TAR LOMBARDIA-BRESCIA, SEZ. I – Ordinanza 10 gennaio 2003 n. 5 – Pres. Mariuzzo, Est. Bignami – Palmar S.p.a. (Avv. M. Militerni) c. Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona (Avv. V. Avolio) – (accoglie la domanda di sospensione del bando di gara seppur in assenza di partecipazione alla procedura).
Contratti della P.A. – Bando – Impugnativa - Da parte di una ditta che non ha partecipato poi alla gara - Nel caso in cui siano state impugnate clausole ex se preclusive della partecipazione – Ammissibilità.
E’ ammissibile il ricorso avverso un bando di gara proposto da un’impresa, appartenente al settore imprenditoriale attivo in relazione all’oggetto dell’appalto, che non ha presentato offerta, nel caso in cui sia stata impugnata una clausola che prevedeva requisiti non posseduti dalla ricorrente, che ne precludevano l’ammissione, attesa la violazione dei principi di derivazione comunitaria della più ampia partecipazione ala gara e della libertà di concorrenza (1).
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(1) Commento di
ARTURO TESTA
Impugnativa dei bandi di gara da parte di impresa che non abbia presentato offerta per la partecipazione all’appalto per pubblico incanto
L’ordinanza del T.A.R. Lombardia – Brescia affronta la tematica, oggetto di vivace dibattito tanto in dottrina che in giurisprudenza, della necessità, al fine di censurare una clausola contenuta in un bando di gara, che stabilisca requisiti non in possesso della impresa ricorrente e da questa ritenuti esorbitanti rispetto all’offerta dell’appalto, di presentare offerta (si trattava, nella specie, di un pubblico incanto).
I giudici lombardi rispondono negativamente al quesito, ritenendo che l’interesse alla proposizione del ricorso derivi (dal)la sola appartenenza dell’operatore al settore imprenditoriale attivo in relazione alle opere oggetto di appalto e che non appare congruo esigere che tale soggetto proponga domanda di partecipazione, senza possedere i requisiti richiesti dal bando, stante il carattere già attuale e concreto dell’interesse ad impugnare, a fronte del provvedimento di esclusione che la P.A. adotterebbe in ossequio del bando.
La tesi sostenuta, dunque, sembra conformarsi al recente orientamento espresso dal Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza 18 dicembre 2002, n. 7055, secondo cui, in caso di gara pubblica, le clausole del bando relative ai requisiti di partecipazione ex se preclusive dell’accesso alla gara, possono essere impugnate anche in difetto della domanda di partecipazione o di presentazione dell’offerta (in tal senso si è espresso anche il Cons. Stato, Sez. II, par. 7 marzo 2001, n. 149; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 17 luglio 1997, n. 1279).
Secondo un diverso orientamento giurisprudenziale, al contrario, il soggetto che non ha presentato domanda di partecipazione alla procedura di gara (ovvero offerta, nel caso di specie, incanto) per l’aggiudicazione di un contratto non ha interesse a impugnare la clausola del bando che stabilisce i requisiti prescritti per l’ammissione alla gara stessa, atteso che la presentazione della domanda è il fatto che diversifica e qualifica la posizione del ricorrente, abilitandolo a dolersi della clausola dalla quale si ritiene leso.
In particolare, tale indirizzo giurisprudenziale ritiene che il difetto di interesse derivi dalla circostanza secondo cui l’interesse tutelato non può essere quello generico al rifacimento della gara, proprio di tutte le imprese rimaste estranee al procedimento, bensì quello specifico ad una partecipazione finalizzata all’ottenimento dell’aggiudicazione, cui possono aspirare soltanto i partecipanti alla gara, anche attraverso l’eliminazione delle clausole del bando lesive (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. V, 3 gennaio 2002, n. 6; 7 ottobre 1998, n. 1418; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, 29 gennaio 2002, n. 148).
La decisione cautelare in commento e, più generalmente, l’indirizzo al quale essa aderisce, meritano senz’altro condivisione. Infatti, non è minimamente ragionevole – a fronte di clausole richiedenti requisiti di partecipazione, ritenuti illogici ed esorbitanti rispetto all’oggetto dell’appalto, non in possesso di una impresa aspirante all’accesso alla gara pubblica – esigere, quale presupposto per chiedere tutela giurisdizionale, la presentazione di offerta ovvero di domanda di partecipazione, laddove è certo che l’amministrazione, in esecuzione delle censurate clausole della normativa di gara, debba escludere l’impresa che abbia inoltrato offerta ovvero istanza di partecipazione.
Sul punto, molto chiaramente, si veda T.A.R. Campania, Napoli, I, 18 aprile 2002, n. 2206, secondo cui: … Non appare, infatti, conforme alla piena esplicazione del diritto alla difesa (art. 24 Cost.), della libertà della iniziativa economica privata (art. 41 Cost.) e soprattutto dell’apicale principio di portata comunitaria della libera e massima concorrenza, limitare la legittimazione di un soggetto, sostanzialmente leso da un bando, al mero formalismo della presentazione di una domanda che … avrebbe comportato la sicura esclusione. Tanto anche in adesione al principio – introdotto dalla L. 241/1990 ed incentivato dalla successiva legislazione, attenta ad espungere gli adempimenti inutili o superflui (cfr., ad es., art. 4, lett d), L. 59/1997; art. 6, DL 357/1994 conv. L. 489/1994; art. 1, L. 537/1993) – del non aggravamento del procedimento amministrativo, applicazione diretta dell’ulteriore e generalizzante principio della economicità dei mezzi giuridici
Ulteriore aspetto affrontato dai giudici amministrativi nella pronuncia richiamata, attiene alla rilevanza del principio di proporzionalità delle pubbliche gare.
E’ stato, al riguardo, evidenziato che le clausole introdotte dalla P.A. nella lex specialis devono, in ogni caso, conformarsi ai principi di derivazione comunitaria della più ampia partecipazione alla gara e della libertà di concorrenza.
In altri termini, si è affermato che l’introduzione da parte della Amministrazione aggiudicatrice di clausole ulteriori rispetto a quelle strettamente connesse all’oggetto del servizio, non possono essere poste quali condizioni per la partecipazione alla procedura potendo, al più, essere indicate quali criteri di valutazione ai fini dell’attribuzione di un punteggio preferenziale.
Il principio di proporzionalità, nella sua più moderna accezione tecnica, consta di tre criteri di esame in relazione alla misura adottata: idoneità, necessarietà e proporzionalità.
Esso, pertanto, mira a distinguere la discrezionalità dall’arbitrio e ad indebolire il privilegio della discrezionalità amministrativa.
Al riguardo, la dottrina si è più volte soffermata sul dibattito circa la sussistenza – all’interno della discrezionalità amministrativa – di due distinti ambiti: un ambito di legittimità dell’azione amministrativa, sempre sindacabile, ed un ambito di merito, normalmente insindacabile.
In particolare, tale ultimo fenomeno travalica l’ambito dell’attività della P.A. e viene a coincidere con la sostanza delle scelte implicite nella gestione di qualsiasi interesse.
Partendo dalla considerazione secondo cui, in presenza di un giudizio di merito si possa essere in presenza di una molteplicità di soluzioni tutte esatte, il principio di proporzionalità offre un controllo, seppur indiretto o formalistico, sul merito delle scelte operate dalla P.A. nell’esercizio dell’attività amministrativa, la quale, come è noto, deve essere finalizzata al soddisfacimento del pubblico interesse prima ancora che al perseguimento di fini propri.
Tali principi sono stati fatti propri dal T.A.R. Brescia, il quale ha evidenziato che l’attività cui l’Amministrazione aggiudicatrice deve attenersi nell’esercizio del potere di integrazione dei requisiti di partecipazione, non può manifestarsi nell’adozione di un atto inteso ad agevolare, di fatto, quelle pochissime imprese del settore in possesso di tali requisiti.
L’indirizzo interpretativo assunto appare, dunque, espressione della più generale regola secondo cui la pubblica amministrazione deve favorire quanto più possibile la partecipazione alle gare pubbliche, onde potersi avvantaggiare di una platea di concorrenti quanto più vasta possibile (cfr. T.A.R. Campania - Salerno, Sez. I, 4 novembre 2002, n. 1874; T.A.R. Lazio, Sez. III, 27 novembre 2002, n. 10823).
Documenti correlati:
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – Ordinanza 6 maggio 2002 n. 2406
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sent. 23 dicembre 2002 n. 7277
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – Sentenza 18 dicembre 2002 n. 7055
P. BISCONTI, L’impugnativa dei bandi delle gare d’appalto.
per l’annullamento
previa adozione di misure cautelari, del bando di gara 11.10.2002, per l’aggiudicazione del servizio di erogazione mediante Global Service di servizi vari, e degli atti connessi;
Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Vista la domanda di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di:
AZIENDA ISTITUTI OSPITALIERI DI CREMONA
Udito il relatore Ref. MARCO BIGNAMI e, uditi, altresì, i difensori delle parti;
Considerato che i requisiti oggetto di censura da parte della ricorrente definiscono condizioni di partecipazione alla gara, con disposizione immediatamente lesiva;
Ritenuto che in tal caso radichi l’interesse all’impugnazione la sola appartenenza dell’operatore al settore imprenditoriale attivo in relazione alle opere oggetto di appalto ove quest’ultimo si veda precluso l’accesso alla gara (né pare congruo esigere che tale soggetto proponga domanda di partecipazione, senza possedere i requisiti richiesti dal bando, stante il carattere già attuale e concreto dell'interesse ad impugnare, a fronte del provvedimento di esclusione che la P.A. adotterebbe in ossequio al bando);
Stimate le clausole censurate lesive del principio di proporzionalità, cui la P.A. deve attenersi nell’esercizio del potere di integrazione dei requisiti di partecipazione, atteso che l’Amministrazione con esse, non si è limitata ad attribuire un punteggio preferenziale, ma ha circoscritto la gara agli operatori in possesso dei requisiti previsti, con ciò compromettendo, stante la peculiarità del servizio, i principi di derivazione comunitaria della più ampia partecipazione alla gara stessa e della libertà di concorrenza;
Evidenziato che ricorrono perciò fumus boni iuris e periculum in mora (qualora non si sospendesse l’efficacia del bando la P.A. potrebbe procedere alla gara e all’aggiudicazione, compromettendo il bene della vita cui il ricorrente aspira)
Visti gli artt. 19 e 21, u.c., della Legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e l’art. 36 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642
P.Q.M.
Accoglie la suindicata domanda incidentale di sospensione
La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione, ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Brescia 10 gennaio 2003.