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n. 6-2003 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 30 maggio 2003 n. 2975 - Pres. ff. Carboni, Est. Corradino - Caccavale ed altri (Avv.ti Minieri, Vitale e Biancardi) c. Parisi ed altri (Avv.ti Lamberti e Napoletano), Serpico ed altro (Avv.ti Laudadio e Scotto) De Sena (n.c.), Prefetto della Provincia di Napoli ed altri (n.c.), Comune di Nola (Avv. Manzo) e D'Avanzo ed altri (n.c.) - (annulla T.A.R. Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 17 gennaio 2003 n. 268, in www.giustamm.it n. 1-2003,  con nota di commento di D. VITALE).

Comune e Provincia - Consiglio comunale - Scioglimento - Per dimissioni di oltre la metà dei consiglieri - Ex art. 141 T.U. ee.ll. - Requisito della contestualità della presentazione delle dimissioni - Sufficienza - Assenza di autenticazione della sottoscrizione o successivo disconoscimento dell'attualità della volontà ivi espressa - Irrilevanza.

Devono ritenersi idonee a determinare l'effetto di dissolutorio di cui all'art. 141 del D. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recante il Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, le dimissioni presentate al Consiglio comunale dalla maggioranza dei consiglieri che presentino il requisito della contestualità, attestata dalla unicità o dalla stretta sequenza numerica della protocollazione, a nulla rilevando l'assenza di autenticazione della sottoscrizione, nel caso in cui le dimissioni non siano state presentate personalmente od il successivo disconoscimento dell'attualità della volontà ivi espressa (1).

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(1) Come si dà atto nella parte motiva della sentenza in rassegna, la Sez. V non condivide l'orientamento espresso in proposito dal Consiglio di Stato, Sez. I, parere 11 dicembre 2002, n. 4269, in www.giustamm.it n. 1-2003.

Con tale parere, infatti, la Sez. I, precisando meglio un precedente orientamento (cfr. il parere della Sez. I, 10 ottobre 2002, n. 3049, in www.giustamm.it n. 11-2002, con cui si era ritenuta necessaria "la materiale e personale consegna del documento al protocollo da parte dell'interessato, con la connessa identificazione da parte del personale addetto" con la conseguenza di dover ritenere "improcedibili e comunque prive di efficacia" le dimissioni eventualmente presentate per interposta persona o inoltrate per posta o con altri mezzi), aveva affermato che, ferma restando la necessità in via generale della presenza fisica del consigliere al momento delle dimissioni, sono da ritenersi valide le dimissioni presentate dal consigliere impedito, purchè "previamente autenticate ed in data certa e con l'indicazione (contestuale o - a sua volta separatamente autenticata) delle generalità di quest'ultimo".

In tal modo, secondo la Sez. V, si è incluso tra i presupposti previsti dalla legge l'elemento alternativo della presenza fisica del consigliere dimissionario e dell'autenticazione della sua sottoscrizione che non è in alcun modo previsto dalla legge, la quale invece si limita a richiedere la contestualità delle dimissioni presentate dalla maggioranza dei consiglieri e il loro essere rivolte al Consiglio quali unici requisiti per il determinarsi dell'effetto dello scioglimento comunale.

E' stato pertanto ritenuto che sono valide e quindi idonee a determinare l'effetto di dissolutorio di cui all'art. 141 del d.lgs n. 267 del 2000, le dimissioni presentate al Consiglio comunale dalla maggioranza dei consiglieri che presentino il requisito della contestualità, attestata dalla unicità o dalla stretta sequenza numerica della protocollazione, a nulla rilevando l'assenza di autenticazione della sottoscrizione o il successivo disconoscimento dell'attualità della volontà ivi espressa.

V. in senso analogo di recente TAR Puglia-Lecce, Sez. I, 2 aprile 2003 n. 1574, in www.giustamm.it n. 4-2003, secondo cui in particolare "è legittimo il decreto di scioglimento di un consiglio comunale, disposto ai sensi dell'art. 141 del Decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 (T.U. ee.ll.), per le dimissioni di oltre la metà dei consiglieri, ove le dimissioni stesse siano state presentante al protocollo del Comune da uno solo dei consiglieri comunali dimissionari mediante un unico foglio, sottoscritto da tutti i consiglieri dimissionari le cui firme, tuttavia, non risultino autenticate, nel caso in cui comunque sussistano vari elementi che inducano a ritenere con assoluta certezza che gli autori del documento in questione siano proprio i consiglieri comunali che lo hanno sottoscritto".

 

 

Commento di

GEREMIA BIANCARDI
(Avvocato)

L'orientamento della Sez. V del Consiglio di Stato in materia 

di scioglimento del Consiglio comunale per dimissioni ultra dimidium

Con la sentenza in rassegna (n. 2945 del 30/5/2003), la V sezione del Consiglio di Stato ha accolto il ricorso in appello presentato da alcuni consiglieri comunali avverso la sentenza n. 268/03, emessa dalla I^ sezione del TAR Campania - Napoli (in questa Rivista n. 1-2003, con commento di A. VITALE) - con la quale era stato reintegrato il Consiglio Comunale di Nola in seguito allo scioglimento avvenuto per le dimissioni presentate al protocollo comunale sia pure contestualemente da 16 consiglieri comunali, ma depositate da un terzo che non ricopriva la carica di consigliere comunale.

La sentenza del TAR Campania faceva proprio anche il parere n. 3049 del 10 ottobre 2002 (in questa Rivista n. 11-2002), integrato dal parere n. 4269 dell'11 dicembre 2002 (ivi n. 1-2003), entrambi resi dalla I^ sezione del Consiglio di Stato in sede consultiva e con i quali, addirittura, si era ritenuta necessaria la materiale e personale consegna del documento al protocollo da parte dell'interessato, con la connessa identificazione da parte del personale addetto.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza in rassegna, smentisce completamente l'indirizzo recentemente affermato dal TAR Campania e dal Consiglio di Stato in sede consultiva.

Infatti, nel riformare la sentenza di primo grado i giudici del Consiglio di Stato hanno statuito che "devono ritenersi valide e quindi idonee a determinare l'effetto dissolutorio di cui all'art. 141 del d.lgv. n. 267/2000 le dimissioni presentate al Consiglio Comunale dalla maggioranza dei Consiglieri che presentino il requisito della contestualità, attestata dalla unicità o dalla stretta sequenza numerica della protocollazione, a nulla rilevando l'assenza di autenticazione della sottoscrizione o il successivo disconoscimento dell'attualità della volontà ivi espressa.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza, ha sconfessato completamente quanto assunto anche dal Consiglio di Stato in sede consultiva con il parere n. 3049 del 10 ottobre 2002 integrato con parere n°4269 dell'11 dicembre 2002, rilevando che l'onere formale dell'autentica della firma, individuato quale strumento necessario per garantire la veridicità delle dichiarazioni di dimissioni risulta al tempo stesso superfluo ed insufficiente.

Superfluo tutte le volte in cui, come nel caso in questione, la veridicità della sottoscrizione non risulta disconosciuta dal consigliere dimissionario. Insufficiente, in generale, in quanto il Pubblico Ufficiale che autentica la firma, non è affatto chiamato ad indagare sulla volontà del dichiarante, ma solo ad attestare che la sottoscrizione è avvenuta in sua presenza. Né infine, detta autenticazione è indicativa dell'attualità della volontà dal momento che, in assenza di una norma espressa che ne sancisca l'irrevocabilità per un certo tempo dalla data di autenticazione della sottoscrizione, ben potrebbe l'interessato modificare le sue determinazioni in relazione al mutato assetto politico nell'intervallo di tempo intercorrente tra l'autentica e la presentazione delle dimissioni al protocollo dell'ente.

Il Consiglio di Stato ha riaffermato, quindi, quello che, prima della sentenza n. 268/03 emessa dal TAR Campania, Napoli, oggi riformata e dei pareri resi dal Consiglio di Stato in sede consultiva rappresentava un un principio consolidato in giurisprudenza, ossia la irrevocabilità delle dimissioni contestualmente presentate al protocollo comunale in osservanza al combinato disposto dell'art. 38 e dell'art. 141 del D.Lgv. 267/2000, in virtù del quale il legislatore ha inteso lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali quale effetto automatico della presentazione contestuale delle dimissioni da parte della metà più uno dei rispettivi membri, in connessione con la presunzione iuris et de iure dell'impossibilità di assicurare il normale funzionamento degli organi.

In altre parole la fattispecie di scioglimento per dimissioni prescinde del tutto dal testo normativo dell'accertamento dell'effettiva volontà dei consiglieri dimissionari, essendo invece caratterizzata da garanzie attinenti alla forma delle dimissioni ed alla fase procedimentale della loro acquisizione.

Per ciò che attiene alla forma è unicamente prescritto che le dimissioni debbano essere indirizzate al Consiglio e debbano presentare il requisito della contestualità.

Il requisito della contestualità è stato interpretato restrittivamente dalla giurisprudenza espressasi in seguito alla modifica recata dall'art. 5 della legge 127/97 all'art. 39 della legge 142/90, poi confluito nel testo unico oggi vigente. E' stata ritenuta non sufficiente la presentazione delle dimissioni al protocollo effettuate nel medesimo giorno, occorrendo, invece, che la presentazione degli atti separati sia anch'essa contestuale nel tempo, cioè che venga nello stesso momento, giuridicamente inteso, ossia con protocolli caratterizzati dalla stretta sequenza numerica.

Altre forme di irrigidimento del procedimento relativo alla presentazione delle dimissioni sarebbero previste in aggiunta a quanto espressamente statuito dalla legge e, perciò stesso, illegittime.  

 

Commento di

DOMENICO VITALE
(Avvocato)

Dimissioni ultra dimidium e modalità di presentazione

Importante decisione del Consiglio di Stato, sezione Quinta, 30 maggio 2003 n.2945 sul controverso problema delle modalità di presentazione delle dimissioni da parte dei consiglieri comunali.

Con la decisione in argomento di annullamento della sentenza del Tar Campania, Napoli, sezione Prima, 17 gennaio 2003 n. 268, il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale prende posizione sui problemi applicativi sorti a seguito dei pareri dello stesso Consiglio di Stato, sezione Prima, del 10 ottobre 2002 n.3049 e 11 dicembre 2002 n.4269, in ordine alle modalità di presentazione delle dimissioni da parte dei consiglieri comunali.

La sentenza n.2945/2003 contiene argomentazioni di contrario avviso alla posizione assunta dalla prima sezione consultiva, con il parere 11 dicembre 2002 n.4269, ed afferma i seguenti fondamentali principi:

- la fattispecie di scioglimento del consiglio comunale, regolata dall'art.141 d.Lgs. 18 agosto 2000 n.267, prescinde del tutto dall'accertamento della effettiva volontà dei consiglieri dimissionari;

- tra i presupposti previsti dalla legge non è affatto incluso l'elemento alternativo della presenza fisica del consigliere dimissionario e della autenticazione della sua sottoscrizione;

- l'onere formale della autentica, individuato dalla sezione consultiva e dal Tar Campania, quale strumento necessario per garantire la veridicità delle dichiarazioni di dimissioni, risulta al tempo stesso superfluo ed insufficiente: superfluo, tutte le volte in cui la veridicità della sottoscrizione non risulta disconosciuta dal consigliere dimissionario ed insufficiente, in generale, in quanto il pubblico ufficiale che autentica la firma non è affatto chiamato ad indagare sulla volontà del dichiarante, ma solo ad attestare che la sottoscrizione è avvenuta in sua presenza. Né l'autenticazione è indicativa dell'attualità della volontà di dimettersi, posto che, in assenza di una norma espressa che ne sancisca la irrevocabilità per un certo tempo dalla data di autenticazione della sottoscrizione, ben potrebbe l'interessato modificare le due determinazioni in relazione al mutato assetto politico nell'intervallo di tempo occorrente tra l'autentica e la presentazione delle dimissioni al protocollo dell'ente;

-  risulta inammissibile un intervento di supplenza giudiziaria, volto a colmare presunte lacune della disciplina normativa ed il Giudice amministrativo non può introdurre oneri formali che il legislatore non ha previsto.

Lo scrivente a tale ultimo riguardo, nel precedente articolo del gennaio 2003, aveva evidenziato la necessità dell'intervento del legislatore per fissare le modalità di presentazione delle dimissioni da parte dei consiglieri comunali al fine di procedere allo scioglimento del consiglio, ai sensi dell'art. 141 d.Lgs. n.267 del 2000, in quanto nel silenzio della norma, il principio della libertà delle forme può essere derogato soltanto attraverso una espressa previsione di legge.

V., sempre in questa Rivista:

TAR LOMBARDIA - BRESCIA - Sentenza 16 luglio 2002 n. 1055

TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. I - Sentenza 13 marzo 2002 n. 1346

TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. I - Sentenza 23 gennaio 2002 n. 443

M. LUCCHINI GUASTALLA, Il numero minimo dei consiglieri comunali nei Comuni di piccole dimensioni e l'individuazione della "soglia critica" per lo scioglimento (note a margine di TAR LOMBARDIA-BRESCIA - Ordinanze 15 marzo 2002 n. 208 e 21 dicembre 2001 n. 1249).

 

F A T T O

Con la sentenza impugnata il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, I Sezione, ha accolto i ricorsi avverso presentati dagli odierni appellanti avverso:

il decreto con il quale il Prefetto di Napoli disponeva la "sospensione del Consiglio Comunale di Nola fino all'emanazione del relativo decreto di scioglimento e comunque per un periodo non superiore a 90 giorni";

il decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002 con il quale veniva disposto lo scioglimento del Consiglio comunale di Nola.

Entrambi i provvedimenti impugnati in primo grado erano assunti ai sensi dell'art. 141 del D. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recante il Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, in quanto 16 consiglieri comunali su 30 avevano presentato le dimissioni dalla carica di consigliere.

Dette dimissioni, presentate alle ore 12, 05 del 3 maggio 2002, venivano acquisite contestualmente al protocollo generale dell'ente al numero 7585. Al medesimo protocollo venivano poi protocollate ai numeri 7593 e 7594 le note, depositate alle ore 12, 15 dello stesso giorno, con le quali i consiglieri Giuseppe Candela e Francesco Pizzella ritiravano le proprie dimissioni.

Con nota protocollata al numero 7603 i medesimi consiglieri esplicitavano le motivazioni di tale revoca, precisando che esse erano state "presentate in epoca remota ed a condizione di verifica di conferma della volontà prima della presentazione delle stesse".

Avverso tale sentenza ricorrono ora gli appellanti chiedendone l'annullamento.

Si sono costituiti il Comune di Nola e i sigg. Giuseppe Serpico e Giuseppe Candela, resistendo al gravame.

Alla pubblica udienza del 6 maggio 2003 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

D I R I T T O

Il ricorso è fondato.

Punto centrale della questione all'attenzione del Collegio è la validità, ai fini di provocare l'effetto dissolutorio di cui all'art. 141 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, delle formali dichiarazioni presentate contestualmente da parte della maggioranza dei Consiglieri comunali, non personalmente ma a mezzo di presentatore, prive dell'autenticazione delle sottoscrizioni ed acquisite al protocollo del Comune in stretta sequenza numerica.

Nel caso in questione, in particolare, due consiglieri comunali hanno lamentato la presentazione non autorizzata da parte di terzi di una dichiarazione di dimissioni redatta e sottoscritta in epoca risalente rispetto alla data di presentazione e non più rispondente all'attuale ed effettiva volontà politica.

Esprimendo un orientamento poi confermato da altre sentenze del medesimo Tribunale (Tar Campania , sez. I, sentt. nn. 270 e 1010 del 2003) ma avversato da altra girusiprudenza di primo grado (cfr. Tar Puglia, Lecce, n. 7955 del 2001) ha ritenuto il Giudice di prime cure che la natura politica dell'atto di dimissioni dalla carica di consigliere comunale non possa essere considerato attraverso il canone civilistico dell'autoresponsabilità atteso che la rilevanza degli interessi pubblici coinvolti impone di assicurare la massima garanzia di certezza e veridicità dell'atto. Ha ritenuto pertanto che, pur nel silenzio della legge che prescrive l'unico requisito della contestualità degli atti, le dimissioni debbano presentare personalmente al protocollo dell'ente ovvero debbano rivestire la forma di scrittura autenticata.

Tale orientamento non è condiviso dalla Sezione.

L'art. 141 del citato d.lgs. n. 267 del 18 agosto 2000 individua alla lett b), n.3, tra le ipotesi di scioglimento dei consigli comunali e provinciali, l'impossibilità di assicurare il normale funzionamento degli organi e dei servizi a causa di "cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell'ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia".

L'art. 38, comma 8, della medesima legge prevede poi che "le dimissioni dalla carica di consigliere, indirizzate al rispettivo consiglio, devono essere assunte immediatamente al protocollo dell'ente nell'ordine temporale di presentazione".

Dal combinato disposto delle due norme emerge che il legislatore ha inteso lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali quale effetto automatico della presentazione contestuale delle dimissioni da parte metà più uno dei rispettivi membri, in connessione con la presunzione iuris et de iure dell'impossibilità di assicurare il normale funzionamento degli organi. Presunzione quest'ultima legata dal legislatore anche alle ipotesi previste dai precedenti nn. 1 e 2 e dal successivo n. 4 della medesima lett.b) dell'art.141 e precisamente l' impedimento permanente, la rimozione, la decadenza o decesso del sindaco o del presidente della provincia (n. 1), le dimissioni di questi ultimi (n. 2) e, infine, la riduzione dell'organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio.

La fattispecie di scioglimento conseguente di cui alla lett. b), n. 3, prescinde del tutto nel testo normativo dall'accertamento dell'effettiva volontà dei consiglieri dimissionari essendo invece caratterizzata da garanzie attinenti alla forma delle dimissioni e alla fase procedimentale della loro acquisizione.

Per ciò che attiene alla forma è prescritto in particolare che le dimissioni debbano essere indirizzate al Consiglio e debbano presentare il requisito della contestualità.

Come pure messo in luce dalla 1^ Sezione di questo Consiglio, nel parere del 10.10.2002, n. 3049,la contestualità è "idonea a costituire la prova, sorretta da presunzione legale, della volontà concordata ed irrevocabile della maggioranza indicata dalla legge di provocare lo scioglimento del consiglio comunale".

Essa, in particolare, come già sostenuto da questa Sezione (decisione 6 maggio 2003 n. 2382) "vale anche a scongiurare lo scioglimento del consiglio comunale per una casuale sommatoria di dimissioni dovute a motivi diversi non certamente aventi finalità dissolutorie del consiglio comunale se non addirittura a manovre surrettizie delle minoranze dirette a determinare il risultato politico dello scioglimento dell'organo e un nuovo ricorso al corpo elettorale".

Il requisito della contestualità è stato interpretato in senso molto restrittivo dalla giurisprudenza espressasi in seguito alla modifica recata dall'art.5 della legge n. 127 del 1997 all'art. 39 della legge n. 142 del 1990 poi confluito nel testo unico oggi vigente (su un'ampia interpretazione del requisito della contestualità, nel vigore della vecchia norma, si era invece espressa l'Adunanza plenaria nella decisione n. 15 del 24 aprile 1997). E' stato così ritenuto non sufficiente la presentazione delle dimissioni al protocollo effettuata nel medesimo giorno, occorrendo invece che la presentazione degli atti separati sia anch'essa "contestuale" nel tempo, cioè che avvenga nello stesso momento giuridicamente inteso, ossia con protocolli caratterizzati dalla stretta sequenza numerica (cfr. Cons. Stato, Sez.V, 26/05/1998, n.696; Cons. Stato Sez. V, 6 maggio 2003 n. 2382, cit.; contra, tuttavia, Cons. Stato, Sez.IV, 03/03/2000, n.1131).

E' proprio la contestualità ad assicurare che la circostanza della somma di dimissioni non sia casuale o realizzata artatamente dalla minoranza allo scopo di provocare surrettiziamente una crisi politica. Ed è proprio allo scopo di consentire la verifica del requisito della contestualità che vengono dettate, dal citato art. 38, comma 8, d.lgs. n. 267 del 2000, norme procedimentali che impongono l'obbligo di immediata assunzione al protocollo dell'ente nell'ordine temporale di presentazione.

Dalle dimissioni presentate contestualmente nei termini di cui sopra discende, quale effetto naturale, lo scioglimento del Consiglio comunale o provinciale senza che, ai sensi del combinato disposto delle norme di cui agli artt. 38, comma 8 e 141, d.lgs n. 267 del 2000 rilevino in alcun modo eventuali successive revoche e senza che sia necessario attendere una presa d'atto essendo le dimissioni, per espressa disposizione normativa, atto irrevocabile, non recettizio e immediatamente efficace.

In presenza di un tale articolato intervento normativo volto ad assicurare certezza alla procedura di presentazione delle dimissioni risulta inammissibile un intervento di supplenza giudiziaria volto a colmare presunte lacune della disciplina.

Il Collegio ritiene in particolare di non condividere la posizione assunta dalla prima Sezione del Consiglio di Stato nel parere n. 4269 dell'11 dicembre 2002. In esso, modificando un precedente orientamento espresso dalla medesima Sezione (cfr. il citato parere n. 3049 del 10 ottobre 2002), in cui addirittura si era ritenuta necessaria "la materiale e personale consegna del documento al protocollo da parte dell'interessato, con la connessa identificazione da parte del personale addetto" con la conseguenza di dover ritenere le dimissioni eventualmente presentate per interposta persona o inoltrata per posta o con altri mezzi improcedibili e comunque prive di efficacia", è stato affermato che, ferma restando la necessità in via generale della presenza fisica del consigliere al momento delle dimissioni , sono da ritenersi valide le dimissioni presentate dal consigliere impedito purchè "previamente autenticate ed in data certa e con l'indicazione (contestuale o - a sua volta separatamente autenticata) delle generalità di quest'ultimo".

E' stato, in particolare, escluso che in tale materia trovi applicazione il principio della libertà delle forme ritenuto "non idonea, evidentemente, a garantire la esigenza legale della "certezza" e della "veridicità" dell'atto di dimissioni" ed è stato ritenuto che "l'interpretazione della vigente normativa di settore non può certamente prescindere dalla considerazione della effettiva volontà degli interessati al riguardo, ove questa - anche in ragione della sua definitività e delle sue conseguenze - si manifesti comunque con un'adeguata e sufficiente garanzia della certezza e veridicità delle dimissioni pur in mancanza della materiale presentazione delle medesime da parte dei predetti".

In tal modo, a parere del Collegio, si è incluso tra i presupposti previsti dalla legge l'elemento alternativo della presenza fisica del consigliere dimissionario e dell'autenticazione della sua sottoscrizione che non è in alcun modo previsto dalla legge che, come si è visto, si limita a richiedere la contestualità delle dimissioni presentate dalla maggioranza dei consiglieri e il loro essere rivolte al Consiglio quali unici requisiti per il determinarsi dell'effetto dello scioglimento comunale.

E, peraltro, anche l'onere formale dell'autentica della firma, individuato quale strumento necessario per garantire la veridicità delle dichiarazioni di dimissioni risulta al tempo stesso superfluo ed insufficiente. Superfluo tutte le volte in cui, come nel caso in questione, la veridicità della sottoscrizione non risulta disconosciuta dal consigliere dimissionario. Insufficiente, in generale, in quanto il pubblico ufficiale che autentica la firma non è affatto chiamato ad indagare sulla volontà del dichiarante ma solo ad attestare che la sottoscrizione è avvenuta in sua presenza. Nè, infine, detta autenticazione è indicativa dell'attualità della volontà dal momento che, in assenza di una norma espressa che ne sancisca l'irrevocabilità per un certo tempo dalla data di autenticazione della sottoscrizione, ben potrebbe l'interessato modificare le sue determinazioni in relazione al mutato assetto politico nell'intervallo di tempo intercorrente tra l'autentica e la presentazione delle dimissioni al protocollo dell'ente.

Nel silenzio della legge, dalla natura "politica" dell'atto di dimissioni, che è atto di esercizio, sia pure in negativo, di un diritto politico costituzionalmente garantito, non possono trarsi conseguenze sugli oneri formali da rispettare. In conclusione, non può l'interprete introdurre oneri formali che il legislatore non ha previsto.

Devono pertanto ritenersi valide e quindi idonee a determinare l'effetto di dissolutorio di cui all'art. 141 del d.lgs n. 267 del 2000 le dimissioni presentate al Consiglio comunale dalla maggioranza dei consiglieri che presentino il requisito della contestualità, attestata dalla unicità o dalla stretta sequenza numerica della protocollazione, a nulla rilevando l'assenza di autenticazione della sottoscrizione o il successivo disconoscimento dell'attualità della volontà ivi espressa.

Alla luce delle suesposte conclusioni il ricorso va pertanto accolto con conseguente annullamento della sentenza impugnata e rigetto del ricorso di primo grado.

In considerazione anche della novità della materia, si ravvisano tuttavia giusti motivi per la compensazione integrale delle spese e degli onorari di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione V, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e per l'effetto annulla la sentenza impugnata e in riforma di questa rigetta il ricorso di primo grado.

Compensa le spese dei due gradi di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma in Camera di Consiglio addì 6 maggio 2003 con la partecipazione dei Signori Magistrati:

Raffaele Carboni, Presidente f.f.

Goffredo Zaccardi, Consigliere

Francesco D'Ottavi, Consigliere

Nicolina Pullano, Consigliere

Michele Corradino, Consigliere estensore.

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE f.f.

Depositata in segreteria il 30 maggio 2003.

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