo cui si verterebbe al cospetto di due procedimenti del tutto autonomi (l’uno privatistico, concernente l’offerta di acquisto di una clinica privata, e l’altro, di rilievo pubblicistico, mediante il quale si procede alla difesa in sede giudiziaria dell’ambito operativo e concorrenziale dell’azienda, previa impugnazione di provvedimenti amministrativi illegittimi e lesivi).

Occorre infatti considerare che tale prospettazione ha valore puramente descrittivo, atteso che la successione diacronica degli eventi non vale certo ad escludere l’intervenuta instaurazione di un "rapporto di comunicazione" tra la ricorrente e l’Amministrazione regionale, che ha poi adottato il provvedimento impugnato.

Si potrebbe a questo punto obiettare che, ad ogni buon conto, sostanziandosi l’acquiescenza in termini di rinuncia (espressa o tacita) al ricorso, non può aversi nei confronti di un provvedimento amministrativo non ancora emanato (così, ad esempio, Cons. Stato, Sez. V, 26/10/1998, n. 1540).

Ritiene il Collegio che tale assunto, il quale, nella sua assolutezza, nega la stessa configurabilità di un’acquiescenza preventiva nei confronti di atti in corso di formazione, a parte il fatto che non ha mai trovato rigorosa applicazione nell’ordinamento (si veda in senso contrario Cons. Stato, Sez. VI, 8/5/1963, n. 235), non risulta comunque condivisibile nella nuova ed attuale dimensione di amministrazione partecipata (con tale espressione facendosi riferimento non solo al tema, ovviamente centrale, della partecipazione procedimentale, ma, in accezione più lata, ad ogni rapporto di comunicazione tra Amministrazione e privato relativo ad un problema che impegna l’azione amministrativa ed interessa un determinato soggetto).

E’ infatti un naturale corollario dell’inserimento del cittadino all’interno del procedimento e della conseguente dimensione relazionale che lo stesso assume quello della valorizzazione del principio di buona fede o correttezza, non solo sotto il profilo della tutela dell’affidamento del privato, ma in condizione di reciprocità.

Se dunque proprio il contesto dell’amministrazione partecipata ha indotto la giurisprudenza, di recente, a riconoscere una responsabilità da contatto (cfr. T.A.R. Puglia - Bari, Sez. I, 17/5/2001, n. 1761, nonché Cons. Stato, Sez. VI, 6/8/2001, n. 4239), che rinviene il proprio fondamento nella considerazione che detto "contatto procedimentale, una volta innestato nell’ambito del rapporto amministrativo, caratterizzato da sviluppi istruttori e da un’ampia dialettica tra le parti sostanziali, impone al soggetto pubblico un preciso onere di diligenza, che lo rende garante del corretto sviluppo del procedimento e della sua legittima conclusione"(così la citata decisione del Cons. Stato), appare al contempo necessario, se non altro ai fini della coerenza e dell’efficienza del sistema, valorizzare detto obbligo di buona fede anche nei confronti del privato.

Ciò impone a quest’ultimo di attenersi in modo conseguenziale al proprio comportamento tenuto nel corso del procedimento, o comunque nei precedenti contatti non occasionali intervenuti con l’Amministrazione, salvo ad evidenziarsi una condizione di errore o di ignoranza del privato.

E, così come del resto espressamente codificato in altri ordinamenti, risulta di agevole comprensione che il primo effetto dell’applicazione del principio di buona fede "a danno del privato" è proprio quello della preclusione dell’azione giurisdizionale che risulti in contrasto con il comportamento precedentemente tenuto.

Questo obbligo di coerenza che la correttezza impone al privato che si rapporta con l’Amministrazione rileva dunque in termini di acquiescenza al successivo provvedimento.

Dalle considerazioni che precedono consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso per acquiescenza al provvedimento impugnato.

Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Sezione I, definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile il ricorso.

Compensa tra tutte le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 20.2.2002, con l’intervento dei Magistrati:

Gennaro

Ferrari

Presidente

Amedeo

Urbano

Componente

Stefano

Fantini

Componente, Est.

Depositata il 9 maggio 2002.

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