Giust.it

Giurisprudenza
n. 10-2002 - © copyright.

TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. V – Sentenza 28 settembre 2002 n. 5864 - Pres. D’Alessandro, Est. Arzillo - Paumgardhen (Avv. A. Abbamonte) c. Azienda Sanitaria Locale Napoli 2 (n.c.) - (dichiara il ricorso inammissibile).

1. Giurisdizione e competenza - Pubblico impiego - Ricorsi avverso il silenzio della P.A. - Proposti innanzi al G.A. - Inammissibilità per difetto di giurisdizione - Riferimento alla cessazione della disciplina transitoria prevista per le controversie in materia di p.i.

2. Giustizia amministrativa - Ricorso per esecuzione del giudicato - Nel caso in cui non sia stato lamentato alcun contrasto con la sentenza passata in giudicato - Inammissibilità - Fattispecie.

3. Giustizia amministrativa - Ricorso giurisdizionale - Ex art. 2 L. n. 205/2000 - Avverso il silenzio della P.A. - Nel caso in cui la controversia riguardi una materia che esula dalla giurisdizione amministrativa - Inammissibilità.

1. E’ inammissibile, per difetto di giurisdizione del G.A., un ricorso proposto per l’annullamento di un silenzio-rifiuto relativo ad una materia attribuita alla cognizione del giudice ordinario ai sensi dell’art. 63, comma 1, del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165; tale difetto sussiste anche qualora ci si riferisca ai fatti storici anteriori al 30 giugno 1998, atteso che i ricorsi in materia di pubblico impiego proposti dopo il 15 settembre 2000 sono esclusi dall’ambito della giurisdizione amministrativa, ai sensi dell’art. 69, comma 7, secondo periodo del D. Lgs. n. 165/2001 (1).

2. Il ricorso in ottemperanza non è ammissibile qualora non venga dedotto un puntuale contrasto con la particolare regola del rapporto fissata dalla sentenza passata in giudicato (2) (alla stregua del principio nella specie è stato ritenuto che, anche qualora il ricorso in questione fosse stato considerato come un ricorso per ottemperanza, il ricorso stesso sarebbe stato inammissibile, atteso che la sentenza della cui esecuzione si trattava si era limitata ad accertare l’obbligo dell’Amministrazione di provvedere su di una istanza, senza pronunciarsi sulla fondatezza sostanziale della pretesa).

3. Il rimedio introdotto dall’art. 2 della L. 21 luglio 2000, n. 205 (sui ricorsi avverso il silenzio dell'amministrazione) non è esperibile nel caso in cui il giudice amministrativo sia privo di giurisdizione in ordine al rapporto cui inerisce la richiesta rimasta inevasa (3).

----------------------

(1) Cfr. TAR Puglia – Lecce, Sez. II, 29 giugno 2002, n. 3020, in questa Rivista, n. 7/8-2002, secondo cui "appartiene alla giurisdizione del Giudice ordinario una controversia in materia di pubblico impiego relativa ad atti adottati prima dell’entrata in vigore del D.L.vo n. 80/1998 o comunque a pretese relative ad un periodo anteriore a quest’ultimo D.L.vo, proposta dopo la data del 15 settembre 2000, atteso che - ai sensi degli artt. 63 e 69 del D. Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 - sono devolute al giudice ordinario le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze della P.A. successive al 30 giugno 1998, mentre quelle relative a rapporti anteriori a tale data restano attribuite alla giurisdizione del Giudice amministrativo solo se proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000".

V. sul punto anche TAR Puglia - Bari, Sez. I, 27 settembre 2002 n. 4126, in questo numero della Rivista, secondo cui, in particolare, "la decadenza prevista dall’art. 45, punto 17, parte seconda, del D.L.vo 31 marzo 1988, n. 80 (v. ora l'art. 69, comma 7°, ultimo alinea, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165) per le controversie in materia di pubblico impiego proposte innanzi al giudice amministrativo si verifica se il deposito del ricorso sia stato effettuato oltre la data del 15 settembre 2000, a nulla rilevando che la notificazione del ricorso stesso sia avvenuta entro il suddetto termine".

(2) Cons. Stato, Sez. IV, 10 agosto 2000, n. 4459, in Giur. it. 2001, 397 ed in Foro it. 2001, III, 276, secondo cui "il giudizio di ottemperanza può essere proposto soltanto per far valere le statuizioni contenute nel giudicato o per conseguire posizioni giuridiche che dal giudicato scaturiscono necessariamente e non anche per introdurre e trattare questioni nuove ed indipendenti rispetto al giudizio conclusosi con la sentenza di cui si chiede l'esecuzione".

(3) Cfr. TAR Campania-Napoli, sez. II, 16 dicembre 2000, n. 4726; v. nello stesso senso da ult. Cons. Stato, Sez. V, 16 luglio 2002 n. 3974, in questa Rivista, n. 7/8-2002, secondo cui "nel nuovo sistema di riparto di giurisdizione delineato dall'art. 68 del D.L.vo 3 febbraio 1993 n. 29, nel testo sostituito prima dall'art. 29 D. L.vo 31 marzo 1998 n. 80 e poi dall'art. 63 D.L.vo 30 marzo 2001 n. 165, il giudice amministrativo non ha più giurisdizione sui ricorsi avverso il silenzio-rifiuto formatosi su istanze presentate da dipendenti pubblici i cui rapporti di lavoro rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario" (alla stregua del principio è stata ritenuta confermata la sentenza di primo grado che aveva dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione un ricorso avverso un silenzio-rifiuto formatosi su di una istanza di riconoscimento della causa di servizio di un’infermità proposto da un dipendente pubblico nell’ambito di un rapporto di lavoro cosiddetto privatizzato che era stato depositato dopo il 15.9.2000).

Ha ammesso la Sez. V del T.A.R. campano, con la sentenza in rassegna, che la contraria tesi - diretta a configurare l’art. 2 della L. n. 205/2000 come rimedio "di chiusura", esperibile in qualunque caso di comportamento inerte della P.A. in seguito alla proposizione di un’istanza da parte di un privato - non è priva di argomenti di sostegno, sia sul piano letterale (attesa l’assenza di una limitazione espressa in tal senso) sia sul piano sistematico (in considerazione della valenza generale dei principi di cui agli artt. 3, 24 e 97 Cost.).

Ma in realtà non è possibile configurare una sorta di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sul silenzio.

In mancanza di univoche indicazioni testuali in senso contrario, quindi, l’istituto del silenzio deve essere letto in continuità con la consolidata tradizione giurisprudenziale, che lo ha configurato come strumento diretto a superare l’inerzia della P.A. nell’emanazione di un provvedimento amministrativo, a fronte di una posizione di mero interesse legittimo in capo al cittadino; con la conseguenza che, in presenza di una posizione di diritto soggettivo correlata ad un rapporto di pubblico impiego, la tutela giurisdizionale è stata ritenuta ammissibile "recta via" in sede esclusiva attraverso una pronuncia di accertamento (T.A.R. Lazio sez. II, 18 maggio 1999, n. 1330).

Conclusione, questa, che rimane valida anche – ed a maggior ragione – a seguito della devoluzione della materia al giudice ordinario (con l’attribuzione al medesimo dei necessari poteri di adottare "tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati": art. 63, comma 2, del D. Lgs. n. 165/2001).

Sotto questo profilo, ad opinione della Sez. V, non esisterebbe quindi nell’ordinamento alcun vuoto di tutela censurabile sotto il profilo costituzionale. Anzi, la soluzione accolta si rivela pienamente coerente sotto il profilo sistematico, anche perché impedisce di configurare un’indebita commistione di giurisdizioni diverse sullo stesso rapporto: commistione che contrasterebbe con l’intento delle recenti riforme volte a privatizzare il rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e a disciplinare di conseguenza, razionalizzandolo, il relativo sistema di tutela giurisdizionale.

Sui ricorsi avverso il silenzio della P.A. v. in questa Rivista di recente:

CONSIGLIO DI STATO, AD. PLEN. - Sentenza 9 gennaio 2002 n. 1

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – Ordinanza 10 luglio 2001 n. 3803

CONSIGLIO DI STATO, COMM. SPEC. P.I. – Parere 1 luglio 2002 n. 511/02

CONSIGLIO DI STATO, COMMISSIONE SPEC. P.I. - Parere 17 gennaio 2001 n. 1242

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – Sentenza 10 aprile 2002 n. 1974

N. SAITTA, Ricorsi contro il silenzio della p.a.: quale silenzio?

S. PELILLO, Il ricorso avverso il silenzio dell'amministrazione.
 

 

per l’accertamento

dell’illegittimità del silenzio formatosi sull’istanza notificata il 18 ottobre 2001, con la conseguente condanna della A.S.L. resistente:

- alla ricostruzione della carriera della ricorrente ai fini giuridici ed economici, a far data dall’approvazione della graduatoria avvenuta addì 19 dicembre 1994 ovvero, al più tardi, e in via gradata, a far data dal verificarsi della relativa vacanza nella P.O. della A.S.L. NA/2, oppure, e in via ulteriormente gradata, a far data dalla notifica della sentenza del TAR Campania – IV Sezione, 2 marzo 1998, n. 765;

- in via gradata, per il risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente in ragione dell’illegittima tardiva assunzione a far data dall’approvazione della graduatoria avvenuta addì 19 dicembre 1994 ovvero, al più tardi, e in via gradata, a far data dal verificarsi della relativa vacanza nella P.O. della A.S.L. NA/2, oppure, e in via ulteriormente gradata, a far data dalla notifica della sentenza del TAR Campania – IV Sezione, 2 marzo 1998, n. 765.

(omissis)

FATTO E DIRITTO

1. La dottoressa Angela Paumgardhen espone:

a) di aver partecipato al concorso pubblico per sociologo collaboratore, di cui alla delibera n. 321 del 19.12.1994 della ex – U.S.L. n. 23 della Campania, risultando idonea e classificandosi al settimo posto nella graduatoria finale;

b) di aver proposto sin dal mese di luglio del 1996 formale istanza per lo scorrimento della graduatoria, seguita da rituale diffida e dalla conseguente impugnativa giudiziale del silenzio – rifiuto, in considerazione delle vacanze riscontrabili nell’organico della A.S.L. Napoli 2 con riferimento ai posti di sociologo collaboratore.

Con sentenza 2 marzo 1998, n. 765, la IV Sezione di questo Tribunale ha accolto il ricorso.

Al passaggio in giudicato della sentenza ha fatto seguito una prima diffida ad ottemperare notificata in data 27 gennaio 2000; una seconda diffida avente lo stesso oggetto è stata notificata in data 9 giugno 2001.

Nel frattempo la dottoressa Paumgardhen veniva inquadrata nella qualifica di sociologo collaboratore con decorrenza dal 1 giugno 2000, a seguito di superamento di un concorso interno.

Con deliberazione n. 1263 del 23 luglio 2001, la A.S.L. NAPOLI 1 provvedeva a riconoscere all’interessata, ai soli fini giuridici, l’anzianità di servizio nella qualifica in questione per il periodo 11.03.1998 – 31.05.2000 (assumendo, in particolare, come dies a quo il giorno successivo a quello della notifica della sentenza).

Con istanza in data 11 ottobre 2001, notificata il 18 ottobre 2001, la dottoressa Paumgardhen ha affermato che dal riconoscimento della predetta anzianità di servizio discende il diritto alla percezione delle relative differenze stipendiali, e ne ha chiesto la liquidazione nella misura complessiva di L. 90.476.151, oltre interessi e rivalutazione.

A fronte dell’ulteriore inerzia dell’Amministrazione, l’interessata ha proposto il ricorso in epigrafe, notificato all’Amministrazione in data 9 febbraio 2002 e depositato in data 25 febbraio 2002, chiedendo l’accertamento dell’illegittimità del silenzio formatosi sull’istanza notificata il 18 ottobre 2001, con la conseguente condanna della A.S.L. resistente:

- alla ricostruzione della carriera della ricorrente ai fini giuridici ed economici, a far data dall’approvazione della graduatoria avvenuta addì 19 dicembre 1994 ovvero, al più tardi, e in via gradata, a far data dal verificarsi della relativa vacanza nella P.O. della A.S.L. NA/2, oppure, e in via ulteriormente gradata, a far data dalla notifica della sentenza del TAR Campania – IV Sezione, 2 marzo 1998, n. 765;

- in via gradata, al risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente in ragione dell’illegittima tardiva assunzione.

Il ricorso si basa sui seguenti motivi in diritto:

1) violazione di legge; violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 della L. n. 241/90; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione;

2) violazione di legge, violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione; eccesso di potere per contraddittorietà dell’azione amministrativa; sviamento;

3) violazione di legge; violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c.; violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost; eccesso di potere per disparità di trattamento; sviamento;

4) violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 36 della Cost. in connessione con l’art. 28 T.U. Cons. Stato e con gli artt. 33 – 35 del D. Lgs. n. 80/98.

L’Amministrazione intimata non si è costituita in giudizio.

Il ricorso è stato chiamato per la discussione alla camera di consiglio del 16 maggio 2002, e quindi trattenuto in decisione.

2. Il presente giudizio ha principalmente ad oggetto, formalmente, l’impugnativa del silenzio formatosi sulla diffida presentata dalla ricorrente.

Sostanzialmente, la pretesa azionata in giudizio attiene alla piena ricostruzione della carriera della ricorrente a seguito della sentenza del TAR Campania, IV Sezione, 2 marzo 1998, n. 765. In particolare, la ricorrente chiede:

- sotto il profilo giuridico, un inquadramento decorrente dalla data dell’approvazione della graduatoria originaria, o quantomeno dalla data in cui si è verificata la vacanza in organico;

- sotto il profilo economico, la ricorrente chiede in sostanza la liquidazione delle differenze stipendiali maturate, ovvero, in alternativa, il risarcimento del danno derivante dalla tardività dell’assunzione.

3. Il Collegio ritiene che la pretesa azionata sia estranea alla giurisdizione del giudice amministrativo sotto ogni possibile profilo.

Le vicende relative al contenuto della delibera n. 1263 del 23 luglio 2001 della A.S.L. Napoli 1, e alle relative pretese della ricorrente, non sono conoscibili da questo tribunale. Nella specie risulta infatti palese il difetto di giurisdizione, trattandosi di materia attribuita alla cognizione del giudice ordinario (cfr. l’art. 63, comma 1, del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165); e tale difetto sussisterebbe anche qualora ci si volesse riferire essenzialmente ai fatti storici anteriori al 30 giugno 1998: infatti anche sotto questo profilo i ricorsi proposti dopo il 15 settembre 2000 sono esclusi dall’ambito della giurisdizione amministrativa, ai sensi dell’art. 69, comma 7, secondo periodo del D. Lgs. n. 165/2001 (TAR Puglia – Lecce, sez. II, 29 giugno 2002, n. 3020).

D’altra parte, dette vicende sfuggono pure all’ambito del giudizio di ottemperanza, per l’assorbente considerazione che la sentenza della cui esecuzione si tratta si è limitata ad accertare l’obbligo dell’Amministrazione di provvedere sull’istanza, senza pronunciarsi sulla fondatezza sostanziale della pretesa della ricorrente; vengono quindi in rilievo i principi enunciati da Cons. Stato, IV Sezione, 10 agosto 2000, n. 4459, secondo cui il ricorso in ottemperanza non è ammissibile qualora non venga dedotto un puntuale contrasto con la particolare regola del rapporto fissata dalla sentenza passata in giudicato. Questa conclusione, tra l’altro, esime il Collegio dal porsi il problema del possibile ricorso al rimedio della conversione.

3.1 Se tutto questo è vero, non è neppure possibile - prescindendo dalle ulteriori domande conseguenzialmente avanzate in questa sede - che le pretese in questione vengano sottoposte alla cognizione di questo giudice tramite l’impugnativa del silenzio – rifiuto, al fine di ottenere – quantomeno - la declaratoria dell’obbligo di provvedere sull’istanza, ai sensi dell’art. 2 della L. 205/2000.

Al riguardo, il Collegio condivide l’impostazione adottata da TAR Campania, sez. II, 16 dicembre 2000, n. 4726, secondo cui il rimedio introdotto dalla norma richiamata non è esperibile nel caso in cui il giudice amministrativo sia privo di giurisdizione in ordine al rapporto cui inerisce la richiesta rimasta inevasa.

Vero è che la contraria tesi - diretta a configurare l’istituto in questione come rimedio "di chiusura", esperibile in qualunque caso di comportamento inerte della P.A. in seguito alla proposizione di un’istanza da parte di un privato - non è priva di argomenti di sostegno, sia sul piano letterale (attesa l’assenza di una limitazione espressa in tal senso) sia sul piano sistematico (in considerazione della valenza generale dei principi di cui agli artt. 3, 24 e 97 Cost.).

Ma in realtà non è possibile configurare una sorta di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sul silenzio: in mancanza di univoche indicazioni testuali in senso contrario, l’istituto del silenzio deve essere letto in continuità con la consolidata tradizione giurisprudenziale, che lo ha configurato come strumento diretto a superare l’inerzia della P.A. nell’emanazione di un provvedimento amministrativo, a fronte di una posizione di mero interesse legittimo in capo al cittadino; con la conseguenza che, in presenza di una posizione di diritto soggettivo correlata ad un rapporto di pubblico impiego, la tutela giurisdizionale è stata ritenuta ammissibile "recta via" in sede esclusiva attraverso una pronuncia di accertamento (T.A.R. Lazio sez. II, 18 maggio 1999, n. 1330). Conclusione, questa, che rimane valida anche – ed a maggior ragione – a seguito della devoluzione della materia al giudice ordinario (con l’attribuzione al medesimo dei necessari poteri di adottare "tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati": art. 63, comma 2, del D. Lgs. n. 165/2001).

Sotto questo profilo non esiste quindi nell’ordinamento alcun vuoto di tutela censurabile sotto il profilo costituzionale. Anzi, la soluzione qui accolta si rivela pienamente coerente sotto il profilo sistematico, anche perché impedisce di configurare un’indebita commistione di giurisdizioni diverse sullo stesso rapporto: commistione che contrasterebbe con l’intento delle recenti riforme volte a privatizzare il rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e a disciplinare di conseguenza, razionalizzandolo, il relativo sistema di tutela giurisdizionale.

D’altra parte, l’analogia con il meccanismo di tutela del diritto di accesso, astrattamente invocabile a sostegno della tesi opposta, non risulta conferente: si tratta infatti, a tacer d’altro, di un istituto di nuova introduzione, che non pare essere univocamente riconducibile ad una forma di giurisdizione esclusiva (cfr. in particolare la posizione assunta da A.p. 24 giugno 1999, n. 16, a favore della tesi che configura la posizione del richiedente l’accesso quale interesse legittimo).

Ed infine, questa impostazione ha trovato recentemente conferma nella sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 9 gennaio 2002, n. 1, la quale, nel circoscrivere la portata dei poteri del giudice mministrativo al mero accertamento dell’illegittimità del silenzio, ha ritenuto, tra l’altro, "determinante che il ‘silenzio’ riguardi l’esercizio di una potestà amministrativa e che la posizione del privato si configuri come un interesse legittimo".

4. Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile.

5. Non vi è luogo a provvedere sulle spese, in assenza della costituzione di controparte.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Sez. V, definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, nella Camera di Consiglio del 16 maggio 2002, con l'intervento dei signori:

Carlo D’Alessandro - Presidente

Luigi Antonio Esposito - Consigliere

Francesco Arzillo - Primo Referendario Est.

Il Presidente L’estensore

Depositata in segreteria in data 28 settembre 2002.

Copertina Clicca qui per segnalare la pagina ad un amico